Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15784 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15784 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2079/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. della PUGLIA n. 1755/2022 depositata il 22/06/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/04/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE, a seguito di una verifica avviata dalla propria RAGIONE_SOCIALE Regionale della Puglia, nei confronti del contribuente, e conclusasi con il PVC redatto il 31.10.2014, ha notificato, al medesimo, i seguenti atti: Atto di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2009, nel presupposto dell’indebita compensazione di imposte per € 84.153,13 con cui ha irrogato sanzioni per euro 168.306,26; Atto di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2010, nel presupposto di un’indebita compensazione di imposte per € 89.606,70, con cui ha irrogato sanzioni per euro 216.848,22 (oltre ad € 312,00 per dichiarazione annuale Iva con indicazioni inesatte o su modello non conforme); NUMERO_DOCUMENTO di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2011, nel presupposto dell’infedele dichiarazione Iva per l’anno di imposta 2011, con cui ha accertato una maggiore Iva per euro 105.000,00, oltre sanzioni per euro 131.250,00; Atto di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2011, nel presupposto dell’indebita compensazione di crediti IRPEF per euro 140.323,13 con cui ha irrogato sanzioni per euro 404.130,63 (oltre ad € 371,00 per dichiarazione annuale Iva con indicazioni inesatte o su modello non conforme ed € 60.357,41 per omesso, insufficiente o tardivo versamento risultante dalla dichiarazione periodica Iva); Atto di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2012, nel presupposto dell’indebita compensazione di crediti IRPEF per euro 127.846,00, nonché dell’omesso versamento Iva per € 53.364,38 e dichiarazione annuale Iva con indicazioni inesatte o su modello non
conforme, con cui ha irrogato sanzioni per € 453.472,89; Avviso di accertamento n.NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2012, nel presupposto dell’indebito utilizzo di ritenute d’acconto inesistenti per euro 692.263,00, con cui ha accertato una maggiore IRPEF per euro 692.263,00, oltre sanzioni per lo stesso importo; Atto di recupero n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2013, con cui ha recuperato un credito di imposta indebitamente compensato per € 45.187,87, oltre sanzioni per € 90.375,74; Atto di contestazione n. NUMERO_DOCUMENTO, per l’anno di imposta 2014, nel presupposto di un’indebita compensazione di imposte per euro 75.818,70 e di un omesso versamento Iva per € 33.911,61, con cui ha irrogato sanzioni per euro 45.635,95
La verifica fiscale che aveva condotto ai suddetti atti era stata svolta nell’ambito di un percorso d’indagine intrapreso a livello nazionale, finalizzato all’analisi del comportamento adottato da un’ampia platea di soggetti che avevano compensato crediti inesistenti con debiti di natura tributaria e contributiva. In tale contesto, l’ufficio aveva individuato numerosi contribuenti pugliesi, imprese individuali e società, che si avvalevano del medesimo consulente/intermediario e che risultavano aver utilizzato in compensazione crediti inesistenti, in maniera sistematica. All’odierno ricorrente veniva contestato di aver posto in essere una serie di condotte fraudolente con la fattiva collaborazione della società RAGIONE_SOCIALE, tenutaria RAGIONE_SOCIALE sue scritture contabili
La CTP di RAGIONE_SOCIALE con la sentenza n. 1811/10/16, previa riunione degli otto ricorsi promossi dal contribuente, li accoglieva parzialmente, limitatamente alle sanzioni irrogate, confermando nel resto la legittimità degli atti.
La CTR della Puglia ha respinto l’appello principale dell’ufficio e quello incidentale del contribuente.
L’RAGIONE_SOCIALE ha affidato il proprio ricorso ad un unico motivo.
Si è costituito il contribuente con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 3, D.Lgs. n.472/1997 nonché dell’art. 2697 c.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., in quanto, pur muovendo dal corretto assunto secondo cui il contribuente, se vuole essere esentato da responsabilità sanzionatorie, deve dimostrare di aver vigilato sul puntuale adempimento del mandato dimostrando l’assenza di colpa nell’attività di vigilanza, è tuttavia pervenuto a ritenere non dovute le sanzioni irrogate.
Il motivo è fondato.
La CTR ha sostanzialmente esonerato il contribuente dalle sanzioni dovute a causa della condotta posta in essere dal proprio consulente, ponendosi, tuttavia, in urto con i principi espressi dalla giurisprudenza nomofilattica in punto di contenuto e di riparto degli oneri probatori.
Va, infatti, ricordato che « In tema di sanzioni per le violazioni di disposizioni tributarie, la prova dell’assenza di colpa grava, secondo le regole generali dell’illecito amministrativo, sul contribuente, il quale, dunque, risponde per l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del professionista incaricato della relativa trasmissione telematica ove non dimostri di aver vigilato sullo stesso, nonché il comportamento fraudolento del medesimo professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento, mediante la falsificazione di modelli F24 ovvero di altre modalità di difficile riconoscibilità da parte del mandante . (Nella specie, in applicazione del principio, la RAGIONE_SOCIALE. ha ritenuto che il contribuente non avesse assolto a tale onere probatorio, essendosi limitato a presentare una denuncia nei confronti del commercialista, senza neppure allegare le modalità con le quali avrebbe celato il proprio comportamento fraudolento) » (Cass. n. 19422 del 2018).
Giova anche soggiungere che « In materia di violazioni di leggi tributarie, l’art. 1 della I. n. 423 del 1995, il quale prevede la sospensione della riscossione RAGIONE_SOCIALE soprattasse e RAGIONE_SOCIALE pene pecuniarie (per omesso, insufficiente o ritardato versamento d’imposta) qualora la violazione consegua alla condotta illecita, penalmente rilevante, dei professionisti indicati nella legge citata che abbiano agito in costanza del loro mandato professionale, va interpretato -al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento ed in coerenza con quanto previsto dal sopravvenuto art. 6 del d.lgs. n. 472 del 1997, norma di carattere più generale rispetto alla precedente – nel senso che non solo in fase di riscossione, ma anche in sede contenziosa la non punibilità del contribuente possa essere dimostrata attraverso la prova, il cui onere grava su quest’ultimo, di aver fornito al professionista incaricato, denunziato all’Autorità giudiziaria, la provvista di quanto dovuto all’Erario e di avere vigilato sul puntuale adempimento del mandato, non occorrendo il rispetto degli ulteriori adempimenti procedurali previsti dalla citata I. n. 423 (istanza di sospensione da parte del contribuente con allegazione della denuncia del reato all’Autorità giudiziaria) » (Cass. n. 24535 del 2017; v. pure Cass. n. 34759 del 2023).
Mette in conto, peraltro, evidenziare che, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997 -disposizione che nella specie pure rileva e alla quale deve farsi riferimento -la colpa del contribuente si presume. È, infatti, consolidato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, « In tema di sanzioni amministrative per violazioni di norme tributarie, l’art. 5 d.lgs. n. 472 del 1997, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dall’art. 3 l. n. 689 del 1981, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, a cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso,
quantomeno negligente. È comunque sufficiente la coscienza e la volontà della condotta, senza che occorra la dimostrazione del dolo o della colpa, la quale si presume fino alla prova della sua assenza, che deve essere offerta dal contribuente e va distinta dalla prova della buona fede, che rileva, come esimente, solo se l’agente è incorso in un errore inevitabile, per essere incolpevole l’ignoranza dei presupposti dell’illecito e dunque non superabile con l’uso della normale diligenza » (Cass. n. 2139 del 2020; v. anche Cass. n. 34759 del 2023 cit.).
La centralità dell’obbligo del contribuente di dimostrare d’aver puntualmente vigilato è icasticamente evincibile anche dal recente arresto RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite di questa Corte, a tenore del quale: ‘ In tema di sanzioni tributarie, l’art. 6, comma 3, del d.lgs. 472 del 1997 prevede una causa generale di non punibilità dei contribuenti per omesso versamento di tributi addebitabile al fatto del professionista incaricato della redazione della denuncia dei redditi, rispetto alla quale l’art. 1 della legge n. 423 del 1995 introduce una disciplina di carattere speciale in relazione alla sospensione della riscossione RAGIONE_SOCIALE soprattasse e RAGIONE_SOCIALE pene pecuniarie, qualora la violazione consegua alla condotta illecita, penalmente rilevante, del predetto professionista, di talché non solo in fase di riscossione, ma anche in sede contenziosa, il contribuente può andare esente da sanzione ove dimostri di aver fornito al professionista incaricato la provvista di quanto dovuto all’Erario e di avere vigilato sul puntuale adempimento del mandato conferito’ (Cass., Sez. Un., n. 28640 del 2021).
Orbene, la CTR non si è adeguata ai principi giurisprudenziali appena sopra ricordati, omettendo di individuare e specificare il tipo di comportamento tenuto dal commercialista che fosse idoneo ad impedire al contribuente di vigilare sull’effettiva esecuzione degli obblighi professionali del proprio consulente o che gli avesse reso difficilmente riconoscibile l’inadempimento, tenendo ovviamente in
debita considerazione anche il tipo di violazioni contestate, che nel caso in esame attenevano al reiterato mancato versamento di cospicui importi fiscali e previdenziali. La CTR ha, in buona sostanza, trascurato di considerare che il commercialista non può essere lasciato dall’imprenditore libero di muoversi in piena autonomia, constando a carico del contribuente un preciso dovere di vigilanza e di controllo.
Il ricorso erariale va, in ultima analisi, accolto e non occorrendo ulteriori accertamenti di merito, la causa va decisa con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente. Condanna NOME COGNOME al pagamento in favore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, liquidandole in euro 18.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 12/04/2024.