Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26544 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26544 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/10/2025
Oggetto: RAGIONE_SOCIALE -estensione soggettiva responsabilità -membri comitato direttivo – principio di diritto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12069/2021 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in Roma al INDIRIZZO presso lo studio
dell’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL);
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche n. 732/4/2020 depositata il 19/10/2020, e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 26 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche n. 732/4/2020 depositata il 19/10/2020 veniva rigettato l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e dai componenti del consiglio direttivo della stessa, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, nonché NOME COGNOME in qualità di erede di NOME COGNOME, già legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE, avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Ancona n. 729/3/2018 con la quale era stato rigettato il ricorso proposto dai contribuenti avverso l’avviso di accertamento con il quale l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE accertava maggiori imposte IRES, IRAP, IVA e sanzioni relativamente all’anno di imposta 2011.
Si legge nella sentenza impugnata che l’amministrazione contestava che l’RAGIONE_SOCIALE svolgesse l’attività in violazione RAGIONE_SOCIALE prescrizioni previste dall’art. 148, comma 8, TUIR e di quelle stabilite dallo statuto e non potesse pertanto beneficiare RAGIONE_SOCIALE agevolazioni di cui alla legge n.398/1991. L’Ufficio equiparava conseguentemente i proventi dell’RAGIONE_SOCIALE a quelli derivanti da attività commerciale, rideterminava le relative imposte ed applicava le conseguenti sanzioni.
La CTR riteneva inammissibili le doglianze di difetto di delega del funzionario sottoscrittore dell’atto impugnato e di asserita violazione del contradditorio, in quanto motivi nuovi, dedotti per la prima volta con l’atto di appello, come pure l’ asserito difetto di legittimazione passiva dei membri del consiglio direttivo, i quali nell’avviso impugnato erano stati espressamente chiamati a rispondere in solido con l’RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art 38 cod. civ.
Nel merito, il giudice riteneva che la contribuente non avesse dimostrato la sussistenza dei presupposti per il godimento del beneficio, sia per assenza di una effettiva partecipazione dei soci alla vita associativa, in violazione dell’art 148, comma 8, TUIR, limitandosi l’assemblea a nominare il consiglio direttivo e ad approvare il rendiconto, sia perché accertava una indiretta distribuzione degli utili agli associati, in violazione tanto del citato articolo 148 quanto RAGIONE_SOCIALE statuto dell’RAGIONE_SOCIALE che, all’art.2, prevede la gratuità RAGIONE_SOCIALE cariche associative. Infine, in relazione alle sanzioni, il giudice escludeva l’esistenza di un errore incolpevole e così l’esimente della buona fede, non essendovi contrasto giurisprudenziale in relazione all’interpretazione della disciplina applicabile.
Avverso la sentenza d’appello i contribuenti hanno proposto ricorso per Cassazione affidato a nove motivi, che illustrano con memoria ex
art.380 bis.1. cod. proc. civ., cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso viene prospettata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 24 d.lgs. n. 546/1992 e 38 cod. civ. per aver il giudice ritenuto inammissibile la questione del difetto di legittimazione passiva dei membri del consiglio direttivo dell’ASD in quanto sollevata tardivamente, ovvero in primo grado per la prima volta con le memorie illustrative.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, in rapporto all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’ art. 112 cod. proc. civ. per avere la Commissione Tributaria Regionale RAGIONE_SOCIALE Marche omesso di pronunciarsi sul secondo motivo di appello relativo alla violazione e falsa applicazione dell’art. 38 cod. civ. e, quindi, sulla dedotta illegittima estensione della responsabilità tributaria dell’ASD a tutti i membri del consiglio direttivo dell’RAGIONE_SOCIALE , con conseguente nullità del procedimento e della sentenza.
Il terzo motivo di impugnazione, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 cod. civ. in merito alla sussistenza dei presupposti per estendere la responsabilità tributaria ai membri del consiglio direttivo dell’RAGIONE_SOCIALE, con conseguente asserita nullità della sentenza
I motivi sono di trattazione congiunta, in quanto la decisione sul secondo e terzo mezzo dipende dall’ eventuale accoglimento del primo, e complessivamente sono fondati, nei limiti che seguono.
4.1. In primo luogo, il Collegio osserva che il giudice si è latamente pronunciato sulla questione della responsabilità tributaria dei membri
del consiglio direttivo dell’RAGIONE_SOCIALE, poiché a pagina 2 della sentenza si legge: «risulta ugualmente inammissibile l’asserito difetto di legittimazione passiva dei membri del consiglio direttivo». Il giudice, in sintesi, ritiene che la questione sia stata tardivamente proposta, poiché «tale eccezione è stata sollevata con le memorie illustrative depositate in primo grado (…) in relazione ai motivi in questione non può essere invocata la loro asserita rilevabilità d’ufficio » ( ibidem ).
4.2. Al proposito il Collegio rammenta che il processo tributario ha natura impugnatoria e l’indagine del giudice è dunque limitata, ad istanza di parte, ai motivi di ricorso diretti a colpire i presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione finanziaria, che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado entro le preclusioni interne alle fasi e ai gradi del giudizio tributario (cfr., tra le molte, Cass. n. 13087 del 8/9/2003 e Cass n.10802 del 5/5/2010). Entro gli stessi limiti possono essere esaminati nel giudizio tributario tutti i vizi che inficiano la validità dell’atto tributario (cfr., ad es., Cass n.13126 del 24/6/2016; Cass n.24669 del 14/9/2021).
In linea generale vi è un divieto di introdurre nuovi motivi in sede di memorie illustrative, ai sensi dell’art. 24, comma 2, d. lgs. n. 546/92, in quanto il thema decidendum è circoscritto dal ricorso. Il disposto citato prevede che «L’integrazione dei motivi di ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera RAGIONE_SOCIALE altre parti o per ordine della commissione, è ammessa entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’interessato ha notizia di tale deposito».
La norma consente la proposizione di “motivi aggiunti” solamente nel corso del primo grado di giudizio e alla condizione, da interpretarsi restrittivamente (v. Cass. n. 14165 del 24/05/2021), che essa sia resa
necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera RAGIONE_SOCIALE altre parti entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’interessato ha notizia di tale deposito. È inoltre pacifico in giurisprudenza (cfr. Cass. n. 19616 del 24/07/2018, conforme a Cass. n. 22662 del 24/10/2014), che nel processo tributario è inammissibile la deduzione, nella memoria di cui all’art.32, d.lgs. n.546/1992 , di un nuovo motivo di illegittimità dell’avviso di accertamento, in quanto il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la causa petendi entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dall’art.24, comma 2, cit..
4.3. Tuttavia, siffatta preclusione nei termini sopra descritti non opera in presenza di questioni che comunque devono essere rilevate dal giudice, come la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso, la quale è rilevabile d’ufficio se risultante dagli atti di causa (Cass. n. 8625 del 1/4/2025; conforme a Cass. Sez. U. n. 2951 del 16/2/2016). Il giudice ha perciò l’obbligo di esaminare d’ufficio la questione della legittimazione dei membri del consiglio direttivo dell’ASD ai fini della prospettata loro responsabilità per i debiti tributari dell’ente . A maggior ragione l’obbligo esiste nel caso in esame in cui la questione è stata evidenziata nella memoria in primo grado e riproposta come motivo di appello avverso la sentenza di primo grado, riprodotto nella parte rilevante a p.13 del ricorso per Cassazione. Ivi si legge, tra l’altro : « Infatti a pag. 9 dell’impugnato avviso di accertamento si può leggere che l’RAGIONE_SOCIALE individua come corresponsabili dell’accertamento ai sensi dell’art. 38 cod. civ. i componenti del Consiglio Direttivo, presumendo una responsabilità oggettiva degli stessi soggetti legata al ruolo formale rivestito all’interno della ASD. » .
Funditus , la questione posta all’attenzione del giudice e che non pare pienamente colta dalla sentenza impugnata investe l’estensione soggettiva della responsabilità tributaria dei componenti del consiglio direttivo dell’RAGIONE_SOCIALE.
5.1. Nessun dubbio sussiste sulla responsabilità per le obbligazioni tributarie dell’RAGIONE_SOCIALE in capo a coloro che, oltre ad essere componenti del consiglio direttivo, hanno ricoperto nel periodo rilevante anche la carica di legale rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE e risultano altresì sottoscrittori della dichiarazione fiscale, ossia NOME COGNOME e NOME COGNOME (cfr. avviso riprodotto in parte a pag.16 del ricorso). Nei loro confronti trova applicazione la condivisa giurisprudenza della Corte in materia di responsabilità del rappresentante dell’RAGIONE_SOCIALE per gli obblighi di natura fiscale, anche con riferimento ad annualità pregresse all’assunzione della carica, Cass. n.17576/2025. Ad abundantiam , si veda anche il condivisibile arresto di Cass. 11869/2024, secondo cui per i debiti tributari, in relazione alla dichiarazione dei redditi, risponde non solo chi ha firmato, ma anche il legale rappresentante che non ha controllato.
Più complessa è la posizione dei ‘semplici’ componenti del consiglio direttivo, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che richiede una ricostruzione in diritto ulteriore.
6.1. Al proposito, l’elaborazione della Corte, seppure non in materia tributaria (cfr. Cass. Sez. 1 n. 10490 del 18/4/2024; Cass. Sez. 3 n. 18188 del 25/8/2014 e Cass., Sez. 3, n.26290 del 14/12/2007), è nel senso che la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 cod. civ., di colui che ha agito in nome e per conto dell’RAGIONE_SOCIALE riconosciuta sussiste in quanto sia collegata non alla mera titolarità
della rappresentanza dell’RAGIONE_SOCIALE stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori tra l’ente e terzi.
6.2. Tale approdo è logico ed è condiviso dal Collegio e non vi sono ragioni per non applicarlo anche con riferimento alle obbligazioni tributarie e al connesso onere della prova in capo all’Amministrazione finanziaria.
Infatti, va considerato che non tutti i membri dell’RAGIONE_SOCIALE sono responsabili per il mero fatto che in assemblea ratificano periodicamente le decisioni del consiglio direttivo. Essi non sono amministratori né hanno la rappresentanza dell’ente , a differenza dei componenti del consiglio direttivo. Conta la rappresentanza all’esterno , e il consiglio direttivo è l’organo deliberante dell’RAGIONE_SOCIALE e, dunque, è investito da un potere di rappresentanza esterna. Tuttavia, l’estensione soggettiva della responsabilità per le obbligazioni tributarie dell’ente investe il singolo componente del consiglio direttivo solo allorquando la proiezione esterna che impegna l’RAGIONE_SOCIALE verso terzi sia stata concretamente esercitata attraverso un’attività negoziale che impegni l’ente verso terzi.
6.3. Ai fini dell’applicazione dell’art.38 cod. civ. nella fattispecie, non è dunque sufficiente che l’RAGIONE_SOCIALE che invoca tale titolo di responsabilità dimostri la carica rivestita dalla persona all’interno dell’ente di componente del consiglio direttivo, ma dev’essere fornita la prova della concreta attività svolta da costui in nome e per conto dell’RAGIONE_SOCIALE e tale onere, per quanto concerne le obbligazioni tributarie dell’ente , grava sull’Amministrazione finanziaria attrice sostanziale.
Orbene, considerato che alla luce della disamina che precede il punto dirimente è stabilire se le sedute del consiglio direttivo di cui hanno fatto parte NOME COGNOME e NOME COGNOME nel periodo di imposta
per cui è causa hanno posto in essere attività idonee ad impegnare l’RAGIONE_SOCIALE verso terzi, poiché in ciò risiede l’essenza RAGIONE_SOCIALE svolgimento di eventuale attività negoziale concretamente svolta per conto dell’ente e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori tra l’ente e terzi, è necessario a riguardo un accertamento fattuale del giudice del merito.
7.1. Il giudice del rinvio si atterrà al seguente principio di diritto:
« La responsabilità personale e solidale ex art.38, comma 2, cod. civ. del ‘semplice’ componente del consiglio direttivo per le obbligazioni tributarie dell’RAGIONE_SOCIALE, che non sia anche legale rappresentante e sottoscrittore della dichiarazione, non è automatica e richiede la dimostrazione da parte dell’Amministrazione finanziaria di una sua attività negoziale concretamente svolta nei confronti di terzi per conto dell’ente, creando rapporti obbligatori fra questa e i terzi » .
Con il quarto motivo di impugnazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 73, 143, 148 e 149 TUIR e dell’art. 7 della L. n. 186/2004, per aver fatto il giudice discendere la decadenza RAGIONE_SOCIALE agevolazioni previste dalla L. n. 398/91 alla presunta violazione dell’art. 148 del TUIR.
Con il quinto motivo, ai fini dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si prospetta anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 148 TUIR per aver ritenuto non rispettati i requisiti della partecipazione alla vita associativa dell’ente, della democraticità RAGIONE_SOCIALE stesso e del divieto di distribuzione indiretta di utili.
9.1. Con il settimo motivo di impugnazione si deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 67, 69 e 148 TUIR, 35 del D.L. 207/2008, della L. 398/91 e
degli artt. 27 e 3 del d.P.R. 600/73 per aver il giudice ritenuto dimostrata la distribuzione indiretta degli utili ad alcuni soci.
10. I motivi, connessi, sono inammissibili per più ragioni.
Da un lato è inammissibile la richiesta, articolata come violazione di legge, diretta ad ottenere un rinnovato apprezzamento della prova con riferimento alla presenza dei requisiti di cui all’art.148 TUIR. Infatti, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (cfr. Cass. 30 dicembre 2015 n. 26110 e giurisprudenza ivi citata) in tema di ricorso per Cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa. Viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione. Dall’altro, le censure sono anche chiaramente tese ad ottenere un nuovo apprezzamento della prova, precluso nei termini proposti in sede di legittimità.
Inoltre, con riferimento al tema della democraticità il giudice ha accertato, tra l’altro, l’assenza di una effettiva partecipazione dei soci alla vita associativa, requisito essenziale previsto dall’art 148, comma 8, TUIR, limitandosi l’assemblea a nominare il consiglio direttivo e ad approvare il rendiconto, oltre che del divieto di distribuzione indiretta di utili, logicamente ha confermato l’esclusione dell’RAGIONE_SOCIALE dai benefici.
Da ultimo, si dà atto che alle pagg.12 e 13 della memoria illustrativa i ricorrenti fanno riferimento, tra l’altro, ad una pronuncia della CTR Marche loro favorevole; da essa non possono trarsi effetti vincolanti nel presente giudizio, in quanto non solo relativa a diverso periodo di imposta in relazione alle imposte erariali, ma anche pacificamente non
definitiva, in quanto, si legge, impugnata davanti alla Corte di cassazione.
Con il sesto motivo del ricorso si censura in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del comma l, n. 5 dell’art. 148 TUIR per non aver il giudice esaminato il contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei soci in merito alla regolare convocazione alle assemblee sociali dei vari soci della stessa ASL.
Il motivo è inammissibile per concorrenti profili.
12.1. Il motivo è innanzitutto inammissibile per doppia conforme con riferimento al paradigma del prospettato vizio motivazionale alla luce del doppio rigetto della prospettazione di parte contribuente sia in primo sia secondo grado. Infatti, l’abrogazione dell’ar t. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n.206/2021 attuata per quanto qui interessa dal d.lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il ricorrente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono state tra loro diverse.
12.2. Sotto un ulteriore concorrente profilo di inammissibilità, va poi rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza RAGIONE_SOCIALE riprese: la gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge vanno desunti dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente
da solo), sebbene preceduto dalla considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che dalla valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria.
Infine, quanto alla valutazione della prova contraria, il Collegio osserva come, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti e, come sopra visto, nella fattispecie il fatto storico è indubbiamente stato considerato.
Con l’ottavo motivo di impugnazione si deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, del d.lgs. 446/97 e della L. 398/91 avendo il giudice affermato l’indeducibilità ai fini Irpef dei costi come conseguenza della ritenuta inapplicabilità della L. 398/91.
14. Il motivo è inammissibile, perché impinge nel preciso accertamento fattuale del giudice circa la riqualificazione RAGIONE_SOCIALE indennità per attività istituzionali in distribuzione indiretta di utili, costi indeducibili ai fini IRAP, compiuto nei seguenti termini «Destituite di fondamento risultano di conseguenza tutte le considerazioni svolte in relazione alla rideterminazione della base imponibile che l’Ufficio ha effettuato, in quanto le erogazioni in favore dei soci non possono considerarsi -in mancanza di una prova certa – dei compensi per attività RAGIONE_SOCIALE.» (cfr. penultima pagina della sentenza). Il ricorso non contesta in modo specifico l’accertamento di assenza del requisito della certezza dei costi in questione.
15. Con il nono motivo si deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360, comma 1, n. 4, dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 4 del d.P.R. 633/72 e della L. 398/91 perché la CTR non si è pronunciata sull’applicazione dell ‘IVA che, comunque, non era dovuta e, in ogni caso, avrebbe dovuto essere scorporata dai corrispettivi incassati e non applicata in aumento.
16. La censura è inammissibile, poiché nella sentenza impugnata non si rinviene una esplicita pronuncia sulla questione e, ai fini della specificità, a pag.42 del ricorso si riporta il motivo di appello, ma non si dà evidenza della tempestiva introduzione in primo grado, con conseguente preclusivo difetto di specificità e localizzazione della doglianza. 17. La sentenza impugnata è conclusivamente cassata in accoglimento dei primi tre motivi, nei limiti suddetti, rigettati i restanti.
Per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Marche in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie i primi tre motivi del ricorso, nei limiti di cui in motivazione, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado RAGIONE_SOCIALE Marche, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME