Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11593 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11593 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17212/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, in proprio e quale ex Presidente del Centro di Formazione Professionale RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Macerata INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende (EMAIL
-ricorrente-
contro
INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE delle MARCHE n. 524/2022 depositata il 05/05/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale delle Marche ( hinc: CTR), con la sentenza n. 524/2022 depositata in data 05/05/2022, ha rigettato l’appello proposto dal sig. NOME COGNOME contro la sentenza n. 438/2015, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Macerata, in data 16/02/2015, aveva respinto il ricorso del contribuente contro la cartella esattoriale relativa a una pretesa fiscale di Euro 3.673,14 per somme dovute a seguito della dichiarazione Unico 2006, in merito all’anno d’imposta 2005 che risultava firmata dallo stesso sig. COGNOME ed emerse a seguito del controllo automatizzato ex art. 36 bis d.P.R. 29/09/1973, n. 600 ed ex art. 54 bis d.P.R. 26/10/1972, n. 633.
La CTR ha ritenuto che, nel caso di specie, l’amministrazione finanziaria avesse fatto correttamente affidamento sulle dichiarazioni sottoscritte dal sig. COGNOME presentate sulla base di un’attribuzione espressamente conferita dal C.d.A., secondo quanto confermato anche dall’esame della visura camerale.
2.1. Era, invece, indimostrata l’apocrifia della sottoscrizione della dichiarazione fiscale, non essendovi neppure un inizio di prova circa la pretesa falsità di tale sottoscrizione (non risultando provato, peraltro, neppure l’invio di una diversa dichiarazione relativa al
medesimo anno d’imposta, né di eventuali denunce che attestassero l’invio di tale dichiarazione da parte di terzi non legittimati), mentre era pienamente dimostrato che il soggetto responsabile degli obblighi tributari era proprio il presidente dell’associazione e non risultava che fosse stata presentata una diversa dichiarazione dei redditi.
Nonostante la nomina del sig. COGNOME quale amministratore delegato, la rappresentanza legale e le altre responsabilità -comprese quelle di natura tributaria -erano rimaste in capo al Presidente dell’Associazione, come da verbale del 25/06/2001 del consiglio d’amministrazione. Infine, la pretesa contenuta nella cartella di pagamento non era stata oggetto di contestazione ed era, comunque, da considerare definitiva per mancata impugnazione.
Contro la sentenza della CTR il sig. COGNOME ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
…
Considerato che:
Con il primo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza per violazione dell’art. 214 c.p.c. e ss. nonché dell’art. 1, comma 2 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 4 c.p.c.
1.1. Il ricorrente rileva di aver disconosciuto, sin dal ricorso in primo grado, la sottoscrizione apposta sul modello Unico 2006-IVA, contestandone l’utilizzabilità ai fini dell’accertamento della pretesa erariale. La controparte non ha mai chiesto la verificazione della scrittura privata disconosciuta ai sensi e per gli effetti dell’art. 216 c.p.c., rinunziando, quindi, ad avvalersi del documento oggetto di disconoscimento. Il ricorrente rileva come la sentenza impugnata incorra nella violazione dell’art. 214 c.p.c., considerato anche quanto precisato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., 30/08/2016, n.
17424). Di conseguenza, il Modello Unico non avrebbe potuto essere utilizzato quale prova della pretesa erariale, né quale fatto presupposto dell’asserita responsabilità solidale del sig. COGNOME
1.3. Il motivo di ricorso è inammissibile, per carenza di specificità sotto più profili.
Occorre, preliminarmente, rilevare che è incontroverso che il sig. COGNOME abbia ricoperto la carica di presidente dell’associazione non riconosciuta RAGIONE_SOCIALE e che sia stato presentato un modello Unico 2006 -relativo all’anno d’imposta 2005 di cui il sig. COGNOME disconosce la sottoscrizione. Il sig. COGNOME fa dipendere da tale disconoscimento l’inutilizzabilità del Modello Unico 2006, quale prova della pretesa erariale, incentrata sulla liquidazione conseguente a un controllo automatizzato. Tuttavia, la parte ricorrente -e in ciò sta un primo profilo che evidenzia il difetto di specificità del motivo in esame – non indica le modalità con le quali ha operato il disconoscimento della sottoscrizione. Difatti, secondo questa Corte il disconoscimento della propria sottoscrizione, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., deve avvenire in modo formale ed inequivoco essendo, a tal fine, inidonea una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti; inoltre, la relativa eccezione deve contenere specifico riferimento al documento e al profilo di esso che viene contestato, sicché non vale, ove venga dedotta preventivamente, a fini solo esplorativi e senza riferimento circoscritto al determinato documento, ma con riguardo ad ogni eventuale produzione in copia che sia stata o possa essere effettuata da controparte (Cass., 17/06/2021, n. 17313).
1.4. Il secondo profilo di inammissibilità con riferimento al difetto di specificità si ricollega a quanto riportato a pag. 2 del ricorso in cassazione (« Secondo le tesi dell’Agenzia delle Entrate di Macerata
l’associazione ‘RAGIONE_SOCIALE‘ presentava per tramite dello studio RAGIONE_SOCIALE di Monte San Giusto (MC) c.f. NUMERO_DOCUMENTO, su incarico dell’allora presidente Avv. NOME COGNOME la dichiarazione dei redditi »). In sostanza, l’Agenzia delle Entrate ha rilevato che la presentazione del Modello Unico 2006 -da cui era scaturito il controllo automatizzato e la successiva emissione della cartella impugnata – era stata fatta da uno studio professionale abilitato ( RAGIONE_SOCIALE‘ di Monte San Giusto), su incarico dell’allora presidente Avv. NOME COGNOME A fronte di tale allegazione sarebbe stata, quindi, necessaria, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3 e 6, c.p.c. la trascrizione della parte del modello Unico 2006 contenente la sottoscrizione che si assume essere stata disconosciuta dalla parte ricorrente. Sul punto la controricorrente richiama, infatti, l’art. 3, comma 2, d.P.R. 22/07/1998, n. 322, eccependo (pag. 5 del controricorso) che la dichiarazione non poteva presentare alcuna firma autografa del ricorrente, riportando unicamente l’indicazione a stampa del suo nominativo e la sottoscrizione del professionista che agiva come intermediario. Seguendo tale prospettazione, l’elemento dirimente per contestare la non riconducibilità all’associazione RAGIONE_SOCIALE della presentazione del Modello Unico 2006 era, quindi, da riferire al mancato conferimento dell’incarico allo studio professionale abilitato alla presentazione della dichiarazione. Quest’ultima circostanza, tuttavia, non è stata oggetto di alcun motivo di ricorso.
In assenza, della trascrizione della parte della dichiarazione contenente la sottoscrizione non è, quindi, possibile valutare l’eventuale rilevanza della contestazione di parte ricorrente in merito alla dichiarazione da cui è scaturita la liquidazione conseguente al controllo automatizzato.
Con il secondo motivo di ricorso è stata denunciata la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. nonché dell’art. 38 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. La parte ricorrente ha rilevato che la controversia scaturisce dal controllo automatizzato di Modello unico 2006 effettuato ex art. 36 bis d.P.R. n. 600 del 1973. L’unica fonte di prova del debito erariale agli atti è costituita dalla predetta dichiarazione inutilizzabile a fronte del disconoscimento della firma.
Sin dal ricorso introduttivo del primo grado di giudizio il sig. COGNOME rileva di aver disconosciuto il presupposto dell’imposta , a fronte della convinzione che l’ente non avesse svolto attività di sorta sino alla data del suo scioglimento. Nel 2001 l’amministrazione era stata, poi, conferita al sig. COGNOME e in data 03/05/07 l’assemblea dei soci aveva disposto lo scioglimento e la cancellazione dell’associazione dell’ente dalla camera di commercio a fronte della constatazione della sua inattività nei precedenti quattro anni. Di conseguenza, a fronte della natura di attore sostanziale dell’Erario nel presente giudizio, incombeva sull’Ufficio fornire la prova della pretesa impositiva, oltre che provvedere all’individuazione, in applicazione dell’art. 38 c.c. del soggetto chiamato a rispondere, in forza del ruolo rivestito, in solido con l’ente debitore per avere « effettivamente diretto la gestione complessiva dell’ente ». (Cass., 24/02/2020, n. 4747).
Il ricorrente censura, in particolare, la seguente affermazione contenuta nella sentenza impugnata: « In particolare, poi, a fronte dell’insistenza circa il disconoscimento della firma sulla dichiarazione, assume rilevanza la sua trasmissione in via telematica e non essendovi prova dell’avvenuta presentazione di altra dichiarazione per lo stesso anno né di eventuali denunce nei confronti di chi ha spedito per conto dell’Associazione la
dichiarazione, il mero disconoscimento della firma apposta in calce alla dichiarazione conservata dall’intermediario non è sufficiente ad escludere la validità della dichiarazione e la sua riferibilità all’apparente firmatario. Per quanto riguarda, poi, il lato sostanziale del rapporto tributario, il Collegio rileva che la pretesa contenuta nella cartella di pagamento non è mai stata oggetto di contestazione ed è comunque da considerare definitiva per mancata impugnazione» . A tal fine evidenzia che il riferimento alle vicende dell’associazione perde di ogni decisività in considerazione della inutilizzabilità del Modello Unico 2006, secondo quanto precisato nel primo motivo di ricorso. Rileva, poi, che non è sufficiente attribuire rilevanza alla mera titolarità della carica essendo, invece, necessario valutare l’effettivo svolgimento, per conto dell’associazione, dell’attività negoziale del legale rappresentante nei rapporti con i terzi. Appare, pertanto, opportuno che in sede di verifica o di accertamento venga rappresentato e documentato alla GdF o all’Agenzia delle Entrate, l’effettivo ruolo svolto dal legale rappresentante per evitare che venga estesa a quest’ultimo la responsabilità, in via solidale, per i debiti tributari dello stesso ente (Cass., 01/03/2022, n.6626).
2.2. Il secondo motivo di ricorso è, in parte, infondato, posto che la CTR non è incorsa neppure nella violazione dei criteri che disciplinano la ripartizione dell’onere della prova eretti a fondamento del motivo. Difatti, secondo questa Corte, la violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia
la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass., 29/05/2018, n. 13395).
Il motivo, in parte, è anche inammissibile, dato che il ricorrente oltre a non riprodurre o allegare la cartella impugnata, non si confronta con l’accertamento in fatto della CTR da cui emerge che il ricorrente era p residente dell’associazione e responsabile per gli obblighi tributari. Sul punto occorre evidenziare che, secondo questa Corte, in tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità solidale prevista per le persone che hanno agito in nome dell’associazione ex art. 38 c.c. si applica, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, al soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia svolto compiti di amministrazione, consistenti nella direzione della gestione complessiva dell’associazione nel periodo considerato, dovendosi presumere che, quale rappresentante, abbia concorso nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell’associazione stessa, fermo restando che il richiamo all’effettività dell’ingerenza vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni sorte nel periodo di relativa investitura (Cass., 13/12/2022, 36470).
Con il terzo motivo è stata censurata la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
3.1. La parte ricorrente rileva di aver eccepito, a mezzo del ricorso introduttivo, la decadenza dell’ufficio dalle azioni intraprese nei suoi confronti ai sensi dell’art. 1957 c.c., reiterando, nell’atto di appello, il vizio di denegato giudizio su tale questione. L’eccezione sulla quale entrambi i giudici di merito hanno omesso di pronunciarsi riguarda la responsabilità solidale prevista nell’art. 38 c.c. per chi ha agito in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta. Non
concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio.
3.2. Il terzo motivo di ricorso, sebbene astrattamente fondato, sotto il profilo dell’omessa pronuncia è, comunque, infondato in diritto.
In via preliminare occorre evidenziare che secondo questa Corte, nel giudizio di legittimità, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 c.p.c., una volta verificata l’omessa pronuncia su un motivo di appello, la Corte di cassazione può evitare la cassazione con rinvio della sentenza impugnata e decidere la causa nel merito sempre che si tratti di questione di diritto che non richiede ulteriori accertamenti di fatto (Cass., 16/06/2023, n. 17416).
Ciò premesso, occorre rilevare che, se è vero che, secondo questa Corte, la responsabilità personale e solidale di chi abbia agito in nome e per conto dell’associazione è inquadrabile tra le garanzie “ex lege” assimilabili alla fideiussione, sicché trova applicazione l’art. 1957 cod. civ. (Cass., 17/06/2015, n. 12508), è altrettanto vero che la fonte legale di tale obbligazione (art. 38 c.c.) non elide il legame di accessorietà tra obbligazione di garanzia e obbligazione principale. Di conseguenza, nell’ipotesi in cui quest’ultima sia un’obbligazione tributaria l’attività di accertamento e quella di riscossione sono disciplinate dalla normativa di diritto tributario e non è, quindi, regolata dalle disposizioni contenute nel codice civile e nel codice di procedura civile, che non possono trovare, quindi, applicazione neppure con riferimento al garante ex lege .
La disciplina contenuta nell’ art. 1957 c.c. secondo cui il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro
il debitore e le abbia con diligenza continuate è stata interpretata da questa Corte nel senso che il termine istanza deve essere riferito a tutti i vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro concreta idoneità a sortire il risultato sperato. Resta, invece, escluso che, in quello stesso termine, possa rientrare un semplice atto stragiudiziale, o una denuncia o una querela presentate in sede penale, o un ricorso per accertamento tecnico preventivo (Cass., 14/01/1997, n. 283; Cass., 07/04/1999, n. 3355; Cass., 18/05/2001, n. 6823; Cass., 29/01/2016, n. 1724).
Tale disciplina non può, tuttavia, trovare applicazione con riferimento all’adempimento dell’obbligazione tributaria da parte del garante individuato nell’art. 38 c.c. L’ obbligazione (di garanzia) segue, infatti, il regime previsto per l’obbligazione principale, che nella specie, essendo di tipo tributario, è caratterizzata da una disciplina speciale, sia con riferimento all’attività di accertamento da parte dell’amministrazione finanziaria (connotata dalla tipizzazione delle decadenze in cui può incorrere il creditore erariale, come nel caso degli artt. 43 d.P.R. 29/09/1973, n. 600 e 57 d.P.R. 26/10/1972, n. 633 del 1972 che prevalgono necessariamente su quella prevista dall’art. 1957 c.c. ) , sia con riferimento all’attività di riscossione (connotata, a sua volta, da espresse ipotesi di decadenza codificate dal legislatore, come ad es. nel caso dell’art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973).
3.3. Deve, quindi, ritenersi che alla garanzia ex lege prevista dall’art. 38 c.c. nei confronti delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non si applica la decadenza prevista nell’art. 1957 c.c. nell’ipotesi in cui l’obbligazione principale garantita sia un’obbligazione tributaria, come tale
assoggettata a un regime speciale, sia con riferimento all’attività di accertamento che a quella di riscossione.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso è infondato e deve essere rigettato, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore della controricorrente.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo uni ficato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 14/02/2025.