Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33582 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33582 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7205/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
nonché
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME -) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA della CAMPANIA n. 8009/2016 depositata il 21/09/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Commissione Tributaria Regionale della Campania ( hinc: CTR), con la sentenza n. 8009/2016, depositata in data 21/09/2016, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 23191/2014, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli aveva accolto il ricorso proposto dal sig. COGNOME GiuseppeCOGNOME in qualità di responsabile della liquidazione e della cancellazione di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione contro l’avviso di accertamento n. TF3030103791 per l’anno 2009.
La CTR -richiamata la pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte 12/03/2013, n. 6070 -ha ritenuto che l’accertamento dell’Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. NOME NOME fosse nullo perché rivolto nei confronti di un soggetto non rivestito della soggettività passiva; invece, rivestita dalle due socie della estinta società, poi chiamate nel giudizio di secondo grado.
2.1. La CTR ha altresì accolto l’eccezione di inammissibilità della chiamata in giudizio delle sig.re NOME COGNOME e NOME COGNOME per violazione delle norme contenute nel d.lgs. n. 546 del 1992, non essendo state parti del giudizio di primo grado.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
I controricorrenti NOME, NOME e NOME COGNOME si sono costituiti con rispettivi controricorsi.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 24 95 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. 1.1. La ricorrente, richiamati i contenuti degli artt. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 e 2495 cod. civ., ha ritenuto che il liquidatore sig. COGNOME -già amministratore dell’RAGIONE_SOCIALE proprio per il suo ruolo operativo di primo piano assunto e mantenuto nel tempo non poteva non essere al corrente degli illeciti che avevano visto il coinvolgimento della società, con le prevedibili ricadute fiscali collegate alla repentina cancellazione della società dal registro delle imprese. In particolare, la società era stata messa in liquidazione in data 19/02/2013, subito dopo l’inizio della verifica fiscale (avvenuto in data 30/01/2013) e il pvc era stato notificato al sig. COGNOME il 02/05/2013.
1.2. Ha poi rilevato che il rapporto giuridico in forza del quale l’amministratore era chiamato a rispondere in proprio delle imposte non pagate non era fondato sul dolo o la colpa grave, ma su un’obbligazione ex lege di cui era responsabile ai sensi dell’art. 1176 e 1218 cod. civ. Non bastava, quindi, cancellare una società di capitali dal registro delle imprese per evitare il pagamento delle somme dovute all’erario, nella specie già iscritte in ruoli quanto meno provvisori. Il liquidatore non aveva provat o l’incertezza del debito preesistente alla sua nomina a liquidatore.
Con il secondo motivo di ricorso è stata contestata la nullità della sentenza e/o del procedimento ex art. 112 cod. proc. civ. e 18 e 53 d.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
2.1. La ricorrente ha richiamato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 cod. proc. civ., applicabile al processo tributario in virtù di quanto previsto dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992), che impone: a) l’obbligo di p ronunciarsi sulla domanda nella sua integralità; b) il divieto di pronunciarsi oltre i limiti della domanda; c) il divieto di pronunciarsi d’ufficio su eccezioni in senso tecnico non sollevate dalla parte.
Quanto evidenziato sub a) risultava manifestamente violato, dal momento che il giudice di secondo grado, per la discutibile pratica dell’assorbimento, mutando la motivazione del giudice di prim o grado aveva ritenuto di fondare la propria determinazione reiettiva esclusivamente sul difetto di legittimazione passiva del sig. COGNOME senza pronunciarsi sulla dedotta falsità soggettiva delle operazioni intercorse tra RAGIONE_SOCIALE e la propria fornitrice RAGIONE_SOCIALE L’amministrazione finanzia ria aveva, tuttavia, proposto appello, censurando la pronuncia di primo grado per non avere adeguatamente valutato gli elementi indiziari forniti come prova
dell’illecito fiscale e per aver ritenuto assolto dal liquidatore l’onere di dimostrazione dell’effettività delle operazioni sulla base di documentazione inidonea a fornire adeguata controprova.
La CTR non esaminando le contestazioni della parte appellante (odierna parte ricorrente) aveva determinato un’omissione da cui derivava la nullità della sentenza.
Con il terzo motivo è stata contestata la violazione e la falsa applicazione degli artt. 17, 19, 21 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972, 39, primo comma, lett. d), e 41 bis d.P.R. n. 600 del 1973.
3.1. La ricorrente rileva che dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza era emerso un articolato meccanismo fraudolento, finalizzato all’evasione attraverso meccanismi che avevano seguito due percorsi. Il primo schema vedeva la partecipazione di società veicolo che si precostituivano cartolarmente crediti IVA derivanti dalla contabilizzazione di acquisti fittizi di beni e/o servizi, a fronte dei quali avvenivano cessioni di beni e/o servizi, sempre fittizie, che però dovevano avere la caratteristica di non essere gravate da imposta, in modo da non erodere (o erodere solo in parte) l’IVA a credito creata fittiziamente e contabilizzata. Ciò diventava possibile sfruttando il meccanismo dell’IVA, attraverso la simulazione di finte cessioni intracomunitarie. Il secondo schema veniva attivato con la creazione/acquisizione di società che dovevano fungere da mera cartiera, ma che -contrariamente a queste ultime che emettono fattura senza versare l’IVA dovevano risultare fiscalmente irreprensibili. In entrambi gli schemi le frodi venivano attuate con la partecipazione di società veicolo di nuova costituzione oppure con l’acquisto di società già esistenti ma in stato prefallimentare, ovvero inattive e prima operanti in altri settori, con sedi occulte o merament e apparenti, con un arco di vita brevissimo e l’uso di legali rappresentanti aventi la funzione di meri prestanomi, ovvero di
soggetti nullatenenti o stranieri, impermeabili a qualsiasi azione fiscale. Tali società non svolgevano alcuna attività fiscale, mancando dei requisiti civili e fiscali richiesti perché un’attività possa qualificarsi come impresa ed essere sottoposta alla relativa normativa. Nel caso in esame RAGIONE_SOCIALE fungeva da società interposta.
La ricorrente (a pag. 22 del ricorso) afferma, quindi, che: « Ricostruita la vicenda per cui è causa negli esatti termini fattuali, in punto di diritto, in tema di detrazione occorre evidenziare che qualora il Fisco in base a risultanze istruttorie anche di natura indiziaria contesti il carattere fittizio di determinate operazioni, la prova della legittimità e correttezza delle detrazioni e della contabilizzazione di costi deve essere fornita dal contribuente .»
Il primo motivo di ricorso è fondato, con assorbimento del secondo e del terzo motivo di ricorso.
4.1 Deve premettersi che questa Corte ha ripetutamente chiarito, con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute) che a diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento), che: « Nel processo tributario la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché non sussistendo possibilità di prosecuzione dell’azione, la sentenza impugnata con ricorso per cassazione deve essere annullata senza rinvio ex art. 382 c.p.c., venendo in rilievo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre, sin dal primo grado, ad una pronuncia declinatoria di rito. » (Cass., 19 settembre 2019, n. 23365; v. anche Cass., 15 giugno 2018, n. 15844). Nello stesso senso è stato precisato che: « In tema di contenzioso
tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito. » (Cass., 23 marzo 2016, n. 5736).
Le Sezioni Unite hanno ulteriormente precisato che, a seguito dell’estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio sui generis , in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono (il che sacrificherebbe ingiustamente i diritti dei creditori sociali), ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate . Ne discende che i soci peculiari successori della società, subentrano, altresì, nella legittimazione processuale facente capo all’ente -la cui estinzione è in parte equiparabile alla morte della persona fisica, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ. -in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ovverosia a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (Cass., Sez. U., 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072).
Dunque, a seguito dell’estinzione della società e della conseguente perdita della capacità processuale, il processo continua nei confronti dei soci, costituendo costoro la giusta parte processuale abilitata, in ragione del fenomeno latamente successorio che si realizza a seguito
della cancellazione, ad assumere la veste di legittimo contraddittore nel successivo svolgimento del rapporto processuale, mentre nessuna persistente legittimazione può ravvisarsi in capo al liquidatore, poiché l’art. 2495, comma secondo, cod. civ. consente ai creditori sociali insoddisfatti di agire nei confronti del liquidatore solo se il mancato pagamento è dipeso da questi, in quanto « il liquidatore di una società estinta per cancellazione dal registro delle imprese può ben essere destinatario di una autonoma azione risarcitoria, ma non della pretesa attinente al debito sociale, onde è inammissibile l’impugnazione proposta nei confronti del medesimo con riguardo alla sentenza relativa a quel debito, atteso che la posizione del liquidatore non è quella di successore processuale dell’ente estinto » (Cass., 16 maggio 2012, n. 7676).
4.2 Questa Corte, inoltre, con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese, ha precisato che il « D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) né efficacia retroattiva, sicché il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c. c., comma 2 -operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi -si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente » (Cass., 2 aprile 2015, n. 6743 e v., ex multis, Cass., 5 maggio 2017, n. 11100; Cass, 28 settembre 2016, n. 19142).
4.3 Con riferimento specifico alla figura del liquidatore, le Sezioni Unite di questa Corte, di recente, hanno inoltre affermato che « La responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, che trae titolo per fatto proprio ex lege, ha natura civilistica e non tributaria, con la conseguenza che, ai fini della legittimità dell’atto di accertamento emesso nei suoi confronti ai sensi del comma 5 dello stesso art. 36, non costituisce condizione necessaria la preventiva iscrizione a ruolo e che il predetto, col ricorso avverso tale avviso, può contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti, ivi compreso il debito della società per le impost e» (Cass., Sez. U. n. 32790 del 2023).
Le Sezioni Unite, in particolare, hanno precisato che il liquidatore della società è responsabile, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, nei confronti dell’Erario, in proprio e in forma autonoma rispetto all’obbligazione tributaria societaria, trattandosi di responsabilità fondata su un diverso titolo: al mancato pagamento delle imposte dovute dalla società deve aggiungersi la condotta personale del liquidatore che, violando gli obblighi conseguenti alla carica rivestita, ha utilizzato l’attivit à di liquidazione per l’assegnazione di beni ai soci oppure per soddisfare crediti di ordine inferiore a quelli tributari che perciò sono rimasti insoluti. Al distinto titolo e alla stessa diversità di oggetto della responsabilità posta a carico del liquid atore dall’art. 36 citato consegue allora che il debito tributario della società costituisce mero presupposto fattuale di tale responsabilità, rispetto alla quale l’iscrizione a ruolo del credito fiscale, quale condizione necessaria di esperibilità della relativa azione, non appare giustificabile.
4.4 Tanto premesso, d all’esposizione introduttiva del ricorso risulta che l’avviso di accertamento TF 3030103791 è stato emesso nei
confronti del sig. COGNOME in qualità di responsabile per la liquidazione e cancellazione della società RAGIONE_SOCIALEIn particolare, alle pagine 11 e 12, che riportano, nel rispetto del principio dell’autosufficienza, il contenuto dell’avviso di accertamento, r isulta espressamente contestato l’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973 ed evidenziata la responsabilità del liquidatore per i debiti tributari della società rimasti insoluti a seguito alla violazione degli obblighi conseguenti alla carica rivestita. La sentenza impugnata , laddove ha affermato, a pag. 5, che l’accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del COGNOME NOME era nullo, perché rivolto nei confronti di un soggetto non rivestito della soggettività passiva, invece rivestita dalle due socie della estinta società, così obliterando del tutto alla specifica contestazione dell’art 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, non è conforme ai principi suesposti.
Per quanto esposto, va accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di Giustizia di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/10/2024.