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Responsabilità del commercialista: chi paga le sanzioni?

Un professionista ometteva la presentazione della dichiarazione dei redditi, attribuendo la colpa al proprio consulente. La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità del commercialista non esonera il contribuente dal pagamento delle sanzioni se quest’ultimo non dimostra di aver esercitato un’adeguata vigilanza sull’operato del professionista. Inoltre, in caso di accertamento induttivo, la prova dei costi deducibili spetta interamente al contribuente.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità del Commercialista: chi Paga le Sanzioni?

Quando si affida la gestione fiscale a un professionista, si tende a pensare di essere al riparo da errori e conseguenti sanzioni. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità del commercialista e gli obblighi di vigilanza che ricadono sul contribuente. In caso di omessa dichiarazione dei redditi, non basta dare la colpa al consulente per evitare le pesanti sanzioni fiscali.

I Fatti del Caso: Omessa Dichiarazione e Accertamento Induttivo

Un avvocato si vedeva notificare un avviso di accertamento per IRPEF, IRAP ed IVA relativo all’anno d’imposta 2007. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di un controllo della Guardia di Finanza, aveva constatato l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per diversi anni. Di conseguenza, l’Ufficio procedeva con un accertamento “induttivo puro”, ricostruendo i ricavi del professionista sulla base dei modelli 770 presentati dai suoi clienti, senza però tenere conto dei costi sostenuti.

La Difesa del Contribuente

Il contribuente impugnava l’atto, sostenendo due tesi principali:
1. Errata determinazione del reddito: L’accertamento non aveva considerato i costi tipici e necessari per lo svolgimento della sua attività professionale.
2. Inapplicabilità delle sanzioni: L’omessa dichiarazione era dovuta esclusivamente a un fatto del terzo, ovvero il commercialista da lui incaricato, che aveva ammesso le proprie mancanze in sede penale.

La Commissione tributaria regionale aveva parzialmente accolto le sue ragioni, riducendo le sanzioni del 50% in considerazione della colpa del professionista, ma aveva respinto la richiesta di un maggiore riconoscimento dei costi per mancanza di prove.

L’Analisi della Corte sulla responsabilità del commercialista

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, fornendo chiarimenti fondamentali su due aspetti cruciali: la deducibilità dei costi nell’accertamento induttivo e la ripartizione delle responsabilità tra cliente e consulente.

Costi e Accertamento Induttivo “Puro”

I giudici hanno ribadito che, in caso di omessa dichiarazione dei redditi, l’Amministrazione finanziaria può legittimamente procedere a un accertamento induttivo “puro”. Questo metodo consente all’Ufficio di utilizzare presunzioni “supersemplici”, cioè non necessariamente gravi, precise e concordanti. Resta fermo il diritto del contribuente di fornire la prova contraria, allegando la documentazione contabile che attesti i costi effettivamente sostenuti. Nel caso di specie, il professionista si era limitato a lamentare il mancato riconoscimento di costi generici, senza fornire alcuna prova documentale a supporto della sua richiesta. Pertanto, la doglianza è stata respinta.

Sanzioni e l’Onere di Vigilanza sul Professionista

Il punto centrale della decisione riguarda la responsabilità del commercialista. La Corte ha affermato un principio consolidato: affidare un incarico a un professionista non esonera il contribuente da ogni responsabilità. Anzi, su quest’ultimo grava un preciso onere di vigilanza sul corretto e puntuale adempimento del mandato.

Per essere esente da sanzioni, il contribuente deve dimostrare non solo l’errore del professionista, ma anche di aver fatto tutto il possibile per assicurarsi che gli adempimenti fossero eseguiti correttamente. Non è sufficiente presentare una denuncia penale contro il commercialista; è necessario provare di aver vigilato sul suo operato, ad esempio richiedendo le ricevute di avvenuta trasmissione telematica delle dichiarazioni.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la colpa del contribuente si presume, secondo l’art. 5 del D.Lgs. 472/1997. Spetta a lui dimostrare l’assenza di negligenza. L’obbligo di vigilanza è un dovere ineludibile. La sentenza delle Sezioni Unite (n. 28640/2021) ha chiarito che il contribuente può andare esente da sanzioni solo se dimostra di aver fornito al professionista la provvista necessaria e di aver vigilato sul puntuale adempimento del mandato. In questo caso, il contribuente non ha fornito tale prova, avendo solo sporto denuncia. La Corte ha anzi considerato “benevola” la decisione dei giudici di merito di ridurre le sanzioni del 50%, suggerendo che un rigetto totale dell’appello sarebbe stato più corretto, data la palese negligenza del contribuente nel non essersi assicurato dell’avvenuta spedizione delle dichiarazioni.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante monito per tutti i contribuenti. La scelta di un professionista qualificato è fondamentale, ma non è sufficiente. È essenziale mantenere un ruolo attivo nel controllo degli adempimenti fiscali, conservando la documentazione che attesti la propria diligenza. La semplice delega non trasferisce la responsabilità, che, in ultima istanza, rimane in capo al contribuente. Per evitare sanzioni, è necessario dimostrare di aver agito con la “normale diligenza”, vigilando attivamente sull’operato del proprio consulente.

In caso di omessa dichiarazione, posso comunque dedurre i costi che ho sostenuto?
Sì, ma l’onere della prova è interamente a carico del contribuente. In un accertamento induttivo, non basta affermare di aver sostenuto dei costi; è necessario fornire prove documentali concrete e specifiche per ogni costo di cui si chiede la deduzione.

Se il mio commercialista non presenta la dichiarazione, sono io a dover pagare le sanzioni?
Sì, a meno che non si riesca a dimostrare di aver agito senza alcuna colpa. Secondo la Corte, la colpa del contribuente è presunta e per superare tale presunzione non è sufficiente dimostrare l’errore del professionista, ma bisogna anche provare di aver diligentemente vigilato sul suo operato.

Cosa devo fare per dimostrare di non avere colpa se il mio commercialista commette un errore?
È necessario dimostrare di aver tenuto un comportamento vigile e diligente. Ad esempio, si dovrebbe chiedere e conservare la prova dell’avvenuta trasmissione telematica della dichiarazione (la ricevuta dell’Agenzia delle Entrate) e provare di aver fornito al professionista tutta la documentazione e i fondi necessari per tempo. La sola denuncia penale nei confronti del professionista non è ritenuta una prova sufficiente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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