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Responsabilità del liquidatore: la guida alla sentenza

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 33574/2024, ha stabilito che la responsabilità del liquidatore per i debiti fiscali di una società sorge anche in assenza di un accertamento definitivo, se al momento della distribuzione degli attivi era a conoscenza della pretesa erariale. Il caso riguardava una presunta frode carosello. La Corte ha chiarito che la responsabilità del liquidatore è personale e autonoma rispetto a quella della società. Ha inoltre ribadito che, nelle frodi IVA, la prova della consapevolezza dell’acquirente può basarsi su presunzioni, annullando la precedente decisione che aveva escluso la colpa della società basandosi su indizi insufficienti.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità del Liquidatore: Quando il Fisco Bussa Anche Dopo la Chiusura della Società

La gestione della fase finale della vita di una società è un compito denso di insidie, soprattutto dal punto di vista fiscale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori su un tema cruciale: la responsabilità del liquidatore per i debiti tributari dell’ente. Anche se il debito non è stato ancora accertato in via definitiva, il liquidatore che procede alla distribuzione degli attivi ignorando le pretese del Fisco rischia di doverne rispondere con il proprio patrimonio. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una società, dopo essere stata posta in liquidazione e successivamente cancellata dal registro delle imprese, si vedeva recapitare un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. L’accertamento contestava la detrazione dell’IVA relativa a operazioni ritenute soggettivamente inesistenti, inserite in un meccanismo di frode carosello. L’avviso era indirizzato al liquidatore, ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 602/1973.

La Commissione Tributaria Regionale (CTR) aveva dato ragione al contribuente, escludendo sia la consapevolezza della società nel partecipare alla frode, sia la responsabilità del liquidatore. Secondo la CTR, al momento della cancellazione della società non vi era certezza del debito erariale. L’Agenzia delle Entrate, insoddisfatta, ha proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della CTR e rinviando la causa per un nuovo esame. La Corte ha ritenuto fondati entrambi i motivi di ricorso, delineando principi fondamentali sia sulla responsabilità del liquidatore sia sull’onere della prova nelle frodi IVA.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su due pilastri argomentativi principali.

Il Principio sulla Responsabilità del Liquidatore

Il primo punto, e forse il più rilevante, riguarda l’interpretazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 602/1973. La Cassazione ha chiarito che la responsabilità del liquidatore non è una semplice estensione di quella della società, ma ha natura autonoma e personale. Essa sorge non dal debito tributario in sé, ma dalla condotta del liquidatore che, violando i propri doveri, distribuisce gli attivi sociali a soci o creditori di rango inferiore senza aver prima soddisfatto le pretese fiscali.

Il punto cruciale è che non è necessaria la definitività del debito. È sufficiente che il liquidatore, al momento della ripartizione dell’attivo, abbia la ‘consapevolezza’ dell’esistenza della passività fiscale, anche se ancora in fase di accertamento. Nel caso di specie, la sequenza temporale (inizio della verifica fiscale, notifica del processo verbale di constatazione) era tale da rendere il liquidatore pienamente consapevole della pretesa erariale prima di procedere alla cancellazione della società. La CTR ha quindi errato nell’escludere la sua responsabilità, confondendola con la colpevolezza della società nella frode.

Onere della Prova nelle Frodi Carosello

Sul secondo motivo, la Corte ha ribadito i suoi consolidati orientamenti in materia di operazioni soggettivamente inesistenti. L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare non solo la natura fittizia del fornitore (la cosiddetta ‘cartiera’), ma anche la consapevolezza del cessionario che l’operazione si inseriva in un’evasione d’imposta. Tale prova può essere fornita anche tramite presunzioni semplici, oggettive e specifiche.

La sentenza della CTR è stata giudicata carente perché ha ritenuto sufficienti, per escludere la colpevolezza dell’acquirente, elementi come la congruità dei prezzi o la sede del fornitore in un’altra città. Secondo la Cassazione, questi elementi non bastano a superare un quadro indiziario complessivo che suggerisce l’esistenza di un sistema fraudolento. Spetta al contribuente, una volta che l’Amministrazione ha fornito tali indizi, dimostrare di aver agito con la massima diligenza per non essere coinvolto nella frode.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti implicazioni pratiche. Per i liquidatori, il messaggio è chiaro: la massima prudenza è d’obbligo. La semplice pendenza di una verifica fiscale deve essere considerata un campanello d’allarme sufficiente a imporre l’accantonamento delle somme necessarie a coprire eventuali debiti tributari prima di procedere a qualsiasi ripartizione. Ignorare questi segnali espone a una responsabilità personale e diretta.

Per le imprese, la sentenza conferma la necessità di adottare rigorose procedure di due diligence sui propri partner commerciali. Elementi apparentemente normali, come la regolarità formale delle fatture o la congruità dei prezzi, non sono uno scudo sufficiente se inseriti in un contesto che presenta indicatori di anomalia tipici delle frodi IVA. La prova della propria buona fede richiede uno sforzo attivo e documentabile.

Quando sorge la responsabilità personale del liquidatore per i debiti fiscali della società?
La responsabilità del liquidatore sorge quando, avendo consapevolezza dell’esistenza di debiti fiscali (anche se non ancora accertati in via definitiva), distribuisce gli attivi della società ai soci o paga creditori di rango inferiore senza aver prima soddisfatto le pretese dell’Erario.

È necessario che il debito fiscale sia definitivo e iscritto a ruolo perché il liquidatore sia ritenuto responsabile?
No. Secondo la Corte, per configurare la responsabilità del liquidatore è sufficiente che egli avesse consapevolezza dell’esistenza della passività fiscale al momento della ripartizione degli attivi. La pretesa può essere palesata anche dalla sola notifica di un avviso di accertamento o da un processo verbale di constatazione.

In caso di frode IVA (operazioni soggettivamente inesistenti), cosa deve provare l’Amministrazione Finanziaria per negare la detrazione dell’imposta?
L’Amministrazione Finanziaria deve provare due elementi: 1) l’oggettiva fittizietà del fornitore (la sua natura di ‘cartiera’); 2) la consapevolezza del destinatario della fattura che l’operazione faceva parte di un’evasione d’imposta, o il fatto che avrebbe dovuto saperlo usando l’ordinaria diligenza. Questa seconda prova può essere fornita anche tramite presunzioni e indizi oggettivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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