Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 33121 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 33121 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4541/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avv . COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avv. COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del LAZIO n. 6239/2022 depositata il 22/12/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
In punto di fatto, dalla sentenza in epigrafe si evince quanto segue:
1.1. La Sig.ra COGNOME NOME propone appello contro la sentenza n. 9182/3/2021, con la quale la CTP di Roma respingeva un ricorso avverso l’avviso di accertamento n. TK504F502973 che, previo disconoscimento del regime fiscale di favore previsto dall’art. 148 TUIR e della qualifica di ente non commerciale dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE, determinava per l’anno 2015 una maggiore IRES per € 15.713, una maggiore IRAP per € 10.996 ed una maggiore IVA per € 101.511.
Avverso la stessa sentenza propone appello anche la detta Associazione, gravame cui risulta assegnato il numero RGA 1449/2022.
I due appelli per evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva devono quindi essere riuniti.
1.2. La Sig.ra COGNOME anche in memorie del 31.10.2022, richiamate tutte le eccezioni già proposte in sede di ricorso introduttivo, lamenta che erroneamente la CTP ha individuato in lei la autrice materiale delle contestate violazioni, attribuendole una qualità di gestore di fatto dell’Associazione in realtà smentita dalle risultanze in atti. Risultanze che permettono inoltre di smentire la natura commerciale dell’Associazione con conseguente indebito disconoscimento del regime agevolativo previsto dall’art. 148 comma 3 TUIR.
La CGT II del Lazio, con la sentenza in epigrafe, così decideva:
respinge l’appello della Associazione, condannandola al pagamento delle spese del grado liquidate in € 10.000; b) accoglie l’appello della Sig.ra NOMECOGNOME compensando le spese del doppio grado di giudizio.
In motivazione osservava:
2.1. Ritiene il Collegio che sia utile rammentare che la presente controversia trae la propria origine dalla emissione da parte dell’Agenzia delle Entrate dell’impugnato avviso di accertamento, che veniva notificato sia all’Associazione RAGIONE_SOCIALE sia alla Sig.ra NOME individuata quale autrice materiale delle contestate violazioni.
Più precisamente l’Ufficio, all’esito di una verifica fiscale effettuata dal 12.1.2018 al 24.5. 2018 accertava a carico della detta Associazione un reddito imponibile ai fini IRES pari ad € 67.440, un valore della produzione netta per € 235.201 ai fini IRAP, ed una imposta non versata per € 103.205. Tutto ciò a seguito del disconoscimento della realtà associativa in presenza di prestazioni di servizi di natura prettamente commerciale, con conseguente disconoscimento delle agevolazioni previste dall’art. 148 comma 3 TUIR.
Lo stesso Ufficio riteneva non effettivamente versate le quote associative per € 5.750, aggiungendo tale importo ai ricavi di natura commerciale; altresì disconoscendo costi per € 4.491,32 in conseguenza della carenza dei requisiti a tal fine previsti dall’art. 109 TUIR.
2.2. Tutto ciò premesso valuta questa Corte che correttamente per quanto riguarda l’Associazione la CTP abbia valutato la legittimità della esclusione del trattamento agevolativo previsto dal citato art. 148 comma 3 DPR 131/1986 in presenza di attività di natura non commerciale (sul punto Cass. 22939/2018).
A tale conclusione è possibile pervenire sulla base delle seguenti considerazioni:
–risulta convocata dall’Associazione una sola assemblea volta all’approvazione del rendiconto, senza poi che venisse compilato un foglio di presenza attestante la partecipazione dei soci;
— non risulta mai discussa da parte degli stessi soci né la gestione dell’attività dell’Associazione, né quale indirizzo ad essa attività imprimere;
— lo stesso libro dei soci reca fogli non numerati e carenti di qualsivoglia intestazione o indicazione del periodo di riferimento;
–l’iscrizione dei soci aveva un termine finale prevedendo il versamento di una quota associativa valida non in riferimento all’anno solare ma a 365 giorni. Circostanza che denota che la partecipazione dei
soci aveva una natura temporanea e legata ad una specifica prestazione da parte dell’Associazione.
.
3.Deve invece essere accolto l’appello della Sig.ra COGNOME identificata dall’Ufficio quale autrice materiale dei contestati illeciti nella sua qualità di Direttore didattico dell’Associazione ai sensi dell’art. 38 codice civile.
Infatti è vero che, come sostenuto dall’Agenzia e ritenuto dalla gravata sentenza della CTP, lo Statuto della Associazione affidava al Direttore didattico tutta una serie di compiti e di prerogative tali da indurne a ritenere un rilevante ruolo nella sua amministrazione.
Ma è altrettanto vero che appare necessario verificare in concreto se questo ruolo sia stato davvero ricoperto dalla Palma, atteso in primo luogo che agli atti non risultano depositati gli assegni che si pretenderebbero dalla medesima compilati; né tanto meno è utile il riferimento ai contratti di locazione dei locali utilizzati dall’Associazione, considerando che essi non recano davvero la sottoscrizione da parte della contribuente.
Al riguardo va infatti rammentato che la Corte di Cassazione ha più volte affermato il principio che chi invoca la responsabilità ex art. 38 c.c. ha l’onere di provare la concreta attività svolta nel nome e per conto dell’associazione (in tal senso Cass. 4747 /2020).
La stessa Corte ha ulteriormente chiarito che a tal fine non è sufficiente il mero richiamo alla carica rivestita da un determinato soggetto (così anche Cass. 12508/2015).
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con tre motivi; resiste la contribuente con controricorso.
Considerato che:
Primo motivo: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.c. e degli artt. 2700 e 2967, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.’.
1.1. ‘Se con riguardo alle obbligazioni in generale si è affermato il principio secondo cui chi invoca in giudizio responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività di chi agisce in nome e nell’interesse
dell’associazione, deve invece affermarsi che nelle obbligazioni ‘ex lege’, in cui l’attenzione si sposta dalla concreta attività espletata dall’associato ai fini dell’insorgenza della specifica obbligazione alla verifica della partecipazione e gestione dell’ente da parte del soggetto, onere probatorio va diversamente ripartito. Grava su colui che invoca in giudizio la responsabilità dell’agente l’onere della prova degli elementi da cui desumere la sua qualità di rappresentante e/o di gestore di tutta o di parte dell’attività dell’associazione, ma grava sul chiamato a rispondere delle obbligazioni ‘ex lege’ dare prova della sua estraneità alla gestione dell’ente. A fronte di tale posizione, il giudice d II grado si è limitato a ribadire l’interpretazione dell’art. 38 c.c. concludendo, ‘sommariamente’ che questa prova non era stata fornita, solo perché non erano stati depositati gli assegni compilati dalla sig.ra COGNOME trascurando tutte le circostanze dedotte’. ‘Il Giudice di seconde cure ha, altresì, trascurato che il P.V.C. è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale, come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale . n sede di PVC è stato rappresentato che ‘. Segue la fotoriproduzione di parte della motivazione del PVC. Il motivo quindi riprende: ‘ppare pertanto evidente come il Giudice di appello abbia omesso di valutare l’onere probatorio assolto dall’Agenzia a sostegno della pretesa e di indicare le ragioni per cui, gli elementi specifici indicati, non fossero dimostrativi del ruolo di gestore svolto dalla sig.ra COGNOME A fronte di ciò, ‘ – la contribuente non ha fornito alcuna prova, circa la mancata sottoscrizione del contratto di locazione dell’immobile sito in Roma, INDIRIZZO (cfr. pag. 31 PVC), in quanto fa riferimento esclusivamente ad un successivo accordo di
modificazione del canone di locazione ; – la contribuente non ha fornito alcuna prova, circa la mancata emissione di assegni bancari per conto dell’Associazione ed evidenziati in sede di PVC (cfr. pag. 31 cit.) ; -la contribuente, inoltre, afferma che detti assegni non sarebbero stati menzionati, quando, invece, come sopra esposto in sede di PVC gli accertatori hanno chiaramente rappresentato che dall’esame delle fatture risulta che la contribuente abbia emesso i relativi assegni bancari’.
Secondo motivo: ‘ Nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4) c.p.c.’.
2.1. ‘Sulla scorta di quanto rilevato in occasione del menzionato motivo n. 1, non può sottacersi che la sentenza impugnata sia viziata anche in considerazione delle disposizioni citate’. ‘l Giudice di seconde cure non ha adeguatamente valutato tutti i suddetti elementi addotti dall’Agenzia delle Entrate ma, soprattutto, non ha valutato quanto fornito dalla contribuente, oltre al fatto che, come detto, non ha proceduto al loro esame complessivo, con conseguente mal governo dei principi di diritti elaborati in materia dalla S.C.’.
Terzo motivo: ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c.’.
3.1. ‘La decisione del Collegio è assolutamente erronea e censurabile essendo stati omessi i fatti debitamente evidenziati in sede di PVC. Premesso che nel P.V.C., come detto, i verbalizzanti constatavano, a pagina 31 dello stesso, che dalla fattura acquisti risultava l’emissione di assegni bancari da parte della sig.ra COGNOME e che il P.V.C. è assistito da fede privilegiata, nell’esprimere la
propria valutazione in ordine al profilo di censura ‘de quo’, i Giudici di appello hanno completamente omesso di esaminare il fatto che l’Ufficio aveva applicato i criteri di imputazione della responsabilità, avendo riscontrato il compimento di una serie di fatti di gestione, per nulla menzionati, in particolare: ‘.
È fondato il primo motivo, che si sottrae alle eccezioni di inammissibilità di cui al controricorso, perché identifica con precisione le censure, adeguatamente svolte in diritto sotto il corrispondente paradigma dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., senza dunque minimamente scivolare in una richiesta di rivisitazione del giudizio di merito, ma identificando le illegittimità che affliggono la sentenza impugnata; restano, per l’effetto, assorbiti gli altri.
Nel dettaglio.
Già nella giurisprudenza meno recente sono illustrati i diversi meccanismi di operatività della responsabilità ex art. 38 cod. civ. in riferimento alle obbligazioni di fonte contrattuale rispetto a quelle di fonte legale. Ad esempio, con chiarezza, insegna S ez. 5, Sentenza n. 5746 del 12/03/2007, Rv. 596612 -01, che, ‘in tema di associazioni non riconosciute, la responsabilità personale e solidale delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, prevista dall’art. 38 cod. civ. in aggiunta a quella del fondo comune, è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente con le esigenze di tutela dei creditori, e trascende pertanto la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale, ricollegandosi ad una concreta ingerenza dell’attività dell’ente: ciò non esclude, peraltro, che per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale, ma “ex lege” al verificarsi del relativo presupposto, sia chiamato a rispondere solidalmente, tanto
per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato, fermo restando che il richiamo all’effettività dell’ingerenza vale a circoscrivere la responsabilità personale del soggetto investito di cariche sociali alle sole obbligazioni sorte nel periodo di relativa investitura’.
Da tale insegnamento s’è più particolarmente tratto il principio secondo cui, ‘nelle associazioni non riconosciute, mentre per i debiti sorti su base negoziale non rileva la posizione astrattamente rivestita dal soggetto nella compagine dell’ente, rispondendo la responsabilità personale e solidale di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, di cui all’art. 38 c.c., all’esigenza di garantire i creditori in assenza di forma di pubblicità legale del patrimonio dell’ente, per i debiti d’imposta, sorti “ex lege”, risponde solidalmente delle sanzioni e del tributo non corrisposto, nel solo periodo di relativa investitura, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia effettivamente diretto la gestione complessiva dell’ente’ (Sez. 6 -5, Ordinanza n. 4747 del 24/02/2020, Rv. 657319 -01).
Ancora recentissimamente – in un caso affatto significativo ai fini del decidere, atteso che ‘la SRAGIONE_SOCIALE ha confermato il rigetto del ricorso avverso un’intimazione di pagamento emessa, a seguito di un avviso di accertamento, nei confronti di un’associazione sportiva dilettantistica e del suo legale rappresentante, in quanto, nel periodo di riferimento, il ricorrente era il legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta, sicché, in assenza di una diversa indicazione, doveva presumersi in capo al medesimo il ruolo di gestore dell’ente rappresentato’ -s’è ribadito che, ‘nelle associazioni non riconosciute non rileva, per i debiti sorti su base
negoziale, la posizione astrattamente rivestita dal soggetto nella compagine dell’ente, poiché la responsabilità personale e solidale di coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, ex art. 38 c.c., corrisponde all’esigenza di garantire i creditori in assenza di forma di pubblicità legale del patrimonio dell’ente; al contrario, per i debiti d’imposta, sorti ex lege, risponde solidalmente delle sanzioni e del tributo non corrisposto, nel solo periodo di relativa investitura, il soggetto che in forza del ruolo rivestito ha effettivamente gestito l’ente’ (Sez. 5, Sentenza n. 11869 del 02/05/2024, Rv. 671389 -01).
In definitiva, ‘in tema di associazioni non riconosciute, per i debiti d’imposta, i quali non sorgono su base negoziale ma ‘ex lege’, è chiamato a rispondere solidalmente, tanto per le sanzioni pecuniarie quanto per il tributo non corrisposto, il soggetto che, in forza del ruolo rivestito, abbia svolto compiti di amministrazione nel periodo considerato, dovendosi presumere che, quale rappresentante, abbia concorso nelle decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori di natura tributaria per conto dell’associazione’ (Sez. 6 -5, Ordinanza n. 1602 del 22/01/2019, Rv. 652724 -01).
Nel caso di specie, è la stessa CGT II a riconoscere che, ‘come sostenuto dall’Agenzia e ritenuto dalla gravata sentenza della CTP, lo Statuto della Associazione affidava al Direttore didattico tutta una serie di compiti e di prerogative tali da indurne a ritenere un rilevante ruolo nella sua amministrazione’. Ciò corrisponde ad una precisa allegazione del motivo, che riproduce per autosufficienza il PVC, dal quale si evince che, a termini dell’art. 13 dello Statuto, il ‘Direttore didattico’ -carica pacificamente rivestita dalla contribuente -‘ha la funzione di gestire l’ordinaria amministrazione dell’Associazione ed in particolare: – il potere di aprire conti correnti
e di effettuare tutte le operazioni attive e passive presso gli istituti di crediti; – il potere di contrattare ed assumere impegni in nome e per conto dell’associazione con soci, dipendenti, fornitori, partner, ecc.; – tutte le operazioni necessarie al corretto svolgimento dell’attività associativa’ (p. 15 ric.).
In buona sostanza, l’ampiezza dei poteri attribuiti al Direttore didattico lo identifica alla stregua di un amministratore, abilitato ad agire in piena e libera rappresentanza dell’ente, impegnandone per l’effetto la responsabilità, anche sul piano tributario.
A fronte di ciò, ha errato la CGT II nel non derivare dal dato testuale dell’art. 13 dello Statuto le debite conseguenze giuridiche, ‘dove’, invece, ‘presumersi in capo al il ruolo di gestore dell’ente rappresentato’ (Sez. 5, n. 11869 del 2024, cit.).
Ha altresì errato la CGT II nel non considerare che, a fronte di tale presunzione, cui viepiù non si accompagna, da parte della medesima CGT II, una disamina complessiva degli indici gestori comunque altresì enucleati nel PVC, spettava alla contribuente forniva rigorosa prova contraria in ordine alla propria estraneità alla gestione dell’associazione.
Un tanto impone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame e per le spese, comprese quelle del grado.
P.Q.M.
In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio per nuovo esame e per le spese.
Così deciso a Roma, lì 8 ottobre 2024.