Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14259 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14259 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 22/05/2024
Oggetto: tributi -definizione agevolata -separazione delle cause – accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16363/2015 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), in qualità di soci di RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura a margine del ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-resistente -avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Liguria, n. 1278/02/14, depositata in data 18 dicembre 2014.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 aprile 2024 dal C onsigliere Relatore NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, nelle more estinta, ha impugnato un avviso di accertamento, relativo al periodo di imposta 2007, con il quale venivano accertate maggiori IRAP e IVA e irrogate sanzioni. All’av viso di accertamento nei confronti della società contribuente facevano seguito due avvisi nei confronti dei soci COGNOME NOME e COGNOME NOME per maggiore IRPEF, a loro imputata per trasparenza ex art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Gli avvisi, i quali facevano seguito a PVC, venivano redatti a termini dell’art. 39, secondo comma, lett. c) d.P.R. 29 settembre 193, n. 600 per avere la società contribuente smarrito la documentazione contabile durante le operazioni di verifica. I contribuenti hanno contestato il presupposto in base al quale l’avviso è stato emesso, nonché hanno contestato nel merito l’accertamento, deducendo l’omessa motivazione in punto sanzioni.
La CTP di Genova ha rigettato i ricorsi riuniti.
La CTR della Liguria, con sentenza in data 18 dicembre 2014, preso atto dell’estinzione della società contribuente, ha dichiarato cessata la materia del contendere nei confronti della società ed ha affermato la responsabilità dei soci quali successori della società estinta. Nel merito, la CTR ha dato atto che dall’analisi degli estratti conto bancari non vi è prova dell’ inerenza dei costi che risulterebbero dall’emissione di assegni bancari, sia in quanto assegni emessi senza
l’indicazione del beneficiario, sia in quanto dai conti correnti risultavano diversi prelievi in contanti; la sentenza ha, inoltre, confermato gli accertamenti relativi ai soci.
Propongono ricorso per cassazione i soci della società contribuente estinta, affidato a tre motivi; resiste con controricorso l’Ufficio.
Con ordinanza interlocutoria pronunciata all’adunanza del 6 aprile 2022 è stato dato atto che il ricorrente COGNOME NOME ha proposto definizione agevolata a termini dell’art. 3 d.l. n. 119/2018 , con rateazione sino alla data del 30 novembre 2023. All’esito, la causa è stata rimessa nuovamente sul ruolo.
CONSIDERATO CHE
Dalla memoria depositata in data 11 aprile 2024 risulta che il ricorrente COGNOME si è avvalso della rottamazionequater (art. 1, comma 249, lett. c) l. n. 197/2022, con termine novembre 2027 (doc. 2) e ha pagato le prime tre rate precedenti il deposito della memoria (doc. 3). Peraltro, risultava già agli atti che il ricorrente COGNOME avesse fatto accesso alla rottamazionebis e successivamente anche alla definizione agevolata di cui al d.l. n. 119/2018 (rottamazioneter ), di cui vi è agli atti il cedolino del pagamento della prima rata (29 luglio 2019). Deve, pertanto, procedersi al rinvio a nuovo ruolo per la posizione del ricorrente COGNOME e, previa separazione delle cause, va esaminato il ricorso dell’altro ricorrente COGNOME.
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. e dell’art. 62, primo comma d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, violazione o falsa applicazione degli artt. 2312, 2324, 2495, secondo comma cod. civ., come modifica to dall’art. 4 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, dell’art. 36 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, degli artt. 100, 110 cod. proc. civ., nonché dell’art. 40 d. lgs. n. 546/1992, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto
sussistente la responsabilità dei soci quali successori della società estinta. Osservano i ricorrenti che per effetto della cancellazione della società non si verificherebbe alcun effetto successorio nei confronti dei soci, con caducazione anche degli avvisi « dipendenti » emessi nei confronti dei soci per trasparenza, non essendo -secondo parte ricorrente – applicabile alla materia tributaria il principio enunciato dalle Sezioni Unite (Cass., Sez. U., 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071, 6072). Si deduce, inoltre, l’esistenza di elementi utili a tale opzione interpretativa in forza del disposto de ll’art. 28 commi 4 7, d. lgs. 21 novembre 2014, n. 175.
3. Con il secondo motivo si deduce in via gradata, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3, 4, 5, cod. proc. civ., e dell’art. 62, comma 1, d. lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, un triplice ordine di censure. Con la prima, si censura la nullità della sentenza -in violazione dell’art. 36, comma 2, d. lgs. n. 546/1992, degli artt. 132, secondo comma, n. 4 e 156, secondo comma, cod. proc. civ., dell’art. 61 d. lgs. n. 546/1992, dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. , nonché dell’art. 111 Cost., per non es sersi il giudice di appello pronunciato sulle plurime contestazioni contenute nell’atto di appello, limitandosi ad affermare la legittimità dell’avviso di accertamento con motivazione apodittica. Con la seconda censura del medesimo motivo, si deduce omesso esame di fatti decisivi ai fini della decisione, costituiti da circostanze tese a dimostrare la non imputabilità della perdita della documentazione contabile in base ai quali la stessa non sarebbe stata originariamente esibita, elementi poi valorizzati nel parallelo giudizio penale. Con la terza censura si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 39, secondo comma, lett. c) d.P.R. n. 600/1973, degli artt. 52, 54, 55, secondo comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dell’art. 19 d. lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 in relaz ione all’art. 53 Cost., nonché dell’art. 654 cod. proc. civ., per avere il giudice di appello
ritenuto sussistenti i presupposti per l’emissione dell’avviso di accertamento induttivo, nonostante non fosse configurabile nel caso di specie un rifiuto di esibizione.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. e 61, comma 1, d. lgs. n. 546/1992, violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., applicabile al processo tributario ex art. 1, comma 2, d. lgs. n. 546/1992, per non essersi il giudice di appello pronunciato sul l’eccezione di difetto di motivazione dei provvedimenti impugnati quanto all’irrogazione delle sanzioni.
Il primo motivo del ricorrente RAGIONE_SOCIALE è infondato, alla luce degli stessi precedenti richiamati, secondo cui, qualora all’estinzione della società, di persone o di capitali, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, non corrisponda il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla società estinta, si determina un fenomeno di tipo successorio, in virtù del quale l’obbligazione della società non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della RAGIONE_SOCIALE o illimitatamente, a seconda che, pendente societate , fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali (Cass., Sez. U, n. 6070/2013, cit.). Né tale principio è avulso dalla materia tributaria, essendo costantemente applicato da questa Corte ( ex multis, Cass., Sez. VI, 23 novembre 2021, n. 36111; Cass., Sez. VI, 27 settembre 2021, n. 26103; Cass., Sez. V, 8 settembre 2021, n. 24241; Cass., Sez. V, 27 luglio 2021, n. 21433; Cass., Sez. V, 20 giugno 2019, n. 16546), così come nessuna incidenza ha nel caso di specie la disciplina sopravvenuta di cui al d. lgs. n. 175/2014.
Il secondo motivo del ricorrente COGNOME è infondato in relazione ai tre profili evidenziati. Quanto al primo profilo, relativo alla nullità della sentenza, si osserva che -secondo la costante giurisprudenza di
questa Corte – il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., in caso di violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. con conseguente nullità della sentenza – di mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale, di motivazione apparente, di manifesta ed irriducibile contraddittorietà e di motivazione perplessa od incomprensibile (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940), che ricorre nel caso in cui la motivazione risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (Cass., VI, 25 settembre 2018, n. 22598). Ugualmente, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153). Nella specie, la motivazione -per quanto assai succinta – dà conto adeguatamente del percorso decisionale del giudice del merito, che ha confermato la legittimità dell’accertamento sulla base dei riscontri bancari effettuati, dai quali non emergeva alcuna indicazione utile a ritenere l’inerenza dei costi .
Inammissibili sono il secondo e il terzo profilo del secondo motivo, relativi all’omessa considerazione dei fatti storici che avrebbero fatto da sfondo all’incolpevole smarrimento della contabilità e alla non corretta applicazione del principio di rifiuto di esibizione, in quanto –
come si evince dallo stesso giudizio di decisività enunciato dai ricorrenti in relazione al secondo profilo -tali profili non colgono propriamente la ratio decidendi della sentenza impugnata, laddove la motivazione della legittimità dell’accertamento è stata incentrata non sullo smarrimento della contabilità, ma sull’attività di riscontro effettuata dagli agenti accertatori in relazione alla documentazione bancaria (« dall’analisi degli estratti conto bancari si riscontra che parte degli assegni sono stati emessi senza indicazione dei beneficiari e che sono stati effettuati numerosi prelievi in contanti, per cui viene a mancare la prova della inerenza e competenza di detti pr elievi all’esercitata dalla societ à, pertanto è legittima la ricostruzione contabile effettuata dall’Ufficio »).
8. Il terzo profilo del medesimo motivo è, inoltre, inammissibile in quanto il ricorrente non dedotto per quali circostanze il comportamento del contribuente non potesse considerarsi come un rifiuto. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiestigli dall’Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, preclude la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa e rende legittimo l’accertamento induttivo solo ove sia non veritiera, cosciente, volontaria e dolosa, così integrando un sostanziale rifiuto di esibizione diretto ad impedire l’ispezione documentale (Cass., Sez. V, 20 ottobre 2021, n. 29110; Cass., Sez. V, 1° agosto 2019, n. 20731; Cass., 9 novembre 2018, n. 28711). Tuttavia, il contribuente che eccepisca l’insussistenza dei presupposti perché sia configurabile un rifiuto ha l’onere d i allegare che il rifiuto a produrre la documentazione contabile è dovuta a causa a lui non imputabile (Cass., Sez. V, 10 marzo 2021, n. 6617), allegazione che nella specie non è rispondente al principio di specificità, non essendo sufficiente fare riferimento agli atti del giudizio penale.
Il terzo motivo del medesimo ricorrente è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’obbligo di motivazione dell’atto di contestazione della sanzione collegata al tributo, imposto dall’art. 16, comma 2, d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 opera soltanto quando essa sia irrogata con atto separato e non contestualmente e unitamente all’atto di accertamento o di rettifica, in quanto, in quest’ultimo caso, viene assolto per relationem se la pretesa fiscale è definita nei suoi elementi essenziali (Cass., Sez. V, 4 maggio 2021, n. 11610; Cass., Sez. V, 2 marzo 2022, n. 6944). Per quanto il giudice di appello non si sia espressamente pronunciato su tale specifico motivo di doglianza, il giudice di legittimità, quale giudice del fatto processuale, può pronunciarsi nel merito delle relative censure ove le suddette non richiedano un nuovo accertamento in fatto, come nel caso di specie, rilevandosi l’infondatezza nel merito della censura per essere l ‘atto irrogativo delle sanzioni contestuale all’accertamento dei maggiori tributi, come risultante dal frontespizio della sentenza impugnata.
Il ricorso proposto dal ricorrente COGNOME va, pertanto, rigettato e, stante la separazione della causa dell’altro ricorrente COGNOME oggetto di rinvio a nuovo ruolo, separazione che rende definitiva questa pronuncia per il ricorrente COGNOME, il suddetto ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità per soccombenza; le spese sono liquidate come da dispositivo; sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato per il medesimo ricorrente.
P. Q. M.
La Corte così provvede:
1) dispone la separazione del ricorso proposto da COGNOME NOME dal ricorso proposto da COGNOME;
2) dispone il rinvio a nuovo ruolo per il ricorso proposto COGNOME NOME in attesa dell’esecuzione della definizione agevolata ex art. 1, comma 249, lett. c) l. n. 197/2022;
3) rigetta il ricorso di COGNOME, condannando il ricorrente COGNOME al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 13.800,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente COGNOME, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 24 aprile 2024