Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28965 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28965 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
Oggetto: sanzioni -società di capitali – responsabilità amministratore
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26986/2019 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO (pec: EMAIL), elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 748/15/2019 depositata il 19/2/2019 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 748/15/2019 veniva accolto l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 4843/12/2017 con la quale era stato accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME contro l’ atto di irrogazione sanzioni relativo al periodo di imposta 2007 per plurime violazioni commesse in qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, società operante nel settore dell’edilizia , da cui era anche scaturito un procedimento penale e un p.v.c. della Guardia di Finanza.
Si legge nella sentenza impugnata che il giudice di prime cure riteneva illegittimo l’atto impugnato, in quanto le sanzioni per violazioni in materia tributaria dovevano essere comminate con l’avviso di accertamento relativo ai tributi ex art. 17, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997, come modificato dal d.l. n. 98 del 2011 e non, come avvenuto nella specie, con atto distinto. Inoltre, il giudice di primo grado riteneva che
l’annullamento dell’avviso di accertamento nei confronti della società, per effetto di una precedente sentenza della CTP, determinasse anche il venir meno del fondamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni nei confronti del ricorrente.
Il giudice d’appello , in primo luogo, riteneva superabile l’eccepito vizio di ultra/extrapetizione, per aver il giudice di primo grado applicato l’art.17, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997 in assenza di domanda di parte, ritenuta una mera operazione di qualificazione dei fatti che portava all’infondatezza della pretesa dell’RAGIONE_SOCIALE. Nel merito, riformava la decisione di primo grado, stabilendo che nella fattispecie non trovava applicazione l’art.7 d.l. n.269/2003, dal momento che la società operava nell’interesse della persona fisica e, dunque, correttamente le sanzioni erano riferite al contribuente.
Avverso la sentenza d’appello NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 61 e 36, comma 2, n.4, d.lgs. n.546/1992 e 132, n. 4, cod. proc. civ. nella parte in cui il giudice d’appello, tenuto conto del ricorso introduttivo in cui il contribuente aveva evidenziato la nullità dell’atto per illegittima duplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e la CTP, su tale specifico motivo, aveva accolto il ricorso, a fronte dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE che deduceva il vizio di ultrapetizione, aveva « respinto l’eccezione preliminare dell’RAGIONE_SOCIALE » (cfr. p.16 ricorso). Secondo il ricorrente, il giudice, confermando la decisione di primo grado sulla questione preliminare e poi esaminando il merito, sarebbe incorso in un vizio di motivazione apparente.
Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità e infondatezza.
2.1. Innanzitutto, il contribuente non ha un apprezzabile interesse ex art.100 cod. proc. civ. a proporre la questione, dal momento che egli stesso riporta che sull’ultra/extrapetizione in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure, compreso il profilo della duplicazione della sanzione, il giudice d’appello si è pronunciato, seppure in modo succinto, espressamente rigettando la questione dell’amministrazione appellante.
2.2. In ogni caso, come del resto si legge anche in ricorso, la questione è riportata in sentenza ove si legge a pag.2 che secondo l’RAGIONE_SOCIALE appellante « neppure sussisterebbe una duplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni » rispetto a quelle irrogate con il precedente avviso di accertamento, il quale è stato notificato alla società e agli amministratori, mentre l’atto di irrogazione sanzioni alla base del presente processo è indirizzato all’amministratore di fatto. L ‘RAGIONE_SOCIALE ha anche sostenuto che nell’avviso di accertamento le sanzioni sono a carico della società e gli amministratori di fatto e di diritto risponderebbero in via solidale tra loro con la società, mentre nell’atto di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni alla base del presente giudizio la responsabilità dell’amministratore di fatto è esclusiva e totale. E allora, si deve concludere nel senso che il giudice che si è poi pronunciato nel merito, ha certamente quantomeno implicitamente rigettato la questione suddetta (cfr. ad es. Cass. Ordinanza n. 12131 dell’8/05/2023 e giurisprudenza ivi citata), risolvendola nel senso favorevole al contribuente.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003.
Anche il suddetto motivo è affetto da concomitanti profili di inammissibiltà e infondatezza.
4.1. Come condivisibilmente affermato da Cass. n.23987/2025: « tenendo conto dei principi enunciati in materia di sanzioni relative al rapporto tributario, la giurisprudenza di legittimit à ha intanto ritenuto che esse siano a carico della societ à dotata di personalit à giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, anche quando gestita da un amministratore di fatto, salvo che nelle ipotesi di societ à “cartiera”, atteso che, in tal caso, si tratterebbe di una mera ‘fictio’, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari, commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con il conseguente venir meno della stessa ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola societ à con personalit à giuridica, dovendosi pertanto ripristinare la regola generale, secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass., 20 ottobre 2021, n. 29038; 22 novembre 2021, n. 36003).
Questa Corte ha peraltro avvertito che, nell’interposizione del gestore “uti dominus” alla societ à di capitali interposta, non ha rilievo il rapporto fiscale di quest’ultima, ma quello che fa capo direttamente all’interponente, sicch é la fattispecie esula dal disposto di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmente dell’ente collettivo, vanno rif erite all’attività del gestore uti dominus (Cass., 25 luglio 2022, n. 23231). L’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, difatti, trova il suo dir etto riferimento nella condotta dell’interponente, il quale è sanzionato in proprio, in relazione all’avvenuta traslazione dei tributi dell’ente collettivo, con conseguente imputazione anche RAGIONE_SOCIALE condotte evasive. L’attenzione speculare alla compagine sociale ha consentito pertanto di affermare che, perch é difetti la ratio dell’art. 7, d.l. n. 269 del 2003, che sanziona la sola societ à dotata di personalit à giuridica, e sia ripristinata la regola secondo cui la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito, è necessario acquisire riscontri probatori, anche presuntivi, valevoli ad escludere la vitalit à della societ à medesima,
quand’anche gestita da un amministratore di fatto (Cass., 23 gennaio 2023, n. 1946). La vitalit à , infatti si contrappone alla sua gestione e direzione da parte di un soggetto terzo uti dominus . ».
4.2. Orbene, il giudice nella sentenza impugnata ha compiuto un preciso e articolato accertamento fattuale basato su puntuali elementi individuati risultanti dal quadro probatorio raccolto nel processo, tra cui indagini penali, p.v.c., ecc… Le risultanze del p.v.c. sono richiamate nell’ultima pagina della decisione e, ancor prima, si legge a pag. 4 della sentenza: « risulta che tutta l’attività contabile, tributaria e del lavoro era stata affidata dalla società RAGIONE_SOCIALE al signor NOME COGNOME (…) i signori COGNOME, NOME e COGNOME, dipendenti della società (…) sono stati segnalati alla Procura della Repubblica per aver organizzato un’associazione per delinquere finalizzata a truffare l’RAGIONE_SOCIALE e l’erario (…) e il signor COGNOME NOME, amministratore (…) della RAGIONE_SOCIALE e di un’altra società aveva prestato il proprio nome (…) avendo la società RAGIONE_SOCIALE omesso la tenuta dei registri contabili obbligatori e non avendo documentato le operazioni passive e i costi inseriti nel MoRAGIONE_SOCIALE Unico e nella Dichiarazione IVA, il COGNOME ha concorso al compimento di un fatto vietato dalle disposizioni vigenti in materia tributaria (…) ha beneficiato dell’attività fraudolenta realizzata per mezzo della società RAGIONE_SOCIALE » . Il mezzo di impugnazione impinge in tale accertamento in termini inammissibili.
4.3. Sotto un concorrente profilo preclusivo, il Collegio osserva che, sulla base della valutazione del delineato quadro probatorio, il giudice ha ritenuto provata la circostanza che il contribuente è risultato il beneficiario della condotta illecita tenuta dalla societ à RAGIONE_SOCIALE, meramente fittizia, di cui era amministratore. Con il motivo in disamina il ricorrente, sotto lo schermo della prospettata violazione di legge, richiede alla Corte una nuova valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie
inammissibile in questa sede. Il ricorrente non tiene conto del fatto che il vizio di violazione o falsa applicazione di legge presuppone una erronea ricognizione di fattispecie astratta (tra le tante, cfr. Cass. Sez. 1 n. 3340 del 2019 e giurisprudenza ivi citata) e deve, quindi, essere formulato assumendo l’accertamento di fatto, cos ì come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione. Diversamente, ossia ponendo in discussione detto accertamento, si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito. Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso in esame da tale consolidata interpretazione giurisprudenziale.
Con il terzo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360 primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione, rispettivamente, dell’art. 112 cod. proc. civ. con riferimento alla violazione e falsa applicazione del d.lgs. n.158/2015 nonché l’omessa pronuncia da parte del giudice d’appello sulla questione dell’illegittima determinazione della sanzione, irrogata nella misura prevista anteriormente al d.lgs. n.158/2015 alla luce del sopravvenuto ius superveniens più favorevole al contribuente.
Il mezzo di impugnazione non può trovare ingresso.
6.1. Il collegio rammenta che, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, la Corte ha già avuto modo di chiarire (cfr. Cass. Sez. 5, sentenza n. 15828 del 15/06/2018, conforme, Cass. Sez. 5, ordinanza n. 17143 del 28/06/2018) che le modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 non operano in maniera generalizzata in favor rei , rendendo la sanzione irrogata illegale. Sicché, deve escludersi che la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno ius superve-
niens più favorevole, senza specifiche allegazioni rispetto al caso concreto idonee ad influire sui parametri di commisurazione della sanzione, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata. In particolare, è stato condivisibilmente affermato (v. Cass. Sez. 5, ordinanza n. 31062 del 30/11/2018) che non è adeguata la mera deduzione, in sede di legittimità, di uno ius superveniens più favorevole ai fini della rideterminazione della sanzione, senza specifiche allegazioni rispetto al caso concreto idonee ad influire sui parametri di commisurazione della sanzione, imponga la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
6.2. In altri termini, bisogna aver riguardo alle particolari condizioni esistenti in fatto, alle modalità della condotta e agli altri elementi che possono influire sulla determinazione del minimo edittale. Così, ad esempio, è stata ritenuta preclusiva all’accoglimento l’ assenza di specifiche allegazioni, con riferimento sia ai margini edittali della sanzione che alla valutazione di gravità della condotta, in un caso di violazione del sistema di versamento dell’IVA, realizzata dall’importatore per effetto dell’immissione solo virtuale della merce (v. Cass. Sez. 6-5, ordinanza n. 29046 del l’ 11/11/2019).
6.3. Il principio, condiviso dal Collegio, va reiterato e adattato anche alla presente fattispecie, in cui lo stesso ricorso alle pagg.34 e 35 riporta le controdeduzioni in primo grado dell’RAGIONE_SOCIALE, riproposte in appello, secondo cui il calcolo concreto della sanzione per effetto della riforma applicabile di cui al d.lgs. n.158/2015 è meno favorevole alla parte (del 135%) tenuto conto che si verte in materia di « operazioni inesistenti mediante artifici o raggiri, condotte simulatorie o fraudolente » , come pure per la sanzione da infedele dichiarazione IVA.
L’RAGIONE_SOCIALE ha, inoltre, a pag.15 del controricorso ha contro-dedotto che per la sanzione da illegittima detrazione, per la quale la normativa attuale è più favorevole è stata rideterminata e « irrogata la sanzione al 90%. Infine, la sanzione di euro 1.032 è stata rideterminata in euro 1.000 in quanto più favorevole » . A fronte di tale prospettazione, articolata e circostanziata, il contribuente nulla ha aggiunto né contraddetto, con conseguente reiezione della censura per difetto di specificità.
Il ricorso è perciò rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, liquidate in euro 10.600 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025
Il Presidente
NOME COGNOME