Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28971 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28971 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
Oggetto: II.DD. -IVA -avviso accertamento – sanzioni -responsabilità amministratori
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12445/2020 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL), elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL);
-controricorrenti e ricorrenti incidentali -nonché
COGNOME NOME, in proprio e quale ex liquidatore e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE;
-intimato – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, n. 3773/15/2019 depositata il 3/10/2019 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. Il contenzioso riguarda un avviso di accertamento per II.DD. e IVA relativo al periodo di imposta 2009, originato da indagini penali ed emesso sulla base di p.v.c. della Guardia di Finanza da cui emergeva che la società RAGIONE_SOCIALE, operante nel settore dell’edilizia e messa in liquidazione e, si legge in ricorso, cancellata dal registro RAGIONE_SOCIALE imprese in data 24.7.2015, era una cartiera che aveva posto in essere
operazioni inesistenti volte a far figurare costi mai sostenuti, utilizzati per abbattere le imposte dirette e l’IVA.
Il giudice di prime cure, riuniti i ricorsi di NOME COGNOME, ex legale rappresentante della società, di NOME COGNOME, titolare del 100% RAGIONE_SOCIALE quote e amministratore di fatto della società insieme a NOME COGNOME, e di NOME COGNOME, anch’egli ritenuto amministratore di fatto, con sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n.1428/20/2017 confermava le riprese nei confronti dei contribuenti quanto alle imposte, ma non le sanzioni.
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, n. 3773/15/2019 venivano riunite le impugnazioni avverso la sentenza, accolto l’appello principale proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE in relazione alle sanzioni amministrative e accolti parzialmente gli appelli incidentali dei contribuenti.
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso principale per Cassazione affidato ad un unico motivo, cui replicano NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con controricorso e ricorso incidentale affidato a tre motivi, mentre NOME COGNOME è rimasto intimato.
Considerato che:
Con un unico motivo l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente principale prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 d.P.R. n.602/1973 e 37, comma 3, d.P.R. n.600/1973, 73 d.P.R. n.917/86 perché la motivazione della sentenza emessa dal giudice di seconde ha escluso la responsabilità dei contribuenti per le imposte accertate, limitandola alle sole sanzioni ritenendo decisivo il fatto che l’avviso di accertamento nei confronti RAGIONE_SOCIALE persone fisiche non fosse stato preceduto da un accertamento definitivo del debito tributario in capo alla società, ex art.36 d.P.R.
n.602/73, senza considerare che la società è stata uno schermo giuridico fraudolento che ha celato le attività RAGIONE_SOCIALE suddette persone fisiche, quali amministratori di fatto e di diritto, effettive beneficiarie dell’attività ed è responsabile alla luce dell’art.37, comma 3, d.P.R. n.600/1973.
Va dato atto che, in via preliminare, i controricorrenti eccepiscono l’inammissibilità del mezzo di impugnazione in quanto, a differenza di quanto ritiene l’RAGIONE_SOCIALE, il giudice non avrebbe accolto l’appello incidentale ai sensi dell’art.36 cit. e perché la presunta responsabilità RAGIONE_SOCIALE persone fisiche quali soggetti interposti non sarebbe mai stata contestata con l’accertamento impugnato.
2.1. Le eccezioni non possono essere accolte, dal momento che il motivo di ricorso censura il capo della decisione di appello che ha escluso la responsabilità RAGIONE_SOCIALE persone fisiche per le imposte in assenza di accertamento definitivo del debito tributario in capo alla società, sul presupposto che « la responsabilità di amministratori, liquidatori e soci è regolata dall’art.36 d.P.R. n.602/73 » (cfr. p.5 sentenza).
Inoltre, il fatto che sia controversa la questione della responsabilità RAGIONE_SOCIALE quattro persone fisiche, perché amministratori di fatto/di diritto della società e beneficiari RAGIONE_SOCIALE violazioni commesse emerge dalla sentenza stessa, in particolare alle pp. 2 e 3 della sentenza. Ivi il giudice ha accertato che la RAGIONE_SOCIALE è stata una cartiera diretta all’evasione RAGIONE_SOCIALE imposte facendo figurare costi fittizi, e ha affermato: « da tali emergenze, non specificamente contestate dagli appellanti incidentali, emerge che i signori COGNOME e COGNOME (in qualità di amministratori di fatto) e i signori COGNOME e COGNOME (amministratori formali) concorsero nella realizzazione del sodalizio criminoso sopra descritto » ( ibidem p.3). La questione è stata perciò oggetto di espressa pronuncia nel
capo della decisione, impugnato dal ricorso principale in modo pertinente.
Ciò premesso, il motivo di ricorso è fondato, per le ragioni appresso chiarite.
3.1. Il giudice d’appello ha escluso la responsabilità per i tributi, II.DD. e IVA degli intimati, di cui la sentenza stessa chiarisce che due sono amministratori di diritto della società di capitali in liquidazione e due sono amministratori di fatto e beneficiari RAGIONE_SOCIALE violazioni contestate, ritenendo che, in forza dell’art.36 d.p.r. 602/1973, affinché sussistesse la responsabilità RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, sarebbe stato necessario a monte un accertamento del debito definitivo in capo alla società, non presente nella fattispecie.
3.2. L’RAGIONE_SOCIALE impugna tale statuizione, ritenendo non applicabile l’art.36, in quanto « è pacifico che il presupposto fattuale sia tutt’altro che quello rinveniente dall’art. l’art.3 6 d.P.R. n. 602/73 che, pertanto, non è stato applicato dall’amministrazione finanziaria » (cfr. p.11 ricorso). L’RAGIONE_SOCIALE ritiene che nei confronti degli intimati il titolo di responsabilità debba essere al contrario individuato nellart.37, comma 3, d.P.R. n. 600/73.
3.3. La norma da ultimo citata prevede che « In sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona » . Benché il disposto di legge non sia espressamente enunciato nell’avviso, nei brani riportati in ricorso l’avviso indica i presupposti fattuali per l’applicazione della norma . Infatti, l’avviso contesta che la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione è stata nel periodo di imposta un mero schermo che ha posto in essere operazioni oggettivamente inesistenti per far figurare costi ai fini
dell’abbattimento RAGIONE_SOCIALE imposte con vantaggio dei quattro intimati amministratori, due di fatto e agenti uti dominus e due di diritto.
3.4. Il Collegio non ignora che di recente Cass. Sez. 5, ordinanza n. 8696 del 02/04/2025 ha affermato, in parte motiva, che « non esiste, in definitiva, come chiarito ancora di recente da questa Corte (v. Cass. n. 8811 del 2021) una responsabilità degli amministratori (anche di fatto) per i debiti fiscali della società, mancando una norma che indichi una sorta di successione o coobbligazione dei debiti tributari, della società, a carico dei suoi amministratori » . Dalla decisione è stato anche tratto il principio secondo cui: « In tema di obbligazioni tributarie, l’autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza le società di capitali implica l’esclusiva imputabilità alla società dell’attività svolta in suo nome e dei relativi debiti, sicché, non essendo applicabile la norma derogatoria e speciale di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 602 del 1973, va esclusa la responsabilità degli amministratori, anche di fatto, per i debiti fiscali della società » .
Tuttavia, quel caso è diverso dal presente, in quanto ha riguardato solo una ripresa IVA e, oltretutto, portata da una cartella di pagamento. Va poi considerato il contenuto della decisione Cass. n. 8811 del 2021, sopra richiamata, relativa ad un caso di responsabilità di un amministratore di fatto cui erano stati contestati debiti per II.DD. e IVA della RAGIONE_SOCIALE, sulla base dell’art.36 d.P.R. n. 602 del 1973 che, pur accogliendo la tesi della intrasmissibilità parziale dell’imposta in capo all’amministratore di fatto, ha specificato che la previsione dell’art.36 è applicabile alle sole imposte sui redditi e, dunque, non anche all’imposizione sul valore aggiunto o sulle attività produttive, essendo così espressamente previsto dall’art. 19, decreto legislativo n. 46/1999.
E allora, bene ha fatto l’ordinanza 8696 del 2025, tra l’altro, ad escludere l’applicazione dell’art.36 cit., ma va precisato che questo è avvenuto in forza del l’art.19 decreto n. 46/1999 , per controversia esulante dalla riscossione RAGIONE_SOCIALE imposte sul reddito.
Peraltro, l’art.36 d.P.R. 602 non è l’unica eccezion e all’autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza le società di capitali e può applicarsi anche l’ art.37, comma 3, d.P.R. n. 600/73 quale titolo di responsabilità de ll’ amministratore per i debiti della società, se l’Amministrazione deduce che la persona fisica è l’effettiv a percettrice del reddito per interposizione, mero schermo, della società artificiosamente creata.
Questo emerge dalla condivisibile giurisprudenza della Sezione, proprio relativa ad un caso di evasione in presenza di frode carosello (cfr. Cass. Sez. 5, sentenza n. 23231 del 25/07/2022) secondo la quale, in tema di accertamento su IVA e imposte dirette, ai sensi dell’art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti del soggetto che abbia gestito uti dominus una società di capitali si determina la traslazione del reddito d’impresa. Egualmente, vengono traslate le relative imposte in capo a costui, quale effettivo possessore del reddito della società interposta.
Si instaura, così, un rapporto di mandato senza rappresentanza, dove il mandatario è il gestore uti dominus e la mandante è la società, sicché, ove le prestazioni di servizi cui il primo abbia partecipato per conto della seconda siano soggette a IVA, vi è soggetto pure il rapporto giuridico tra il mandatario e la società interposta. Incombe sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, il totale asservimento della società interposta all’interponente, e sul contribuente quello di fornire la prova contraria dell’assenza di interposizione, ovvero della mancata percezione dei redditi del soggetto interposto.
Cass. n.23987/2025, ha poi ulteriormente sviluppato tale interpretazione affermando che « a ben vedere, allora, l’esegesi della disciplina positiva, pur originariamente focalizzata sulla verifica della effettiva operativit à della societ à , della sua vitalit à , dietro la quale pu ò nascondersi un amministratore di fatto, ha opportunamente perso interesse a
‘classificare’ il ruolo, ossia la funzione del soggetto operante ‘dietro’ la medesima societ à ».
In altri termini, « non è cio è utile comprendere se ci si trovi o meno al cospetto di un amministratore formale o un amministratore di fatto. Quello che invece deve emergere è che il soggetto terzo si comporti uti dominus , ossia come colui che ne gestisce e dirige le risorse -autonomamente dalla societ à e anche, se del caso, indipendentemente dagli interessi di questa-, ideando e ponendo in essere le condotte (illecite) dalle quali e per le quali possa insorgere un credito erariale. In tali ipotesi assume rilevanza non il rapporto fiscale della societ à , ma quello che fa capo direttamente all’interponente, che dunque è l’effettivo possessore del reddito d’impresa ed al quale dunque l’amministrazione finanziaria ha diritto di chiedere conto » (ord. ult. cit.).
La citata ordinanza ha anche riaffermato che , con riguardo all’IVA « trova altrettanta coerenza l’opinione secondo cui, nell’esecuzione RAGIONE_SOCIALE prestazioni di servizi tra il soggetto gestore uti dominus e la societ à , si instaura, quando il primo agisca in nome proprio, sia pure per conto della società un rapporto riconducibile al mandato senza rappresentanza, dove il mandatario è il gestore e il mandante è la societ à . Ci ò si verifica, in particolare, quando l’imprenditore, che gestisca RAGIONE_SOCIALE societ à cartiere, disponga in autonomia in merito alle attivit à e alle transazioni e decida, per conto della societ à , sulla realizzazione RAGIONE_SOCIALE operazioni commerciali, individuando, ad esempio, i venditori (esteri) e i successivi acquirenti (nazionali) ».
La Corte ha anche ricordato, su piano del diritto eurounitario, come « l’art. 6, par. 4, della Sesta direttiva, corrispondente all’art. 3, terzo comma, d.P.R. n. 633 del 1972, stabilisce che, qualora un soggetto passivo partecipi, in nome proprio ma per conto terzi, ad una prestazione di servizi, si deve ritenere che egli stesso abbia ricevuto o fornito
i detti servizi a titolo personale. Si realizza, in altri termini, la finzione giuridica di due prestazioni di servizi identiche, fornite consecutivamente sull’assunto che l’operatore che partecipa alla prestazione di servizi abbia in un primo tempo ricevuto i servizi in questione da prestatori specializzati prima di fornire, in un secondo tempo, gli stessi servizi all’operatore per conto del quale agisce (v., tra le varie, Corte di giustizia, 4 maggio 2017, in causa C- 274/15, Commissione c/ Lussemburgo , punto 86; nella giurisprudenza interna, v., ex multis , Cass., 23 novembre 2018, n. 30360; 29 settembre 2020, n. 20591): il mandatario, quindi, assume e acquista in nome proprio, rispettivamente, gli obblighi e i diritti derivanti dal compimento dell’affare trattato per conto del mandante.
Ne deriva che se la prestazione di servizi a cui l’operatore partecipa è soggetta all’I VA, pure il rapporto giuridico tra costui e la parte per conto della quale agisce è soggetto all’I VA (v. Corte di giustizia, in causa C274/15 cit., punto 87). L’irregolarità RAGIONE_SOCIALE operazioni riferite al mandante, infine, se, da un lato, non esime il mandatario senza rappresentanza dall’obbligo di provvedere alla fatturazione posto che quale soggetto passivo, nel rapporto con il mandante, è tenuto al vaglio critico de ll’operazione (e di verificare, quindi, il regime fiscale e di fatturazione), dall’altro comporta, ove vengano in rilievo come nella specie -operazioni soggettivamente inesistenti inserite in una frode carosello, che ci ò refluisce sulla sua posizione, neppure essendo in dubbio la consapevolezza della frode ».
9. Da Cass. n.23987/2025 è stato così tratto il principio di diritto secondo cui « In tema di imposte dirette e IVA, ai fini della traslazione dell’imponibile dalla società al soggetto che l’ha gestita uti dominus , tale da assicurare la ripresa a tassazione nei confronti di quest’ultimo
RAGIONE_SOCIALE imposte dovute, non è decisivo classificare la funzione del soggetto operante dietro la medesima società e, quindi, comprendere se ci si trovi o meno al cospetto di un amministratore formale o un amministratore di fatto, in quanto ciò che rileva e se il soggetto terzo si comporta uti dominus, ossia come colui che ne gestisce e dirige le risorse – autonomamente dalla società e, se del caso, indipendentemente dagli interessi di questa – ideando e ponendo in essere le condotte illecite da cui deriva un credito erariale. ».
9.1. Orbene, nel caso in esame il Collegio osserva che la CTR afferma a pag.3 della sentenza che la RAGIONE_SOCIALE, oltre a presentare quale unico socio l’RAGIONE_SOCIALE ha «omesso di tenere tutti i libri e i registri contabili obbligatori». La ricostruzione dell’attività fraudolenta è sorretta da una pluralità di argomenti riportati in motivazione: la RAGIONE_SOCIALE è stata «parte di un sistema di oltre 63 società edili (…) fornitrici di manodopera che dichiaravano cospicui -quanto non documentati -crediti d’imposta IVA che venivano usati per compensare le ritenute IRPEF e i contributi previdenziali ed assistenziali. Tutte queste società avevano come amministratore lo studio professionale del rag. NOME COGNOME (…)» (p.2 sentenza). La RAGIONE_SOCIALE, inoltre, accerta il giudice, «risultava amministrata formalmente da COGNOME NOME e successivamente da COGNOME NOME (entrambi nullatenenti) e gestita effettivamente dai geometri COGNOME NOME e COGNOME NOME (cfr. dich. COGNOME NOME e NOME COGNOME (…)» ( ibidem ).
9.2. La CTR ha anche ritenuto che «da tali emergenze, non specificamente contestate dagli appellanti incidentali, emerge che i signori COGNOME e COGNOME, in qualità di amministratori di fatto, e i signori COGNOME e COGNOME, amministratori formali, concorsero nella realizzazione del sodalizio criminoso sopra descritto» (p.3 sentenza).
Le ragioni giuridiche esplicitate, ed i principi di prova emergenti dal quadro che precede, spiegano e giustificano ampiamente la fondatezza
del motivo, con conseguente cassazione della sentenza in relazione alla censura così come accolta.
Il giudice del rinvio dovrà accertare specificamente in fatto, da un lato, se NOME COGNOME e NOME COGNOME si siano ingeriti uti dominus nella gestione della società RAGIONE_SOCIALE, totalmente asservita e RAGIONE_SOCIALE cui attività i due hanno potuto liberamente disporre, facendo proprie le relative risorse e stabilendo le direttive e le indicazioni operative e , dall’altro, se NOME COGNOME e NOME COGNOME, abbiano ricoperto ruoli di amministratori meramente formali. Rivalutato il quadro probatorio e compiuto tale accertamento fattuale, il giudice applicherà il principio di diritto che precede.
Esaminando ora il ricorso incidentale, con il primo motivo i ricorrenti incidentali prospettano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’ art. 7 d.l. n.269/2003 da parte del giudice, per aver mancato di ritenere che, ai fini RAGIONE_SOCIALE sanzioni la previsione è applicabile, con conseguente esclusione di responsabilità in capo ai contribuenti.
Il motivo è infondato in conseguenza dell’accoglimento del ricorso principale.
11.1. Tenendo conto dei principi enunciati in materia di sanzioni relative al rapporto tributario, la giurisprudenza di legittimit à (v. da ultimo Cass. n.23987/2025) « ha intanto ritenuto che esse siano a carico della societ à dotata di personalit à giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, anche quando gestita da un amministratore di fatto, salvo che nelle ipotesi di societ à “cartiera”, atteso che, in tal caso, si tratterebbe di una mera ‘fictio’, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari, commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con il conseguente venir meno della stessa ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola societ à con personalit à giuridica, dovendosi pertanto ripristinare
la regola generale, secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass., 20 ottobre 2021, n. 29038; 22 novembre 2021, n. 36003) ».
11.2. La Corte ha peraltro avvertito che, nell’interposizione del gestore uti dominus alla societ à di capitali interposta « non ha rilievo il rapporto fiscale di quest’ultima, ma quello che fa capo direttamente all’interponente, sicch é la fattispecie esula dal disposto di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmente dell’ente collettivo, vanno rifer ite all’attività del gestore uti dominus (Cass., 25 luglio 2022, n. 23231). L’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, difatti, trova il suo dir etto riferimento nella condotta dell’interponente, il quale è sanzionato in proprio, in relazione all’avvenuta traslazione dei tributi dell’ente collettivo, con conseguente imputazione anche RAGIONE_SOCIALE condotte evasive. L’attenzione speculare alla compagine sociale ha consentito pertanto di affermare che, perché difetti la ratio dell’art. 7, d.l. n. 269 del 2003, che sanziona la sola societ à dotata di personalit à giuridica, e sia ripristinata la regola secondo cui la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito, è necessario acquisire riscontri probatori, anche presuntivi, valevoli ad escludere la vitalit à della societ à medesima, quand’anche gestita da un amministratore di fatto (Cass., 23 gennaio 2023, n. 1946). La vitalit à , infatti si contrappone alla sua gestione e direzione da parte di un soggetto terzo uti dominus . » (Cass. n.23987/2025 ) .
11.3. Alla luce di quanto precede, se la società è un mero schermo, con riferimento alle posizioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME, neppure si pone una questione di applicabilità dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003 e logicamente nei loro confronti il giudice d’appello ha riformato la decisione di primo grado che aveva ritenuto di poter applicare la norma, in quanto l’Amministrazione doveva irrogare le sanzioni diret-
tamente alle persone fisiche che si sono servite RAGIONE_SOCIALE schermo in relazione ai rapporti fiscali a loro strettamente riferibili poiché effettivi possessori del reddito d’impresa e beneficiari RAGIONE_SOCIALE operazioni economiche ai fini IVA. A maggior ragione l’art.7 invocato non si applica con riferimento alla posizione di NOME COGNOME, amministratore di diritto, ma non effettivo della società.
Con il secondo motivo i ricorrenti incidentali deducono, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla circostanza se la società RAGIONE_SOCIALE fosse una mera fictio e se NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME fossero i beneficiari degli illeciti accertati nei confronti della società.
13. Il motivo è inammissibile.
13.1. Il motivo è innanzitutto inammissibile per doppia conforme con riferimento al paradigma del prospettato vizio motivazionale alla luce del doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sia in primo sia secondo grado con riferimento alla questione che i contribuenti fossero amministratori di fatto della società RAGIONE_SOCIALE e beneficiari RAGIONE_SOCIALE frodi da questa formalmente poste in essere (cfr. decisione di primo grado riportata alle pagg.4 e 5 del ricorso e di secondo grado, riportata alle pagg.5-7 dell’atto). Infatti, l’abrogazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata, per quanto qui interessa, dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’ina mmissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il
ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono state tra loro diverse.
13.2. Il mezzo di impugnazione è anche complessivamente inammissibile in quanto impinge nel preciso accertamento fattuale del giudice d’appello, riportato peraltro anche nel corpo del ricorso incidentale, e perché chiede manifestamente il riesame del compendio istruttorio, già valutato in sede di merito.
Va al proposito rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza RAGIONE_SOCIALE riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
Infine, quanto alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico è indubbiamente stato considerato.
Del resto, nel corpo della censura manca la stessa identificazione precisa del fatto storico il cui esame sarebbe stato omesso.
Con il terzo motivo i ricorrenti incidentali censurano, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ex art.112 cod. proc. civ. e l’omessa pronuncia da parte del giudice sulla asserita metodologia induttiva usata dall’Amministrazione nella rideterminazione del reddito e di incongruità del reddito accertato.
Il motivo è inammissibile. Né la sentenza né il ricorso principale fanno menzione di riprese per ricostruzione induttiva del reddito alla base dell’avviso di accertamento impugnato, ma solo al disconoscimento di costi fittizi, ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e IVA. Il giudizio tributario è di impugnazione-merito e nelle porzioni dell’ avviso di accertamento riprodotte per brani alle pagg.2-5 del controricorso e ricorso incidentale si fa riferimento unicamente al disconoscimento dei costi non documentati e, dunque, la prospettazione dei ricorrenti incidentali difetta di interesse ai fini dell’art.100 cod. proc. civ. e di specificità, non essendovi evidenza che la ripresa per ricostruzione induttiva del reddito fosse legittimamente parte della materia del contendere in quanto rientrante nel perimetro definito da ll’atto impositivo.
La sentenza impugnata è perciò cassata in accoglimento del ricorso principale rigettato l’incidentale e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di
secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite. Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso incidentale, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME