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Responsabilità associazioni: quando il presidente non paga

La Corte di Cassazione ha esaminato la responsabilità delle associazioni non riconosciute, specificando che il legale rappresentante non risponde dei debiti fiscali dell’ente se dimostra la sua completa estraneità alla gestione. Nel caso di specie, un presidente di un’associazione sportiva dilettantistica è stato esonerato dalla responsabilità solidale dopo aver provato, tramite evidenze di un processo penale, di non aver mai partecipato all’attività gestoria, superando così la presunzione legale. La Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, confermando che la responsabilità non deriva dalla mera carica formale, ma dall’effettiva ingerenza nell’amministrazione.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità Associazioni Non Riconosciute: la Carica Formale Non Basta

La questione della responsabilità delle associazioni non riconosciute per i debiti, specialmente quelli di natura fiscale, è un tema di grande rilevanza pratica. Spesso chi accetta la carica di presidente o legale rappresentante di un ente non profit si interroga sui rischi personali che ne derivano. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali, stabilendo che la responsabilità personale e solidale non scatta automaticamente con la carica, ma richiede un’effettiva partecipazione alla gestione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate a una associazione sportiva dilettantistica (ASD) e, in solido, al suo presidente. L’amministrazione finanziaria contestava una serie di irregolarità contabili e fiscali relative a diverse annualità d’imposta, tra cui la mancata esibizione di documentazione, la non tracciabilità degli incassi e l’assenza dei libri sociali. Tali inadempienze avevano portato alla revoca dei benefici fiscali previsti per le associazioni sportive dilettantistiche.

Inoltre, l’Ufficio aveva rilevato che l’associazione aveva emesso fatture per operazioni ritenute oggettivamente inesistenti, derivanti da presunti contratti pubblicitari. Di conseguenza, l’avviso di accertamento era stato notificato anche al presidente, ritenuto responsabile in solido per le obbligazioni tributarie dell’ente ai sensi dell’art. 38 del codice civile.

La Difesa del Presidente e la Decisione dei Giudici di Merito

Il presidente impugnava l’atto, sostenendo la sua completa estraneità alla gestione dell’associazione. Affermava di non aver mai concluso contratti, compiuto operazioni bancarie, né sottoscritto dichiarazioni fiscali, di fatto disinteressandosi delle sorti dell’ente sin dalla sua costituzione.

A sostegno della sua tesi, produceva prove emerse in un procedimento penale parallelo, nel quale era stata accertata l’apocrifia delle firme a suo nome sui contratti pubblicitari. In quel contesto, egli era stato riconosciuto come persona offesa dal reato commesso da terzi che gestivano di fatto l’associazione. La Commissione Tributaria Regionale, accogliendo l’appello del contribuente, annullava l’atto impositivo, riconoscendo la sua “sostanziale estraneità alla gestione dell’ASD, seppur dovuta a sua negligenza e mancanza di controllo”.

L’Importanza della Gestione Effettiva nella Responsabilità delle Associazioni non Riconosciute

L’Agenzia delle Entrate ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 38 del codice civile. Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, cogliendo l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di responsabilità delle associazioni non riconosciute.

La Corte ha ricordato che, secondo la sua giurisprudenza costante, la responsabilità personale e solidale di coloro che agiscono in nome e per conto dell’associazione non si fonda sulla mera titolarità della carica, ma su una “concreta ingerenza” nell’attività dell’ente. Sebbene esista una presunzione di responsabilità a carico del legale rappresentante per i debiti d’imposta sorti nel periodo della sua carica, tale presunzione non è assoluta.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici di legittimità hanno stabilito che i giudici di appello hanno correttamente applicato i principi di diritto. Hanno ritenuto superata la presunzione di responsabilità ex lege a carico del presidente. Quest’ultimo, infatti, aveva assolto al suo onere della prova, dimostrando la propria totale estraneità alla gestione dell’associazione.

La Corte ha sottolineato come la Commissione Tributaria Regionale avesse basato la propria decisione su elementi di prova concreti, come le perizie calligrafiche e le testimonianze raccolte nel processo penale, liberamente e razionalmente valutate. Il motivo di ricorso dell’Agenzia delle Entrate è stato quindi ritenuto inammissibile, in quanto mirava a ottenere un nuovo esame del merito e una diversa valutazione delle prove, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Conclusioni

La decisione in commento rafforza un principio fondamentale: nel contesto della responsabilità delle associazioni non riconosciute, non è sufficiente la qualifica formale per essere chiamati a rispondere dei debiti dell’ente. La responsabilità solidale prevista dall’art. 38 c.c. presuppone l’aver concretamente agito in nome e per conto dell’associazione. Il legale rappresentante ha la possibilità di vincere la presunzione di responsabilità dimostrando, con prove concrete, di non aver mai partecipato alle decisioni e alla gestione che hanno generato l’obbligazione tributaria.

Il presidente di un’associazione non riconosciuta risponde sempre dei debiti fiscali dell’ente?
No. La responsabilità personale e solidale non deriva automaticamente dalla carica formale. Esiste una presunzione di responsabilità, ma il presidente può essere esonerato se riesce a provare la sua completa estraneità alla gestione e alle attività dell’associazione nel periodo in cui è sorto il debito.

Come può il rappresentante legale di un’associazione dimostrare di non essere responsabile?
Il rappresentante legale deve fornire prove concrete che dimostrino la sua non partecipazione alla gestione. Nel caso esaminato, sono state decisive le risultanze di un procedimento penale, tra cui una consulenza tecnica che attestava la falsità delle firme sui contratti e le testimonianze che indicavano altri soggetti come gestori di fatto dell’associazione.

Le prove raccolte in un processo penale possono essere utilizzate in un processo tributario?
Sì. La Corte ha confermato che il giudice tributario può liberamente e razionalmente valutare gli elementi di prova raccolti in un altro procedimento, come quello penale, per formare il proprio convincimento sui fatti di causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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