Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33385 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33385 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
COGNOME
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 6931/2020 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in forza di delega in calce al ricorso per cassazione.
Pec:
-ricorrente – contro
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
legge n. 269 del 2003.
Presidente
Consigliere
Consigliere -Rel.
Consigliere
Ud. 1/23/10/2024 C.C. PU R.G. 6931/2020 –
Consigliere
Cron. 17987/2019
R.G.N. 17987/2019
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA n. 3061/2019, depositata in data 11 luglio 2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto da COGNOME NOME nei confronti della sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente a oggetto gli atti di contestazione, relativi ai periodi d’imposta 2009, 2010, 2011, 2012 e 2013, quale amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE operante nei servizi della logistica, dei trasporti e del facchinaggio, poi dichiarata fallita con sentenza del 6 ottobre 2016.
I giudici di secondo grado, per quel che rileva in questa sede, hanno affermato che non sussisteva il vizio di omessa pronuncia della sentenza di primo grado sulla questione dell’adozione contestuale degli atti di irrogazione sanzioni e degli avvisi di accertamento come richiesto dall’art. 17 del decreto legislativo n. 472 del 1992, non avendo il ricorrente provato la lesione della sua sfera soggettiva ed essendo fatto pacifico, che risultava dalla decisione impugnata, che il contribuente era pienamente a conoscenza degli accertamenti emessi dall’Ufficio, avendo proposto istanza di adesione.
La Commissione tributaria regionale ha, poi, ritenuto legittimi gli atti di contestazione, in ragione del ruolo di primo piano ricoperto dal COGNOME nel consorzio RAGIONE_SOCIALE e nelle cooperative collegate allo stesso COGNOME, ruolo celato dietro l’interposizione garantita dai formali amministratori e soci, affermando, inoltre, come confermato dal mandato fiduciario che lo stesso aveva conferito a lrma NOME COGNOME e dal fatto che egli risultava, dalla corrispondenza acquisita (scambi di e-mails), avere contribuito, attivamente e con
continuità, a dare impulso alle iniziative strategiche assunte, anche per quanto attiene alla gestione finanziaria e ai rapporti intercorrenti con gli enti creditizi; il COGNOME era, dunque, il trasgressore, il quale si era avvalso dell’artificiosa fruizione di enti, al fine deliberato di violare la normativa tributaria, nel proprio personale interesse, con la conseguenza che legittimamente erano stati emessi nei suoi confronti gli atti di contestazione gravati, i cui presupposti andavano identificati nell’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, esattamente applicato dall’Amministrazione finanziaria, alla stregua dell’insegnamento ricordato della Corte regolatrice del diritto, dal quale il Collegio regionale non intendeva discostarsi, condividendone le ragioni.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi.
L ‘Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326 del 2003, nonché dell’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997. La sentenza impugnata era illegittima nella parte in cui era stata ritenuta non applicabile la disciplina prevista dall’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, legittimando, per l’effetto, l’operato dell’Amministrazione finanziaria volto ad estendere alla persona fisica (il sig. COGNOME quale presunto amministratore occulto del consorzio RAGIONE_SOCIALE) la responsabilità per il pagamento delle sanzioni dovute da una società di capitali (RAGIONE_SOCIALE) ex adverso non considerata fittizia. L’errato presupposto logico era rappresentata dalla ritenuta natura fittizia del consorzio RAGIONE_SOCIALE, che non era, in altri termini, una reale società di capitali. Ma la stessa Amministrazione finanziaria non aveva
mai messo in dubbio, a differenza di quanto avvenuto in relazione alle singole cooperative collegate al consorzio, l’esistenza della società RAGIONE_SOCIALE quale effettiva società con una propria e distinta personalità giuridica, come risultava dalla lettura degli atti impugnati e in sede di procedimento di adesione attivato. Inoltre, gli atti sanzionatori erano illegittimi per avere applicato una normativa non più vigente ed inapplicabile dal 2003, atteso che la sopravvenuta novella di cui all’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, aveva tacitamente abrogato ogni forma di responsabilità della persona fisica (amministratore di diritto o di fatto, dipendente e rappresentante) per il pagamento delle sanzioni amministrative tributarie riferibili alle società di capitali.
Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17, comma 1, del decreto legislativo n. 472 del 1997, avendo il giudice di secondo grado condizionato l’applicazione di detta norma alla preventiva dimostrazione, da parte del contribuente, di aver patito « un vulnus, con la conseguente lesione della sua sfera soggettiva », mentre l’art. 17 citato prevedeva che le sanzioni collegate al tributo cui si riferivano erano irrogate, senza previa contestazione e con l’osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità.
Senza prescindere da un profilo di inammissibilità della censura, nella parte in cui non specifica la data di notifica degli avvisi di accertamento specificamente richiamati dapprima alla pagina 2 del ricorso per cassazione e poi alle pagine 19 e 20 del ricorso per cassazione (a fronte degli atti di contestazione delle sanzioni notificati in data 21 ottobre 2016), il secondo motivo, la cui trattazione è prioritaria, è infondato.
3.1 Ed invero, premesso che il ricorrente si duole della mancata notifica di un atto unico e globale riguardante i tributi e le sanzioni contestate e della frammentazione della pretesa fiscale in una pluralità di atti (cfr. pagine 21 e 22 del ricorso per cassazione), deve ribadirsi quanto già affermato da questa Corte secondo cui « Le sanzioni amministrative collegate al tributo e quelle accessorie possono essere irrogate unitamente all’avviso di accertamento ex art. 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997 o con distinto ed autonomo atto ai sensi del successivo art. 17 del decreto contestualmente al menzionato avviso, come si ricava anche dall’ultima parte della disposizione da ultimo citata, che prevede che tale atto sia ‘motivato a pena di nullità’ » (Cass., 27 ottobre 2021, n. 30398). Ed invero, il procedimento per irrogazione delle sanzioni e il procedimento di accertamento del tributo sono del tutto autonomi (Cass., 25 maggio 2015, n. 10778) e sono soggetti, pertanto, ad una disciplina del tutto differente e non sovrapponibile (Cass., 30 settembre 2020, n. 20864), le sanzioni amministrative e quelle accessorie possono essere irrogate «unitamente» all’avviso di accertamento, a norma dell’art. 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997, ovvero con distinto ed autonomo atto di irrogazione, a norma dell’art. 17 del decreto legislativo citato (cfr. Cass. 29 dicembre 2016, n. 27315 e, più di recente, Cass., 29 gennaio 2024, n. 2703), come è avvenuto nel caso in esame.
Il primo motivo è pure infondato.
4.1 Come è stato affermato da questa Corte « In materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio (mutuato dal diritto penale) della responsabilità personale dell’autore della violazione stabilito dall’art. 2 comma 2 del d.lgs. n.472 del 1997, secondo cui “la sanzione
è riferibile alla persona fisica che ha commesso la violazione”. In deroga a tale principio, nonché in deroga all’art.11 del d.lgs. n.472 del 1997 che prevede la responsabilità solidale delle società (con o senza personalità giuridica) nel cui interesse ha agito la persona fisica autrice della violazione, l’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge 326 del 2003, ha stabilito che “le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società od enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”. L’applicazione della norma eccezionale introdotta dal citato art. 7 presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poiché solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore; viceversa, qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’ente con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito. Conferma tale conclusione l’art. 11 del d.lgs. n.472 del 1997, il quale
prevede la responsabilità solidale delle società senza personalità giuridica per le sanzioni amministrative irrogate a carico della persona fisica autrice della violazione, qualora la violazione sia stata commessa “nell’interesse” della società rappresentata o amministrata; ciò significa, a contrariis, che qualora la persona fisica autrice della violazione non abbia agito nell’interesse della società, ma abbia perseguito un interesse proprio o comunque diverso da quello sociale, non sussiste la responsabilità solidale per le sanzioni amministrative della società priva di personalità giuridica, ed allo stesso modo non sussiste la responsabilità esclusiva della società dotata di personalità giuridica ex art. 7 d.l. n. 269 del 2003, ma trova applicazione la regola generale sulla responsabilità personale dell’autore della violazione commessa nell’interesse esclusivamente proprio» ( cfr. per tutte Cass., 9 maggio 2019, n. 12334).
4.2 Dunque questa Corte ha precisato che l’applicazione della norma eccezionale introdotta dall’art. 7 del decreto legge n. 326 del 2003 presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poiché solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario delle violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore (cfr. Cass., 1 aprile 2022, n. 10651; Cass. 22 novembre 2021, n. 36037; Cass. 10 ottobre 2021, n. 29038; Cass. 13 novembre 2020, n. 25757; Cass., 18 aprile 2019, n. 10975) e che qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse o
comunque per un interesse diverso da quello sociale o che abbiano artificiosamente costruito una società per fini illeciti e personali e dunque la struttura societaria costituisca un mero strumento fittizio per conseguire un proprio vantaggio fiscale indebito, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione dell’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (cfr. Cass., 29 ottobre 2021, n. 30755; Cass., 30 marzo 2021, n. 8811; Cass., 18 aprile 2019, n. 10975; Cass., 8 marzo 2017, n. 5924; Cass., 7 novembre 2018, n. 28331; Cass., 28 agosto 2013, n. 19716) .
4.3 In questa specifica ipotesi viene in rilievo l’ambito di applicazione dell’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997 che disciplina l’istituto del concorso di persone, avendo questa Corte statuito il seguente principio di diritto: « L’ art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 199 7 è norma compatibile con l’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazione, dalla legge n. 326 del 2003, con la conseguenza che è configurabile, nella sussistenza di tutti gli elementi costitutivi, il concorso di persone terze nelle violazioni tributarie relative alle società con personalità giuridica e la loro sanzionabilità».
4.4 E’ stato, infatti, precisato che la circostanza che il dato testuale esprima in maniera chiara la volontà legislativa di riferire le sanzioni amministrative tributarie esclusivamente alla persona giuridica contribuente (in conformità alla dichiarata intenzione, espressa nella relazione governativa all’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, di superare, quanto meno per le strutture imprenditoriali complesse, lo schema personalistico di imputazione delle sanzioni amministrative previgente), non vale ad escludere tout court l’applicabilità dell’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, come confermato anche dalla clausola di compatibilità di cui al terzo comma della stessa norma, e, dunque, la configurabilità del concorso di ulteriori soggetti nella stessa
violazione. Ed invero, la riferibilità delle sanzioni alla persona giuridica fonda da un lato il collegamento con le persone legate ad essa da un rapporto organico (di diritto o di fatto) ai sensi dell’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003, dall’altro la sanzionabilità, ex art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, dei terzi concorrenti, persone fisiche. Non sussiste, dunque, alcuna violazione del principio della legalità, in quanto da un lato l’esenzione dall’applicazione delle sanzioni per le persone legate da un rapporto organico con la persona giuridica contribuente è disposta dall’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003 e, dall’altro il titolo di responsabilità, a titolo di concorso, per le persone esterne, è previsto dall’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, in presenza di quelli che, sulla base di quanto affermato nella dottrina penalistica, sono gli elementi costitutivi della responsabilità per concorso di persone nell’illecito tributario, ovvero la pluralità di agenti; la realizzazione dell’elemento oggettivo dell’illecito da parte di almeno uno degli agenti; il contributo causale del singolo concorrente alla realizzazione del fatto illecito; la volontà effettiva di cooperare alla commissione dell’illecito.
4.5 Va, altresì, precisato che, nel sistema definito dal decreto legislativo n. 472 del 1997, è sempre la persona fisica che può essere soggetto attivo e autore materiale dell’illecito tributario e che sono qualificati come illeciti anche quei comportamenti che non integrano appieno la condotta tipica prevista dalla norma sanzionatoria, pur traducendosi in un contributo causale alla loro realizzazione e come questa Corte ha già affermato il «contributo causale» posto in essere dal concorrente ha una sua autonomia sia rispetto alla condotta posta in essere dall’autore della violazione (ossia la persona fisica a cui è riferibile l’azione materiale o l’omissione che integra la violazione) , sia rispetto all’obbligazione del corresponsabile solidale . Il soggetto attivo dell’illecito tributario, cui è riferibile l’azione o l’omissione che ha determinato la violazione, dunque, deve essere identificato in chi
materialmente ha posto in essere la violazione tributaria a mezzo di una condotta commissiva od omissiva, ma ciò non esclude l’eventuale concorso morale o materiale di altre persone fisiche, che sono soggetti autonomamente sanzionabili a titolo di concorso di persone ex art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, nel qual caso ciascuna di esse dovrà soggiacere alla sanzione, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge (così nella seconda parte dell’art. 9 citato, quando la violazione consiste nell’omissione di un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti). L ‘art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, contemplando il concorso di persone, recepisce, per quanto già rilevato, i principi fissati in materia dal codice penale, rendendo così applicabile la sanzione non soltanto all’autore, o ai coautori, della violazione tributaria, ma anche a coloro che abbiano comunque dato un contributo causale, anche se esclusivamente sul piano psichico. Di conseguenza la sanzione è applicabile a tutti coloro che abbiano offerto un contributo alla realizzazione dell ‘illecito tributario, concepito come una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutti gli atti dei quali l’evento punito costituisce il risultato e sempre che sussista nei singoli partecipi la consapevolezza del collegamento finalistico dei vari atti, cioè la coscienza e volontà di portare un contributo materiale e psicologico alla realizzazione dell’illecito tributario (cfr. Cass., 25 luglio 2024, n. 20697, in motivazione).
4.8 La sentenza impugnata è conforme ai principi suesposti nella parte in cui, con un accertamento in fatto non sindacabile in questa sede, ha sostanzialmente ritenuto che, nel caso di specie, non vi fossero i presupposti per l’applicabilità dell’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003 e che era stata data la prova da parte dell’Ufficio che il COGNOME avesse tratto un diretto vantaggio economico dalla violazione medesima, utilizzando per propri fini lo schermo societario, nell’esatto presupposto logico, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, della esistenza della società RAGIONE_SOCIALE Nello specifico, dunque,
la motivazione della sentenza impugnata (che va corretta nella parte in cui ha affermato che i presupposti andavano identificati nell’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997), ha posto in risalto la condotta tenuta d COGNOME NOME, quale autore della violazione tributaria che si era avvalso dell’artificiosa fruizione di enti, al fine deliberato di violare la normativa tributaria, nel proprio personale interesse, con la conseguenza che legittimamente erano stati emessi nei suoi confronti gli atti di contestazione gravati.
Per le ragioni di cui sopra, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, sostenute dall’Agenzia controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell ‘Agenzia controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 30.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, in data 23 ottobre 2024.
Il Presidente NOME COGNOME