Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3876 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3876 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma ;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi, giusta procura speciale notarile allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME che ha indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliati presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrenti –
avverso
la sentenza n. 2992, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 16.2.2015, e pubblicata il 26.5.2015;
ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
la Corte osserva:
OGGETTO: RAGIONE_SOCIALE con ristretta base partecipativa – Plusvalenza da vendita di terreno edificabile – Non dichiarata – Responsabilità dei soci.
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate notificava a COGNOME Stefano e COGNOME Olimpia, nella qualità di ex soci della estinta RAGIONE_SOCIALE, avente ristretta base partecipativa, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO con il quale contestava, ai fini Ires ed Iva, la mancata dichiarazione da parte della società della plusvalenza, e conseguente mancato pagamento delle imposte, in relazione alla vendita regolarmente registrata, al prezzo di 21.000.000,00 di Euro, di un terreno edificabile acquistato al costo di Euro 2.065.827,00.
I contribuenti impugnavano l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma contestando, innanzitutto, che a seguito dell’estinzione della società non erano tenuti a rispondere dei debiti sociali, non essendovi prova che avessero percepito alcunché dalla vendita del terreno. La CTP riteneva fondate le censure proposte dai ricorrenti, ed annullava l’atto impositivo.
L’Amministrazione finanziaria spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita dal giudice di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che confermava la decisione assunta dalla CTP.
L’Agenzia delle Entrate ha quindi introdotto ricorso per cassazione, avverso la decisione adottata dalla CTR, affidandosi a due motivi di impugnazione. I contribuenti resistono mediante controricorso, ed hanno anche depositato memoria. La causa è stata fissata per la trattazione all’udienza camerale del 15.11.2024.
4.1. Tenuto conto della pendenza di giudizio interferente pendente innanzi alle Sezioni Unite, il Collegio si è riconvocato in data 2.1.2025 per deliberare in proposito.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria
contesta la nullità della sentenza impugnata, in conseguenza della violazione degli artt. 1, 36 e 55, del D.Lgs. n. 546 del 1992, dell’art. 112 cod. proc. civ., e dell’art. 277 cod. proc. civ., per non avere la CTR affatto pronunciato sulla censura di violazione del divieto di abuso del diritto, perché risultava inopponibile al Fisco la cancellazione ed estinzione della società, deliberata con finalità elusiva dai soci, i quali del resto avevano approvato il bilancio finale di liquidazione che neppure riportava la vendita per elevato controvalore del terreno edificabile, pacificamente conclusa dalla società e non dichiarata all’Erario.
Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2495, secondo comma, cod. civ., dell’art. 36 del Dpr n. 602 del 1973 e dell’art. 65, ultimo comma, del Dpr n. 600 del 1973, per avere il giudice del gravame erroneamente ritenuto che non sia consentito richiedere ai soci, successori della società di capitali estinta, il pagamento dei debiti fiscali societari.
La vicenda e i motivi di impugnazione dedotti dall’Amministrazione finanziaria pongono una serie di questioni analoghe a quelle rimesse alle Sezioni Unite dall’ordinanza interlocutoria n. 7425 del 14.3.2023 (trattata all’udienza del 12.11.2023). È stato, tra l’altro, rilevato che, anche successivamente alle pronunce della Corte a Sezioni Unite nn. 6070, 6071, e 6072 del 2013, si sono delineati scenari diversi in ordine all’applicazione dell’art. 2495 c.c. e, pertanto, è stata rimessa anche la seguente questione: «se la condizione testualmente fissata dall’art. 2495 cod. civ., al fine di consentire ai creditori sociali di far valere i loro crediti, dopo la cancellazione della società, nei confronti dei soci, si rifletta sul requisito dell’interesse ad agire in capo all’Amministrazione finanziaria o sulla legittimazione passiva del socio medesimo ai fini della
prosecuzione del processo … e se la riconducibilità nell’ambito di una condizione dell’azione o dell’altra implichi conseguenze specifiche in tema di onere della prova. Ciò tenuto conto anche che il processo tributario è annoverabile tra quelli di «impugnazionemerito» e dell’affermata natura dinamica dell’interesse ad agire, che, come tale, può assumere una diversa configurazione, ma fino al momento della decisione».
Anche nella presente sede, con particolare riferimento alle questioni introdotte con il secondo motivo di ricorso, si pone il problema degli effetti della cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese con riferimento alla legittimità dell’atto impositivo riguardante i redditi della società cancellata e notificato ai soci, ed alla limitazione della responsabilità del socio prevista dall’art. 2495 c.c. e dall’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973. Occorre infatti valutare se, in presenza di un accertamento effettuato nei confronti della società già estinta, gli ex soci siano legittimati passivi, a quali condizioni ed in quali limiti, e pertanto se l’Amministrazione finanziaria abbia interesse ad agire nei confronti del singolo socio.
In attesa della pubblicazione della sentenza resa sulla suddette questioni, la causa deve essere rinviata a nuovo ruolo.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
sul ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate rinvia la causa a nuovo ruolo in attesa della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite sulle questioni indicate in motivazione.
Così deciso in Roma, il 15.11.2024 ed il 2.1.2025.