Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16026 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16026 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26951/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata;
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria, sezione distaccata di Catanzaro n. 406/2020, depositata il 23 gennaio 2020,
cui è riunito il ricorso iscritto al n. 1916/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME;
-intimato- per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria n. 3698/2022, depositata il 29 novembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Nel procedimento n. 26951/2020 R.G., NOME COGNOME titolare dell’omonima ditta individuale esercente attività di deposito di carburanti, ha proposto ricorso avv erso l’avviso di pagamento emesso dall ‘ Ufficio delle dogane di Catanzaro per il recupero di accisa afferente a quantitativi di prodotto agevolato uso agricoltura, irregolarmente svincolati, e, pertanto, considerati ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 2, secondo comma , lett. a) e quarto comma lettera a) del d.lgs. n. 504 del 1995 (recante il Testo Unico delle Accise -TUA) come immessi in consumo, eccependo la nullità e/o illegittimità dell’avviso di pagamento impugnato per mancata violazione di norme in materia.
L ‘Ufficio delle dogane di Catanzaro si costituiva in giudizio.
La Commissione tributaria provinciale di Catanzaro accoglieva il ricorso.
-Avverso tale sentenza l’Ufficio delle dogane di Catanzaro ha proposto appello.
Resisteva in giudizio NOME COGNOME.
La Commissione tributaria regionale della Calabria, con sentenza n. 406/2020, depositata in data 23 gennaio 2020, ha respinto l’appello : per un verso, ha rimarcato che il contribuente opera in regime di accisa assolta; per altro verso, ha fatto leva sulla pronuncia penale che l’ha assolto dal reato di truffa perpetrato dagli acquirenti finali, escludendo altresì l’operatività dell’art. 4 del TUA.
-L’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
Il contribuente ha replicato con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c.
NOME COGNOME ha depositato una memoria illustrativa.
-Con riferimento al procedimento n. 1916/2023 R.G. NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso l’avviso di accertamento n. TD3010302355/2017 per l’anno d’imposta 2013. L’atto impositivo scaturisce dalla disamina della dichiarazione telematica del 2013 del contribuente e dal processo verbale di constatazione del 13 febbraio 2014, redatto dall’Ufficio delle dogane di Catanzaro. In particolare, funzionari dell’Agenzia avevano svolto una verifica tecnico-amministrativa in ambito di accise, finalizzata a verificare la sussistenza dei requisiti necessari per la commercializzazione di prodotti energetici denaturati per impieghi in agricoltura. Dal riscontro delle fatture di vendita e del registro di carico e scarico di prodotti energetici denaturati, si era ricavato che era stati forniti alla ditta NOME COGNOME litri 131.104,00 di gasolio denaturato per impieghi in agricoltura. Tuttavia, il compratore non era assegnatario di prodotti energetici denaturati per impieghi in agricoltura perché soggetto non avente titolo e, dunque, i suddetti quantitativi erano stati sottratti di fatto al pagamento dell’accisa ad aliquota intera ai sensi dell’art. 2 comma 3 e dell’art. 40 comma 1
lett. c) d.lgs. n. 504/1995. L’imposta evasa era pari a euro 63.136,02 mentre l’ IVA recuperata con l’avviso di accertamento emesso dai funzionari dell’Agenzia delle Entrate era pari ad euro 10.252,79. Il medesimo avviso di accertamento n. TD3010302355/2017 tiene altresì conto del distinto processo verbale di constatazione del 11 marzo 2015, con cui era stata accertata l’irregolare fornitura di prodotti energetici denaturati per impieghi in agricoltura, per litri 135.463,00, alla ditta individuale di NOME COGNOME la quale aveva già esaurito la propria assegnazione annuale, acquistando gasolio ad aliquota agevolata presso altri fornitori. In questo secondo caso il totale dell’accisa evasa era di euro 65.235,19 e il totale dell’I VA da recuperare di euro 16.238,52. In entrambi i casi, con l’atto impositivo, l’I VA da recuperare veniva c alcolata solo sull’accisa e non sul valore complessivo di vendita e comprendeva sia la maggiore accisa sia la differenza tra l’aliquota IVA del 10% e l’aliquota IVA del 21% sull’accisa versata; il calcolo dell’IVA ha inoltre tenuto conto della variazione di aliquota ordinaria intervenuta in data 1 gennaio 2013 (dal 21 al 22%). Sulla scorta di tali dati, i funzionari dell’Agenzia delle entrate hanno ripreso a tassazione una maggiore imposta sul valore aggiunto non versata di euro 26.781,00, unitamente a sanz ioni per l’importo di euro 25.102,00, per un totale di euro 51.883,00.
L’Ufficio delle entrate si costituiva in giudizio.
La Commissione tributaria provinciale di Cosenza rigettava il ricorso.
-Avverso tale sentenza COGNOME proponeva in appello. L’Ufficio delle entrate di Catanzaro si costituiva nel giudizio.
La Corte di giustizia tributaria della Calabria, con sentenza n. 3698/02/2022, ha accolto l’appello del contribuente , facendo leva
sull’annullamento dell’avviso con cui era stata richiesta la maggiore accisa.
-L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Il contribuente non ha svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente, va disposta la riunione al procedimento iscritto al n. 26951/2020 R.G. di quello portante il n. 1916/2023 R.G., ai sensi dell’art. 274 c.p.c. per connessione soggettiva e oggettiva, in base al principio generale secondo cui il giudice può ordinare la riunione in un solo processo di impugnazioni diverse, oltre i casi espressamente previsti, ove ravvisi in concreto elementi di connessione tali da rendere opportuno, per ragioni di economia processuale, il loro esame congiunto (Cass., sez. un. n. 18050 del 2010; Cass., sez. un., n. 1521 del 2013; Cass., n. 27550 del 2018).
Nella fattispecie si verte -nei riguardi del medesimo contribuente -di un avviso di accertamento con cui è stata richiesta la maggiore accisa (n. 26951/2020 R.G.) sul quantitativo di gasolio risultato utilizzato per usi non agevolati e di un successivo avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate ha ricalcolato su di essa l’IVA (n. 1916/2023 R.G.). Deve logicamente essere esaminata l’impugnazione avverso l’ avviso di accertamento sull’ accisa.
-Con l’unico motivo del ricorso n. 26951/2020 R.G. si deduce la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 504 del 1995, art. 50, nonché del Reg. n. 454 del 2001, art. 6, comma 1, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. Secondo quanto prospettato, il collegio giudicante avrebbe errato nell’escludere, a carico dell’esercente del deposito di carburante, l’obbligo di verificare il rispetto del limite di
prelievo da parte dell’avente diritto all’agevolazione. Infatti, il COGNOME, quale depositario commerciale, ha ceduto prodotti energetici ad accisa assolta destinati a essere impiegati per finalità per le quali sussiste una particolare agevolazione. Tanto implica, in astratto, una responsabilità solidale ove si accerti che la norma di favore non sia stata applicata per superamento dei limiti, previsti dalla legge, al riconoscimento del beneficio fiscale. Al riguardo, l’Agenzia delle dogane prospetta l’esistenza, a carico dell’esercente del deposito di carburante, del l’obbligo di verificare il rispetto del limite di prelievo da parte dell’avente diritto all’agevolazione, escludendo che su tale obbligo possa influire l’esclusione della responsabilità in sede penale del COGNOME. Secondo quanto prospettato, nella fattispecie in esame deve tenersi distinto l’ambito tributario dall’ambito penale, tanto più che il giudizio penale instaurato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Castrovillari concerneva il diverso aspetto del coinvolgimento ‘diretto’ del COGNOME nella predisposizione della documentazione utile a prelevare il prodotto agevo lato per uso dell’agricoltura da parte di due utenti (COGNOME NOME e COGNOME NOME) non ammessi all’agevolazione di cui alla tabella A, punto 5, del d.lgs. n. 504 del 1995, dall’Ufficio preposto (ufficio ‘motori agricoli’, cosiddetto Ufficio UMA di Crotone). La sentenza invocata dal COGNOME pronunciata dal GUP del Tribunale di Castrovillari aveva escluso il coinvolgimento diretto del ricorrente nella predisposizione della documentazione utile a ritirare il prodotto agevolato a uso agricoltura da parte di COGNOME NOME e COGNOME NOME, circostanza che, ove fosse stata acclarata la relativa responsabilità penale, avrebbe potuto comportare ben più gravi conseguenze al ricorrente, dovendo l’Ufficio sospendere ovvero revocare la licenza fiscale di esercizio. La medesima sentenza non aveva escluso,
esulando ciò dalla giurisdizione penale, la debenza del tributo afferente a dette partite irregolarmente immesse in consumo. Sarebbe infatti in ogni caso esigibile l’imposta dall’intestatario del deposito che potrà curare il recupero di quanto versato sui soggetti indebitamente riforniti. Sotto altro profilo, si evidenzia che l’esibizione di documentazione falsa da parte di soggetti terzi non solleva la ditta destinataria di tale documentazione dalle responsabilità in capo alla stessa ai fini del pagamento del tributo poiché il TUA, all’articolo 25, comma 6, prevede, la prestazione di apposita cauzione a garanzia dell’accisa – ancor più in considerazione del fatto che la possibilità di verifica dei documenti acquisiti risultava semplice e immediata, così come dichiarato dallo stesso contribuente.
2.1. -Va innanzitutto respinta l’eccezione di inammissibilità formulata dal controricorrente con riferimento alla novità della censura, in base al contenuto dell’avviso riprodotto in ricorso, col quale si faceva leva sull’ammanco di prodotti sottoposti ad accisa in misura superiore a quella consentita e sul difetto di diligenza. Non v’è, pertanto, alcuna novità della questione prospettata, essendo la censura correlata alla motivazione contenuta nella pronuncia e ricavata dall’avvi so di accertamento, col quale espressamente, peraltro, l’Agenzia si riferiva al ‘titolare di licenza fiscale di esercizio per prodotti che si avvantaggiano di una agevolazione’.
Né è fondata l’eccezione di novità, sviluppata in memoria, della contestazione della violazione dell’art. 50 del TUA, posto che nell’impianto del ricorso il richiamo a questa norma è unicamente volto a sostenere, in diritto, l’affermazione della sussistenz a dell’obbligo di verificare il rispetto del limite di prelievo da parte dell’avente diritto all’agevolazione, indipendentemente
dall’esclusione della responsabilità in sede penale del titolare del deposito.
Nel merito, il motivo è fondato.
Come chiarito da questa S.C. (Cass., Sez. V, 11 dicembre 2019, n. 29203) per identificare i soggetti debitori dell’imposta occorre procedere alla ricostruzione normativa che coinvolge, in primo luogo, la disciplina armonizzata comunitaria in materia di accise di cui alla Direttiva CE 2008/118 e, in secondo luogo, la relativa attuazione nazionale a mezzo del d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA), come successivamente novellato.
La Direttiva CE 2008/118, all’art. 8, individua il “debitore dell’accisa divenuta esigibile” nelle ipotesi di svincolo, anche irregolare, dei prodotti sottoposti ad accisa da un regime di sospensione. Tale debitore è “il depositario autorizzato, il destinatario registrato o qualsiasi altra persona che svincola i prodotti sottoposti ad accisa dal regime di sospensione dall’accisa o per conto della quale tali prodotti sono svincolati dal regime di sospensione dall’accisa e, in caso di svincolo irregolare dal deposito fiscale, qualsiasi altra persona che ha partecipato a tale svincolo”. Il comma 2 del citato art. 8, poi, specifica espressamente che “qualora vi siano più soggetti tenuti al pagamento di un singolo debito dall’accisa, essi rispondono in solido di tale debito”.
La portata della norma è chiara allorquando individua una serie di soggetti coobbligati al pagamento dell’imposta, tra questi esplicitamente facendo riferimento ai seguenti soggetti: i) il depositario autorizzato; ii) il destinatario registrato; iii) il soggetto che svincola i prodotti dal regime di sospensione dall’accisa; iv) il soggetto per conto del quale tali prodotti sono svincolati; v) qualsiasi altra persona che ha partecipato allo svincolo, nel caso di svincolo irregolare dal deposito fiscale.
Sul piano nazionale, la Direttiva CE 2008/118 ha trovato attuazione nel nostro ordinamento con il d.lgs. n. 48 del 2010, che ha modificato il d.lgs. n. 504 del 1995 (TUA).
Ai sensi dell’art. 2, comma 4, TUA, applicabile ratione temporis , è obbligato al pagamento dell’accisa: a) il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e, in solido, i soggetti che si siano resi garanti del pagamento ovvero il soggetto nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta; b) il destinatario registrato che riceve i prodotti soggetti ad accisa; c) relativamente all’importazione di prodotti sottoposti ad accisa, il debitore dell’obbligazione doganale individuato in base alla relativa normativa e, in caso di importazione irregolare, in solido, qualsiasi altra persona che ha partecipato all’importazione.
Il disposto normativo identifica i debitori dell’imposta non solo con i depositi fiscali, ma anche, quali coobbligati, con un’ampia serie di altri soggetti, tra i quali quelli che procedono o per conto dei quali si procede all’immissione in consumo dei prodotti sottoposti ad accisa. Nel caso delle accise, si assiste ad un disallineamento tra il tempo della realizzazione del presupposto d’imposta e quello della sua esigibilità: si tratta, infatti, di un’imposta a formazione progressiva, dal momento che il presupposto impositivo sorge al momento della fabbricazione od importazione del prodotto, mentre l’esigibilità è posticipata all’atto di immissione in consumo del prodotto nel territorio dello Stato.
Il sistema, pertanto, come chiarito da Cass., Sez. V, n. 29203 del 2019, si fonda sulla riconoscibilità, affidabilità e legittimazione amministrativa degli operatori del settore.
Il medesimo sistema è previsto nel caso dei prodotti ad accisa assolta, in cui le detenzioni ed i trasferimenti restano appannaggio di operatori muniti di licenza, soggetti a controlli e rendiconti
periodici e costanti, in grado di garantire una tenuta rafforzata ad un sistema che, unico nel settore impositivo, si presenta particolarmente rigido sia nella sua fisiologia, sia nella sua risposta sanzionatoria e/o repressiva. Il che spoglia di rilevanza le considerazioni spese dal contribuente in controricorso e ribadite in memoria, secondo cui l’Agenzia delle dogane sarebbe incorsa nell”errore di fondo’ dato dalla confusione della licenza fiscale di un deposito commerciale, che agisce in regime di accisa assolta, con il deposito fiscale, che agisce in regime di accisa sospesa.
A ciò deve aggiungersi che l’art. 2, comma 3, TUA, prevede espressamente che l’accisa è esigibile anche quando viene accertato che non si sono verificate le condizioni di consumo previste per poter beneficiare di un’aliquota ridotta o di una esenzione. Pertanto, con specifico riferimento alla fattispecie, la circostanza che il contribuente, quale depositario commerciale, ha ceduto prodotti energetici ad accisa assolta destinati a essere impiegati per finalità per le quali sussiste una particolare agevolazione, implica la sua responsabilità, ove si accerti che la norma di favore non è stata applicata, atteso che sono stati superati i limiti, previsti dalla legge, per riconoscere il beneficio fiscale.
Ininfluente è poi la circostanza, sulla quale il contribuente insiste in controricorso, che il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Castrovillari lo abbia assolto dal reato previsto e punito dall’art. 40, comma 1, lett. c) del TUA perché il fatto non costituisce reato; come irrilevante è l ‘ estraneità di Mangone al reato di truffa degli acquirenti finali.
Al riguardo, la più recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (Corte giust., 7 settembre 2023, KRI , C-323/22, punto 56) ha stabilito che la responsabilità del depositario è di tipo oggettivo e si basa non già sulla sua colpa dimostrata o presunta,
bensì sulla sua partecipazione a un’attività economica ; principio, questo, applicabile, in base alle considerazioni già svolte, anche nella fattispecie in esame.
Per conseguenza, la CGUE ha affermato che l’articolo 14, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa – la cui interpretazione è trasponibile alla direttiva 2008/118, che ha abrogato e sostituito, con effetto dal 1º aprile 2010, la direttiva 92/12 dev’essere interpretato nel senso che l’abbuono d’imposta ivi previsto non si applica al depositario, responsabile del pagamento dell’imposta, in caso di svincolo dal regime sospensivo dovuto a un atto illecito, nemmeno qualora il depositario sia totalmente estraneo a tale atto illecito, imputabile esclusivamente a un terzo, e nutra un legittimo affidamento nella regolarità della circolazione del prodotto in regime di sospensione di imposta.
Si è coerentemente ritenuto altresì che l’art . 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/118 (« La distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per una causa inerente alla natura stessa di tali prodotti, per un caso fortuito o per causa di forza maggiore, o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro, non è considerata immissione in consumo ») deve essere interpretato nel senso che la nozione di «caso fortuito», ai sensi di tale disposizione, deve essere intesa, al pari di quella di «forza maggiore», come riferita a circostanze estranee a colui che l’invoca, anormali e imprevedibili, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso (Corte giust., 18 aprile 2024, COGNOME Alcool, C-509/22). In tal senso, l’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/118, in quanto
costituisce una deroga alla regola generale secondo la quale l’accisa relativa a prodotti che siano stati distrutti o perduti resta, in linea di principio, esigibile, deve essere interpretato restrittivamente.
Pertanto, stante l’ampiezza della responsabilità prescritta dalla normativa, nessun rilievo assume nel caso di specie la questione della esclusione della responsabilità penale dell’attuale contribuente in merito al suo eventuale coinvolgimento diretto nella predisposizione della documentazione utile a ritirare il prodotto agevolato. Egli era tenuto a verificare la sussistenza dei presupposti per le agevolazioni, ponendo l’Agenzia nelle condizioni di svolgere i propri controlli, coerentemente con la caratterizzazione tipologica del tributo che postula, per poter risultare efficace e garantire un gettito costante all’erario, la concentrazione del controllo (in termini, Cass., sez. un., n. 33687 del 2018; Cass., Sez. V, n. 10684 del 2020; Cass., Sez. Trib., n. 38126 del 2022).
3. -Con il primo motivo di ricorso di cui al procedimento n. 1916/2023 R.G. si deduce la violazione dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. nullità della sentenza per violazione degli artt. 36 comma 2 n. 4 e 61 del d.lgs. n. 546/92 nonché degli artt. 132 comma 2 n. 4 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c., 111 Cost. comma 6. I giudici d’appello hanno accolto il gravame della parte privata sulla base di un unico motivo considerato assorbente: l’annullamento in sede giurisdizionale (sia in primo che in secondo grado di giudizio) dell’avviso di accertamento con cui è stata richiesta la maggiore accisa. Secondo la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, tale circostanza comporta, come conseguenza necessitata, la caducazione anche dell’avviso di accertam ento IVA, che trova nella maggiore accisa da versare la sua ragion d’essere. Secondo quanto argomentato, la sentenza sarebbe nulla per omessa motivazione e motivazione apparente. Si evidenzia al riguardo che sulla illegittimità
della pretesa fiscale relativa alle accise non si è formato ancora un giudicato essendo pendente ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado cui si fa riferimento nella sentenza odiernamente gravata, cioè la sentenza d’appello 23.01.2020 n. 406 (ricorso n. 26951/2020 RG). L’annullamento giurisdizionale dell’avviso riguardante l’accisa non è pertanto divenuto definitivo e, come tale, non svolge alcuna efficacia condizionante sul rapporto controverso concernente l’IVA.
Con il secondo si deduce la violazione dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione alla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 Direttiva CE 2008/118 e dell’art. 2 del d.lgs. n. 504/95 TUA. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 60, comma 7, d.P.R. 633/1972 e dell’art. 6, commi 3 e 5, del d.lgs. n. 472/1997. Sulla base delle disposizioni richiamate si evidenzia che il fatto che il contribuente invochi la natura commerciale (e non fiscale) del deposito (accisa assolta e non sospesa) non gli consentirebbe di poter escludere una sua responsabilità nella violazione della norma riguardante il corretto versamento dell’accisa e la conseguente maggiore IVA dovuta.
3.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono fondati.
La motivazione della pronuncia impugnata si basa su ll’ effetto espansivo della decisione della Commissione tributaria regionale della Calabria, sezione distaccata di Catanzaro n. 406/2020, depositata il 23 gennaio 2020, su cui non si è formato alcun giudicato e che nel procedimento riunito è stata cassata.
Nel merito, come già chiarito nell’esame dei motivi precedenti, in tema di accise, i fatti generatori, per i prodotti che vi sono soggetti, sono la loro produzione o fabbricazione, ex art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 504 del 1995, mentre la loro immissione in consumo
determina, ai sensi del successivo comma 2, l’esigibilità dell’imposta (Cass., Sez. V, 24 luglio 2020, n. 15862; Cass., Sez. V, 7 dicembre 2016, n. 25126); obbligato al pagamento dell’accisa è anche il titolare del deposito dal quale avviene l’immissione in consumo, non ravvisandosi nel caso di specie alcuna distinzione tra deposito fiscale e commerciale (accisa assolta e non sospesa), ai fini del trattamento fiscale (Cass., Sez. V, n. 29203 del 2019).
4. -In conclusione, previa riunione al procedimento iscritto al n. RG 28283/2016 di quello portante il n. 1916/2023 R.G., i ricorsi vanno accolti, con rinvio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte riunisce al procedimento iscritto al n. 26951/2020 R.G. quello portante il n. 1916/2023 R.G. e accoglie i ricorsi. Cassa le sentenze impugnate e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2025.