Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16661 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16661 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3420/2024 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA II GRADO PUGLIA n. 2066/2023 depositata il 06/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di giustizia di secondo grado della Puglia ( hinc: CGT2), con la sentenza n. 2066/2023 depositata in data 06/07/2023, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 3015/2018, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Bari aveva, a sua volta, accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME in proprio e quale liquidatore della RAGIONE_SOCIALE, contro l’avviso di accertamento con il quale gli era stato richiesto, in solido e nella qualità richiesta, il pagamento delle imposte accertate co n riferimento all’annualità 2011.
La CGT2, richiamata la giurisprudenza di questa Corte che esclude l’efficacia retroattiva dell’art. 28, comma 4, d.lgs. 21/11/2014, n. 175, ha rilevato come, nel caso di specie, la cancellazione della società, avvenuta in data 28/11/2013, fosse anteriore all’entrata in vigore della norma appena richiamata.
2.1. La CGT2 ha, poi, escluso la responsabilità del liquidatore, sia ai sensi dell’art. 2495 c.c., sia ai sensi dell’art. 36 d.P.R. 29/09/1973, n. 602, rilevando che, nel caso in esame, le operazioni oggetto delle fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE, per l’importo complessivo di Euro 437.317,25 ( di cui 363.382,91 di imponibile ed € 73.934,34 a titolo di IVA), fossero oggettivamente inesistenti ed emesse nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE con lo scopo di aumentare artificiosamente i costi indicati in bilancio e permetterle di ottenere indebiti vantaggi fiscali, in modo da evadere le imposte indirette e dirette.
È stato, quindi, accertato, in via induttiva, il conseguimento da parte della società estinta RAGIONE_SOCIALE di proventi non dichiarati per Euro 115.167,50, mentre ai fini IVA, è stata accertata, ai sensi dell’art.
54, comma 5, d.P.R. 26/10/1972, n. 633 , un’imposta complessivamente dovuta pari a Euro 306.586,34 (di cui Euro 73.934,34 derivanti dalle fatture emesse per operazioni inesistenti ed Euro 232.652,00 per il recupero dell’I VA indebitamente detratta sulle fatture di acquisto non documentate).
Il credito di cui è causa – che ha formato oggetto di accertamento soltanto nel 2017 – non poteva risultare dalla documentazione contabile nella disponibilità del liquidatore, né è stata offerta la prova della partecipazione di quest’ultimo all’ accordo fraudolento o, comunque, che lo stesso ne fosse a conoscenza.
2.2. È stata, infine, ritenuta infondata la censura dell’amministrazione finanziaria relativa alla statuizione alla condanna alle spese, poiché conforme al principio della soccombenza, in assenza di giusti motivi per procedere alla compensazione delle spese stesse.
Contro la sentenza della CGT2 l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi.
NOME COGNOME COGNOME ha resistito con controricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata la violazione o falsa applicazione dell’art. 2495 c.c. e dell’art . 36 d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
1.1. La ricorrente censura la sentenza impugnata per aver escluso l’applicazione dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, nonostante quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, 27/11/2023, n. 32790) circa l’assenza dell’obbligo dell’am ministrazione finanziaria di accertare o iscrivere a ruolo i tributi in capo alla società prima di azionare la responsabilità del
liquidatore, trattandosi di un’obbligazione civile propria ex lege, che trova la propria fonte negli artt. 1176 e 1218 c.c.
Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
2.1. La parte ricorrente censura le affermazioni contenute nella sentenza impugnata secondo cui l’ amministrazione non avrebbe « fornito la prova di un comportamento colpevole dell’appellato » e « che il liquidatore fosse a conoscenza del debito erariale della società »: la responsabilità del liquidatore, infatti, trova la sua fonte in un’obbligazione legale ai sensi degli artt. 1176 e 1218 c.c. È, pertanto, il liquidatore (e non l’ amministrazione finanziaria) a dover fornire la prova dell’assenza di responsabilità in merito ai fatti contestati. Il liquidatore avrebbe, quindi, potuto esimersi da tale responsabilità patrimoniale personale, adducendo la prova della legittimità delle operazioni contestate alla società. In assenza di tale prova l’amministrazione finanziaria era legittimata a procedere alla notifica dell’avviso di accertamento impugnato (Cass., 23/08/2017, n. 20303). Tanto più che il liquidatore rivestiva la carica di amministratore della società nell’anno d’imposta interessato dall’accertamento. Peraltro, la mala gestio societaria di Sagarriga Visconti emergeva da plurimi elementi, tra i quali:
ingiustificata postergazione del pagamento delle imposte dal momento che la società presentava crediti per elevati importi, così come risulta dai bilanci presentati negli anni d’attività. Infatti, dal bilancio al 31 dicembre 2011 risultavano crediti per un importo di Euro 2.054.689,00;
falsa affermazione, contenuta nel bilancio finale di liquidazione, relativa all’esistenza di crediti per un ammontare di Euro 1.795.882,36 «ceduti ipso facto all’Erario»;
utilizzo di crediti inesistenti al fine di compensare contributi previdenziali e assistenziali che sono poi stati oggetto di recupero con la procedura di controllo automatizzato ai sensi dell’articolo 36 -bis del d.P.R. n. 600 del 1973 per tutti gli anni di attività;
condotta non collaborativa della parte in evidente violazione dell’articolo 10, comma 1, legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).
I primi due motivi di ricorso possono essere esaminati insieme e sono fondati.
3.1. Nel caso di specie risulta dall’atto di contestazione di responsabilità – trascritto, parzialmente, a pag. 16 ss. del ricorso in cassazione -che, nonostante l’improprio riferimento all’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014 evidenziato anche dal controricorrente, l’avviso di accertamento de quo avesse, comunque, riportato la contestazione della responsabilità (anche) nei confronti del liquidatore COGNOME ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973.
3.2. In ordine alla responsabilità del liquidatore le Sezioni Unite di questa Corte sono recentemente intervenute, precisando come l’ipotesi di responsabilità dei liquidatori e degli amministratori disciplinata nell’art. 36, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973 si ponga al di fuori di qualsiasi fenomeno di successione, continuità o co-obbligazione con la società, vertendosi piuttosto di responsabilità ex lege, risarcitoria ed illimitata, per fatto proprio ex artt. 1176 e 1218 c.c. (Cass., Sez. U, 12/02/2025, n. 3625; Cass., Sez. U, 27/11/2023, n. 32790). L’obbligazione d’imposta funge , quindi, da mero presupposto della responsabilità stessa (Cass., Sez. U, 07/06/1983, n. 2767 e Cass., Sez. U, 3625 del 2025, cit. ), la cui natura civilistica e non tributaria non viene meno per il fatto di essere accertata dall’amministrazione finanziaria con atto motivato da
notificarsi ai sensi dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, impugnabile secondo le disposizioni relative al contenzioso tributario (art. 36, ultimi due commi, d.P.R. n. 602 del 1973). Di conseguenza, il liquidatore non assume, né sul piano sostanziale, né su quello processuale la posizione di successore dell’ente estinto (Cass., 16/05/2012, n. 7676). Né, come sostiene il controricorrente, la disposizione dettata dall’art. 36 del d.P.R. n. 602/73 si applica alle sole società in liquidazione non estinte perché non cancellate dal registro delle imprese. Al contrario, le Sezioni Unite hanno chiarito che l’autonomia della responsabilità del liquidatore rispetto all’obbligazione tributaria della società viene vieppiù riaffermata proprio nel caso di avvenuta estinzione della società, proprio perché il liquidatore non è successore , nei debiti sociali ma responsabile in proprio e in forma autonoma, trattandosi di responsabilità basata su un presupposto diverso: al mancato pagamento delle imposte dovute dalla società deve aggiungersi la condotta personale del liquidatore che, venendo meno agli obblighi che sono propri della carica rivestita, ha utilizzato l’attività di liquidazione per l’assegnazione dei beni ai soci oppure per soddisfare crediti di ordine inferiore a quelli tributari che perciò sono rimasti insoluti (Cass., Sez. U., n. 32790/23, cit.).
3.3. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno fatto derivare dalla natura civilistica (e non tributaria) della responsabilità del liquidatore il corollario che, ai fini della legittimità dell’atto di accertamento emesso nei suoi confronti ai sensi dell’ art. 36, comma 5, d.P.R. n. 602 del 1973, non costituisce condizione necessaria la preventiva iscrizione a ruolo e che il liquidatore stesso, col ricorso avverso tale avviso, può contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti, ivi compreso il debito della società per le imposte (Cass., Sez. U, n. 32790 del 2023, cit. ).
3.4. Un ulteriore corollario della natura civilistica (e non tributaria) della responsabilità del liquidatore scolpita dall’art. 36, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973, deriva dai richiami normativi evocati dalle Sezioni Unite di questa Corte nel darne la qualificazione normativa (artt. 1218 e 1176 c.c.): le condotte da cui sorge la responsabilità del liquidatore ‘…riguardano l’adempimento degli obblighi propri del liquidatore di società, che appartengono alla sfera del diritto civile, sicché questa Corte, condivisibilmente, afferma che si tratta di responsabilità di natura civilistica e fa riferimento alla responsabilità risarcitoria verso il creditore che l’art. 1218 cod.civ. pone in capo al debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, e rin via al parametro della normale diligenza di cui all’art. 1176 cod.civ. in base al quale valutare la responsabilità del liquidatore ‘ .
Il carattere cd. contrattuale che caratterizza, sul piano sostanziale, la responsabilità che discende, ex lege, dalla condotta indicata nell’art. 36, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973 si riverbera, poi, sul piano processuale dell’onere della prova che, i n conformità a quanto già precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, 30/10/2001, n. 13533), deve essere ripartito, assegnando all’amministrazione finanziaria la prova della fonte legale del diritto di credito nei confronti del liquidator e sorto in relazione all’art. 36, comma 1, d.P.R. n. 602 del 1973, data da almeno una delle due fattispecie di negligenza tipizzate normativamente, di cui la prima costituita dal mancato rispetto dell’ordine di graduazione nella destinazione dell’attivo, se da ciò derivi danno all’Erario che non ricevette il dovuto in bas e al detto ordine e all’attivo disponibile, e la seconda dal fatto che il mancato pagamento delle imposte è stato causato dall’assegnazione di beni sociali ai soci o agli associati prima di aver soddisfatto il creditore erariale, beni che sono stati così indebitamente
sottratti all’attività della liquidazione. Con la sentenza più volte citata (n. 32790/23), le Sezioni Unite hanno aggiunto che, in virtù del comma 5 dell’art. 28 della l. n. 175/14 (peraltro inapplicabile nel caso in esame), il legislatore ha mitigato l’onere probatorio a carico dell’Amministrazion e finanziaria facendolo gravare sul liquidatore che ha, ora, l’onere di fornire la prova liberatoria. In particolare, dalla riscrittura del primo comma dell’art. 36 consegue che all’Amministrazione sarà sufficiente dimostrare l’esistenza di debiti tributari insoluti della società e di un attivo prodotto dall’attività di liquidazione, mentre spetterà al liquidatore fornire la prova che non vi sia stata distrazione dell’attivo in favore dei soci prima dell’integrale pagamento dei debiti tributari e, neppure, pretermissione del pagamento delle imposte in favore di creditori non aventi grado superiore. Lo stesso art. 28 del d.lgs. n. 175 del 2014, ha poi, al comma 7, eliminato, dall’art. 19, comma 1, del d.lgs. 26 febbr aio 1999 n. 46, ogni riferimento all’art. 36 del d.P.R. n. 602/73, con la conseguenza che la responsabilità del liquidatore non è più limitata alle sole imposte sui redditi, ma si estende a tutte le imposte dovute dalla società.
3.5. Nel caso di specie la sentenza impugnata -ritenendo che l’ufficio non avesse fornito la prova che il liquidatore fosse a conoscenza del debito erariale della società di cui all’avviso di accertamento impugnato e che il liquidatore non potesse disporre della documentazione contabile relativa al credito accertato nel 2017 in merito a una società estinta nel 2013 -non ha fatto corretta applicazione dei criteri di ripartizione dell’onere della prova enucleati da q uesta Corte con riferimento alla responsabilità ex art. 1218 c.c., sia perché ha ritenuto che l’amministrazione fosse onerata della prova dell’elemento soggettivo della conoscenza del debito erariale da parte del liquidatore (elemento non richiesto in relazione alla natura della responsabilità ex art. 1218 c.c. cui è riconducibile la fattispecie
regolata dall’art. 1176 c.c. : v. Cass. n. 38089/21), sia perché ha ritenuto che non fosse stata offerta dall’amministrazione finanziaria la prova della partecipazione del liquidatore all’accordo fraudolento . Tanto più che, nel caso di specie, la pretesa tributaria rimasta inadempiuta è riconducibile ad operazioni oggettivamente inesistenti (v. pag. 4 del ricorso in cassazione), con la conseguenza che, neppure sotto questo profilo, era necessaria la prova di alcun elemento soggettivo da parte dell’amministra zione finanziaria ( ex multis , Cass., 18/01/2021, n. 28628), incombendo al liquidatore della società estinta, anche sotto tale aspetto , l’onere della prova liberatoria ex art. 1218 c.c.
Con il terzo motivo è stata denunciata la nullità della sentenza per omessa e/o apparente motivazione e la violazione dell’art. 132 c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.
4.1. La censura articolata con tale motivo riguarda le affermazioni della sentenza impugnata relative all’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014. La ricorrente rileva che nella misura in cui tali affermazioni costituissero una ratio decidendi autonoma la decisione viene impugnata, in quanto la CGT2 avrebbe richiamato la disciplina degli accertamenti nei confronti delle società (e i relativi termini), senza motivare in merito alle obiezioni svolte dall’ufficio con riferimento alla posizione del liquidatore.
4.2. La ricorrente rileva di aver rappresentato, in entrambi i precedenti gradi di giudizio, che l’avviso di accertamento non era stato notificato alla società (considerati i limiti ex art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014), ma al liquidatore, nonché amministratore della società (riportando pag. 1012 dell’atto di accertamento di responsabilità nelle pag. 16 ss. del ricorso in cassazione, seguite
dalle controdeduzioni dell’ufficio in primo grado e dalla parziale trascrizione dell’atto d’appello a pag. 18 del ricorso in cassazione ).
Con il quarto motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art . 43, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art . 57, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’articolo 28 d. lgs. n. 175 del 2014, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
5.1. In relazione alla parte della sentenza impugnata (già) censurata con il terzo motivo di ricorso la ricorrente evidenzia la violazione degli artt. 43, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1973, in quanto la circostanza che nel caso di specie non trovi applicazione l’art. 28, comma 4, d.lgs. n. 175 del 2014 non esclude che l’amministrazione finanziaria non potesse accertare la responsabilità del liquidatore per i debiti erariali entro gli ordinari termini di accertamento. Nel caso di specie l’atto impositivo riguarda la rettifica delle dichiarazioni fiscali presentante nel 2012 per l’anno d’imposta 2011. Con la conseguenza che in base agli artt. 43, comma 1, d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, comma 1, d.P.R. n. 633 del 1973 -l’amministrazione finanziaria poteva notificare l’avviso di accertamento entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (i.e. 31/12/2016). Nella specie l’avviso è stato notificato in data 27/12/2016. La notificazio ne al liquidatore era del tutto legittima in quanto effettuata ai sensi del combinato disposto degli artt. 2495 c.c. e 36 d.P.R. n. 602 del 1972. 6. Il terzo e il quarto motivo sono assorbiti, in conseguenza dell’accoglimento dei primi due motivi di ricorso .
Alla luce di quanto sin qui evidenziato devono essere accolti primi due motivi di ricorso, con assorbimento del terzo e del quarto motivo.
La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia che, in
diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
…
P.Q.M.
accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti il terzo e il quarto motivo;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia che, in diversa composizione deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 11/03/2025.