Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33574 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33574 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25792/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvoca to COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA n. 4406/2018 depositata il 09/05/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Regionale della Campania ( hinc: CTR) con sentenza n. 4406/2018 depositata in data 09/05/2018, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 804/2017 con la quale la Commissione Provinciale di Napoli aveva accolto il ricorso proposto dal sig. COGNOME Giuseppe contro l’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO relativo all’anno d’imposta 2009.
La CTR ha rilevato che l’avviso di accertamento scaturisce da presunte attività illecite svolte dalla ricorrente e, in particolare, dalla cd. frode carosello. Ha quindi ritenuto che nel caso in esame l’amministrazione finanziaria, nel contestare il diritto della contribuente a portare in detrazione l’IVA su fatture emesse da un soggetto diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio (cd. operazioni soggettivamente inesistenti), aveva provato con una serie di elementi di natura indiziaria, gli elementi di fatto attinenti al cedente (la sua natura di cartiera, l’inesistenza di una struttura autonoma operativa, il mancato pagamento dell’IVA) ma non anche che la società al momento in cui aveva acquistato il bene o il servizio, disponeva di elementi tali da porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto del sistema fraudolento. Ad avviso della CTR la circostanza che la società cedente avesse la sede a Roma, la congruità dei prezzi praticati e l’esiguità degli importi degli acquisti rispetto al volume di affari della società ricorrente, escludevano, tuttavia, una corresponsabilità della società
per non esserci resa conto del carattere fraudolento delle operazioni nonostante l’impiego della dovuta diligenza.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
Il contribuente ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 2495 c.c. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
1.1. Nella specie la responsabilità del liquidatore è stata esclusa, perché al momento della cancellazione della società non c’era certezza del debito erariale. In realtà, il sintagma ‘imposte dovute’ cui fa riferimento l’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 d oveva essere inteso come imposte definitivamente accertate e doveva sussistere al momento dell’esercizio dell’azione di responsabilità e non al momento in cui il liquidatore provvedeva ad effettuare il riparto in favore degli altri creditori sociali o dei soci. Al momento degli atti dispositivi non occorreva, quindi, che fosse intervenuta la definitività della pretesa, che poteva essere palesata anche con la sola notifica dell’avviso.
Di conseguenza, per configurare la responsabilità del liquidatore era necessario e sufficiente che, al momento della ripartizione degli attivi, avesse consapevolezza dell’esistenza della passività fiscale, ancorché non definitiva. Nella specie la sequenza temporale degli eventi portava a ritenere esistente la consapevolezza in capo al liquidatore: in data 30/01/2013 era iniziata la verifica a carico della società partecipe della frode RAGIONE_SOCIALE e nella stessa data la Sofitel era stata destinataria di un controllo della Guardia di Finanza, concluso con il pvc notificato il 02/05/2013 che aveva condotto, poi,
all’emissione dell’avviso di accertamento TF3030104665/2013 . Nel frattempo, il 19/02/2013, la RAGIONE_SOCIALE era stata posta in liquidazione, ma la comunicazione al registro delle imprese era stata fatta solo in data 07/06/2013 e la società era stata cancellata in data 03/07/2013.
Con il secondo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 d.P.R. n. 633 del 1972 e dell’art. 2697 cod. civ. , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
2.1. La ricorrente ha evidenziato che la CTR ha ritenuto provata la veste di cartiera della società cedente, con la conseguenza che la decisione doveva essere riformata per non aver dato applicazione al principio secondo cui la responsabilità del cessionario si configurava sia nel caso di partecipazione consapevole alla frode, sia nel caso di mancata adozione delle misure necessarie e sufficienti ad avere contezza della frode stessa, considerato che la partecipazione poteva essere provata con presunzioni semplici che potevano derivare anche dalle medesime risultanze di fatto attinenti al ruolo di cd. cartiera del cedente.
La ricorrente ha rilevato, infine, che l’avviso di accertamento interessato dall’impugnazione era integrativo di un altro avviso di accertamento relativo alla medesima annualità (2009). I controlli avevano riguardato più anni d’imposta e i rapporti con le diverse società cartiere e i rapporti commerciali intercorrenti con ben tre società erano, di per sé, indici di una sistematicità che difficilmente poteva essere frutto del caso.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
3.1 Deve premettersi che questa Corte ha ripetutamente chiarito, con riferimento sia a diverse tipologie di enti collettivi (società di capitali, società di persone, associazioni non riconosciute) che a
diverse tipologie di atti (avvisi di accertamento, cartelle di pagamento), che: « Nel processo tributario la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché non sussistendo possibilità di prosecuzione dell’azione, la sentenza impugnata con ricorso per cassazione deve essere annullata senza rinvio ex art. 382 c.p.c., venendo in rilievo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre, sin dal primo grado, ad una pronuncia declinatoria di rito. » (Cass., 19 settembre 2019, n. 23365; v. anche Cass., 15 giugno 2018, n. 15844). Nello stesso senso è stato precisato che: « In tema di contenzioso tributario, la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della sua capacità processuale e il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, sicché eliminandosi ogni possibilità di prosecuzione dell’azione, consegue l’annullamento senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., della sentenza impugnata con ricorso per cassazione, ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito. » (Cass., 23 marzo 2016, n. 5736).
Le Sezioni Unite hanno ulteriormente precisato che, a seguito dell’estinzione della società, conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese, viene a determinarsi un fenomeno di tipo successorio sui generis , in forza del quale i rapporti obbligatori facenti capo all’ente non si estinguono (il che sacrificherebbe ingiustamente i diritti dei creditori sociali), ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della
liquidazione o illimitatamente, a seconda del regime giuridico dei debiti sociali cui erano soggetti pendente societate . Ne discende che i soci peculiari successori della società, subentrano, altresì, nella legittimazione processuale facente capo all’ente -la cui estinzione è in parte equiparabile alla morte della persona fisica, ai sensi dell’art. 110 cod. proc. civ. -in situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali, ovverosia a prescindere dalla scindibilità o meno del rapporto sostanziale (Cass., Sez. U., 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072).
Dunque, a seguito dell’estinzione della società e della conseguente perdita della capacità processuale, il processo continua nei confronti dei soci, costituendo costoro la giusta parte processuale abilitata, in ragione del fenomeno latamente successorio che si realizza a seguito della cancellazione, ad assumere la veste di legittimo contraddittore nel successivo svolgimento del rapporto processuale, mentre nessuna persistente legittimazione può ravvisarsi in capo al liquidatore, poiché l’art. 2495, comma secondo, cod. civ. consente ai creditori sociali insoddisfatti di agire nei confronti del liquidatore solo se il mancato pagamento è dipeso da questi, in quanto « il liquidatore di una società estinta per cancellazione dal registro delle imprese può ben essere destinatario di una autonoma azione risarcitoria, ma non della pretesa attinente al debito sociale, onde è inammissibile l’impugnazione proposta nei confronti del medesimo con riguardo alla sentenza relativa a quel debito, atteso che la posizione del liquidatore non è quella di successore processuale dell’ente estinto » (Cass., 16 maggio 2012, n. 7676).
3.2 Questa Corte, inoltre, con riguardo all’effetto estintivo delle società (sia di persone che di capitali) derivante dalla cancellazione dal registro delle imprese, ha precisato che il « D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, art. 28, comma 4, in quanto recante disposizioni di
natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa (neppure implicita) né efficacia retroattiva, sicché il differimento quinquennale degli effetti dell’estinzione della società derivanti dall’art. 2495 c. c., comma 2 -operante nei confronti soltanto dell’amministrazione finanziaria e degli altri enti creditori o di riscossione indicati nello stesso comma, con riguardo a tributi o contributi -si applica esclusivamente ai casi in cui la richiesta di cancellazione della società dal registro delle imprese (che costituisce il presupposto di tale differimento) sia presentata nella vigenza della nuova disciplina di detto D.Lgs., ossia il 13 dicembre 2014, o successivamente » (Cass., 2 aprile 2015, n. 6743 e v., ex multis , Cass., 5 maggio 2017, n. 11100; Cass, 28 settembre 2016, n. 19142).
3.3 Con riferimento specifico alla figura del liquidatore, le Sezioni Unite di questa Corte, di recente, hanno inoltre affermato che « La responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, che trae titolo per fatto proprio ex lege, ha natura civilistica e non tributaria, con la conseguenza che, ai fini della legittimità dell’atto di accertamento emesso nei suoi confronti ai sensi del comma 5 dello stesso art. 36, non costituisce condizione necessaria la preventiva iscrizione a ruolo e che il predetto, col ricorso avverso tale avviso, può contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti, ivi compreso il debito della società per le impost e» (Cass., Sez. U, n. 32790 del 2023).
Le Sezioni Unite, in particolare, hanno precisato che il liquidatore della società è responsabile, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, nei confronti dell’Erario, in proprio e in forma autonoma rispetto all’obbligazione tributaria societaria, trattandosi di responsabilità fondata su un diverso titolo: al mancato pagamento
delle imposte dovute dalla società deve aggiungersi la condotta personale del liquidatore che, violando gli obblighi conseguenti alla carica rivestita, ha utilizzato l’attività di liquidazione per l’assegnazione di beni ai soci oppure per soddisfare credit i di ordine inferiore a quelli tributari che perciò sono rimasti insoluti. Al distinto titolo e alla stessa diversità di oggetto della responsabilità posta a carico del liquidatore dall’art. 36 citato consegue allora che il debito tributario della società costituisce mero presupposto fattuale di tale responsabilità, rispetto alla quale l’iscrizione a ruolo del credito fiscale, quale condizione necessaria di esperibilità della relativa azione, non appare giustificabile.
3.4 Tanto premesso, d all’esposizione introduttiva del ricorso risulta che l’avviso di accertamento NUMERO_DOCUMENTO (integrativo del precedente avviso NUMERO_DOCUMENTO è stato emesso nei confronti del sig. COGNOME in qualità di responsabile per la liquidazione e cancellazione della società RAGIONE_SOCIALE ed anche la sentenza di secondo grado conferma, a pag. 2, la contestazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973. La sentenza impugnata laddove ha escluso la corresponsabilità della società per non essersi resa conto del carattere fraudolento delle operazioni nonostante l’impiego della dovuta diligenza e ha ritenuto assorbiti le altre questioni prospettate, ritenendone l’esame superfluo, così obliterando del tutto alla specifica contestazione dell’art 36 del d.P.R.
602 del 1973, non è conforme ai principi suesposti.
Anche il secondo motivo è fondato.
4.1 N ella specie la CTR ha ritenuto che l’amministrazione finanziaria mentre aveva provato che la cedente era una cartiera non aveva, di contro, provato, che la società, al momento dell’acquisto del bene o servizio disponesse di elementi tali da porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto o mediamente esperto del sistema fraudolento.
Aveva, invece, ritenuto che la circostanza che la sede a Roma della cedente e la congruità dei prezzi praticati e l’esiguità degli importi degli acquisti rispetto al volume d’affari della società escludessero la responsabilità della società per non essersi resa conto del carattere fraudolento delle operazioni nonostante l’impiego della dovuta diligenza.
4.2 La sentenza impugnata non è conforme ai principi affermati da questa Corte secondo cui: « In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi. » (Cass., 20/04/2018, n. 9851).
Inoltre: « In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva
in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi. » (Cass., 30/10/2018, n. 27566).
Per quanto esposto, il ricorso va accolto, la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/10/2024.