Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2482 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 2482 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 28077/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Roma in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma, in INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la sentenza della C.T.R. del Lazio n. 1001/2019 depositata il 22/02/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le parti;
s entito il PG dott. COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
FATTI DI CAUSA
Emerge dalla sentenza impugnata oltre che dagli atti di parte quanto segue. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli in data 21 maggio 2015 notificò alla S.p.aRAGIONE_SOCIALE di Roma (ora RAGIONE_SOCIALE) un atto di contestazione con il quale rilevò che 29 e-AD (documenti di accompagnamento elettronico per la circolazione di prodotti soggetti ad accise in regime di sospensione) emessi dalla società erano da ritenersi non validi perché in alcun modo collegati con le reali operazioni di esportazione. Successivamente venne, quindi, notificato l’avviso di pagamento n. 180/2016 relativo alle 29 operazioni di spedizione di gasolio destinato al bunkeraggio di imbarcazioni site nel porto di Napoli.
Dagli atti risultò che le operazioni furono completate nel porto di Crotone in forza della condotta illecita di un dipendente infedele. La società impugnò l’avviso e dedusse la violazione degli artt. 6, commi 4 e 7, e dell’art 7, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1995 in relazione al principio di affidamento e buona fede. In primo grado il ricorso venne respinto così come in secondo. Il giudice di secondo grado, in particolare, affermò che quanto segue: «il ricorso non può essere
accolto. Invero, si tratta di un regime agevolato, sottoposto a specifiche e dettagliate condizioni delle quali il soggetto richiedente assume la responsabilità non potendo addurre a scusante comportamenti di terzi nei cui confronti se del caso si potrà rivalere. L’agevolazione è sottoposta alla specifica condizione della destinazione del prodotto di cui si fa garante ed obbligato il richiedente. La conclusione qui sostenuta trova conferma nella giurisprudenza, tra le quali C.T.R. del Friuli Venezia Giulia 216/2017 del 9/10/2017. Le spese possono essere compensate».
Il ricorrente impugna la sentenza con ricorso affidato a cinque motivi, cui resiste l’Agenzia con controricorso che, seppur nell’intestazione riporta la dicitura ‘ricorso incidentale condizionato’ non contiene alcuna censura alla decisione impugnata. In prossimità dell’udienza la società ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c. ed all’art. 118 disp.att.c.c. nonché dell’art. 36, comma 2, nn. 2 e 4 del d.lgs. n. 546 del 1992 per motivazione apparente (‘error in procedendo ovvero per vizio di anomalia motivazionale’), atteso che i giudici non lascerebbero intendere le premesse logico-giuridiche da cui hanno tratto il convincimento a sostegno della propria decisione che si esaurirebbe in una petizione di principio.
Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 4 e 7, del d.lgs. n. 504 del 1995, in relazione alla idoneità degli e-AD ovvero delle note di ricezione prodotte al sistema informatizzato RAGIONE_SOCIALE, a liberare la società dall’obbligo di
garanzia che incombe sul depositario fiscale che nell’ambito delle operazioni di spedizione del prodotto non rivesta il ruolo di esportatore.
Con il terzo motivo si denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n.3), per violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 4, e dell’art. 7, comma 1, del T.U. Accise nonché degli artt. 3 ,28, e 97 Cost, là dove i giudici di appello ‘pronunciano un principio di responsabilità obbiettiva a carico del depositario fiscale in relazione allo svincolo irregolare senza considerare che lo stesso ha avuto causa per fatto illecito ascrivibile alla responsabilità della stessa Agenzia delle dogane ovvero in fatti idonei ad elidere il contestato obbligo di garanzia.
Con il quarto motivo si denuncia la illegittimità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1995 nonché dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, ovvero del principio di legittimo affidamento. Con il predetto motivo ci si duole poiché la C.T.R. non ha ritenuto che il legittimo affidamento potesse costituire idonea esimente volta ad elidere il contrastato obbligo di garanzia ovvero essere causa di inesigibilità della prestazione tributaria.
Con il quinto motivo si denuncia infine la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per la violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1995. Con l’ultimo strumento impugnatorio si denuncia la violazione del principio di rispondenza tra il chiesto ed il pronunciato in relazione alle eccezioni svolte in sede di gravame circa la sussistenza del presupposto per l’abbuono di imposta ove la sottrazione sia dipesa da caso fortuito o forza maggiore.
6.Il primo motivo del ricorso è infondato.
La giustificazione motivazionale è di esclusivo dominio del giudice del merito, con la sola eccezione del caso in cui essa debba giudicarsi meramente apparente; apparenza che ricorre, come di recente ha ribadito questa Corte, allorquando essa, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. 6, n. 13977, 23/5/2019, Rv. 654145; ma già S.U. n. 22232/2016).
A tale ipotesi deve aggiungersi il caso in cui la motivazione non risulti dotata dell’ineludibile attitudine a rendere palese (sia pure in via mediata o indiretta) la sua riferibilità al caso concreto preso in esame, di talché appaia di mero stile, o, se si vuole, standard; cioè un modello argomentativo apriori, che prescinda dall’effettivo e specifico sindacato sul fatto. Siccome ha già avuto modo questa Corte di più volte chiarire, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è pertanto, denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; anomalia che si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di
“sufficienza” della motivazione (S.U., n. 8053, 7/4/2014, Rv. 629830; S.U. n. 8054, 7/4/2014, Rv. 629833; Sez. 6-2, ord., n. 21257, 8/10/2014, Rv. 632914).
Nel caso che ci occupa risulta chiaro e comprensibile il percorso argomentativo seguito dal giudice per pervenire alla decisione adottata.
7.Gli ulteriori motivi possono essere trattati congiuntamente, stante la loro intima connessione e sono infondati alla luce del recente intervento della Corte di Giustizia UE in data 7 settembre 2023, in C-323/22 che, pur riguardando il previgente art. 14 della direttiva 92/12/CEE, abrogata dalla direttiva 2008/118/CE, coinvolge analoghe problematiche a quelle qui in esame.
Deve al riguardo effettuare un breve ricostruzione del panorama giurisprudenziale e della sua evoluzione fino alla citata decisione della Corte di Giustizia.
8.Soccorre al riguardo Cass. n. 21918 del 2024.
Va rilevato in diritto che in base al previgente art. 14 della direttiva n. 92/12 «Il depositario autorizzato beneficia di un abbuono d’imposta per le perdite verificatesi durante il regime sospensivo, imputabili a casi fortuiti o di forza maggiore e accertate dalle autorità di ciascuno Stato membro. Egli beneficia, inoltre, in regime sospensivo, di un abbuono d’imposta per le perdite inerenti alla natura dei prodotti avvenute durante il processo di fabbricazione e di lavorazione, il magazzinaggio e il trasporto. Ogni Stato membro fissa le condizioni alle quali tali abbuoni sono concessi».
Le disposizioni legislative interne attuative che si correlano direttamente a tale parte della direttiva de qua, nella versione applicabile ratione temporis, sono le seguenti: l’art. 4, comma 1, TUA, che dispone «In caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, e’ concesso l’abbuono dell’imposta
quando il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione dei prodotti e’ avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. I fatti compiuti da terzi non imputabili al soggetto passivo a titolo di dolo o colpa grave e quelli imputabili allo stesso soggetto a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore. Qualora, a seguito del verificarsi di reati ad opera di terzi, si instauri procedimento penale, la procedura di riscossione dei diritti di accisa resta sospesa sino a che non sia intervenuto decreto di archiviazione o sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 648 del codice di procedura penale. In tal caso resta altresi’ sospesa la procedura di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sulle accise stesse. Ove non risulti il coinvolgimento nei fatti del soggetto passivo e siano individuati gli effettivi responsabili, o i medesimi siano ignoti, e’ concesso l’abbuono dell’imposta a favore del soggetto passivo e si procede all’eventuale recupero nei confronti dell’effettivo responsabile»;
-l’art. 2, commi 1-4, TUA, che dispone «Per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della fabbricazione o della importazione. 2. L’accisa e’ esigibile all’atto della immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato. Si considera immissione in consumo anche: a) l’ammanco in misura superiore a quella consentita o quando non ricorrono le condizioni per la concessione dell’abbuono di cui all’articolo 4; b) lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo; c) la fabbricazione o l’importazione, anche irregolare, avvenuta al di fuori di un regime sospensivo»; «E’ obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e, in solido, il soggetto che si sia reso garante di tale pagamento ovvero il soggetto nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta. Per i prodotti di importazione il soggetto passivo
dell’obbligazione tributaria e’ individuato in base alla normativa doganale»;
-la circolazione nello stato e nel territorio della unione europea dei prodotti soggetti ad accisa, in regime sospensivo, deve avvenire solo tra depositi fiscali, fatto salvo quanto stabilito dall’art. 8.
-il titolare del deposito fiscale mittente è tenuto a fornire garanzia, anche in solido con il trasportatore o con il destinatario, del pagamento dell’accisa gravante sui prodotti trasportati. in luogo del depositario autorizzato mittente la garanzia può essere prestata dal trasportatore o dal proprietario della merce. la garanzia deve essere prestata in conformità delle disposizioni comunitarie e, per i trasferimenti intracomunitari, deve avere validità in tutti gli stati membri dell’unione europea e ne è disposto lo svincolo quando è data la prova della presa in carico del prodotto da parte del destinatario. l’amministrazione finanziaria ha facoltà di concedere ai depositari autorizzati riconosciuti affidabili e di notoria solvibilità l’esonero dall’obbligo di prestare la garanzia per i trasferimenti, sia nazionali sia intracomunitari, di oli minerali effettuati per via marittima o a mezzo di tubazioni.
-la circolazione, in regime sospensivo, dei prodotti soggetti ad accisa deve avvenire con il documento di accompagnamento previsto dalla normativa comunitaria.
-il documento di accompagnamento di cui al comma 3 non è prescritto per la circolazione di prodotti soggetti ad accisa, provenienti da paesi terzi o ivi destinati, quando sono immessi in una zona franca o in un deposito franco o quando sono sottoposti ad uno dei regimi sospensivi doganali elencati nell’art. 84, paragrafo 1, lettera a), del regolamento cee n. 2913/92 del consiglio del 12 ottobre 1992, istitutivo di un codice doganale comunitario, pubblicato nella gazzetta ufficiale delle comunità europee n. l 302 del 19 ottobre
1992. i prodotti soggetti ad accisa, spediti da un depositario autorizzato insediato in un determinato stato membro, per essere esportati attraverso uno o più stati membri, circolano in regime sospensivo con la scorta del documento di cui al comma 3, da appurare mediante certificazione da parte della dogana di uscita dalla comunità che i prodotti hanno effettivamente lasciato il territorio comunitario.
-nel caso di spedizioni di prodotti soggetti ad accisa effettuate da stati membri verso un altro stato membro o un paese efta, attraverso uno o più paesi terzi non efta, utilizzando un carnet tir o ata, questo documento sostituisce quello previsto dal comma 3. nel caso di spedizioni di prodotti soggetti ad accisa, effettuate fra gli stati membri, con attraversamento di paesi efta, o da uno stato membro verso un paese efta, vincolati al regime di transito comunitario interno per mezzo del documento amministrativo unico, questo documento sostituisce quello previsto dal comma 3; in tale ipotesi, dal documento amministrativo unico deve risultare che trattasi di prodotto soggetto ad accisa ed un esemplare dello stesso deve essere rispedito dal destinatario, per l’appuramento. negli altri casi, i documenti saranno integrati con l’osservanza delle modalità di applicazione stabilite dai competenti organi comunitari.
-le disposizioni del comma 3 si applicano anche ai prodotti assoggettati ad accisa e già immessi in consumo quando, su richiesta di un operatore nell’esercizio della propria attività economica, sono avviati ad un deposito fiscale; la domanda di rimborso dell’imposta assolta sui prodotti deve essere presentata prima della loro spedizione. per il rimborso si osservano le disposizioni dell’art. 14.
L’art. 7, comma 1, che dispone «In caso di irregolarita’ o di infrazione, per la quale non sia previsto un abbuono d’imposta ai sensi dell’articolo 4, commessa nel corso della circolazione di prodotti
in regime sospensivo, si applicano, salvo quanto previsto per l’esercizio dell’azione penale se i fatti addebitati costituiscono reato, le seguenti disposizioni: a) l’accisa e’ corrisposta dalla persona fisica o giuridica che si e’ resa garante per il trasporto; b) l’accisa e’ riscossa in Italia se l’irregolarita’ o l’infrazione e’ stata commessa nel territorio dello Stato; c) se l’irregolarita’ o l’infrazione e’ accertata nel territorio dello Stato e non e’ possibile stabilire il luogo in cui e’ stata effettivamente commessa, essa si presume commessa nel territorio dello Stato; d) se i prodotti spediti dal territorio dello Stato non giungono a destinazione in un altro Stato membro e non è possibile stabilire il luogo in cui sono stati immessi in consumo, l’irregolarità o l’infrazione si considera commessa nel territorio dello Stato e si procede alla riscossione dei diritti di accisa con l’aliquota in vigore alla data di spedizione dei prodotti, salvo che, nel termine di quattro mesi dalla data di spedizione, non venga fornita la prova della regolarità dell’operazione ovvero la prova che l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa fuori dal territorio dello Stato». Nell’interpretare la normativa interna alla luce di quella unionale, questa Corte, nella giurisprudenza più recente, ha stabilito che il furto del prodotto ad opera di terzi e senza coinvolgimento nei fatti del soggetto passivo di per sé non esime dal pagamento dell’imposta, che resta abbuonata solo nell’ipotesi di dispersione o distruzione del prodotto, con onere probatorio a carico del contribuente (Cass. nn. 25990/13; 27825/13; 28377/13; 6398/14; 16966/16; 4453/20). Il presupposto dell’imposizione, si è affermato, nel caso delle accise è infatti l’immissione in consumo, la quale evidenzia la capacità contributiva dei fabbricanti o degli importatori (vedi, da ultimo, Cass. n. 10684/20).
Sicché, si è argomentato, è nel caso della distruzione o della dispersione che l’immissione in consumo resta impedita, mentre la
sottrazione determina soltanto il venir meno della disponibilità del bene da parte del soggetto per effetto dello spossessamento, ma non ne impedisce l’ingresso nel circuito commerciale. Si è, peraltro, sviluppato nella giurisprudenza di questa Corte un altro orientamento, secondo il quale la novella dell’art. 4 del d.lgs. n. 504/95 va esaminata in combinazione con l’art. 1, lett. g), del medesimo testo unico. Orbene, tale disposizione legislativa nel definire come regime sospensivo quello applicabile alla fabbricazione, alla trasformazione, alla detenzione ed alla circolazione dei prodotti soggetti ad accisa fino al momento dell’esigibilità dell’accisa, o del verificarsi di una causa estintiva del debito d’imposta, àncora il momento dell’esigibilità, alternativamente, all’immissione in consumo oppure al verificarsi di una causa estintiva.
Le ipotesi contemplate dall’art. 4 del d.lgs. n. 504/95, compreso il furto, costituirebbero dunque cause di estinzione dell’obbligazione: il termine abbuono dell’imposta è difatti del tutto equivalente all’espressione estinzione dell’obbligazione tributaria, al netto dell’a -tecnicità della formulazione normativa. Coerentemente, d’altronde, a norma dell’art. 2, comma 2, lettera a) del testo unico in questione, nei casi di ammanco previsti dall’art. 4 e alle condizioni da tale norma fissate -non si ha immissione in consumo, il che implica la non esigibilità definitiva dell’imposta e quindi l’estinzione della relativa obbligazione. Per conseguenza, si è sottolineato, il comma 2 dell’art. 2 contempla casi di assimilazione all’immissione in consumo, che si traducono in fictiones iuris, utili a rendere esigibili le accise, e casi di estinzione dell’obbligazione nonostante l’immissione in consumo, come avverrebbe, appunto, per l’ipotesi del furto (v. Cass. nn. 24912 e 24913/13). Nello stesso senso sostanzialmente si colloca l’indirizzo in base al quale il soggetto obbligato, per poter ottenere l’abbuono dell’imposta, in conseguenza di un reato commesso da terzi, anche
nel testo modificato dall’art. 59 della l. n. 342/00, non si può limitare a dimostrare che l’evento è stato determinato da un fatto umano ascrivibile a terzi, ma è tenuto a provare di non aver concorso con dolo o di non aver cooperato con colpa al suo verificarsi; ipotesi, quest’ultima, che si verifica quando, senza il comportamento gravemente colposo dell’obbligato, il reato non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato in modo diverso (v. Cass. nn. 9787/10 e n. 9279/13). La lettura dell’art. 4 del d.lgs. n. 504/95 in base a questo secondo orientamento ha risentito dell’evoluzione della nozione del fortuito e della progressiva identificazione del caso fortuito e della forza maggiore con la causa non imputabile. Per conseguenza, si è evidenziato, chi esercita una qualsiasi attività professionale deve adottare le cautele ad essa consone, in quanto conosce o può conoscere i suoi rischi tipici, di modo che deve porre in essere i mezzi idonei alla loro eliminazione. Ciò non implica, tuttavia, una sua indiscriminata responsabilità per ogni rischio. La causa estranea si riconduce così alla causa non imputabile; e la causa non imputabile viene ad abbracciare le due nozioni di caso fortuito e di forza maggiore: causa non imputabile è l’evento di cui il debitore non deve rispondere; fortuito è lo specifico, tipico evento liberatorio estraneo alla sfera di attività delle parti (coerente, nella giurisprudenza civile, Cass. n. 11526/17, che, finanche in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., punta sull’obbligo, incombente sul danneggiato, di tenere un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza); la forza maggiore non si limita all’impossibilità assoluta, ma si estende a condotte non ascrivibili, direttamente o indirettamente, al soggetto obbligato, che si sia attivato con l’adozione di tutte le precauzioni del caso (cfr. Cass., sez. un., n. 8094/20, con riguardo al mutamento della maggioranza del consiglio comunale e al rifiuto della nuova amministrazione di dare
seguito alla convenzione di lottizzazione stipulata dalla precedente amministrazione).
Questa ricostruzione, tuttavia, per quanto coerente con le categorie dell’ordinamento interno, è stata in realtà superata dalla giurisprudenza unionale più recente, rilevante nel caso di specie. La Corte di giustizia, con riguardo alla direttiva n. 92/12, ha difatti stabilito che la responsabilità del depositario autorizzato è proprio «di tipo oggettivo e si basa non già sulla colpa dimostrata o presunta del depositario, bensì sulla sua partecipazione a un’attività economica …» (Corte giust. 24 febbraio 2021, causa C95/19, Soc. Silcompa, punto 52). Argomenta quella Corte, il legislatore dell’Unione ha conferito un ruolo centrale al depositario autorizzato (v., in tal senso, Corte giust. 2 giugno 2016, causa C-81/15, RAGIONE_SOCIALE, punti 31 e 32), in virtù del quale il regime di responsabilità nell’ambito della procedura di circolazione dei prodotti soggetti ad accisa e sottoposti a un regime sospensivo si traduce in un regime di responsabilità per tutti i rischi inerenti a tale circolazione. Soltanto in relazione a responsabilità diverse da quella concernente il pagamento dei diritti di accisa, il depositario autorizzato può sottrarvisi provando di aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a essere partecipe di un’evasione fiscale: è in questo caso, estraneo e ulteriore all’ipotesi di responsabilità per il pagamento dei diritti di accisa, che la giurisprudenza unionale (Corte giust. in causa C-81/15, cit., a proposito di sanzioni scaturenti da attività di contrabbando) ha disposto che occorre considerare che detta responsabilità aggravata del depositario autorizzato implica che costui possa essere dichiarato responsabile in solido per il pagamento delle somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte, anche se l’atto di contrabbando è stato commesso da persone con cui egli non ha scelto di collaborare e
che essa dà origine, de facto, ad un sistema di responsabilità solidale oggettiva, che deve essere considerata come sproporzionata. È in questa cornice, quindi, che va inquadrata la nozione di forza maggiore che la Corte di giustizia (con la sentenza 18 dicembre2007, causa C-314/06, Société Pipeline Méditerranée et Rhône (SPMR)) riferisce a circostanze estranee al depositario autorizzato, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso da parte sua, che possono anche oggettivamente sfuggire al suo controllo o situarsi al di fuori del suo ambito di responsabilità. In ambito contiguo, d’altronde, anche con riguardo ai bolli fiscali, si è stabilito che né la direttiva del Consiglio n. 92/12/CEE, né il principio di proporzionalità ostano a che gli Stati membri adottino una normativa che non preveda la restituzione dell’importo dei diritti di accisa versati, qualora i bolli fiscali siano scomparsi prima di essere stati apposti sui prodotti del tabacco, se tale scomparsa non è imputabile a una causa di forza maggiore o a un caso fortuito e se non è accertato che i bolli siano stati distrutti o resi definitivamente inutilizzabili, facendo così gravare la responsabilità finanziaria della perdita di bolli fiscali sul loro acquirente (Corte giust. 15 giugno 2006, causa C-494/04, NOME Landewijck SARL). E questa Corte, in applicazione di tale giurisprudenza, ha specificato che, in caso di sottrazione dei contrassegni fiscali prima della loro apposizione sui prodotti (nella specie alcolici) soggetti a tassazione, non è configurabile l’immissione in consumo, con conseguente inesigibilità dell’imposta, trattandosi di beni che ancora commercializzabili e, quindi, potendo ancora sorgere il presupposto impositivo. Sicché ai fini dell’inesigibilità dell’imposta non è sufficiente provare la sola sottrazione dei contrassegni fiscali prima della loro apposizione sui prodotti soggetti a tassazione, d ovendosi provare altresì l’avvenuta distruzione degli stessi oppure la
loro definitiva inutilizzabilità e, quindi, l’impossibilità del loro utilizzo (Cass. nn. 420/20; n. 15975/21). Il legislatore dell’Unione ha quindi progressivamente affinato un quadro sistematico coerente, al centro del quale campeggia la responsabilità del detentore dei beni soggetti ad accisa. Sicché dapprima la giurisprudenza della Corte di giustizia ha definito portata e obblighi dei debitori dell’accisa in relazione alla direttiva n. 92/12/CE e, poi, il legislatore ha provveduto ad esplicitarli. Così, l’art. 8, paragrafo 1, lett. b), e l’art. 33, par. 3, della direttiva n. 2008/118, pur non contenendo alcuna definizione espressa della nozione di «detenzione», non richiedono che il detentore sia titolare di un diritto o abbia un qualsivoglia interesse sui prodotti da essa detenuti né che sia consapevole o avrebbe dovuto ragionevolmente essere consapevole dell’esigibilità dell’accisa. Per conseguenza, ha stabilito la Corte di giustizia, l’art. 33, par. 3, deve essere interpretato nel senso che una persona che trasporta, per conto di terzi, prodotti sottoposti ad accisa in un altro Stato membro e che è in possesso materiale di tali prodotti nel momento in cui le relative accise sono divenute esigibili, è debitrice di tali accise, ai sensi di tale disposizione, anche se non ha alcun diritto o interesse su detti prodotti e non è a conoscenza del fatto che questi ultimi siano sottoposti ad accisa o, essendolo, non è consapevole che le relative accise siano divenute esigibili (Corte giust. 10 giugno 2021, causa C279/19, WR). E, da ultimo, la direttiva n. 2020/262, premesso, col considerando 7, che «Poiché l’accisa è un’imposta gravante sul consumo di prodotti, essa non dovrebbe essere riscossa relativamente a prodotti sottoposti ad accisa che, in talune circostanze, siano stati totalmente distrutti o siano irrimediabilmente perduti», ha definitivamente chiarito (art. 6, par. 5 e 6) che «5. La distruzione totale o la perdita irrimediabile, totale o parziale, dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per
un caso fortuito o per causa di forza maggiore, o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro di distruggere i prodotti, non è considerata immissione in consumo», e che «6. Ai fini della presente direttiva, si considera che i prodotti hanno subito una distruzione totale o una perdita irrimediabile quando sono inutilizzabili come prodotti sottoposti ad accisa».
8.1.Questa Corte, con ordinanza n. 14361/2022, depositata il 6 maggio 2022, ha poi investito la Corte unionale delle superiori questioni giuridiche con rinvio pregiudiziale interpretativo, così intendendosi fugare ogni dubbio che potesse ragionevolmente essere prospettato. La Corte di giustizia UE ha pronunciato sentenza in data 7 settembre 2023, in C-323/22, ed ha così statuito:
«L’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, dev’essere interpretato nel senso che: l’abbuono d’imposta ivi previsto non si applica al depositario, responsabile del pagamento dell’imposta, in caso di svincolo dal regime sospensivo dovuto ad un atto illecito, nemmeno qualora il depositario sia totalmente estraneo a tale atto illecito, imputabile esclusivamente a un terzo, e nutra un legittimo affidamento nella regolarità della circolazione del prodotto in regime di sospensione di imposta».
La Corte di Giustizia UE ha quindi esplicitamente affermato che un’interpretazione della ‘nozione di «perdita», ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, di tale direttiva, come includente lo svincolo irregolare dal regime sospensivo di un prodotto soggetto ad accisa, non sarebbe conforme agli obiettivi ricordati al punto precedente della presente sentenza. Infatti, da un lato, una simile interpretazione indebolirebbe il carattere oggettivo della responsabilità conferita al depositario da detta direttiva nell’ambito
del regime sospensivo e, pertanto, il ruolo centrale di quest’ultimo al fine di garantire l’esigibilità delle accise e, indefinitiva, la libera circolazione delle merci soggette ad accisa. D’altro lato, un tale indebolimento comprometterebbe anche l’obiettivo di lotta contro la frode, l’evasione fiscale e gli abusi rendendo più difficile in pratica la riscossione delle accise presso tale depositario in caso di irregolarità o di infrazione’.
Cristallina dunque l’affermazione che in casi, quali quello di specie, la responsabilità fiscale del depositario di prodotti in regime di sospensione di accisa ha natura “oggettiva” e non derogabile, se non appunto nel caso di “perdita” fisica del prodotto stesso e quindi di materiale impossibilità che lo stesso venga immesso nel consumo unionale.
9.In conclusione alla luce del principio espresso la Corte di Giustizia, applicabile anche alla fattispecie in esame, deve escludersi che il fatto illecito del terzo, ivi inclusa, come nella specie, la condotta del funzionario infedele dell’Agenzia delle dogane, esoneri il depositario fiscale, soggetto passivo, dal pagamento dei diritti di accisa, anche se questi risulti del tutto estraneo alla condotta dei terzi stessi, anche se sia in buona fede ed abbia potuto riscontrare il buon esito delle spedizioni, qualora essa non abbia determinato la distruzione o la perdita irrimediabile dei prodotti.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Le spese di lite sono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2024