Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15862 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15862 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12134-2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende (pecEMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , dott. NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale in atti, dall’avv. NOME COGNOME (pec: EMAIL;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 6506/17/2022 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del LAZIO, depositata il 30/12/2022;
Oggetto: TRIBUTI -cessione di azienda -responsabilità cessionario -d.lgs. n. 472 del 1997, art. 14
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 marzo 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTIO DI CAUSA
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di due atti di pignoramento presso terzi emessi ex artt. 48-bis e 72-bis del d.P.R. n. 602 del 1973 e notificati alla RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria di un ramo d’azienda della RAGIONE_SOCIALE e quindi quale coobbligata con quest’ultima ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, con cui la società contribuente lamentava l’ome ssa notifica delle cartelle di pagamento sottese agli atti impugnati.
1.1. La CTP (ora Corte di giustizia tributaria di primo grado) di Roma accoglieva il ricorso e la Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio rigettava l’appello proposto dall’agente della riscossione con la sentenza in epigrafe indicata. I giudici di appello, ritenuto preliminarmente sussistente la giurisdizione del giudice tributario, hanno sostenuto che la responsabilità ex art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 ha natura sussidiaria ed «è pertanto necessario che l’Agenzia delle Entrate Riscossione, qualora intenda rivolgere al cessionario delle richieste (peraltro nella fattispecie di importi assolutamente rilevanti che superano 1.200.000,00 euro), debba emettere un apposito atto funzionale a rilevare la sussistenza dei presupposti per l’attivaz ione di tale responsabilità (non essendo possibile procedere invece direttamente con l’esecuzione come ha fatto l’appellante), non notificando a quest’ultimo alcuna cartella di pagamento». Hanno sostenuto, inoltre, che l’Ufficio impositore non aveva dato p rova del rispetto delle specifiche condizioni poste dal citato art. 14 ai fini della responsabilità sussidiaria del cessionario, così come della notifica della cartella di pagamento, che era circostanza su cui, peraltro, si era formato il giudicato interno.
Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui replica la società intimata con controricorso.
3 . L’Agenzia delle entrate deposita memoria.
Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale, dott. NOME COGNOME deposita conclusioni scritte chiedendo «l’accoglimento del motivo 2) e parzialmente del motivo 3) del ricorso 12134/2023».
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 del d.lgs. 472 del 1997, e dell’art. 25 del d.P.R. n. 602 del 1973.
1.1. La ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto nella specie necessaria la notifica della cartella di pagamento e degli avvisi di accertamento esecutivi anche nei confronti del cessionario, responsabile in solido con il cedente del ramo di azienda. Riferisce di aver provveduto alla notifica del l’intimazione di pagamento nei confronti della cessionaria, trattandosi dell’unico adempimento necessario per la prosecuzione della riscossione nei confronti dell’avente causa ai sensi dell’art. 25 del D.P.R. 602/1973, il quale dispone che ‘ il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede ‘. È la disgiuntiva ‘ o ‘ a confermare che l’ente della riscossione può notificare alternativamente la cartella di pagamento alla cedente ovvero alla cessionaria. Di conseguenza, non sussistevano nella specie oneri di avvisi o altri adempimenti da parte dell’Amministrazione nei confronti della società cessionaria, chiamata al pagamento dei debiti della cedente ex art. 14 del d.lgs. 472/1997.
Il motivo è fondato e va accolto.
2.1. Della questione posta nel motivo in esame si sono occupate le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 28709 del 20/10/2020, che, così come ribadito recentemente da questa Sezione con la sentenza n. 2769 del 30/01/2023 (citata dalla controricorrente) «hanno offerto un’ampia ricostruzione della portata soggettiva del titolo nella procedura di riscossione ed esecuzione di tributi a mezzo ruolo. Nelle motivazioni di detta sentenza (parr. 7 ss., p. 9 ss.), leggesi che detta ricostruzione ‘è conformata, sul piano sostanziale, dalla posizione, rispetto all’ente creditore, dell’obbligato in via principale e di quello sussidiario. Nei confronti dell’ente creditore il socio illimitatamente responsabile è obbligato, per i debiti sociali, in via sussidiaria, ma al pari della società (Cass., sez. un., 13 febbraio 2015, n. 3022), anche per quelli tributari, e pure se sia receduto -come nel caso in esame-, in base all’art. 2290 c.c. (tra varie, Cass. 22 dicembre 2014, n. 27189 e 4 marzo 2020, n. 6020). Si tratta di una responsabilità «da posizione», perché deriva dalla qualità di socio e concerne indistintamente e automaticamente tutti i debiti della società: quella del socio non è un’obbligazione da fatto proprio, ma è propria, e scaturisce direttamente dalla legge. Anche il cessionario o conferitario d’azienda risponde di un’obbligazione propria, perché subentra al cedente, e ne risponde in via sussidiaria, in base all’art. 14 del d.lgs. n. 472/97, pur non avendo realizzato il fatto indice di capacità contributiva (Cass. 12 gennaio 2012, n. 255). L’esistenza dell’obbligo della società o del cedente, quindi, è costitutiva dell’obbligo del socio illimitatamente responsabile o di quello del cessionario/conferitario; e quest’obbligo, sebbene diverso per causa, concerne il medesimo oggetto, ossia il debito d’imposta. Si spiega, allora, perché l’ente creditore notifica soltanto alla società o soltanto al cedente l’avviso di accertamento, senza necessità di ‘simultaneus processus’ con i soci o col cessionario/conferitario (tra varie, Cass. 21 novembre 2014, n. 24795; 5 dicembre 2014, n. 25765; 11 maggio 2016, n. 9527): i
soggetti passivi del tributo sono appunto loro ed è rispetto a loro che va accertato che il tributo è dovuto, ai fini della formazione del titolo esecutivo, ossia del ruolo (art. 49, comma 1, del d.P.R. n. 602/73). È quindi sufficiente notificare ai soci illimitatamente responsabili e al cessionario/conferitario d’azienda o di un ramo di essa la cartella di pagamento (Cass. n. 15966/16, cit.) o anche soltanto l’avviso di mora – oggi, l’intimazione di pagamento- (Cass. 13 gennaio 2006, n. 618; 16 maggio 2007, n. 11228; 1 ottobre 2014, n. 20704; n. 25765/14, cit.; 16 marzo 2018, n. 6531), atti giuridicamente dipendenti dal ruolo già formatosi nei confronti del soggetto passivo d’imposta (sulla giuridica dipendenza della cartella dal ruolo, si veda Cass., sez. un., 2 ottobre 2015, n. 19704)’».
2.2. Nello stesso senso, più recentemente, Sez. 5, n. 18117 del 24/06/2021, in motivazione (par. 4.2, p. 12 s.), rileva: ‘ per questa Corte l’avviso di accertamento, relativo al pagamento delle imposte e delle sanzioni, diretto al cedente dell’azienda o di un suo ramo non deve essere notificato anche al cessionario, né in caso di cessione lecita, né in quella in frode al fisco, in mancanza di espressa deroga al principio generale, desumibile dall’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, secondo cui l’avviso di accertamento è notificato al contribuente e non agli altri soggetti che, a vario titolo, possano essere tenuti al pagamento dell’imposta accertata (Cass., sez. 5, 14 marzo 2014, n. 5979). Inoltre, l’articolo 25, primo comma, d.P.R. n. 602 del 1973, prevede che “il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza”. Pertanto, il concessionario può alternativamente notificare la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo oppure al coobbligato. In caso di cessione di ramo d’azienda, come nella specie, tra il cedente ed il cessionario si instaura un rapporto di solidarietà dipendente successiva. Ciò consente al concessionario di notificare la cartella esclusivamente al debitore
principale, senza necessità di una ulteriore notifica nei confronti del coobbligato solidale (cessionario)’» e viceversa.
2.3. Principi ribaditi ancor più recentemente da Cass. n. 13619 del 2024.
2.4. E’, quindi, errata in diritto la statuizione della sentenza impugnata che ha ritenuto necessaria, ai fini della responsabilità del cessionario d’azienda ex art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997, l’emissione, da parte dell’amministrazione finanziaria, di « un apposito atto funzionale a rilevare la sussistenza dei presupposti per l’attivazione di tale responsabilità (non essendo possibile procedere invece direttamente con l’esecuzione come ha fatto l’appellante), non notificando a quest’ultimo alcuna cartell a di pagamento».
Con il secondo motivo viene dedotta la « Violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 49 e ss. del d.P.R. n. 602 del 1973 ed in particolare dell’art. 57 del citato d.P.R.: difetto di giurisdizione in parte qua del Giudice tributario nei confronti del Giudice ordinario (art. 360, comma primo, n. 1, c.p.c.) ».
3.1. La ricorrente censura la sentenza impugnata che, pur avendo affermato la giurisdizione del giudice tributario, aveva svolto «abnormi ed illegittime valutazioni sulla correttezza della procedura esecutiva», avendo dapprima affermato che l’Ufficio non aveva fornito prova del rispetto dei limiti imposti dall’art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 alla responsabilità del c essionario del ramo d’azienda e quindi si era occupata della questione dell’osservanza del beneficium excussionis e del valore del ramo d’azienda ceduta.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la « Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14 D. Lgs. 472/97, e degli artt. 14 e 25 del D.P.R. n. 602 del 1973 (art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c.) ».
4.1. Fermo quanto sopra esposto con riferimento al secondo motivo e ribadendo che le questioni trattate dalla CGT-2 erano riservate al Giudice ordinario, la ricorrente sostiene che la società cedente risultava
posta in liquidazione sin dal 27/11/ 2017 per ‘ la perdita o la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale ‘ e , quindi, appariva chiaro che il beneficio di legge non poteva operare proficuamente perché, da un lato, il patrimonio della cedente era sicuramente incapiente ed insufficiente per soddisfare la pretesa erariale (alla luce della ragione dello scioglime nto) e, dall’altro, era in corso lo scioglimento della società, volto alla sua definitiva cancellazione.
I due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché tra loro strettamente connessi.
Va preliminarmente rilevato che questa Corte, nel diverso giudizio deciso all’odierna adunanza camerale, relativo all’intimazione di pagamento, ha accolto il motivo proposto dalla società contribuente con riferimento al limite di valore della sua responsabilità ex art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997 e, sul rilievo che alla stessa era stato intimato, con l’atto impugnato, il pagamento dell’intero debito della cedente (euro 1.207.671,27) e, quindi, ben oltre il limite del valore della cessione del ramo di azienda, pari a 220.000,00 euro, ha ridotto l’entità della pretesa erariale a tale importo, oltre eventuali accessori. Ne consegue che la censura posta su tale questione dalla ricorrente nel presente giudizio è inammissibile per carenza di interesse, anche in considerazione del fatto, pacificamente ammesso dalle parti (pag. 2 del ricorso e pag. 3 del controricorso), che i due atti di pignoramento avevano riguardato importi di molto inferiore al limite di responsabilità della cessionaria.
Fondata è, invece, la censura posta con riferimento al beneficium excussionis , in relazione al quale va ricordato che questa Corte, nella sua massima espressione nomofilattica, ha affermato, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n.114 del 2018, la possibilità per il cessionario di far valere la natura sussidiaria della propria obbligazione, eccependo il beneficium excussionis , tramite l’impugnazione della cartella innanzi al Giudice tributario ma, al
contempo, hanno anche sancito che, essendo pur sempre il coobbligato beneficiato a dover far valere il beneficio al fine di impedire che inizi l’esecuzione vera e propria, non si configura alcuna impossibilità di notificare al coobbligato sussidiario la cartella prima dell’escussione dei beni dell’obbligato principale dal che l’ulteriore principio per cui « la violazione del beneficium excussionis non configura un vizio proprio della cartella, perché la relativa deduzione è eccezione che va a integrare autonoma causa petendi di impugnazione appartenente al perimetro dell’esecuzione. Inoltre la mera violazione dell’ordine che il creditore deve seguire per fare valere le proprie ragioni non può di per sé comportare la caducazione delle pretesa rivolta al socio, ma al più può fondare la richiesta di sospensione dell’esecuzione dell’atto riscossivo impugnato, ex art. 47 del d.lgs. n. 546/92 » (Cass., Sez. U, n. 28709/2020; conf. Cass. n. 14736/2021).
7.1. Principio ribadito da Cass. n. 14736/2021 secondo cui, « in tema di responsabilità solidale ex art. 14 del d.lgs. n. 472 del 1997 del cessionario di azienda o di ramo di essa, va esclusa la nullità della cartella di pagamento» o della successiva intimazione di pagamento, «per il solo fatto che l’emissione della stessa e l’iscrizione a ruolo non siano stati preceduti dalla preventiva escussione del cedente il ramo di azienda, poiché la violazione del “beneficium excussionis” non configura un vizio proprio della cartella ma la relativa eccezione integra un’autonoma “causa petendi” impugnatoria appartenente al perimetro dell’esecuzione che può fondare, al più, la richiesta di sospensione dell’atto riscossivo ex art. 47 d.lgs. n. 546 del 1992 ».
7.2. Orbene, in tema di controversie su atti di riscossione coattiva di entrate di natura tributaria, questa Corte a Sezioni unite ha affermato che «il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così individuato: alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria (inclusi i fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale) che
si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell’atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici; alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell’atto esecutivo come tale (a prescindere dalla esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici) nonché sui fatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, successivi all’epoca della valida notifica della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento o successivi, in ipotesi di omissione, inesistenza o nullità di detta notifica, all’atto esecutivo cha abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione« (Cass., Sez. U, n. 7822/2020; conf. Cass., Sez. U, n. 21642 del 2021).
7.3. Al riguardo e seguendo il percorso argomentativo della sopra citata sentenza delle Sezioni unite, deve ricordarsi:
che l’esecuzione di una pretesa tributaria (come diritto di procedere in executivis ), come per qualsiasi esecuzione suppone l’esistenza di un titolo esecutivo e di esso fa l’individuazione l’art. 49 del d.P.R. n. 602 del 1973, che, nel testo vigente, dispone al primo inciso del comma 1, che «Per la riscossione delle somme non pagate il concessionario procede ad espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo»;
che l’art. 21, comma 1, secondo inciso, del d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che «la notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo» mentre l’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, dispone al comma 1 che «il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento», e, quindi, al comma 2, che «se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa
deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall’articolo 26, di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni»;
che il ruolo, giusta l’art. 19, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 546 del 1992, è atto impugnabile davanti alla giurisdizione tributaria e, quindi, la cognizione di ogni questione che riguardi la pretesa tributaria in esso individuata appartiene alla giurisdizione tributaria; e sempre l’art. 19, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 prevede l’impugnabilità dell’avviso di mora, che attualmente si identifica nell’intimazione di cui all’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973;
che, pertanto, alla giurisdizione tributaria spetta «la cognizione di ogni questione con cui si fossero fatti valere fatti relativi alla pretesa tributaria e su di essa incidenti: a1) sia in senso formale, cioè in quanto afferenti ad atti di manifestazione di essa come provvedimenti autoritativi ed alle regole della loro adozione come atti amministrativi, fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento, e ciò tanto se validamente avvenute quanto se mancate o inesistenti; a2) e sia in senso sostanziale, cioè in quanto afferenti ai fatti costitutivi, modificativi od impeditivi della pretesa tributaria in senso sostanziale, ove però manifestatisi fino alla notificazione della cartella o dell’intimazione di pagamento se v alidamente avvenute e fino allo stesso atto esecutivo, se quella notificazione fosse mancata o fosse avvenuta in modo inesistente o invalido».
7.4. Infatti, le sezioni unite hanno condivisibilmente osservato che dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 57, comma 1, lettera a), del d.P.R. n. 602 del 1973 «nella parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 del codice di procedura civile» (Corte cost. n. 114 del 2018) discende che deve ritenersi ammissibile la tutela
ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. contro gli atti dell’esecuzione fiscale allorquando la contestazione del diritto di procedere all’esecuzione riguardi vicende della pretesa esecutiva tributaria rappresentate da: 1) fatti che siano però successivi ad una valida ed incontestata notificazione della cartella o dell’intimazione di pagamento; 2) «fatti estintivi o comunque incidenti sulla pretesa tributaria oggetto di esecuzione forzata che si verifichino in una situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notifica della cartella e, dunque, di avvenuta conoscenza di tali atti solo a seguito del compimento di un atto esecutivo, allorquando, però, il contribuente per dedurre detti fatti non abbia bisogno, al fine di dimostrarne la verificazione, di sostenere che essa dipenda alla mancata notificazione della cartella, dalla inesistenza della sua notificazione o dalla nullità della sua notificazione pur avvenuta. Il fatto deducibile con l’opposizione all’esecuzione deve dedursi come rilevante e, dunque, come verificatosi secondo la fattispecie normativa regolatrice della pretesa tributaria, non già perché è mancata, è stata inesistente o nulla la notificazione della cartella o dell’intimazione, bensì nonostante ciò e, dunque, in modo indifferente rispetto a dette evenienze», sicché, la deduzione di fatto verificatosi in ragione ed a causa della mancanza, invalidità o inesistenza della notifica della cartella o dell’intimazione di pagamento, suppone comunque l’attivazione della giurisdizione tributaria.
7.5. Illuminante l’esempio fatto dalle Sezioni unite con riferimento alla prescrizione. «Se essa si assume verificata perché la notifica della cartella o dell’intimazione mancò, fu nulla o fu eseguita in modo inesistente e, quindi, non si poté verificare un effetto interruttivo del corso della prescrizione, il preteso fatto estintivo “prescrizione” suppone, per essere apprezzato, l’accertamento di detti vizi della notifica e, dunque, si risolve in una censura il cui esame risulta riservato alla giurisdizione tributaria tramite l’impugnazione della
cartella o dell’intimazione, in quanto conosciute per il tramite ed in forza dell’atto esecutivo che ne rivela l’esistenza».
7.6. Pertanto, il beneficium ex cussionis, essendo un fatto successivo alla incontestata notificazione dell’intimazione di pagamento, rientrando nel perimetro dell’esecuzione e al diritto a procedervi, può essere fatto valere soltanto dinanzi al giudice ordinario, in sede di impugnazione de ll’ atto di pignoramento presso terzi.
In estrema sintesi, il ricorso va accolto, nei termini di cui in motivazione, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CGT-2 del Lazio, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese processuali del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 26 marzo 2025