Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18386 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18386 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/07/2025
Oggetto:
Tributi
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 29885/2021 R.G. proposto da COGNOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso (PEC: EMAIL
EMAIL);
– ricorrente –
contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 3625/16/2021, depositata il 29.04.2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’11 marzo 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Napoli rigettava il ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME quale liquidatore della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (esercente la
gestione di apparecchi da gioco), avverso l’avviso di accertamento per imposte dirette e IVA, in relazione all’anno 2013, a seguito di accertamento eseguito ai sensi degli artt. 39, comma 2, e 41-bis del d.P.R. n. 600 del 1973, avendo la predetta società omesso di presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno oggetto di accertamento;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Campania rigettava l ‘appello proposto da l contribuente, rilevando, per quanto qui rileva, che:
-erano infondate le censure riguardanti il difetto di notifica dell’avviso di accertamento e la carenza di legittimazione passiva, posto che l’estinzione della RAGIONE_SOCIALE era avvenuta in data 11.11.2015, con la cancellazione della società dal registro delle imprese, avente valenza costitutiva, e non in data 10.12.2014, non essendo sufficiente la comunicazione all’Agenzia delle entrate ;
-nel merito, l’avviso impugnato indicava in modo preciso i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che avevano determinato la pretesa , avendo l’Ufficio ricostruito induttivamente i redditi ai sensi dell’art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, stante l’omessa presentazione della dichiarazione per l’anno 2013, anche perché la contribuente, sebbene invitata, non aveva fornito alcuna documentazione contabile;
-l’operato dell’Ufficio era legittimo anche ‘con riferimento all’art. 36, commi 1, 3 e 4, del d.P.R. n. 602 del 1973, come modificato dall’art. 28 del D.Lgs. 185/2014’ ;
-per l’anno d’imposta 2013 erano stati, quindi , accertati componenti positivi di reddito non contabilizzati e non dichiarati, che si dovevano presumere distribuiti ‘extracontabilmente’ ai soci in virtù della ristretta base sociale (per l’anno d’imposta in esame risultava esservi un unico socio, COGNOME NOME);
-poiché l’appellante non aveva mai esibito alcun accordo di variazione eventualmente sottoscritto con il concessionario, la percentuale di ripartizione dei compensi erogati dallo stesso andava determinata in quella standard del 50%;
il contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati con memoria;
-l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso il Lomasto deduce la violazione degli artt. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014 e 2495, comma 2, cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel ritenere insussistente il rilevato difetto di notifica dell’avviso di accertamento e sussistente la legittimazione passiva del ricorrente sulla base di una erronea applicazione retroattiva dell’art. 28, comma 4, cit., considerando rilevante la data di cancellazione dal registro delle imprese (avvenuta in data 11.11.2015), anziché la data in cui era stata presentata la richiesta di cancellazione (in data 11.12.2014); sostiene, pertanto, che l’atto impositivo notificato presso la residenza dell’ex liquidatore della società estinta, privo di legittimazione passiva, era nullo, non potendo trovare applicazione il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società, previsto dalla suindicata disposizione; -con il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 36, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente che la responsabilità del liquidatore potesse fondarsi su una mera presunzione, senza considerare che l’Agenzia era, invece, tenuta ad adottare un atto motivato di contestazione, dal quale si doveva evincere i presupposti di legge per la contestazione, ai sensi dell’art. 36, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, della responsabilità del
liquidatore di una società ormai estinta (e, segnatamente, l’iscrizione a ruolo dei tributi dovuti dalla società e la legale certezza che i medesimi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione), il quale aveva fornito come argomento di prova contraria il bilancio finale di liquidazione per l’anno 2013, da cui emergeva l’assenza di attivo nel patrimonio sociale;
preliminarmente deve essere esaminata d’ufficio la questione della legittimazione del liquidatore ad impugnare l’avviso di accertamento, in nome e per conto della società estinta;
è stato più volte precisato che la cancellazione della società dal registro delle imprese, a partire dal momento in cui si verifica la sua estinzione, priva la stessa della capacità di stare in giudizio (Cass. Sez. U. 12/03/2013, n. 6070; Cass. 9/10/2018, n. 24853; Cass. 19/12/2016, n. 26196);
secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, infatti, “in tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito”, trattandosi di impugnazione “improponibile, poiché l’inesistenza del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio’ (Cass. n. 5736/16, n. 20252/15, n. 21188/14), non essendovi spazio per ulteriori valutazioni circa la sorte dell’atto impugnato, proprio per il fatto di essere stato emesso nei confronti di un soggetto già estinto
(Cass. n. 19142/16; Cass. n. 2444/17; Cass. n. 16523/25, punto 10);
-con l’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, è stato previsto che: ‘ Ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese ‘;
detta disposizione (ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 142 del 2020) riguarda il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società, derivanti dall’art. 2495, comma 2, cod. civ., che opera soltanto a favore dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati, con riguardo a tributi o contributi, ed è diretta a garantire, per il periodo previsto, l’efficacia dell’attività (sostanziale e processuale) degli enti legittimati a richiedere tributi o contributi (Cass. n. 36892 del 16/12/2022);
va data continuità al principio, anche recentemente affermato ( ex multis , Cass. n. 4536 del 2020; Cass. n. 34549 del 2024), secondo il quale l’art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 175 del 2014, entrato in vigore il 13.12.2014, reca disposizioni di natura sostanziale sulla capacità della società cancellata dal registro delle imprese, non ha efficacia retroattiva e, pertanto, il differimento quinquennale (operante, come si è detto, nei soli confronti dell’Amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione, indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi e contributi) degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 cod. civ., comma 2, si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (richiesta che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza di detto decreto legislativo (cioè il 13
dicembre 2014 o successivamente); tale differimento, quindi, non opera necessariamente per un quinquennio, ma per l’eventuale minor periodo che risulta al netto dello scarto temporale tra la richiesta di cancellazione e l’estinzione (Cass. n. 6743 del 2015; n. 4536 del 2020; n. 9560 del 2024; n. 10385 del 2024);
ne consegue, quindi, che è irrilevante che la cancellazione sia intervenuta in data successiva al 13.12.2014, se la relativa richiesta -come nella specie sia stata presentata prima dell’entrata in vigore dell’art. 28, comma 4, della l. n. 175 del 2014, posto che ai fini dell’operatività del differimento quinquennale, rileva esclusivamente la data di presentazione della richiesta di cancellazione, in quanto il presupposto del differimento è dato da tale richiesta;
-nella specie l’atto impositivo è stato notificato in data 13.11.2018 alla ormai estinta società RAGIONE_SOCIALE in persona del suo liquidatore COGNOME COGNOME e, quindi, a soggetto privo di legittimazione passiva, non potendo trovare applicazione il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società, previsto dall’art. 28, comma 4, della l. n. 175 del 2014, in quanto la richiesta di cancellazione era stata presentata in data 11.12.2014;
il difetto di legittimazione a rappresentare la società estinta dell’ex liquidatore determina l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito, trattandosi di impugnazione “improponibile, poiché l’inesistenza del ricorrente è rilevabile anche d’ufficio’ (in termini, da ultimo, Cass. n. 10430 del 2025; Cass. n. 13862 del 2025);
-il rilievo d’ufficio del difetto di legittimazione del liquidatore assorbe l’esame del primo motivo di ricorso;
il secondo motivo è infondato;
il ricorrente non mostra di dubitare che l’avviso di accertamento impugnato riguardi anche la responsabilità del liquidatore in proprio, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973 , in quanto ciò di cui si duole è che, ‘ attesa la natura civilistica e non tributaria del presunto credito verso il liquidatore ‘, l’Agenzia non potesse ‘ fondare la sua contestazione su un criterio presuntivo quanto piuttosto sulla puntuale dimostrazione della sussistenza dei presupposti di legge (esaurimento delle disponibilità della liquidazione senza provvedere al pagamento dell’imposta, possibilità di porre in discussione i ruoli in cui siano iscritti i tributi della società, legale certezza che i tributi non siano stati soddisfatti con le attività della liquidazione medesima) ‘ ;
sul punto la CTR ha accertato che, pur in presenza di componenti positivi di reddito non contabilizzati (determinati mediante accertamento induttivo sulla base della ripartizione al 50% dei proventi tra gestore e concessionario, non espressamente contestata), di cui era stata presunta la distribuzione ai soci nell’anno d’imposta 2013, non era stata presentata, per tale anno, la dichiarazione dei redditi e, quindi, non erano state versate le imposte dovute;
il ricorrente sostiene, in proposito, si anticipava, che l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto dimostrare l’avvenuta iscrizione a ruolo dei tributi dovuti dalla società estinta e la legale certezza che detti tributi non fossero stati soddisfatti con le attività della liquidazione; aggiunge che i giudici di appello hanno ritenuto impropriamente che dovesse essere il liquidatore a dimostrare la propria assenza di colpa per non incorrere nella responsabilità ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973;
– ora, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. n. 32790 del 2023), per un verso, la responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, che trae titolo per fatto proprio, ex lege , ha natura civilistica e non tributaria, per cui ‘la preventiva iscrizione a ruolo del credito tributario societario non costituisce condizione necessaria per la legittimità dell’atto di accertamento emesso, ai sensi del quinto comma dello stesso art. 36, nei confronti del liquidatore, il quale, in sede di ricorso avverso tale avviso, potrà contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria la sussistenza di presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti, ivi compresa la debenza di imposte a carico della società ‘, e, per altro verso, le condotte, da cui sorge la responsabilità del liquidatore, ‘ riguardano l’adempimento degli obblighi propri del liquidatore di società, che appartengono alla sfera del diritto civile ‘, sicché ‘ si tratta di responsabilità di natura civilistica e fa riferimento alla responsabilità risarcitoria verso il creditore che l’art. 1218 cod.civ. pone in capo al debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, e rinvia al parametro della normale diligenza di cui all’art. 1176 cod. civ. in base al quale valutare la responsabilità del liquidatore ‘ (in termini, da ultimo, Cass. n. 16661 del 2025, con specifico riguardo al riverbero di tali principi sul riparto degli oneri probatori, che smentisce la prospettazione del ricorrente sul punto);
– con altra recente pronuncia, sempre delle Sezioni Unite (Cass. n. 3625 del 2025), è stato altresì precisato che la responsabilità dei liquidatori di società estinte, prevista dall’art. 36, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, ‘ concerne i liquidatori che non abbiano pagato le imposte del periodo della liquidazione o dei periodi antecedenti (salva la prova del pagamento, con le attività di liquidazione, di crediti di rango superiore), e gli amministratori (tanto quelli in carica al momento dello scioglimento della società, avvenuto senza nomina dei
liquidatori, quanto quelli che abbiano compiuto, nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, operazioni di liquidazione ovvero abbiano occultato attività sociali) e che la fattispecie si pone ‘ al di fuori di qualsiasi fenomeno di successione, continuità o co-obbligazione con la società, vertendosi piuttosto di responsabilità ex lege, risarcitoria ed illimitata, per fatto proprio ex artt. 1176 e 1218 cod. civ., con la conseguenza (v. Cass. n. 11968 del 13 luglio 2012) che, estinta la società contribuente, il processo tributario nel quale questa risulti coinvolta non può proseguire ad opera o nei confronti dell’ex liquidatore o dell’ex amministratore. Si è poi aggiunto che il fatto per cui la responsabilità di questi organi debba essere accertata dall’Ufficio con atto motivato da notificarsi ai sensi del d.P.R. n.600 del 1973, art. 60, avverso il quale è ammesso ricorso secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario (art. 36 cit., penult. e ult. co.) non esclude che il credito dell’Amministrazione finanziaria (soggetto all’ordinaria prescrizione decennale) abbia comunque natura non tributaria ma civilistica, con riguardo alla quale l’obbligazione d’imposta funge da mero presupposto della responsabilità stessa (Cass. SSUU n.2767 del 7 giugno 1989). Negli stessi termini si è pronunciata Cass. n. 7676 del 16 maggio 2012, secondo la quale il liquidatore di una società estinta per cancellazione dal registro delle imprese ben può essere destinatario di una autonoma azione risarcitoria, non già della pretesa attinente al debito sociale, ragion per cui «è inammissibile l’impugnazione proposta nei confronti del medesimo con riguardo alla sentenza relativa a quel debito, atteso che la posizione del liquidatore non è quella di successore processuale dell’ente estinto »’ ;
-orbene, la CTR ha accertato la sussistenza della autonoma responsabilità del liquidatore ai sensi dell’art. 36 cit., diversa da quella della società ormai estinta, non avendo egli presentato la
dichiarazione per l’anno d’imposta 2013 , nonostante la presenza di componenti positivi di reddito non contabilizzati, di cui era stata presunta la distribuzione ai soci, trattandosi di società a ristretta base, sicché vi era ‘legale certezza’ che con le attività della liquidazione non erano state pagate le imposte dovute per tale periodo ed era irrilevante dimostrare l’avvenuta iscrizione a ruolo dei tributi dovuti dalla società estinta, come pure irrilevante era la circostanza che il bilancio di liquidazione era pari a zero, posto che si trattava di ricavi non contabilizzati;
-in conclusione, quindi, pronunciando sul ricorso, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, con declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso, nella parte in cui è stato proposto da COGNOME NOMECOGNOME in qualità di liquidatore ed ex legale rappresentante della estinta RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; ne risulta assorbito il primo motivo, mentre è rigettato il secondo;
stante l ‘esito del giudizio, le spese del giudizio di legittimità si liquidano come in dispositivo e vanno compensate per metà, ponendo a carico del ricorrente la restante metà;
vanno, invece, interamente compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito per la parte del ricorso dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile il ricorso introduttivo della lite, nella parte in cui è stato proposto da COGNOME NOMECOGNOME in qualità di liquidatore ed ex legale rappresentante della estinta RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; dichiara assorbito il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo;
condanna COGNOME Alfonso al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate, nella misura di metà, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, per l’intero , in complessivi euro 4.300,00, oltre alle spese
prenotate a debito, compensando la restante metà; compensa interamente fra le parti le spese dei giudizi di merito per la parte del ricorso dichiarato inammissibile;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, parti a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale dell’11 marzo 2025