Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7835 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7835 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 22/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23177/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 6899/29/16, depositata in data 15 dicembre 2016
Oggetto: tributi –RAGIONE_SOCIALE non riconosciuta – legale rappresentante -responsabilità
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 5 ottobre 2023.
RILEVATO CHE
Il contribuente COGNOME NOME ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2007, con il quale -come risulta dalla sentenza impugnata si recuperava maggiore IVA per € 20.000,00, oltre sanzioni, per effetto di una differente applicazione del regime di detrazione forfetaria IVA sui contratti di sponsorizzazione e pubblicità da parte della RAGIONE_SOCIALE, successivamente estinta. L’atto impositivo veniva notificato al contribuente quale autore delle violazioni.
La CTP di Bergamo ha rigettato il ricorso.
La CTR della Lombardia, con sentenza in data 15 dicembre 2016 ha rigettato l’appello del contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello che -sul presupposto che la disciplina pro tempore prevede per le associazioni RAGIONE_SOCIALE dilettantistiche la detrazione IVA in misura forfetizzata pari al 50% pubblicitarie delle operazioni attive e a 1/10 per le sponsorizzazioni -l’RAGIONE_SOCIALE contribuente ha erroneamente qualificato come pubblicitarie operazioni riconducibili a sponsorizzazioni, per le quali era stata erroneamente applicata l’aliquota IVA del 50%. Ha, poi, osservato il giudice di appello che l’atto impositivo -in esito a PVC del 19 aprile 2011 – è stato regolarmente notificato al contribuente quale ultimo legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE ed è divenuto definitivo. Ha, infine, ritenuto il giudice di appello che -anche in caso di estinzione della a.s.d. – la responsabilità del contribuente deriva dall’applicazione dell’art. 38 cod. civ. quale persona che ha agito in nome e per conto dell’RAGIONE_SOCIALE.
Propone ricorso per cassazione il contribuente affidato a un unico motivo, cui resiste con controricorso l’Ufficio.
CONSIDERATO CHE
C on l’unico motivo si deduc ono da parte del contribuente, pur senza esplicitarsi specifici parametri di censura, plurimi profili di doglianza. In primo luogo, il ricorrente deduce di non essere stato l’ultimo legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE , circostanza che sarebbe all’origine della mancata impugnazione dell’avviso da parte dell’RAGIONE_SOCIALE contribuente . Deduce, in particolare, il ricorrente che la sentenza si rivelerebbe contraddittoria e illogica oltre che carente di motivazione nella parte in cui non sarebbero state esplicitate le ragioni per le quali l’accertamento sarebbe legittimo per essere stato notificato a un soggetto estinto, essendo stato notificato in data 18 giugno 2012, laddove la cancellazione della RAGIONE_SOCIALE risalirebbe al 31 gennaio 2012, per cui non vi sarebbe responsabilità del contribuente. Osserva, inoltre, il ricorrente che l’avviso di accertamento sarebbe stato redatto quattordici mesi dopo la redazione del PVC. Deduce, inoltre, violazione dell’art. 38 cod. civ., per omessa prova da parte dell’Ufficio dello svolgimento concreto di attività gestorie dell’RAGIONE_SOCIALE da parte del contribuente, per cui non sarebbe sufficiente -come rilevato dall’Ufficio -la sottoscrizione di un contratto di pubblicità e delle dichiarazioni dei redditi e si duole, infine, del fatto che non sarebbe stata verificata l’esistenza di ulteriori persone fisiche del consiglio direttivo che avrebbero assunto la « capacità di agire ».
Il ricorso è infondato nella parte in cui deduce contraddittorietà della sentenza e carenza di motivazione, essendo questa oramai deducibile solo ove la sentenza impugnata si collochi al disotto del cd. minimo costituzionale dell’obbligo motivazionale (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053), ossia ove non sia chiaramente comprensibile l’iter logico -giuridico che ha condotto il giudice alla decisione della causa. Nella specie, il giudice di appello ha ritenuto fondato nel merito l’accertamento nei confro nti della RAGIONE_SOCIALE (come indicato in narrativa) e ha rilevato in fatto che la responsabilità del contribuente
per le violazioni commesse dalla RAGIONE_SOCIALE deriva dalla circostanza in fatto che egli fosse « ultimo rappresentante legale dell’RAGIONE_SOCIALE », nonché persona che ha agito in nome e per conto dell’RAGIONE_SOCIALE medesima. La motivazione della sentenza impugnata appare compiuta e comprensibile.
Il ricorso è, invece, inammissibile nella parte in cui il ricorrente deduce che egli non sarebbe stato l’ultimo legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, in quanto deduzione contraria a un accertamento in fatto contenuto nella sentenza impugnata, né qui deducibile sotto il profilo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per applicazione del principio della «doppia conforme».
Inammissibile si rivela, ulteriormente, il ricorso, sia nella parte in cui si deduce la cancellazione della RAGIONE_SOCIALE in epoca precedente la notificazione dell’avviso di accertamento , sia nella parte in cui si deduce che la sentenza non avrebbe esplicitato le ragioni per le quali la ripresa sarebbe possibile in caso di cancellazione dell’ente collettivo non societario. Sotto il primo profilo il ricorso -in disparte l’assenza di alcun parametro di censura -si rivela carente sotto il profilo della spe cificità, per mancata trascrizione dell’avviso e della documentazione a comprova della preventiva cancellazione dell’ente collettivo. Sotto il secondo profilo, il ricorso si rivela avulso dalla ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha affermato la responsabilità del contribuente a termini dell’art. 38 cod. civ.
Infondato, infine, si rivela il ricorso in relazione alla dedotta violazione dell’art. 38 cod. civ., posto che la responsabilità per i debiti di imposta si atteggia, per le associazioni non riconosciute e i soggetti solidalmente responsabili, in termini differenti rispetto alle obbligazioni negoziali (Cass., Sez. V, 13 aprile 2023, n. 9884). Queste ultime sorgono su base negoziale (e, quindi, volontaria), per cui appare fondamentale rinvenire, anche a termini di statuto, chi ha
effettivamente assunto un ruolo gestorio in nome e per conto dell’RAGIONE_SOCIALE al fine di evidenziarne la responsabilità. Questo principio non è applicabile in relazione ai debiti di imposta, i quali sorgono non su base negoziale, ma ex lege all’atto del verificarsi del relativo presupposto impositivo. Ne consegue che ai fini dell’insorgenza dell’obbligazione del legale rappresentante non occorre la prova di una effettiva attività gestoria da parte di quest’ultimo, ma è sufficiente il solo fatto del rivestimento di tale carica, fermo restando che il richiamo all’effettività dell’ingerenza circoscrive la responsabilità del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni sorte nel periodo della relativa investitura (Cass., Sez. V, 22 ottobre 2019, n. 26924; Cass., Sez. VI, 22 gennaio 2019, n. 1602; Cass., Sez. V, 15 ottobre 2018, n. 25650; Cass., Sez. V, 12 marzo 2007, n. 5746). Nella specie è lo stesso ricorrente a dedurre di avere redatto le dichiarazioni fiscali dell’ente associativo e, quindi, ad avere assunto la responsabilità fiscale per gli adempimenti imposti all’RAGIONE_SOCIALE.
Parimenti -come paventa il ricorrente nel ricorso -non rileva (per le stesse ragioni) l’assunzione di responsabilità gestorie da parte di altri associati a termini di statuto che non si sarebbero tradotte nella assunzione di una rappresentanza dell’ente collettivo nei confronti dei terzi (Cass., Sez. VI, 20 gennaio 2023, n. 1793; Cass., Sez. V, 17 gennaio 2023, n. 1355; Cass., Sez. VI, 20 gennaio 2021, n. 1037; Cass., Sez. VI, 24 febbraio 2020, n. 4747).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 2.500,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che
sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 5 ottobre 2023