Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20865 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20865 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27903/2022 R.G. proposto da NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma al INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME DanieleCOGNOME dal quale è rappresentato e difeso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA TOSCANA n. 640/2022 depositata il 4 maggio 2022
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 2 luglio 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
Il 31 ottobre 2014 la Direzione Provinciale di Pistoia dell’Agenzia delle Entrate notificava all’ RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. T8R040600524/2014, con il quale rettificava il
reddito imponibile dalla stessa dichiarato per l’anno 2011, operando le conseguenti riprese fiscali ai fini delle imposte dirette e dell’IVA e irrogando le sanzioni amministrative di legge.
Successivamente, in data 22 gennaio 2020, il medesimo Ufficio notificava a NOME COGNOME nella qualità di presidente della predetta associazione -in quanto tale personalmente e solidamente responsabile, ai sensi dell’art. 38 c.c., delle obbligazioni ad essa facenti capo, comprese quelle di natura tributaria-, atto di intimazione ex art. 29, comma 1, lettera a), del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, mediante il quale lo invitava a provvedere nei successivi sessanta giorni al pagamento delle imposte e delle sanzioni dovute dall’ente in base all’avviso di accertamento innanzi indicato, come rideterminate in sede giudiziaria dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana con sentenza n. 1793/8/19 del 13 dicembre 2019.
Il contribuente impugnava l’atto di intimazione davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Pistoia, che respingeva il suo ricorso.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, la quale, con sentenza n. 640/2022 del 4 maggio 2022, rigettava l’appello della parte privata.
Contro questa sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, instando per la condanna dell’avversario .
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta, concludendo per il rigetto del ricorso.
In sèguito il ricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa, insistendo per l’accoglimento dell’esperito gravame.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, dell’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 19, comma 3, del D. Lgs. n. 546 del 1992.
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nel ritenere sussistente la responsabilità personale e solidale del COGNOME per le obbligazioni tributarie gravanti sull’ Art Show Dance , sebbene alla data di notifica dell’impugnato atto di intimazione fossero ormai ampiamente decorsi i termini fissati dalla legge per la verifica fiscale e per la riscossione delle imposte e delle sanzioni, non rilevando in contrario che il 31 ottobre 2014 l’Agenzia delle Entrate avesse notificato allo stesso COGNOME, nella qualità di rappresentante legale dell’associazione, un avviso di accertamento emesso nei confronti dei quest’ultima.
1.2 Viene soggiunto che, pur volendo ritenere la notifica dell’avviso di accertamento idonea a produrre effetti interruttivi anche nei confronti dell’odierno ricorrente, in ogni caso dalla data della sua esecuzione a quella di notifica del successivo atto di intimazione risulterebbe decorso «ex novo» il termine quinquennale di cui all’art. 43, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973.
1.3 Si assume, inoltre, che il collegio di secondo grado .
1.4 Il motivo è infondato.
1.5 Per consolidata giurisprudenza di questa Corte, qualora l’avviso di accertamento sia stato emesso nei confronti di un’associazione sportiva non riconosciuta, la successiva cartella esattoriale è
legittimamente notificata al suo rappresentante legale anche in mancanza della previa emissione e notifica di un autonomo atto impositivo a lui personalmente rivolto in qualità di coobbligato solidale.
1.6 In tal caso, il diritto di difesa del medesimo è garantito dalla possibilità di contestare la pretesa originaria mediante l’impugnazione congiunta dell’atto a lui notificato e di quelli presupposti, la cui notificazione risulti irregolare o sia stata del tutto omessa (cfr. Cass. n. 19982/2019, Cass. n. 37179/2021, Cass. n. 2953/2022).
1.7 Il suenunciato principio di diritto si presta ad essere esteso, per identità di «ratio» , all’ipotesi in cui al rappresentante legale di un’associazione non riconosciuta sia stata notificata un’intimazione di pagamento ex art. 29, comma 1, lettera a), del D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010, considerato che:
a mente della lettera e) della citata disposizione normativa, l’agente della riscossione procede ad espropriazione forzata sulla scorta dell’avviso di accertamento esecutivo di cui alla precedente lettera a), senza la preventiva notifica della cartella di pagamento;
ai fini della procedura di riscossione contemplata dallo stesso comma, «i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo e alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti indicati nella lettera a)», cioè all’avviso di accertamento esecutivo e all’atto di intimazione, «ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione secondo le disposizioni del presente comma».
1.8 Corretta appare, pertanto, la decisione assunta dalla CTR, la quale ha affermato che la «qualifica di coobbligato solidale… non … legittima» il presidente di un’associazione non riconosciuta «a pretendere la notifica» in proprio «del medesimo atto che ha già conosciuto» nella veste di rappresentante legale dell’ente.
1.9 Quanto, poi, alla questione, implicitamente disattesa dal
collegio d’appello, attinente all’eccepita decadenza dell’Amministrazione dall’esercizio del potere di accertamento e di riscossione per inosservanza dei termini stabiliti, rispettivamente, dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dall’art. 25 del D.P.R. n. 602 del 1973, è del tutto evidente come, una volta esclusa la necessità dell’emissione di un autonomo atto impositivo e della conseguenziale cartella di pagamento nei confronti del rappresentante legale di un’associazione non riconosciuta, non possa entrare in gioco la disciplina dettata dalle disposizioni normative surrichiamate.
1.10 Occorre, poi, tener presente che l’atto di intimazione oggetto di causa, per quanto allegato dalla stessa parte ricorrente, è stato emesso a sèguito della pronuncia della sentenza n. 1793/8/19 con la quale la CTR toscana aveva rideterminato le somme dovute dall’ RAGIONE_SOCIALE in virtù dell’avviso di accertamento notificatole il 31 ottobre 2014.
1.11 Ciò posto, giova rammentare che, ai sensi dell’art. 29, comma 1, lettera a), secondo periodo, del D.L. n. 78 del 2010, l’atto di intimazione è notificato al contribuente, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento, «in tutti i casi in cui siano rideterminati gli importi dovuti in base agli avvisi di accertamento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’imposta sul valore aggiunto ed ai connessi provvedimenti di irrogazione delle sanzioni ai sensi dell’articolo 8, comma 3bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, dell’articolo 48, comma 3 -bis , e dell’articolo 68 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’articolo 19 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nonché in caso di definitività dell’atto di accertamento impugnato».
1.12 Nella fattispecie tale notifica è stata eseguita il 22 gennaio 2020, ad appena quaranta giorni di distanza dalla pubblicazione della menzionata sentenza, avvenuta in data 13 dicembre 2019.
Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono lamentate la violazione e la falsa applicazione dell’art. 38 c.c..
2.1 Si rimprovera alla Commissione regionale di aver a torto affermato che il COGNOME era tenuto a rispondere personalmente e solidalmente delle obbligazioni tributarie gravanti sull’associazione per il solo fatto di aver rivestito la qualità di presidente e rappresentante legale dell’ente, a prescindere dal compimento di atti di gestione.
2.2 Il motivo è infondato.
2.3 Per costante orientamento nomofilattico, la responsabilità personale e solidale del rappresentante legale per i debiti tributari di un’associazione non riconosciuta si ricollega non solo all’effettività dell’ingerenza da lui esercitata nell’attività gestoria dell’ente, ma anche al corretto adempimento degli obblighi fiscali sul medesimo incombenti, onde deve in concreto accertarsi se egli abbia assolto i detti obblighi, soltanto in tale evenienza potendo andare immune da corresponsabilità (cfr. Cass. n. 19982/2019).
2.4 Invero, i debiti di imposta non sorgono su base negoziale, bensì «ex lege» al verificarsi del relativo presupposto, sicchè deve esserne chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per i tributi non corrisposti, il soggetto che, in forza del ruolo (di diritto) formalmente ricoperto nell’àmbito dell’ente, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato (cfr. Cass. n. 33121/2024, Cass. n. 898/2023, Cass. n. 4747/2020, Cass. n. 25650/2018).
2.5 Ne discende che il rappresentante legale non ingeritosi nell’attività dell’ente, pur non rispondendo civilisticamente delle obbligazioni assunte da altri, resta comunque condebitore verso il Fisco, a meno che dimostri di aver puntualmente espletato gli adempimenti tributari di legge (cfr. Cass. n. 19982/2019, Cass. n. 38263/2021, Cass. n. 2953/2022).
2.6 Si è chiarito, al riguardo, che egli è obbligato non solo a presentare una dichiarazione reddituale fedele, indicando correttamente i ricavi conseguiti e le spese sopportate dall’associazione che rappresenta, ma anche ad operare, se del caso, le necessarie rettifiche, provvedendo, dopo la presentazione, all’emenda della dichiarazione riportante dati inesatti (cfr. Cass. n. 898/2023, Cass. n. 19985/2019, Cass. n. 4478/2018).
2.7 Alle surriferite «regulae iuris» si è uniformata la CTR, la quale non è, quindi, incorsa nel prospettato «error in iudicando» .
2.8 Peraltro, il Di COGNOME non contesta di aver rivestito la qualità di rappresentante legale dell’associazione nel periodo d’imposta in verifica, onde deve presumersi in capo a lui il ruolo di direzione della gestione complessiva dell’ente rappresentato e il concorso nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dello stesso (cfr. Cass. n. 1602/2019; id. , Cass. n. 36470/2022, Cass. n. 16754/2024, Cass. n. 11593/2025).
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto, sulle conformi conclusioni del Pubblico Ministero.
3.1 Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Va respinta la domanda di risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. formulata dall’Agenzia delle Entrate, in quanto del tutto sprovvista di supporto argomentativo e probatorio.
4.1 In proposito, è bene ricordare che, nell’ipotesi di rigetto sia del ricorso per cassazione che dell’istanza, meramente accessoria, avanzata dal controricorrente ai sensi dell’ art. 96 c.p.c., non si è in presenza di una pluralità di domande effettivamente contrapposte idonea a determinare una situazione di parziale reciproca soccombenza (cfr. Cass. n. 16517/2024, Cass. n. 14813/2020).
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti del ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia),
inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.600 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione