Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17427 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 17427 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 28/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10969/2020 R.G. proposto da :
AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura Generale dello Stato;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME con l’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente-
nonché contro
AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONE;
-intimata- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria regionale della Lombardia -Sezione Staccata di Brescia n. 4045/2019, depositata il 15/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava, avanti alla CTP di Bergamo, la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA derivante dall’ iscrizione a ruolo a titolo definitivo, per l’importo di euro 6.920.949,22, dovuto per Iva, Ires, e Irap, oltre a sanzioni ed
interessi, effettuata a carico del contribuente, in relazione all’avviso di accertamento, emesso per l’anno d’imposta 2005 nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE (cancellata dal registro delle imprese in data 9 febbraio 2007), e notificato in data 20 giugno 2011 al contribuente presso il domicilio fiscale del predetto NOME COGNOME in Clusone, INDIRIZZO, provincia di Bergamo.
1.1. Il ricorrente contestava la propria responsabilità patrimoniale per gli obblighi tributari a lui imputati a titolo di Ires, Irap ed Iva, perché esclusivamente riferibili alla società RAGIONE_SOCIALE di cui era amministratore, in virtù del principio dell’autonomia patrimoniale perfetta delle società di capitali.
Il ricorso veniva dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 18 D.Lgs. 546/92, rilevando la CTP che, non essendo mai stato impugnato l’avviso di accertamento, tale atto presupposto era divenuto definitivo, per cui la parte non poteva eccepire vizi ad esso inerenti.
Quindi la Commissione regionale, in accoglimento dell ‘appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE, dichiarava la nullità della sentenza per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ente impositore, rimettendo gli atti al primo grado.
La CTP, previa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle entrate, dichiarava inammissibile il ricorso, in ragione della mancata impugnazione dell’avviso di accertamento prodromico e della definitività della pretesa.
Appellava il contribuente, deducendo che la pretesa impositiva era diretta soltanto alla società, dotata di autonomia patrimoniale perfetta e che, nel caso in cui l’ente impositore avesse voluto imputare la responsabilità propria all’amministratore, avrebbe dovuto procedere nei suoi confronti con autonomo atto motivato.
Si costituiva in giudizio l’Ufficio, il quale ribadiva che l’avviso di accertamento notificato personalmente a NOME COGNOME recava
la specifica imputazione allo stesso dei debiti erariali ex art. 36 DPR 602/1973.
La Commissione tributaria regionale, con sentenza n. 4045/2019, depositata il 15 ottobre 2019, accoglieva l’appello del contribuente, riformando la sentenza impugnata sul rilievo che l’avviso di accertamento contestato era direttamente ed esclusivamente rivolto alla società laddove, in relazione alla invocata responsabilità per fatto proprio dell’amministratore ex art. 36 DPR 602/1973, sarebbe stato necessario un autonomo atto impositivo motivato, non risultando sufficienti le contestazioni mosse in un avviso di accertamento notificatogli unicamente ‘ per conoscenza ‘ .
Con ricorso sorretto da tre motivi , l’Agenzia delle entrate impugna la predetta sentenza della CTR della Lombardia -Sezione Staccata di Brescia e resiste il contribuente con controricorso. L’Agenzia delle entrate Riscossione è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 с.р.с. , la nullità della sentenza per violazione degli artt. 19, comma 3 e 21, D.Lgs. 546/1992.
Allega la ricorrente che risulta pacifica la mancata impugnazione, da parte del contribuente, dell’avviso di accertamento n. T9H03B401111/2011, emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e regolarmente notificato in data 20 giungo 2011 al ricorrente NOME COGNOME in qualità di socio amministratore, nonché di autore delle violazioni contestate con l’atto de quo , ai sensi dell’art. 36 DPR 602/1973.
1.2. Deduce, ancora, che nell’avviso di accertamento ( alle pp. 6 e 7) si legge espressamente che «delle somme dovute all’Erario dalla “RAGIONE_SOCIALE“, risponde in proprio il
socio amministratore “pro-tempore” COGNOME NOME (C.F. CODICE_FISCALE in quanto personalmente responsabile del compimento di atti dolosamente finalizzati, come ampiamente descritto nelle pagine che precedono, all’occultamento dell’imponibile e all’evasione fiscale ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602».
Osserva, infine, che tale avviso di accertamento non è stato tempestivamente impugnato ed è, pertanto, divenuto definitivo, con la conseguenza che la parte non può, ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 comma 3 D.Lgs. 546/1992, eccepire vizi inerenti a tale atto presupposto, ma solo vizi propri della cartella esattoriale impugnata.
Con il secondo motivo, formulato in via subordinata, l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c. , l’o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, avente ad oggetto la circostanza che il menzionato avviso di accertamento sarebbe stato notificato al contribuente non “per mera conoscenza”, come considerato in sentenza, ma “personalmente” ai sensi dell’art. 36 DPR 602/1973.
Con il terzo strumento di impugnazione, anch’esso formulato in via di subordine, l’Amministrazione ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 36 comma 4 del DPR n. 602/73 e degli artt. 2697 e 2729 c.c.
3.1. Contrariamente all’assunto dei giudici, la ricorrente allega che NOME COGNOME è stato riconosciuto direttamente responsabile delle somme iscritte a ruolo, ai sensi e per gli effetti dell’art. 36 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, quale socio amministratore pro tempore , per il compimento di atti dolosamente finalizzati all’occultamento dell’imponibile e all’evasione fiscale, come descritto nell’avviso di accertamento ritualmente notificato al contribuente presso il suo domicilio fiscale. Il menzionato avviso di
accertamento sarebbe stato notificato alla controparte non “per mera conoscenza”, come si asserisce nella sentenza impugnata, ma “personalmente” ai sensi del predetto art. 36 del DPR 602/1973.
Sulle questioni prospettate dall’Agenzia delle Entrate è utile comporre il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
L’art. 36 del DPR n. 602/73 contempla diverse fattispecie di responsabilità.
Il primo comma, nella versione applicabile ratione temporis (anteriore alla modifica di cui all’art. 28, comma 5, lett. a), d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175) prevede la responsabilità dei liquidatori degli enti soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che non adempiono all’obbligo di pagarle con le attività della liquidazione, per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori e dispone che essi rispondono in proprio se soddisfano crediti di ordine inferiore a quelli tributari o assegnano beni ai soci o associati senza avere prima soddisfatto i crediti tributari.
Il secondo comma disciplina la responsabilità degli amministratori in carica al momento dello scioglimento della società, se non si è provveduto alla nomina dei liquidatori.
Il terzo comma, che non rileva nella fattispecie in esame, si occupa della posizione dei soci e degli associati.
Il quarto comma prevede la responsabilità anche per gli amministratori che hanno compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero hanno occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.
5.1. Con riferimento agli elementi costitutivi della responsabilità del liquidatore ex art. 36 d.P.R. n. 600 del 1973, così come per quella dell’amministratore (non venendo pacificamente in rilievo nella fattispecie in esame quella dei soci alla quale non vi è cenno alcuno), va evidenziato che, per giurisprudenza del tutto consolidata, la stessa è di natura civilistica e trova la sua fonte in
un’obbligazione propria ex lege , in base agli artt. 1176 e 1218 cod. civ.
Le condotte descritte nell’art. 36 cit. che non hanno natura tributaria perché sono estranee alla realizzazione di fatti indice di capacità contributiva -riguardano l’adempimento degli obblighi propri del liquidatore di società, o dell’amministratore , e appartengono alla sfera del diritto civile, sicché si tratta di responsabilità che fa riferimento alla responsabilità risarcitoria verso il creditore che l’art. 1218 c.c. pone in capo al debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta, e rinvia al parametro della normale diligenza di cui all’art. 1176 c.c. (Cass. Sez. U. 27/11/2023, n. 32790).
Non si è in presenza, pertanto, di un’obbligazione o coobbligazione del debito tributario in capo a ll’amministratore o al liquidatore, e nemmeno di successione nel debito, nell’ipotesi in cui la società sia cancellata dal registro delle imprese; ricorre, piuttosto, una ipotesi di autonoma obbligazione personale.
5.2. La responsabilità, pertanto, è integrata per gli amministratori in carica al momento di scioglimento della società, ed ove non si proceda alla nomina di liquidatori, dal fatto obiettivo della sussistenza di attività nel patrimonio della società e della distrazione di tali attività a fini diversi dal pagamento delle imposte; per tutti gli amministratori, anche non in carica all’epoca di scioglimento della società, dal compimento, negli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in liquidazione, di operazioni liquidatorie o di occultamento di attività sociali.
Ciascuno dei soggetti contemplati dall’art. 36 cit. è, dunque, chiamato a rispondere per un fatto proprio ed in forza di un distinto ed autonomo titolo di responsabilità (Cfr. Cass. 31/03/2021, n. 8886).
Sotto il profilo temporale, l’art. 36 cit. circoscrive al biennio anteriore alla messa in liquidazione il periodo di compimento delle
azioni liquidatorie o distrattive rilevante ai fini della integrazione della fattispecie di responsabilità degli amministratori.
Tale responsabilità, per espressa previsione legislativa, è commisurata all’importo dei debiti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei debiti.
5.3. Infine, e p er quanto qui maggiormente rileva, l’art. 36, quinto comma, del DPR n. 602 del 1973 ribadisce, con specifico riferimento alle ipotesi di responsabilità ivi contemplate, che queste ultime devono essere accertate con atto motivato.
6. Nel caso di specie, nel l’avviso di accertamento , notificato a NOME COGNOME e di cui l ‘Agenzia delle entrate – ai fini del rispetto del principio di autosufficienza e specificità – ha riportato nel proprio ricorso ampi e pertinenti estratti, dopo ampia descrizione del fatto e dei rilievi sollevati, si contesta espressamente che «delle somme dovute all’Erario dalla ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ‘ (…) rispondono in proprio anche il socio amministratore ‘pro temporeNOME COGNOME NOME (…) ed il socio amministratore di fatto COGNOME Giacomo in quanto personalmente responsabili di atti dolosamente finalizzati, come ampiamente descritto nelle pagine che precedono, all’occultamento dell’imponibile e all’eva s ione fiscale ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602».
Inoltre, non è certo priva di rilievo la circostanza che l’avviso sia stato notificato in data successiva alla estinzione e cancellazione della società, e dunque, anche sotto tale profilo si è seguito il paradigma di cui all’art. 36 cit.
Ancora, non vi è alcun riscontro del fatto, apoditticamente affermato dai giudici di appello, che l’avviso in questione sia stato notificato al contribuente solo ‘per conoscenza’, ed anzi tale rilievo risulta confutato dal contenuto dell’atto e con le esplicite contestazioni con esso mosse al signor COGNOME
Il contribuente non ha impugnato l’avviso di accertamento n. T9H03B401111/2011, emesso nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e regolarmente notificatogli in data 20 giugno 2011, in qualità di socio amministratore, nonché di autore delle violazioni contestate con l’atto de quo , ai sensi dell’art. 36 DPR 602/1973 , e l’atto è pertanto divenuto definitivo anche nei suoi confronti.
Va, pertanto, richiamato il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui la cartella esattoriale recante intimazione di pagamento di credito tributario, avente titolo in un precedente avviso di accertamento notificato a suo tempo non impugnato, può essere contestata innanzi agli organi del contenzioso tributario ed essere da essi invalidata solo per vizi propri, non già per vizi suscettibili di rendere nullo o annullabile l’avviso di accertamento presupposto. (Cass., Sez. 6, 31/10/2017, n. 25995; Cass., Sez. 5, 10/04/2013, n. 8704).
In conclusione, in accoglimento del ricorso erariale, la sentenza deve essere cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con dichiarazione di inammissibilità ex art. 19, comma 3, D.Lgs. n. 546/1992 dell’originario ricorso del contribuente.
Si compensano le spese dei gradi di merito, stante la peculiarità delle questioni trattate.
Le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono, invece, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, dichiara inammissibile il ricorso originario del contribuente.
Compensa le spese dei gradi di merito.
Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 7.880,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 7 maggio 2025.