Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20857 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20857 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 13637/2015 proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO e rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO,
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Sta to che la rappresenta e difende,
– Controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. PIEMONTE n. 1377/2014 depositata il 25/11/2014;
IRES IRAP AVVISO ACCERTAMENTO
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’ 11 luglio 2024 dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto in accoglimento del quarto motivo, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’accertamento riferito all’Irap e rigett o per il resto il ricorso.
Rilevato che:
L’Ufficio, per l’anno di imposta 2006, accertava, ai sensi degli artt. 39 e 40 d.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese con decorrenza dal 21 dicembre 2007, un reddito di impresa ed un volume di affari maggiore di quanto dichiarato e, per l’effetto recuperava maggiori Ires, Irap ed irrogava le conseguenti sanzioni per infedele dichiarazione e per irregolare tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili. In particolare, l’Ufficio disconosceva costi non documentati e recuperava a tassazione redditi non dichiarati a titolo di interessi attivi su finanziamento soci.
Dopo un primo avviso di accertamento emesso nei confronti della società, impugnato in separato giudizio che si concludeva con estinzione per cessazione della materia del contendere a seguito dell’ annullamento in autotutela disposto dall’Ufficio stante la notifica alla società ormai estinta , l’Ufficio emetteva un secondo atto impositivo nei confronti del COGNOME, con il quale, ritenuta la sua responsabilità, imputava a quest’ultimo , nella sua qualità di socio unico, la somma di euro 1.328.566,98 dal medesimo riscossa in base al bilancio finale di liquidazione e nella qualità di liquidatore lo chiamava a rispondere illimitatamente sino alla concorrenza dell’importo della pretesa tributaria.
Avverso detto ultimo atto impositivo proponeva ricorso NOME COGNOME. La RAGIONE_SOCIALE accoglieva la domanda affermando che l’atto impugnato era stato diretto a soggetto privo di legittimazione passiva.
La C.t.r., in parziale accoglimento dell’appello dell’Ufficio, in primo luogo riduceva l’imponibile rispetto a quello originariamente contestato, ritenendo legittimo l’atto impositivo «relativamente alle riprese di 4.000.000 di euro e al finanziamento soci per euro 154.000 di interessi». Quanto alla posizione del COGNOME, declinava la propria giurisdizione rispetto alla pretesa avanzata nei confronti dello stesso in qualità di ex socio ex art. 2495 cod. civ. Riteneva, invece, quest’ultimo responsabile nella sua qualità di ex liquidatore ai sensi dell’art. 36 d.P.R. n. 600 del 1973 fino alla concorrenza del debito tributario, ravvisando tutti i presupposti della fattispecie astratta, inclusa la colpa. Escludeva, invece, che per l’accertamento della responsabilità del liquidatore occorresse che il debito tributario fosse stato «formalizzato» prima della cessazione della società.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME nella espressa qualità di ex liquidatore della società. L ‘RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Con ordinanza interlocutoria n. 6252 del 2023 questa Corte ha disposto rinvio a nuovo ruolo rilevando che con ordinanza n. 35805 del 2022 era stata rimessa al Primo Presidente la questione di massima di particolare rilevanza -limitrofa al tema del decidere di questa causa -se l’azione dell’RAGIONE_SOCIALE mministrazione finanziaria nei confronti del liquidatore di una società, ex art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, presupponga l’accertamento del debito tributario della società e la sua iscrizione a ruolo.
Il contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 d.P.R. 26 settembre 1973, n. 602 vigente ratione temporis.
Sulla premessa che la società è stata cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese dal 21 dicembre 2007 e che l’avviso oggetto del giudizio è stato notificato il 5 gennaio 2012, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver trascurato che, a norma dell’articolo 36 cit., i liquidatori e i soci rispondono soltanto se, e nei limiti in cui, sussista un’obbligazione tributaria della società, il che avviene solo se l’imposta è già stata definitivamente accertata in capo alla società, vuoi perché l’avviso di accer tamento ad essa diretto non è stato impugnato, vuoi perché su tale accertamento si è già formato il giudicato.
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 e dell’art. 2697 cod. civ., vigente ratione temporis
Il ricorrente censura la sentenza impugnata per non avere rilevato che, a norma dell’articolo 36 cit., ai fini della responsabilità del liquidatore, è necessaria la prova della colpa di quest’ultimo e che l’atto impositivo non conteneva alcuna dimostrazione della sussistenza dell’elemento psicologico, ma si limita va a notare che il contribuente avrebbe dovuto conoscere la situazione fiscale della società.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti.
Il ricorrente assume che la sentenza impugnata, dopo aver ravvisato la propria responsabilità in qualità di liquidatore, facendo riferimento anche a quella di socio unico, avrebbe accertato un autonomo titolo di responsabilità in ragione del quale avrebbe dovuto limitare il quantum a quanto ricevuto in sede di liquidazione.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ la violazione e/o falsa applicazione dell’art.
19 d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 e dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973, vigente ratione temporis
Il ricorrente cesura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha confermato l’avviso di accertamento anche per quanto attiene alla ripresa a tassazione dell’Irap e per non avere considerato che l’articolo 36 cit. opera solo in materia di Ires.
Con il quinto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., nonché degli artt. 42 d.P.R. n. 600 del 1973, 56 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, 7 legge 27 luglio 2000, n. 212.
Censura la sentenza impugnata, per aver ritenuto «assorbita» la questione concernente il vizio di motivazione dell’avviso di accertamento. Osserva che sia in primo grado che in appello aveva censurato l’intrinseca contraddittorietà dell’atto impositivo che sembrava fare riferimento con formula unitaria e onnicomprensiva, sia alla responsabilità di cui all ‘art. 36, d.P.R. n. 602 del 1973, che a quella di cui a ll’art. 2495, cod. civ. Aggiunge che, sebbene fosse sia liquidatore che socio della società, l’Amministrazione, avrebbe dovuto provare la contemporanea sussistenza di tutti i requisiti previsti dalle due norme per integrare la propria responsabilità e non invocare alternativamen te ora l’una ora l’altra.
Il primo motivo è infondato.
6.1. La questione controversa è stata risolta dalle Sezioni Unite della Corte le quali hanno ribadito che la responsabilità di cui all’art. 36 cit. trova la sua fonte in un’obbligazione, propria, ex lege (in base agli artt. 1176 e 1218 cod. civ.), avente natura civilistica e non tributaria e che è titolo autonomo rispetto all’obbligazione fiscale vera e propria, costituente mero presupposto della responsabilità stessa. Per l’effetto, hanno affermato il seguente principio di diritto: « La responsabilità del liquidatore ex art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, che trae titolo per
fatto proprio ex lege , ha natura civilistica e non tributaria, con la conseguenza che, ai fini della legittimità dell’atto di accertamento emesso nei suoi confronti ai sensi del comma 5 dello stesso art. 36, non costituisce condizione necessaria la preventiva iscrizione a ruolo e che il predetto, col ricorso avverso tale avviso, può contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti, ivi compreso il debito della società per le imposte» (Cass. Sez. U. 27/11/2023, n. 32790)
6.2. Conformemente al principio sopra esposto la C.t.r. si è pronunciata sulla legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti del COGNOME, nella sua qualità di liquidatore della società ormai estinta, pur in mancanza di un accertamento del debito tributario divenuto definitivo.
Il secondo motivo è infondato.
7.1. Con riferimento agli elementi costitutivi della responsabilità del liquidatore ex art. 36 d.P.R. n. 600 del 1973, deve ribadirsi che, per giurisprudenza del tutto consolidata la stessa, come detto di natura civilistica, trova la sua fonte in un’obbligazione, propria, ex lege in base agli artt. 1176 e 1218 cod. civ. Si è precisato sul punto che si tratta di un’ obbligazione che sussiste in relazione agli elementi obiettivi costituiti da quanto esistente nel patrimonio societario e da atti di distrazione dell’attivo compiuti a fini diversi dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte dovute dalla società. La stessa, pertanto, insorge al verificarsi RAGIONE_SOCIALE condizioni poste dalla norma (cfr. Cass. 26/05/2021, n. 14570). Le Sezioni Unite della Corte, infatti, hanno ribadito che con l’atto impositivo emesso ai sen si dell’art. 36 cit. l’Ufficio accerta e contesta la responsabilità del liquidatore sotto il profilo del difetto di diligenza integrante le condotte civi previste che fanno sorgere la responsabilità dello stesso. Dette condotte -che non hanno natura tributaria perché sono estranee alla realizzazione di fatti indice di capacità contributiva
-riguardano l’adempimento degli obblighi propri del liquidatore di società, che appartengono alla sfera del diritto civile, sicché si tratta di responsabilità di natura civilistica e fa riferimento alla responsabilità risarcitoria verso il creditore che l’art. 1218 c od. civ. pone in capo al debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, e rinvia al parametro della normale diligenza di cui all’art. 1176 cod. civ. in base al quale valutare la responsabilità del liquidatore. (Cass. Sez. U. n. 32790 del 2023 cit.).
A ciò deve aggiungersi che, al fine di esonerarsi dalle conseguenze dell’inadempimento RAGIONE_SOCIALE obbligazioni contrattualmente assunte, il debitore deve provare che l’inadempimento è stato determinato da causa a sé non imputabile art. 1218 cod. civ., la quale è costituita, non già da ogni fattore a lui estraneo che lo abbia posto nell’impossibilità di adempiere in modo esatto e tempestivo, bensì solamente da quei fattori che, da un canto, non siano riconducibili a difetto della diligenza che il debitore è tenuto ad osservare per porsi nelle condizioni di poter adempiere, e, d’altro canto, siano tali che alle relative conseguenze il debitore non possa con eguale diligenza porre riparo (tra le più recenti Cass. 22/04/2024, n. 10724).
7.2. La RAGIONE_SOCIALE si è attenuta a questi principi in quanto, dopo aver precisato che, sebbene l’art 36 d.P.R. n. 600 del 1973 non richieda espressamente il requisito della colpa ciò è implicito nel comportamento richiesto al liquidatore, ha affermato che il COGNOME era nelle condizioni di conoscere la posizione fiscale della società per esserne stato amministratore e liquidatore, senza soluzione di continuità, oltre che socio unico; che, applicando l’ordinaria diligenza , era assolutamente in grado di comprendere la fondatezza RAGIONE_SOCIALE riprese fiscali che sarebbero derivate dalla deduzione di costi non provati e dalla imponibilità sugli interessi; che, nella sua qualità, era nelle condizioni di presentare una dichiarazione integrativa. Ha aggiunto che
la colpa era ravvisabile nella stessa infedeltà della dichiarazione dei redditi; nella complicità sussistente tra il socio unico/liquidatore e la società; nel fatto che non poteva non essere a conoscenza dei fatti gestionali della società, atteso che ne era esecutore, oltre che membro e Presidente RAGIONE_SOCIALE assemblee in cui si era approvato il bilancio di liquidazione e la cancellazione.
7.3. Va disatteso, di contro, l’argomento speso dal contribuente secondo il quale, non essendo stata formulata alcuna pretesa nei confronti della società né nessun questionario prima della sua estinzione, l’atto impositivo non fosse prevedibile, non sussistendo alcuna colpa.
In primo luogo va ribadito quanto già rilevato a proposito del primo motivo, con l’ulteriore precisazione che , in sede di ricorso avverso l’atto impositivo ex art. 36 d.P.R. n. 600 de 1973, al liquidatore è consentito contestare, innanzi agli organi della giustizia tributaria, la sussistenza dei presupposti dell’azione intrapresa nei suoi confronti ivi compresa la debenza di imposte a carico della società. In secondo, luogo il contribuen te, ribadendo l’imprevedibilità della pretesa tributaria , sollecita un nuovo accertamento di fatto precluso in sede di legittimità.
Il terzo motivo è inammissibile.
La censura non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata che, al par. 2.8., ha escluso la propria giurisdizione sulla pretesa avanzata nei confronti del COGNOME nella sua qualità di ex socio nei limiti della somma riscossa in sede di liquidazione e nel successivo par. 2.10. -dopo aver illustrato nel par. 2.9. tutte le fattispecie di responsabilità previste dall’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 ha motivato sulla responsabilità del COGNOME nella sua qualità di liquidatore.
Il quarto motivo è fondato.
9.1. In virtù del tenore letterale dell’art. 36 d.P.R. n. 602 del 1973 , nel testo applicabile ratione temporis, la peculiare responsabilità ivi
prevista a carico del liquidatore, come detto di natura civilistica e non strettamente tributaria, è applicabile solo alle imposte sui redditi e non anche all’ Irap (Cass. 05/04/2024, n. 9170, Cass. 20/07/2020, n. 15378).
Sino al 12 dicembre 2014 solo le imposte dirette erano richiamate dall’art. 19, decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, che includeva l’art. 36 in esame tra le disposizioni afferenti la riscossione la cui applicazione era limitata a dette imposte, con esclusione quindi dell’Iva e dell’Irap (cfr. art. 19 d.lgs. n. 46 del 1999 «le disposizioni previste dagli articoli 14,15,32,33,34,36,37,38,41,41-bis, 43-bis, 43-ter, 44 e 44 bis del decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, si applicano alle sole imposte sui redditi”»). Il rinvio all’art. 36 è stato però abrogato dall’art. 28, comma 7, lettera a), d.lgs. n. 175 del 2014, entrato in vigore il 13 dicembre 2014, per cui solo da questadata la responsabilità di liquidatori, amministratori e soci, si estende a tutte le imposte (Cass. n. 14570 del 2021 cit.)
9.2. La RAGIONE_SOCIALE non si è attenuta a questi principi. Infatti, pur avendo dato atto nello svolgimento del processo al punto e) che il contribuente aveva contestato che la responsabilità potesse estendersi anche all’Irap o all’Iva, una volta pronunciatasi sul la legittimità, se pure in misura ridotta del recupero a tassazione nei confronti della società, ha concluso per la responsabilità del contribuente per tutte le riprese ritenute legittime, senza limitare la medesima alle sole imposte dirette, nonostante l’accertamento fosse relativo all’anno 2006.
10. Il quinto motivo è infondato.
Dalla riproduzione di parte dell’atto di accert amento di cui al controricorso risulta che l’RAGIONE_SOCIALE emetteva l’ atto impositivo nei confronti del COGNOME, imputando a quest’ultimo nella sua qualità di socio unico la somma di euro 1.328.566,98 dal medesimo riscossa in base al bilancio finale di liquidazione e nella qualità di
liquidatore limitando la responsabilità sino alla concorrenza dell’importo della pretesa tributaria. Tale doppia imputazione, come già riferito a proposito del quinto motivo, è stata messa ben in evidenza dalla C.t.r. che ha ritenuto di non avere giurisdizione sulla prima pretesa. In disparte tale statuizione, coperta dal giudicato, del tutto correttamente, pertanto, la C.t.r. si è pronunciata nel merito della seconda pretesa, avanzata ex art. 36 d.P.R. n. 600 del 1973 nei confronti del liquidatore, così escludendo un vizio di motivazione, per contraddittorietà, dell’atto impositivo .
11. In conclusione, in accoglimento del quarto motivo di ricorso, disattesi gli altri, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, che si atterrà ai detti principi e si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso disattesi gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, l’11 luglio 2024.