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Responsabilità rappresentante associazione e sanzioni

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato una sentenza che escludeva la responsabilità del legale rappresentante di un’associazione sportiva per sanzioni fiscali. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che la responsabilità del rappresentante di un’associazione non riconosciuta è presunta. Spetta a quest’ultimo, e non all’ente impositore, l’onere di provare la propria estraneità alle decisioni che hanno generato l’illecito tributario. La causa è stata rinviata per un nuovo esame.

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Pubblicato il 1 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità Rappresentante Associazione: La Cassazione sull’Onere della Prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema di grande rilevanza pratica: la responsabilità rappresentante associazione non riconosciuta per i debiti e le sanzioni di natura tributaria. Con la decisione in esame, la Suprema Corte ribadisce un principio fondamentale in materia di onere della prova, chiarendo che spetta al rappresentante legale dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati e non all’amministrazione finanziaria provare il suo coinvolgimento.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un atto di irrogazione sanzioni emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica (ASD) e, in solido, del suo legale rappresentante. Le sanzioni erano relative all’anno d’imposta 2015 e scaturivano dall’indebita applicazione di un regime fiscale agevolato.

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado, pur confermando le sanzioni a carico dell’associazione, aveva annullato l’atto nei confronti del legale rappresentante. Secondo i giudici di merito, l’Agenzia delle Entrate non aveva fornito la prova concreta che il rappresentante avesse svolto attività “dirette alla creazione del tributo”, ritenendo quindi non dimostrata la sua responsabilità personale.

Il Ricorso e la Responsabilità del Rappresentante dell’Associazione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione di due norme cardine: l’art. 38 del codice civile, sulla responsabilità patrimoniale degli enti non riconosciuti, e l’art. 2697 del codice civile, che disciplina l’onere della prova.

Secondo l’ente impositore, la corte territoriale aveva erroneamente invertito l’onere probatorio. Non doveva essere l’Agenzia a dimostrare il coinvolgimento attivo del rappresentante, ma, al contrario, era quest’ultimo a dover provare di non aver partecipato alle decisioni che avevano portato alla violazione fiscale. La sua posizione di legale rappresentante, infatti, creava una presunzione di corresponsabilità.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondati i motivi del ricorso, allineandosi alla propria giurisprudenza consolidata. I giudici hanno affermato che, in tema di associazioni non riconosciute, per i debiti d’imposta (che sorgono ex lege e non da un accordo) è chiamato a rispondere solidalmente chi, in forza del ruolo rivestito, ha svolto compiti di amministrazione nel periodo interessato.

Si deve presumere, infatti, che il legale rappresentante abbia concorso nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell’associazione. Questa presunzione, basata sull’art. 38 c.c., ha una conseguenza processuale diretta: inverte l’onere della prova. Non è l’amministrazione finanziaria a dover provare il coinvolgimento, ma è il rappresentante che, se vuole liberarsi dalla propria responsabilità, deve fornire la prova contraria.

Di conseguenza, la Corte di secondo grado ha errato nell’escludere la responsabilità del rappresentante solo perché l’Agenzia non aveva provato una sua attività diretta. Avrebbe dovuto, invece, verificare se il rappresentante avesse assolto all’onere, su di lui gravante, di dimostrare la sua estraneità alla gestione che ha originato la violazione.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado in diversa composizione. Quest’ultima dovrà riesaminare il caso applicando il principio di diritto corretto: la responsabilità del legale rappresentante di un’associazione non riconosciuta per debiti e sanzioni tributarie è presunta, e l’onere di fornire la prova contraria grava sul contribuente. Questa pronuncia rafforza la tutela del credito erariale e richiama gli amministratori di enti non profit a una gestione diligente e consapevole delle proprie responsabilità fiscali.

Chi risponde delle sanzioni fiscali di un’associazione non riconosciuta?
Rispondono solidalmente sia l’associazione con il suo fondo comune, sia le persone che hanno agito in suo nome e per suo conto. La Corte di Cassazione ha chiarito che il legale rappresentante è presunto responsabile in solido.

Il legale rappresentante di un’associazione è sempre personalmente responsabile per le sanzioni?
No, ma esiste una presunzione di responsabilità basata sul ruolo ricoperto. Spetta al legale rappresentante stesso fornire la prova contraria, dimostrando di non aver concorso alle decisioni che hanno generato il debito tributario o le sanzioni.

Su chi grava l’onere della prova in caso di sanzioni al rappresentante di un’associazione?
Secondo la sentenza, l’onere di provare la propria estraneità ai fatti che hanno generato la violazione fiscale grava sul legale rappresentante dell’associazione. L’Agenzia delle Entrate non deve dimostrare il suo coinvolgimento diretto, poiché questo è presunto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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