Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18998 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18998 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25323/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME;
-intimato- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, sezione distaccata di Verona, n. 457/2018, depositata il 16 aprile 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23 aprile 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-L’ Agenzia delle entrate, Direzione provinciale di Verona, all’esito del controllo concluso in data 21 aprile 2010 con la redazione del processo verbale di constatazione, emetteva nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE distinti avvisi di accertamento, relativi agli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006, con i quali riprendeva a tassazione ai fini IRES e IRAP una serie di costi connessi a operazioni ritenute inesistenti, nonché a transazioni commerciali non sufficientemente documentate. Sulla base delle stesse contestazioni recuperava, a norma dell’art. 54 d.P.R. 633/1972, l’I VA assolta sui medesimi acquisti disconosciuti e illegittimamente detratta. Preso atto che la società si era estinta con provvedimento di cancellazione dal registro delle imprese emesso in data 13 ottobre 2008, l’Ufficio notificava gli atti impositivi a NOME COGNOME in qualità di amministratore, liquidatore e socio della stessa, nonché di rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE partecipante della verificata.
Il contribuente impugnava gli atti con distinti ricorsi dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Verona.
Con sentenza n. 89/2014, la Commissione tributaria provinciale adita, previa riunione dei ricorsi, li accoglieva escludendo la sussistenza dei requisiti richiesti per fondare la responsabilità ai sensi degli artt. 2495 c.c. e 36 d.P.R. 602/1973, nonché ritenendo non sufficientemente provati gli addebiti contestati.
-Avverso tale sentenza proponeva appello l’Ufficio. Resisteva con proprie controdeduzioni il contribuente.
Con sentenza n. 457/12/2018, depositata in data 16/04/2018, la Commissione tributaria regionale del Veneto, sezione distaccata di Verona, ha respinto l’appello.
-L’ Agenzia delle entrate proponeva ricorso alla Corte di cassazione affidato a tre motivi.
Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale ritenuto che la censura mossa dall’Ufficio, in ordine alla disciplina di cui all’art. 2495 c.c., sia stata sollevata soltanto nella fase contenziosa e nello stesso tempo abbia incidentalmente statuito sull’argomento.
1.1. -Il motivo è fondato.
I motivi dell’opposizione a cartella esattoriale si configurano come “causa petendi” della correlata domanda di annullamento, con la conseguenza che la decisione di accoglimento della stessa fondata su vizi non dedotti in sede di ricorso introduttivo, oppure dedotti sotto profili diversi da quelli che costituiscono la ratio decidendi , è viziata da extra o ultrapetizione (Cass., Sez. V, 27 luglio 2018, n. 20003).
L’esame di un motivo di nullità dell’avviso di accertamento non dedotto dalla parte interessata dà luogo ad un vizio di extrapetizione che, per essere corretto dal giudice del gravame, deve formare oggetto specifico d’impugnazione (Cass., Sez. V, 15 dicembre 2017, n. 30144).
Nel caso di specie, contrariamente a quanto indicato in motivazione, le questioni riguardanti l’applicazione dell’art. 2495 c.c. risultavano presenti nel ricorso introduttivo del contribuente e l’Agenzia delle entrate ne ha fatto riferimento nelle sue
contro
deduzioni, per cui le questioni concernenti l’applicazione di tale norma non hanno costituito alcuna modifica della motivazione degli atti.
-Con il secondo motivo si contesta la violazione dell’art. 36 d .lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 4 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale reso una pronuncia affetta da motivazione omessa o apparente laddove afferma che la ricostruzione operata dall’Ufficio poggia ‘su molteplici elementi presuntivi concatenati tra loro in modo non accoglibile sul piano istruttorio’.
Con il terzo motivo si contesta la violazione dell’art. 2495 comma 2 cod. civ., in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c., per aver la Commissione tributaria regionale interpretato la norma in rubrica in contrasto con i principi in materia affermati dalla giurisprudenza di legittimità.
2.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
Come chiarito dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 12 febbraio 2025, n. 3625), nella fattispecie di responsabilità dei soci limitatamente responsabili per il debito tributario della società estintasi per cancellazione dal registro delle imprese, il presupposto dell’avvenuta riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, di cui al 3 (già 2) comma dell’art. 2495 c.c., integra, oltre alla misura massima dell’esposizione debitoria personale dei soci, una condizione dell’azione attinente all’i nteresse ad agire e non alla legittimazione ad causam dei soci stessi; questo presupposto, se contestato, deve conseguentemente essere provato dal Fisco che faccia valere, con la notificazione ai soci ex artt. 36, comma 5, d.P.R. n. 602/73 e 60 d.P.R. 600/73 di apposito avviso di accertamento, la specifica ipotesi di responsabilità in questione, fermo restando che
l’interesse ad agire dell’Amministrazione finanziaria non è escluso per il solo fatto della mancata riscossione di somme in base al bilancio finale di liquidazione, potendo tale interesse radicarsi in altre evenienze, quali la sussistenza di beni e diritti che, per quanto non ricompresi in questo bilancio, si siano trasferiti ai soci, ovvero l’escussione di garanzie.
Nel caso di specie si ravvisa una motivazione del tutto apparente riguardo all’applicazione della responsabilità ex artt. 36, comma 5, d.P.R. n. 602/73 e 2495 c.c., allorquando, dopo alcune affermazioni generali e astratte, in maniera del tutto generica e incomprensibile, con violazione del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090), si afferma che la ricostruzione operata dall’Ufficio poggia ‘ su molteplici elementi presuntivi concatenati tra loro in modo non accoglibile sul piano istruttorio ‘ , mancando del tutto un giudizio di fatto (Cass., Sez. III, 15 febbraio 2024, n. 4166).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria territorialmente competente anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, sezione distaccata di Verona, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 aprile 2025.