Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21918 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 21918 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/08/2024
Oggetto:
accise olii minerali svincolo irregolare responsabilità del depositario fiscale –
sanzioni
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4906/2014 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
-controricorrente –
avverso la sentenza della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 105/11/13, depositata il 12 novembre 2013. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 15 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
uditi l’ AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza impugnata la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale del FriuliVenezia Giulia rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 134/2/12 della RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di RAGIONE_SOCIALE, che ne aveva respinto il ricorso contro l’atto di irrogazione di sanzioni per omesso versamento di accise in relazione ad uno svincolo irregolare dal regime di sospensione di imposta di prodotti energetici, essendone contestato da parte dell’agenzia fiscale il mancato perfezionamento della cessione al destinatario sloveno.
La CTR osservava in particolare:
-che gli effetti dello svincolo irregolare, non scriminabili per abbuono, ingenerava la responsabilità fiscale della società contribuente, in quanto depositaria dei beni svincolati, con conseguenze de plano quanto alle sanzioni;
-che sussisteva la competenza dell’ ufficio locale dell’agenzia fiscale;
-che la motivazione dell’atto impositivo impugnato era valida, avendo riportato il contenuto essenziale dei rilievi provenienti dall’Autorità doganale slovena basanti le contestazioni, anche sanzionatorie, di quella italiana.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo cinque motivi.
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
La difesa della ricorrente ha dato atto che la ricorrente è stata dichiarata fallita nelle more del giudizio, chiedendone l’interruzione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare va ribadito che «Il fallimento di una RAGIONE_SOCIALE parti che si verifichi nel giudizio di Cassazione non determina l’interruzione del processo ex artt. 299 e ss. c.p.c., trattandosi di procedimento dominato dall’impulso d’ufficio, con la conseguenza che non vi è un onere di riassunzione del giudizio nei confronti della curatela fallimentare; questo non esclude, tuttavia, che il curatore del fallimento (dal 15 luglio 2022 il curatore della liquidazione giudiziale) possa intervenire nel giudizio di legittimità al fine di tutelare gli interessi della massa dei creditori, sia pure nei limiti RAGIONE_SOCIALE residue facoltà difensive riconosciute dalla legge» (tra le molte, Sez. 2 – , Ordinanza n. 30785 del 06/11/2023, Rv. 669228 01).
Pertanto la richiesta della ricorrente di dichiarazione di interruzione del giudizio va senz’altro disattesa.
Ciò posto, con il quarto motivo, che va trattato prioritariamente stante la natura pregiudiziale, -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione degli artt. 7, TUA, 16, d.lgs. 472/1997, 20, dir. 92/12/CEE, poiché la CTR ha affermato la competenza dell’RAGIONE_SOCIALE ad emettere l’atto sanzionatorio impugnato.
La censura è infondata.
L’art. 20, della direttiva evocata prevede che « 1 . Nel caso di irregolarità o infrazione nel corso della circolazione per la quale è esigibile l’accisa , quest’ultima deve essere pagata, nello Stato membro nel cui territorio l’irregolarità o l’infrazione è stata commessa , dalla persona fisica o giuridica resasi garante del pagamento dei diritti d’accisa conformemente all’articolo 15 ,
paragrafo 3, lasciando impregiudicato il ricorso ad azioni penali. Quando la riscossione dell’accisa è effettuata in uno Stato membro diverso da quello di partenza, lo Stato membro che procede alla riscossione ne informa le autorità competenti del paese di partenza. 2 . Quando nel corso della circolazione, una infrazione o una irregolarità è stata accertata, senza che sia possibile stabilire il luogo in cui essa è stata commessa, la stessa si presume commessa nello Stato membro in cui è stata accertata . 3 . Fatto salvo l’articolo 6, paragrafo 2, allorché i prodotti soggetti ad accisa non giungono a destinazione e non è possibile stabilire il luogo in cui l’irregolarità o l’infrazione si è verificata, tale irregolarità od infrazione si considera commessa nello Stato membro di partenza, che procede alla riscossione dei diritti d’accisa all’aliquota in vigore alla data di spedizione dei prodotti, salvo prova, fornita entro
un termine di 4 mesi a decorrere dalla data di spedizione dei prodotti stessi e ritenuta soddisfacente dalle autorità competenti, della regolarità dell’operazione ovvero del luogo in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa. 4. Se, prima della scadenza di un termine di tre anni dalla data del rilascio del documento di accompagnamento, si perviene a determinare lo Stato membro in cui l’irregolarità o l’infrazione è stata effettivamente commessa, detto Stato membro procede alle riscossione dell’accisa all’aliquota in vigore alla data di spedizione RAGIONE_SOCIALE merci. In tal caso, non appena sia fornita la prova di detta riscossione, l’accisa inizialmente riscossa viene rimborsata ».
In attuazione di tale disposizone sulla competenza territoriale degli Stati membri, l’art. 7, TUA, prevede che « 1. In caso di irregolarita’ o di infrazione, per la quale non sia previsto un abbuono d’imposta ai sensi dell’articolo 4, verificatasi nel corso della circolazione di prodotti in regime sospensivo, si applicano, salvo quanto previsto
per l’esercizio dell’azione penale se i fatti addebitati costituiscono reato, le seguenti disposizioni: ..
l’accisa e’ riscossa in Italia se l’irregolarita’ o l’infrazione si e’ verificata nel territorio dello Stato;
se l’irregolarita’ o l’infrazione e’ accertata nel territorio dello Stato e non e’ possibile determinare il luogo in cui si e’ effettivamente verificata, si presume che l’irregolarita’ o l’infrazione si sia verificata nel territorio dello Stato e nel momento in cui e’ stata accertata;
d) se i prodotti spediti dal territorio dello Stato non giungono a destinazione in un altro Stato membro e non e’ possibile stabilire il luogo in cui sono stati immessi in consumo, si presume che l’irregolarita’ o l’infrazione si sia verificata nel territorio dello Stato e si procede alla riscossione dei diritti di accisa con l’aliquota in vigore alla data di spedizione dei prodotti, salvo che, entro quattro mesi dalla data in cui ha avuto inizio la circolazione conformemente all’articolo 6, comma 3, venga fornita la prova, ritenuta soddisfacente dall’Amministrazione finanziaria, della regolarita’ dell’operazione ovvero che l’irregolarita’ o l’infrazione si siano effettivamente verificate fuori dal territorio dello Stato ».
Come correttamente rilevato dal giudice tributario di appello, nel caso di specie assume rilievo la previsione della lett. d), della disposizione legislativa interna, avendo peraltro lo stesso giudice accertato -insindacabilmente- in fatto che la società contribuente non ha assolto l’onere probatorio che la disposizione legislativa medesima le impone.
E’ del tutto evidente dunque che le argomentazioni del PM nel decreto di archiviazione del parallelo processo penale non possono acquisire valore probatorio suppletivo della circostanza de qua e quindi, non essendosi nemmeno asseverato che i prodotti in contesto siano mai giunti in Slovenia, la competenza dell’Autorità doganale italiana risulta de plano .
Con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.la ricorrente si duole della violazione dell’art. 115, cod. proc. civ., poiché la CTR ha fondato la propria decisione su di un elemento di prova (telescritto n.2659 del 15,5,1998) non ritualmente allegato agli atti processuali.
La censura è inammissibile e comunque infondata.
Va infatti ribadito che «In tema di valutazione RAGIONE_SOCIALE prove, il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione RAGIONE_SOCIALE predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., come riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012» (Sez. 3 – , Sentenza n. 23940 del 12/10/2017, Rv. 645828 – 02).
Il documento oggetto del mezzo non è affatto l’unico basante la pronuncia della CTR Friuli-Venezia Giulia e quindi, ammesso, ma non concesso (è peraltro contestato), che effettivamente l’agenzia fiscale non l’abbia prodotto in atti, non ha il rilievo decisivo e processualmente invalidante come denunciato dalla ricorrente.
Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente denuncia la violazione/falsa applicazione dell’art. 5, d.lgs. 472/1997, poiché la CTR ha affermato la sua responsabilità obbligatoria fiscale e quindi per le relative sanzioni, nonostante la sua totale assenza di colpevolezza nella frode originante lo svincolo irregolare di prodotti in sospensione di accisa in contestazione e quindi negato l’ “abbuono” previsto dalle disposizioni legislative evocate.
Con il terzo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.la ricorrente si duole della violazione/falsa applicazione dell’art. 17, d.lgs. 472/1997, poiché la CTR ha affermato la volontarietà del suo comportamento di inadempimento dell’obbligazione tributaria de qua , così convalidando l’immediata iscrizione a ruolo RAGIONE_SOCIALE somme dovute, con esclusione della possibilità della definizione agevolata, pur prevista dal comma 3 di detta disposizione legislativa.
Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono infondate.
Oggetto della specifica contestazione dell’RAGIONE_SOCIALE alla società contribuente, quale depositaria fiscale e dunque responsabile (garante) dell’obbligazione d’accisa, è la mancata prova della consegna dei prodotti medesimi al destinatario sloveno indicato nei prescritti documenti di trasporto, avendo l’autorità doganale di quel Paese attestato la falsità dei timbri di ricezione in tali documenti apposti.
Tale fattispecie è senz’altro sussumibile nell’ipotesi dello “svincolo irregolare”, così inegenerandosene -in astratto- la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE, appunto quale depositario del prodotto in regime sospensivo (art. 6, TUA; in conformità all’art. 6, n. 1, direttiva 92/12/CE, applicabile nel caso di specie, essendo i fatti verificatisi il 22 agosto 2005 ed il 30 giugno 2006; v. in questo senso, Corte di giustizia UE, C-325/99, G. COGNOME ).
Ciò posto in fatto, va rilevato in diritto che in base all’art. 14 della direttiva n. 92/12, applicabile all’epoca dei fatti « Il depositario autorizzato beneficia di un abbuono d’imposta per le perdite verificatesi durante il regime sospensivo, imputabili a casi fortuiti o di forza maggiore e accertate dalle autorità di ciascuno Stato membro. Egli beneficia, inoltre, in regime sospensivo, di un abbuono d’imposta per le perdite inerenti alla natura dei prodotti avvenute durante il processo di fabbricazione e di lavorazione, il
magazzinaggio e il trasporto. Ogni Stato membro fissa le condizioni alle quali tali abbuoni sono concessi ».
Le disposizioni legislative interne attuative che si correlano direttamente a tale parte della direttiva de qua , nella versione applicabile ratione temporis , sono le seguenti:
-l’art. 4, comma 1, TUA, che dispone « In caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, e’ concesso l’abbuono dell’imposta quando il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione dei prodotti e’ avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. I fatti compiuti da terzi non imputabili al soggetto passivo a titolo di dolo o colpa grave e quelli imputabili allo stesso soggetto a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore. Qualora, a seguito del verificarsi di reati ad opera di terzi, si instauri procedimento penale, la procedura di riscossione dei diritti di accisa resta sospesa sino a che non sia intervenuto decreto di archiviazione o sentenza irrevocabile ai sensi dell’articolo 648 del codice di procedura penale. In tal caso resta altresi’ sospesa la procedura di riscossione dell’imposta sul valore aggiunto gravante sulle accise stesse. Ove non risulti il coinvolgimento nei fatti del soggetto passivo e siano individuati gli effettivi responsabili, o i medesimi siano ignoti, e’ concesso l’abbuono dell’imposta a favore del soggetto passivo e si procede all’eventuale recupero nei confronti dell’effettivo responsabile »;
-l’art. 2, commi 1-4, TUA, che dispone « Per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della fabbricazione o della importazione. 2. L’accisa e’ esigibile all’atto della immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato. Si considera immissione in consumo anche: a) l’ammanco in misura superiore a quella consentita o quando non ricorrono le condizioni per la concessione dell’abbuono di cui all’articolo 4; b) lo svincolo, anche irregolare, da un regime sospensivo; c) la
fabbricazione o l’importazione, anche irregolare, avvenuta al di fuori di un regime sospensivo »; « E’ obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e, in solido, il soggetto che si sia reso garante di tale pagamento ovvero il soggetto nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilita’ dell’imposta. Per i prodotti di importazione il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria e’ individuato in base alla normativa doganale »;
-l’art. 7, comma 1, che dispone « In caso di irregolarita’ o di infrazione, per la quale non sia previsto un abbuono d’imposta ai sensi dell’articolo 4, commessa nel corso della circolazione di prodotti in regime sospensivo, si applicano, salvo quanto previsto per l’esercizio dell’azione penale se i fatti addebitati costituiscono reato, le seguenti disposizioni: a) l’accisa e’ corrisposta dalla persona fisica o giuridica che si e’ resa garante per il trasporto; b) l’accisa e’ riscossa in Italia se l’irregolarita’ o l’infrazione e’ stata commessa nel territorio dello Stato; c) se l’irregolarita’ o l’infrazione e’ accertata nel territorio dello Stato e non e’ possibile stabilire il luogo in cui e’ stata effettivamente commessa, essa si presume commessa nel territorio dello Stato; d) se i prodotti spediti dal territorio dello Stato non giungono a destinazione in un altro Stato membro e non e’ possibile stabilire il luogo in cui sono stati immessi in consumo, l’irregolarita’ o l’infrazione si considera commessa nel territorio dello Stato e si procede alla riscossione dei diritti di accisa con l’aliquota in vigore alla data di spedizione dei prodotti, salvo che, nel termine di quattro mesi dalla data di spedizione, non venga fornita la prova della regolarita’ dell’operazione ovvero la prova che l’irregolarita’ o l’infrazione e’ stata effettivamente commessa fuori dal territorio dello Stato ».
Nell’interpretare la normativa interna alla luce di quella unionale, questa Corte, nella giurisprudenza più recente, ha stabilito che il furto del prodotto ad opera di terzi e senza coinvolgimento nei fatti
del soggetto passivo di per sé non esime dal pagamento dell’imposta, che resta abbuonata solo nell’ipotesi di dispersione o distruzione del prodotto, con onere probatorio a carico del contribuente (Cass. nn. 25990/13; 27825/13; 28377/13; 6398/14; 16966/16; 4453/20).
Il presupposto dell’imposizione, si è affermato, nel caso RAGIONE_SOCIALE accise è infatti l’immissione in consumo, la quale evidenzia la capacità contributiva dei fabbricanti o degli importatori (vedi, da ultimo, Cass. n. 10684/20).
Sicché, si è argomentato, è nel caso della distruzione o della dispersione che l’immissione in consumo resta impedita, mentre la sottrazione determina soltanto il venir meno della disponibilità del bene da parte del soggetto per effetto dello spossessamento, ma non ne impedisce l’ingresso nel circuito commerciale.
Si è, peraltro, sviluppato nella giurisprudenza di questa Corte un altro orientamento, secondo il quale la novella dell’art. 4 del d.lgs. n. 504/95 va esaminata in combinazione con l’art. 1, lett. g), del medesimo testo unico.
Orbene, tale disposizione legislativa nel definire come regime sospensivo quello applicabile alla fabbricazione, alla trasformazione, alla detenzione ed alla circolazione dei prodotti soggetti ad accisa fino al momento dell’esigibilità dell’accisa, o del verificarsi di una causa estintiva del debito d’imposta, àncora il momento dell’esigibilità, alternativamente, all’immissione in consumo oppure al verificarsi di una causa estintiva.
Le ipotesi contemplate dall’art. 4 del d.lgs. n. 504/95, compreso il furto, costituirebbero dunque cause di estinzione dell’obbligazione: è difatti del tutto equivalente netto il termine abbuono dell’imposta all’espressione estinzione dell’obbligazione tributaria , al dell’a-tecnicità della formulazione normativa.
Coerentemente, d’altronde, a norma dell’art. 2, comma 2, lettera a) del testo unico in questione, nei casi di ammanco previsti
dall’art. 4 e alle condizioni da tale norma fissate -non si ha immissione in consumo, il che implica la non esigibilità definitiva dell’imposta e quindi l’estinzione della relativa obbligazione.
Per conseguenza, si è sottolineato, il comma 2 dell’art. 2 contempla casi di assimilazione all’immissione in consumo, che si traducono in fictiones iuris , utili a rendere esigibili le accise, e casi di estinzione dell’obbligazione nonostante l’immissione in consumo, come avverrebbe, appunto, per l’ipotesi del furto (v. Cass. nn. 24912 e 24913/13).
Nello stesso senso sostanzialmente si colloca l’indirizzo in base al quale il soggetto obbligato, per poter ottenere l’abbuono dell’imposta, in conseguenza di un reato commesso da terzi, anche nel testo modificato dall’art. 59 della l. n. 342/00, non si può limitare a dimostrare che l’evento è stato determinato da un fatto umano ascrivibile a terzi, ma è tenuto a provare di non aver concorso con dolo o di non aver cooperato con colpa al suo verificarsi; ipotesi, quest’ultima, che si verifica quando, senza il comportamento gravemente colposo dell’obbligato, il reato non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato in modo diverso (v. Cass. nn. 9787/10 e n. 9279/13).
La lettura dell’art. 4 del d.lgs. n. 504/95 in base a questo secondo orientamento ha risentito dell’evoluzione della nozione del fortuito e della progressiva identificazione del caso fortuito e della forza maggiore con la causa non imputabile.
Per conseguenza, si è evidenziato, chi esercita una qualsiasi attività professionale deve adottare le cautele ad essa consone, in quanto conosce o può conoscere i suoi rischi tipici, di modo che deve porre in essere i mezzi idonei alla loro eliminazione.
Ciò non implica, tuttavia, una sua indiscriminata responsabilità per ogni rischio.
La causa estranea si riconduce così alla causa non imputabile; e la causa non imputabile viene ad abbracciare le due nozioni di caso
fortuito e di forza maggiore: causa non imputabile è l’evento di cui il debitore non deve rispondere; fortuito è lo specifico, tipico evento liberatorio estraneo alla sfera di attività RAGIONE_SOCIALE parti (coerente, nella giurisprudenza civile, Cass. n. 11526/17, che, finanche in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., punta sull’obbligo, incombente sul danneggiato, di tenere un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza); la forza maggiore non si limita all’impossibilità assoluta, ma si estende a condotte non ascrivibili, direttamente o indirettamente, al soggetto obbligato, che si sia attivato con l’adozione di tutte le precauzioni del caso (cfr. Cass., sez. un., n. 8094/20, con riguardo al mutamento della maggioranza del consiglio comunale e al rifiuto della nuova amministrazione di dare seguito alla convenzione di lottizzazione stipulata dalla precedente amministrazione).
Questa ricostruzione, tuttavia, per quanto coerente con le categorie dell’ordinamento interno, è stata in realtà superata dalla giurisprudenza unionale più recente.
La Corte di giustizia, con riguardo alla direttiva n. 92/12, ha difatti stabilito che la responsabilità del depositario autorizzato è proprio « di tipo oggettivo e si basa non già sulla colpa dimostrata o presunta del depositario, bensì sulla sua partecipazione a un’attività economica …» (Corte giust. 24 febbraio 2021, causa C -95/19, RAGIONE_SOCIALE , punto 52).
Argomenta quella Corte, il legislatore dell’Unione ha conferito un ruolo centrale al depositario autorizzato (v., in tal senso, Corte giust. 2 giugno 2016, causa C-81/15, NOME , punti 31 e 32), in virtù del quale il regime di responsabilità nell’ambito della procedura di circolazione dei prodotti soggetti ad accisa e sottoposti a un regime sospensivo si traduce in un regime di responsabilità per tutti i rischi inerenti a tale circolazione.
Soltanto in relazione a responsabilità diverse da quella concernente il pagamento dei diritti di accisa, il depositario autorizzato può
sottrarvisi provando di aver adottato tutte le misure che gli si possono ragionevolmente richiedere al fine di assicurarsi che l’operazione effettuata non lo conduca a essere partecipe di un’evasione fiscale: è in questo caso, estraneo e ulteriore all’ipotesi di responsabilità per il pagamento dei diritti di accisa, che la giurisprudenza unionale (Corte giust. in causa C-81/15, cit., a proposito di sanzioni scaturenti da attività di contrabbando) ha disposto che occorre considerare che detta responsabilità aggravata del depositario autorizzato implica che costui possa essere dichiarato responsabile in solido per il pagamento RAGIONE_SOCIALE somme corrispondenti alle sanzioni pecuniarie inflitte, anche se l’atto di contrabbando è stato commesso da persone con cui egli non ha scelto di collaborare e che essa dà origine, de facto , ad un sistema di responsabilità solidale oggettiva, che deve essere considerata come sproporzionata.
È in questa cornice, quindi, che va inquadrata la nozione di forza maggiore che la Corte di giustizia (con la sentenza 18 dicembre 2007, causa C-314/06, RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) riferisce a circostanze estranee al depositario autorizzato, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso da parte sua, che possono anche oggettivamente sfuggire al suo controllo o situarsi al di fuori del suo ambito di responsabilità.
In ambito contiguo, d’altronde, anche con riguardo ai bolli fiscali, si è stabilito che né la direttiva del Consiglio n. 92/12/CEE, né il principio di proporzionalità ostano a che gli Stati membri adottino una normativa che non preveda la restituzione dell’importo dei diritti di accisa versati, qualora i bolli fiscali siano scomparsi prima di essere stati apposti sui prodotti del tabacco, se tale scomparsa non è imputabile a una causa di forza maggiore o a un caso fortuito e se non è accertato che i bolli siano stati distrutti o resi definitivamente inutilizzabili, facendo così gravare la responsabilità
finanziaria della perdita di bolli fiscali sul loro acquirente (Corte giust. 15 giugno 2006, causa C-494/04, INDIRIZZO).
E questa Corte, in applicazione di tale giurisprudenza, ha specificato che, in caso di sottrazione dei contrassegni fiscali prima della loro apposizione sui prodotti (nella specie alcolici) soggetti a tassazione, non è configurabile l’immissione in consumo, con conseguente inesigibilità dell’imposta, trattandosi di beni che ancora commercializzabili e, quindi, potendo ancora sorgere il presupposto impositivo. Sicché ai fini dell’inesigibilità dell’imposta non è sufficiente provare la sola sottrazione dei contrassegni fiscali prima della loro apposizione sui prodotti soggetti a tassazione, dovendosi provare altresì l’avvenuta distruzione degli stessi oppure la loro definitiva inutilizzabilità e, quindi, l’impossibilità del loro utilizzo (Cass. nn. 420/20; n. 15975/21).
Il legislatore dell’Unione ha quindi progressivamente affinato un quadro sistematico coerente, al centro del quale campeggia la responsabilità del detentore dei beni soggetti ad accisa.
Sicché dapprima la giurisprudenza della Corte di giustizia ha definito portata e obblighi dei debitori dell’accisa in relazione alla direttiva n. 92/12/CE e, poi, il legislatore ha provveduto ad esplicitarli.
Così, l’art. 8, paragrafo 1, lett. b), e l’art. 33, par. 3, della direttiva n. 2008/118, pur non contenendo alcuna definizione espressa della nozione di « detenzione », non richiedono che il detentore sia titolare di un diritto o abbia un qualsivoglia interesse sui prodotti da essa detenuti né che sia consapevole o avrebbe dovuto ragionevolmente essere consapevole dell’esigibilità dell’accisa. Per conseguenza, ha stabilito la Corte di giustizia, l’art. 33, par. 3, deve essere interpretato nel senso che una persona che trasporta, per conto di terzi, prodotti sottoposti ad accisa in un altro Stato membro e che è in possesso materiale di tali prodotti nel momento
in cui le relative accise sono divenute esigibili, è debitrice di tali accise, ai sensi di tale disposizione, anche se non ha alcun diritto o interesse su detti prodotti e non è a conoscenza del fatto che questi ultimi siano sottoposti ad accisa o, essendolo, non è consapevole che le relative accise siano divenute esigibili (Corte giust. 10 giugno 2021, causa C-279/19, WR).
E, da ultimo, la direttiva n. 2020/262, premesso, col considerando 7, che « Poiché l’accisa è un’imposta gravante sul consumo di prodotti, essa non dovrebbe essere riscossa relativamente a prodotti sottoposti ad accisa che, in talune circostanze, siano stati totalmente distrutti o siano irrimediabilmente perduti », ha definitivamente chiarito (art. 6, par. 5 e 6) che «5. La distruzione totale o la perdita irrimediabile, totale o parziale, dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per un caso fortuito o per causa di forza maggiore, o in seguito all’autorizzazione RAGIONE_SOCIALE autorità competenti dello Stato membro di distruggere i prodotti, non è considerata immissione in consumo », e che « 6. Ai fini della presente direttiva, si considera che i prodotti hanno subito una distruzione totale o una perdita irrimediabile quando sono inutilizzabili come prodotti sottoposti ad accisa ».
Peraltro questa Corte, con ordinanza n. 14361/2022, depositata il 6 maggio 2022, ha investito la Corte unionale RAGIONE_SOCIALE superiori questioni giuridiche con rinvio pregiudiziale interpretativo, così intendendosi fugare ogni dubbio che potesse ragionevolmente essere prospettato, anche in considerazione della non sovrapponibilità al caso di specie della sentenza 24 marzo 2022, C711/20, RAGIONE_SOCIALE (letta in continuità con la sentenza RAGIONE_SOCIALE ) della Corte medesima.
La Corte di giustizia UE ha pronunciato sentenza in data 7 settembre 2023, in C-323/22, con risposta che è stata netta e dirimente:
« L’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, dev’essere interpretato nel senso che: l’abbuono d’imposta ivi previsto non si applica al depositario, responsabile del pagamento dell’imposta, in caso di svincolo dal regime sospensivo dovuto ad un atto illecito, nemmeno qualora il depositario sia totalmente estraneo a tale atto illecito, imputabile esclusivamente a un terzo, e nutra un legittimo affidamento nella regolarità della circolazione del prodotto in regime di sospensione di imposta ».
Queste le spiegazioni, argomentazioni e conclusioni della Corte: « 46. Secondo una giurisprudenza costante, i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun rinvio espresso al diritto degli Stati membri ai fini della determinazione del proprio significato e della propria portata devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme, da effettuarsi conformemente al loro significato abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto del contesto in cui essi sono utilizzati e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essi fanno parte .
47. Dalla formulazione dell’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva 92/12 risulta che il depositario è esonerato quando sono soddisfatte due condizioni. Infatti, quest’ultimo deve dimostrare, in primo luogo, l’esistenza di una «perdita» verificatasi durante il regime sospensivo e, in secondo luogo, che tale «perdita» è imputabile a caso fortuito o forza maggiore.
48. Conformemente al significato abituale del termine «perdita» nel linguaggio corrente, la perdita subita dal depositario autorizzato
rinvia al fatto di essere privato, in tutto o in parte, di un bene di cui quest’ultimo aveva il godimento o il possesso. Ne consegue che costituisce una «perdita» ai sensi di tale articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, la scomparsa di un prodotto nel corso della sua produzione, trasformazione, detenzione o circolazione.
Poiché l’abbuono d’imposta previsto dall’articolo 14, paragrafo 1, secondo periodo, della direttiva 92/12 è distinto da quello previsto dal primo periodo di tale paragrafo, il primo abbuono non può essere interpretato in modo estensivo (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2007, RAGIONE_SOCIALE, C314/06, EU:C:2007:817, punto 43). Inoltre, l’abbuono previsto all’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva 92/12 per le perdite imputabili a caso fortuito o di forza maggiore costituisce una deroga alla regola generale, che deve quindi essere oggetto di un’interpretazione restrittiva (v., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2007, RAGIONE_SOCIALE, C314/06, EU:C:2007:817, punto 30).
Pertanto, la scomparsa di un prodotto che si trovi in regime sospensivo non può che significare impossibilità materiale per tale prodotto di essere immesso in consumo, o di entrare nel circuito commerciale dell’Unione.
Orbene, un prodotto che, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, viene svincolato in modo irregolare dal regime sospensivo rimane comunque nel circuito commerciale dell’Unione.
Pertanto, un siffatto svincolo irregolare dal regime sospensivo di un prodotto soggetto ad accisa non soddisfa la prima RAGIONE_SOCIALE due condizioni cumulative citate al punto 47 della presente sentenza affinché al depositario autorizzato sia concessa un’esenzione dal pagamento dell’imposta.
Pertanto, in assenza di «perdita», un abbuono d’imposta ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva
92/12 non può essere concesso al depositario autorizzato in caso di svincolo irregolare dal regime sospensivo, nemmeno qualora tale svincolo derivi da un atto illecito imputabile esclusivamente a un terzo e tale depositario nutra un legittimo affidamento nella regolarità della circolazione del prodotto in regime di sospensione di imposta.
L’interpretazione di tale disposizione è corroborata sia dal contesto in cui essa si inserisce sia dagli obiettivi perseguiti dalla direttiva 92/12.
In particolare, dall’economia della direttiva 92/12 e segnatamente dall’articolo 13, dall’articolo 15, paragrafi 3 e 4, nonché dall’articolo 20, paragrafo 1, della stessa risulta che il legislatore ha conferito al depositario autorizzato un ruolo centrale nella procedura di circolazione dei prodotti soggetti ad accisa e posti in regime di sospensione (sentenza del 2 giugno 2016, NOME, C-81/15, EU:C:2016:398, punto 31).
56. Tale depositario, nella sua qualità di persona fisica o giuridica autorizzata dalle autorità competenti di uno Stato membro a produrre, trasformare, detenere, ricevere e spedire prodotti soggetti ad accisa in regime sospensivo nell’esercizio della sua attività professionale, è, di conseguenza, designato come soggetto tenuto al pagamento dei diritti di accisa nel caso in cui un’irregolarità o un’infrazione, che determini l’esigibilità di tali diritti, sia stata commessa nel corso della circolazione di detti prodotti. Tale responsabilità è, inoltre, di tipo oggettivo e si basa non già sulla colpa dimostrata o presunta del depositario, bensì sulla sua partecipazione a un’attività economica (v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2021, RAGIONE_SOCIALE, C-95/19, EU:C:2021:128, punto 52).
57. Peraltro, come risulta dal primo e dal quarto considerando della direttiva 92/12, uno degli obiettivi perseguiti da quest’ultima consiste nell’assicurare che l’esigibilità RAGIONE_SOCIALE accise sia identica in
tutti gli Stati membri ai fini del buon funzionamento del mercato interno, il quale implica la libera circolazione RAGIONE_SOCIALE merci, comprese quelle soggette ad accisa. Inoltre, tra tali obiettivi figura anche la lotta contro la frode, l’evasione fiscale e gli eventuali abusi .
58. Orbene, un’interpretazione della nozione di «perdita», ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, di tale direttiva, come includente lo svincolo irregolare dal regime sospensivo di un prodotto soggetto ad accisa, non sarebbe conforme agli obiettivi ricordati al punto precedente della presente sentenza. Infatti, da un lato, una simile interpretazione indebolirebbe il carattere oggettivo della responsabilità conferita al depositario da detta direttiva nell’ambito del regime sospensivo e, pertanto, il ruolo centrale di quest’ultimo al fine di garantire l’esigibilità RAGIONE_SOCIALE accise e, in definitiva, la libera circolazione RAGIONE_SOCIALE merci soggette ad accisa. D’altro lato, un tale indebolimento comprometterebbe anche l’obiettivo di lotta contro la frode, l’evasione fiscale e gli abusi rendendo più difficile in pratica la riscossione RAGIONE_SOCIALE accise presso tale depositario in caso di irregolarità o di infrazione .
59. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che l’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva 92/12 deve essere interpretato nel senso che l’abbuono d’imposta ivi previsto non si applica al depositario, responsabile del pagamento dell’imposta, in caso di svincolo dal regime sospensivo dovuto a un atto illecito, nemmeno qualora il depositario sia totalmente estraneo a tale atto illecito, imputabile esclusivamente a un terzo, e nutra un legittimo
affidamento nella regolarità della circolazione del prodotto in regime di sospensione di imposta ».
Chiara dunque ed inequivocabile l’affermazione che in casi, quali quello di specie, la responsabilità fiscale del depositario di prodotti in regime di sospensione di accisa ha natura “oggettiva” e non derogabile, se non appunto nel caso di “perdita” fisica del prodotto stesso e quindi di materiale impossibilità che lo stesso venga immesso nel consumo unionale.
Nel caso in esame, allora, la norma interna va interpretata in modo conforme a quella unionale, che risponde, si è visto, a un quadro sistematico coerente; il che conduce ad escludere che di per sé qualsivoglia fatto illecito del terzo esoneri il soggetto passivo dal pagamento dei diritti di accisa, anche se questi risulti del tutto estraneo alla condotta dei terzi stessi, qualora essa non abbia determinato la distruzione o la perdita irrimediabile dei prodotti.
Una tale interpretazione risulta comunque vincolata, per il principio di primazia del diritto dell’Unione, non ravvisandosi la sussistenza di “controlimiti”.
Da ultimo, quanto al terzo motivo ed all’esclusione della possibilità di definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE sanzioni, basti ribadire che « In tema di violazioni di norme tributarie, la definizione agevolata RAGIONE_SOCIALE sanzioni non si applica in caso di omesso o ritardato pagamento dei tributi, ravvisabile anche laddove sia stata effettuata compensazione in misura superiore a quella consentita, sia ove la sanzione sia stata irrogata unitamente all’avviso di accertamento sia se sia stata irrogata con un distinto ed autonomo atto, come si desume dall’art. 17, comma 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 472 del 1997» (Sez. 5 – , Sentenza n. 27315 del 29/12/2016, Rv. 642385 01; conf. Sez. 5 – , Ordinanza n. 26782 del 25/11/2020, Rv. 659715 – 01).
Con il quinto motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 7, legge 212/2000,
poiché la CTR ha affermato la non necessarietà dell’allegazione all’atto sanzionatorio impugnato RAGIONE_SOCIALE risposte date dall’Autorità doganale slovena circa la falsità della documentazione inerente la cessione in territorio sloveno dei prodotti energetici de quibus .
La censura è infondata.
Basti ribadire che «L’art. 7, comma 1, della l. n. 212 del 2000, che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza, consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche “per relationem”, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento» (tra le molte, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9323 del 11/04/2017, Rv. 643954 – 01).
Il che risulta puntualmente avvenuto nel caso di specie, come accertato in fatto dal giudice tributario di appello.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Stante l’evoluzione progressiva della giurisprudenza interna ed unionale in ordine alla questione centrale del giudizio ossia quella dell’applicabilità dell’ “abbuono” in caso di svincolo irregolare di prodotti soggetti ad accisa, le spese possono essere compensate.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto. Cosi deciso in Roma 15 maggio 2024
Il presidente
Il consigliere est.