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Responsabilità personale amministratore: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità delle sanzioni fiscali a carico di un amministratore di fatto. La Corte ha stabilito che la norma che imputa le sanzioni esclusivamente alla società non si applica se l’amministratore ha utilizzato l’ente come uno schermo per perseguire un interesse personale. In tal caso, si ripristina la regola generale della responsabilità personale amministratore per concorso nell’illecito tributario.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità personale amministratore: quando le sanzioni fiscali ricadono sulla persona e non sulla società

In tema di sanzioni fiscali, la regola generale prevede che a rispondere delle violazioni commesse nell’ambito dell’attività d’impresa sia la società. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un’importante eccezione, affermando la responsabilità personale amministratore quando questi utilizzi l’ente come mero “schermo” per perseguire un interesse esclusivamente proprio. Analizziamo questa fondamentale decisione e le sue implicazioni pratiche.

I fatti del caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un imprenditore, ritenuto amministratore di fatto di una società di capitali, a cui l’Amministrazione finanziaria aveva notificato diversi atti di contestazione per sanzioni relative a più periodi d’imposta. L’imprenditore aveva impugnato tali atti, sostenendo che, in base alla normativa vigente, le sanzioni avrebbero dovuto essere addebitate esclusivamente alla società, in quanto soggetto giuridico distinto. La Commissione tributaria regionale aveva però respinto l’appello, confermando la legittimità delle sanzioni personali, poiché era emerso che l’imprenditore aveva ricoperto un ruolo di primo piano e aveva agito per un interesse personale, sfruttando artificiosamente la struttura societaria.

La decisione della Cassazione e la responsabilità personale amministratore

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’imprenditore, confermando la decisione di merito e fornendo chiarimenti cruciali sul confine tra responsabilità dell’ente e responsabilità della persona fisica che lo amministra.

L’uso della società come “schermo”

Il punto centrale della decisione è la distinzione basata sull’interesse perseguito dall’amministratore. La legge (art. 7 del D.L. n. 269/2003) stabilisce che le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale di società con personalità giuridica sono “esclusivamente a carico della persona giuridica”. Questa norma, spiega la Corte, rappresenta un’eccezione al principio generale della responsabilità personale di chi commette la violazione.

Tuttavia, tale eccezione trova applicazione solo se la persona fisica ha agito nell’interesse e a beneficio della società. Qualora, invece, l’amministratore agisca nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente come un paravento per sottrarsi alle conseguenze di illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, la ratio della norma viene meno. In questo scenario, la regola generale della responsabilità personale amministratore torna ad essere pienamente applicabile.

Il concorso di persone nell’illecito tributario

Per fondare giuridicamente tale responsabilità, la Corte richiama l’istituto del concorso di persone nell’illecito tributario (art. 9 del D.Lgs. n. 472/1997). Sebbene la violazione sia formalmente imputabile alla società, l’amministratore che ha dato un contributo causale alla sua realizzazione per un fine egoistico e personale non può beneficiare dello “schermo” societario. Egli diventa, a tutti gli effetti, un concorrente nell’illecito e, come tale, è direttamente sanzionabile. La Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria avesse fornito la prova che l’imprenditore aveva tratto un diretto vantaggio economico dalla violazione, utilizzando la società per i propri fini personali.

Le motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione basandosi su un’interpretazione teleologica delle norme. Il principio secondo cui le sanzioni gravano sulla società si fonda sul presupposto che quest’ultima sia l’effettiva beneficiaria della condotta illecita del suo rappresentante. Quando questo presupposto manca perché l’amministratore ha agito per un tornaconto personale, magari creando una struttura societaria artificiosa per fini illeciti, non c’è ragione di deviare dal principio cardine secondo cui la sanzione deve colpire l’autore materiale e morale della violazione.

La Corte ha quindi affermato che l’art. 7 del D.L. n. 269/2003 e l’art. 9 del D.Lgs. n. 472/1997 non sono in conflitto, ma operano su piani diversi. Il primo si applica quando l’azione è svolta nell’interesse societario; il secondo interviene per sanzionare i terzi concorrenti, inclusi gli amministratori che abusano della loro posizione per fini personali, garantendo che non vi siano zone di impunità.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza rafforza un principio di fondamentale importanza: la personalità giuridica di una società non è uno scudo invalicabile. Gli amministratori, di diritto o di fatto, devono essere consapevoli che la loro condotta è costantemente vagliata sotto il profilo dell’interesse perseguito. Se le loro azioni sono volte a ottenere un vantaggio personale indebito a danno dell’Erario, la responsabilità personale amministratore per le sanzioni fiscali diventa una conseguenza concreta e inevitabile, ripristinando così i principi di equità e legalità del sistema tributario.

Quando un amministratore risponde personalmente delle sanzioni fiscali di una società di capitali?
L’amministratore risponde personalmente quando, agendo per conto della società, persegue un interesse esclusivamente proprio o comunque diverso da quello sociale, utilizzando l’ente come uno “schermo” per ottenere un vantaggio personale indebito.

La legge che addossa le sanzioni solo alla società (art. 7 D.L. 269/2003) è sempre applicabile?
No. Secondo la Corte, questa norma è un’eccezione al principio di responsabilità personale e non si applica se l’amministratore ha agito nel proprio esclusivo interesse, in quanto viene meno la ragione giustificativa per addebitare la sanzione alla sola società.

Come si configura la responsabilità dell’amministratore in questi casi?
Si configura come un “concorso di persone” nell’illecito tributario, ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. 472/1997. Anche se la violazione è formalmente della società, l’amministratore che ha contribuito alla sua realizzazione per un fine personale è considerato co-responsabile e direttamente sanzionabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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