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Responsabilità rappresentante fiscale: limiti e prove

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 591/2024, ha annullato una decisione che affermava la responsabilità solidale di un rappresentante fiscale per una frode IVA commessa dalla società estera rappresentata. La Corte ha stabilito un principio chiave: la responsabilità del rappresentante fiscale non è automatica, ma sorge solo se viene provato il suo coinvolgimento attivo e concreto nelle operazioni illecite. La sola conoscenza o conoscibilità delle irregolarità non è sufficiente a fondare la sua responsabilità.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

La responsabilità del rappresentante fiscale: quando scatta davvero?

La figura del rappresentante fiscale è cruciale nel commercio internazionale, permettendo alle aziende estere di operare in Italia rispettando gli obblighi IVA. Tuttavia, quali sono i confini della sua responsabilità in caso di illeciti commessi dalla società rappresentata? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, delineando un principio fondamentale: la responsabilità del rappresentante fiscale non è automatica, ma richiede la prova di un suo coinvolgimento attivo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Una società italiana, operante come rappresentante fiscale per una società con sede a San Marino, si è vista notificare un avviso di accertamento per maggiore IVA. L’Amministrazione Finanziaria riteneva la società italiana solidalmente responsabile per un sistema fraudolento messo in atto dalla società sammarinese, che effettuava vendite in Italia evadendo l’IVA attraverso false attestazioni di trasporto.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano confermato la pretesa del fisco, ritenendo che la società italiana fosse corresponsabile delle violazioni commesse dalla mandante estera. La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la sua responsabilità fosse stata erroneamente estesa oltre i limiti previsti dalla legge.

L’Analisi della Corte e la Responsabilità del Rappresentante Fiscale

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza precedente. Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra la figura del rappresentante fiscale e quella della stabile organizzazione. Mentre la stabile organizzazione è un vero e proprio centro di imputazione fiscale per tutte le operazioni della casa madre estera, il rappresentante fiscale ha una soggettività passiva ai fini IVA che è definita “parziale”.

Questo significa che la sua responsabilità è strettamente limitata alle operazioni passive che gli sono state specificamente attribuite tramite il contratto di mandato. Non può, quindi, essere considerato automaticamente responsabile per qualsiasi operazione, anche illecita, posta in essere dalla società non residente.

Le Motivazioni

La Corte ha enunciato un principio di diritto chiaro e fondamentale: la responsabilità solidale del rappresentante fiscale non deriva dalla semplice esistenza del rapporto di mandato. Essa scatta solo se si prova che il rappresentante ha effettivamente posto in essere operazioni irregolari nell’interesse del mandante.

Per fondare tale responsabilità, non è sufficiente dimostrare la mera conoscenza o la potenziale conoscibilità delle operazioni fraudolente. È necessario provare che il rappresentante si sia attivamente ingerito nelle operazioni contra legem, perfezionate direttamente dalla società estera. In altre parole, deve esserci una condotta attiva e imputabile al rappresentante, una partecipazione concreta all’illecito, che vada oltre il semplice adempimento formale del mandato.

Nel caso specifico, i giudici di merito si erano limitati a dichiarare la responsabilità in modo assertivo, senza indagare sul ruolo effettivo svolto dalla società rappresentante nelle operazioni contestate e senza fornire una motivazione adeguata che ricostruisse l’iter logico-giuridico della decisione. Questo vizio ha portato alla cassazione della sentenza.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione, con questa ordinanza, offre una tutela importante per chi svolge l’attività di rappresentanza fiscale. Si stabilisce che il ruolo non comporta un’automatica assunzione di garanzia per qualsiasi comportamento della società estera. La responsabilità solidale deve essere rigorosamente accertata, provando un coinvolgimento fattuale e concreto del rappresentante nell’illecito. Questa decisione impone all’Amministrazione Finanziaria un onere probatorio più stringente e definisce con maggior chiarezza i confini di un ruolo professionale essenziale per l’economia globale.

Quando è un rappresentante fiscale solidalmente responsabile per l’IVA non versata dalla società estera?
La responsabilità solidale sorge non per la mera esistenza del mandato, ma solo quando viene provato che il rappresentante si è attivamente e concretamente ingerito nelle operazioni irregolari, partecipando alla loro esecuzione.

La semplice conoscenza delle operazioni illecite è sufficiente per affermare la responsabilità del rappresentante fiscale?
No. Secondo la Corte, la mera conoscenza o la conoscibilità delle operazioni irregolari in capo al rappresentante fiscale non sono sufficienti a fondare la sua responsabilità solidale. È necessaria la prova di un suo coinvolgimento attivo.

Qual è la differenza principale tra un rappresentante fiscale e una stabile organizzazione in termini di responsabilità?
Una stabile organizzazione costituisce l’unico centro di imputazione fiscale per tutte le operazioni della società non residente, assumendone la piena responsabilità. Il rappresentante fiscale, invece, ha una soggettività passiva parziale, limitata solo alle operazioni che gli sono state specificamente attribuite tramite il contratto di mandato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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