Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4386 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4386 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/02/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 23266/2016 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, nella qualità di Presidente pro tempore del RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO, per procura speciale in calce al controricorso.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, n. 1325/67/2016, depositata in data 7 marzo 2016, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Cremona, con sentenza n. 65/1/14, depositata il 4 marzo 2014, aveva accolto i ricorsi riuniti proposti da COGNOME NOME avverso gli avvisi di accertamento, relativi agli anni d’imposta 2007 e 2008, a lui notificati quale legale rappresentante del RAGIONE_SOCIALE, deducendo che, in data 21 dicembre 2011, con atto in AVV_NOTAIO registrato a Crema al n. NUMERO_DOCUMENTO, si era provveduto all’estinzione del RAGIONE_SOCIALE.
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che, nel caso di specie, nessuna obbligazione tributaria poteva essere materialmente richiesta ed eventualmente riscossa nei confronti dell’ente estinto, né nei confronti dell’ultimo legale rappresentante, atteso che dalla lettura degli atti impositivi non era stata riscontrata alcuna responsabilità o comportamento a lui imputabile; inoltre, la decisione del giudice di primo grado non aveva determinato violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ovvero di ultrapetizione, poiché aveva certamente statuito in base ad argomenti dedotti dal contribuente; rientrava nel potere del Giudice effettuare una valutazione giuridica autonoma e difforme rispetto a quella prospettata; la motivazione addotta dai giudici di primo grado riguardava in via preliminare il fatto dedotto in giudizio circa l’estinzione della società, per delineare il confine entro cui poteva essere fatta valere un’eventuale obbligazione tributaria in capo a soggetti diversi dalla società ed anche il secondo motivo, con cui
era stata eccepita l’errata interpretazione dell’art. 38 cod. civ., non poteva trovare accoglimento, atteso che un’eventuale responsabilità dell’ultimo legale rappresentante doveva essere provata da chi intendeva far valere le proprie ragioni creditorie, circostanza che non si era verificata nel caso in esame.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
COGNOME NOME resiste con controricorso e note difensive.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo motivo deduce la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. Il contribuente nei propri ricorsi introduttivi aveva eccepito esclusivamente la nullità dell’avviso di accertamento per l’intervenuta estinzione della società. Nessuna eccezione era stata opposta dalla controparte riguardo al fatto che l’Ufficio non aveva dimostrato che COGNOME NOME avesse svolto un’attività in nome e nell’interesse dell’associazione. La Commissione tributaria provinciale aveva sostenuto l’illegittimità dell’atto impositivo in quanto l’RAGIONE_SOCIALE, per far valere la sua pretesa nei confronti del Sig. COGNOME, avrebbe dovuto dare la prova che questi avesse agito in nome e per conto dell’associazione, non potendosi presumere la sua responsabilità dalla carica rivestita nell’associazione. La questione era devoluta al Giudice d’appello con specifico motivo di gravame nel quale, l’RAGIONE_SOCIALE appellante, da un lato, sosteneva la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., avendo il Giudice di primo grado deciso su di un motivo diverso da quello prospettato dal ricorrente, e dall’altro, aveva contestato nel merito la decisione poiché sosteneva che dalla documentazione in atti era ampiamente dimostrato che il RAGIONE_SOCIALE aveva agito in nome e per conto dell’associazione (il contribuente stesso aveva depositato in giudizio l’accordo commerciale da lui firmato con la società RAGIONE_SOCIALE
s.r.l.). La decisione del Giudice di appello non era condivisibile, in quanto il Giudice di primo grado aveva ritenuto esistente un vizio dell’atto impositivo che non era stato proposto dal contribuente con specifico motivo di ricorso. Considerando, infatti, il motivo di ricorso proposto e la questione sollevata, l’RAGIONE_SOCIALE aveva sviluppato la sua linea difensiva, non soffermandosi in maniera puntuale sul profilo della prova che il Sig. COGNOME avesse svolto attività negoziale in nome e per conto dell’associazione. Solamente nel giudizio di appello, all’esito della pronuncia di primo grado, aveva dimostrato che il Sig. COGNOME aveva svolto attività negoziale in nome e per conto dell’associazione. La decisione assunta, pertanto, era viziata, in quanto fondata, come aveva ammesso la stessa Commissione tributaria regionale, su di una «valutazione giuridica autonoma e difforme da quella prospettata».
1.1
Il motivo è infondato.
1.2 Questa Corte ha affermato che « il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo RAGIONE_SOCIALE parti, alteri uno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione («petitum» e «causa petendi»), attribuendo o negando ad uno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nell’ambito della domanda o RAGIONE_SOCIALE richieste RAGIONE_SOCIALE parti», con la conseguenza che «non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che esamini una questione non espressamente formulata, tutte le volte che questa debba ritenersi tacitamente proposta, in quanto in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate » (Cass., 3 luglio 2019, n. 17897).
1.3 Ed ancora è stato precisato che « il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice pronuncia oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE pretese e RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, fermo restando
che egli è libero non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge » (Cass., 5 agosto 2019, n. 20932).
1.4 Ancora « La rilevazione e l’interpretazione del contenuto della domanda è attività riservata al giudice di merito, sicché non è deducibile la violazione dell’art. 112 c.p.c., quale errore procedurale rilevante ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., quando il predetto giudice abbia svolto una motivazione sul punto, dimostrando come la questione sia stata ricompresa tra quelle oggetto di decisione, attenendo, in tal caso, il dedotto errore al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte » (Cass., 22 settembre 2023, n. 27181).
1.5 Ed è quella che è accaduto nella vicenda in esame, dove la Commissione tributaria regionale ha affermato che i giudici di primo grado avevano certamente statuito in base ad argomenti dedotti dal contribuente e che la motivazione dei primi giudici aveva riguardato in primo luogo il fatto dedotto in giudizio circa l’estinzione della società al fine specifico di delineare il confine entro cui poteva essere fatta valere un’eventuale obbligazione tributaria in cap o a soggetti diversi dalla società e che, in tale ambito, andava valutata anche l’errata interpretazione dell’art. 38 cod. civ., dedotta dall’Ufficio con il secondo motivo di gravame. D’altra parte, come emerge dalla lettura del ricorso per cassazione (pag. 6 del ricorso per cassazione) gli avvisi di accertamento erano stati notificati al legale rappresentante del RAGIONE_SOCIALE proprio sul presupposto che l’associazione cultu rale, al momento della emissione degli atti impositivi non era più esistente, ciò che è sufficiente per ritenere insussistente il vizio di ultrapetizione
dedotto. Corretta è, pertanto, la decisione impugnata, laddove ha ritenuto che la decisione di primo grado non aveva determinato alcuna violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., sotto lo specifico profilo dell’ultrapetizione .
Il secondo motivo deduce la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale era incorsa in errore non avendo considerato che agli atti vi era la prova che il Sig. COGNOME avesse svolto attività negoziale in nome e per conto della associazione e a nulla poteva rilevare che detta prova fosse stata fornita dallo stesso ricorrente. Sin dall’atto di appello, infatti, l’RAGIONE_SOCIALE aveva evidenziato che il contribuente aveva depositato l’atto negoziale di maggiore rilevanza stipulato dall’associazione nel corso della sua esistenza, vale a dire l’accordo commerciale intervenuto con la RAGIONE_SOCIALE e che detto accordo risultava sottoscritto proprio dal Sig. COGNOME. I giudici di secondo grado avevano violato il principio dell’acquisizione, per il quale era del tutto indifferente per il Giudice la provenienza della prova del fatto e la regola di giudizio di cui all’art. 2697 cod. civ. poteva trovare applicazione solamente se i fatti restavano sforniti di prova e non solo perché le prove non provenivano proprio dalla parte che aveva l’onere di proporle.
2.1 Il motivo è fondato.
2.2 Ed invero, deve tenersi conto dei principi statuiti da questa Corte con riferimento all’identificazione della responsabilità in tema di obbligazioni tributarie ex art. 38 cod. civ..
2.3 Deve premettersi che, in RAGIONE_SOCIALE, in tema di obbligazioni e di responsabilità in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE persone che hanno agito per l’associazione, questa Corte ha affermato che la responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38, secondo comma, cod. civ. per colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza
dell’associazione, bensì all’attività negoziale all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente. (Cfr. Cass., 14 dicembre 2017, n. 26290; Cass., 25 agosto 2014, n. 18188)
2.4 E ‘ stato, altresì, evidenziato che la ratio della previsione di una responsabilità personale e solidale RAGIONE_SOCIALE persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, in aggiunta a quella dell’associazione, assicura il contemperamento tra l’assenza di un sistema di pubblicità legale, afferente il patrimonio dell’ente, e l’esigenza di tutela dei creditori. E tanto per logica conseguenza importa il maggiore apprezzamento della concreta ingerenza dell’agente nell’attività dell’ente rispetto alla posizione in esso eventualmente astrattamente assunta (Cass., 12 marzo 2007, n. 5776; Cass., 10 settembre 2009, n. 19486).
2.5 E tuttavia, n ell’ambito più specificamente tributario, dove la fonte dell’obbligazione non è negoziale, ma ex lege , è stato affermato che sebbene la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 cod. civ., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto che abbia dato luogo alla creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi, l’operatività di tale principio in materia tributaria non esclude che per i debiti d’imposta, che sorgono non su base negoziale ma derivano ex lege dal verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la gestione complessiva dell’associazione nel periodo di
relativa investitura (Cass., 15 ottobre 2018, n. 25650; Cass., 24 febbraio 2020, n. 4747, e ancor più di recente, Cass., 9 febbraio 2021, n. 3093).
2.6 E’ stato, anzi, affermato che « In ragione del principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile e della fonte legale dell’obbligazione tributaria, nell’ipotesi di avvicendamento nella carica sociale di un’associazione non riconosciuta, anche per evitare strumentalizzazioni elusive, il rappresentante legale subentrante non può andare esente, ai fini fiscali, da responsabilità solidale con l’associazione soltanto per la mancata ingerenza nella pregressa gestione dell’ente, in quanto è obbligato a redigere ed a presentare la dichiarazione dei redditi e ad operare, ove necessario, le rettifiche della stessa: ne deriva che, per l’accertamento della responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta con quest’ultima, occorre tenere conto non solo della partecipazione di tale soggetto all’attività dell’ente, ma anche del corretto adempimento degli obblighi tributari incombenti sul medesimo » (Cass., 23 febbraio 2018, n. 4478; Cass., 28 settembre 2018, n. 22861).
2.7 Le conclusioni a cui la giurisprudenza perviene nella materia fiscale, cui questo Collegio intende dare continuità, comportano peraltro un’ulteriore conseguente considerazione, incidente sulla prova e sul riparto del suo onere. Se infatti con riguardo alle obbligazioni in RAGIONE_SOCIALE si è affermato il principio secondo cui chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività di chi agisce in nome e nell’interesse dell’associazione, deve invece affermarsi che nelle obbligazioni ex lege – in cui l’attenzione si sposta dalla concreta attività espletata dall’associato ai fini dell’insorgenza della specifica obbligazione alla verifica della partecipazione e gestione dell’ente da parte del soggetto – tale onere probatorio va diversamente ripartito. Infatti, grava su colui che invoca in giudizio la responsabilità
dell’agente l’onere della prova degli elementi da cui desumere la sua qualità di rappresentante e/o di gestore di tutta o di parte dell’attività dell’associazione, grava invece sul chiamato a rispondere RAGIONE_SOCIALE obbligazioni ex lege dare prova della sua estraneità alla gestione dell’ente (cfr. Cass., 9 febbraio 2021, n. 3093, citata, in motivazione).
2.8 Ciò posto, nella vicenda in esame, emerge che il COGNOME era il legale rappresentante pro tempore del RAGIONE_SOCIALE e, in tale veste, ha ricevuto la notifica degli avvisi di accertamenti relativi agli anni 2007 e 2008. A fronte di tale posizione, il giudice regionale si è limitato a ribadire l’interpretazione secondo cui dall’art. 38 cod. civ. si evinceva che ai fini dell’assunzione degli obblighi dell’associazione si richiedeva la prova dell’attività negoziale concretamente svolta, prova a carico di chi chiamava a responsabilità l’associato o comunque la persona che per essa avesse agito, concludendo che questa prova non era stata fornita dall’Ufficio. La decisione, dunque, non ha tenuto conto dei principi di diritto enunciati invece in materia fiscale, così trascurando la posizione del controricorrente nella verifica della partecipazione e gestione dell’ente, e soprattutto, per l’effetto, limitandosi a concentrare l’attenzione sulla mancata prova della condotta concreta da lui tenuta all’insorgenza dell’obbligazione, senza tener conto che ai fini fiscali, a fronte della prova della qualità di rappresentante e/o di gestore di tutta o di parte dell’attività dell’associazione, grava invece sul chiamato a rispondere RAGIONE_SOCIALE obbligazioni ex lege dimostrare, in concreto, la propria estraneità.
2.9 E’ pure condivisibile la prospettazione erariale, laddove afferma che la Commissione tributaria regionale non ha fatto una corretta applicazione del principio di acquisizione probatoria, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute (e quale che sia la parte ad iniziativa della quale sono state raggiunte), concorrono, tutte ed indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice, senza che la relativa provenienza possa condizionare tale
convincimento in un senso o nell’altro (Cass. 16 giugno 1998, n. 5980; Cass., 16 giugno 2000, n. 8195; Cass., 7 agosto 2002, n. 11911; Cass., 21 marzo 2003, n. 4126 e, più di recente, Cass., 13 aprile 2023, n. 9863).
Per le ragioni di cui sopra, va accolto il secondo motivo di ricorso e va rigettato il primo motivo; la sentenza impugnata va cassata e la causa deve essere rinviata, in relazione al motivo accolto, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la determinazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 13 febbraio 2024.