Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18341 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18341 Anno 2024
PresidRAGIONE_SOCIALE: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20963 -20 20 R.G. proposto da:
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, per procura speciale a margine del ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamRAGIONE_SOCIALE domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio legale dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (pec: EMAIL);
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO, domicilia;
– controricorrRAGIONE_SOCIALE –
nonché
Oggetto:
Tributi –
sul ricorso successivo proposto da:
COGNOME NOME , rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO presso il cui indirizzo di posta elettronica certificata (PEC: EMAIL) è elettivamRAGIONE_SOCIALE domiciliato;
– ricorrRAGIONE_SOCIALE –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso la quale è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO;
– controricorrRAGIONE_SOCIALE –
avverso la sRAGIONE_SOCIALEnza n. 4901/18/2019 della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA, depositata in data 05/12/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 30 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO;
Rilevato che:
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di un avviso di accertamento ai fini IVA, IRAP ed IRPES per l’anno d’imposta 2014 emesso dal l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , sulla scorta RAGIONE_SOCIALE risultanze di un p.v.c. della G.d.F., nei confronti dei contribuenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali responsabili solidali ai fini sanzionatori per essere amministratori di fatto della società verificata RAGIONE_SOCIALE, alla quale veniva contestata l’omessa tenuta RAGIONE_SOCIALE scritture contabili, l’omessa presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni fiscali ed il ruolo tenuto da tale società nell’ambito di una frode cd. carosello, di missing trader a favore di altra società, la RAGIONE_SOCIALE, beneficiaria finale della frode. In buona sostanza, la RAGIONE_SOCIALE, amministrata di fatto dai predetti contribuenti,
acquistava merci in esenzione IVA, con presentazione di false dichiarazioni di intento, che poi cedeva alla RAGIONE_SOCIALE che a sua volta le rivendeva a fornitori nazionali od operatori comunitari a prezzi concorrenziali, non avendo subito il costo dell’IVA.
Con la sRAGIONE_SOCIALEnza in epigrafe indicata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) della Lombardia ha accolto l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sfavorevole sRAGIONE_SOCIALEnza di primo grado sostenendo, in conformità ad un indirizzo giurisprudenziale di legittimità che andava condiviso, che l’esimRAGIONE_SOCIALE di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003, che prevede la «riferibilità esclusiva alla persona giuridica RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative tributarie», applicabile anche agli amministratori di fatto, non trova applicazione nelle ipotesi in cui sia dimostrato che la persona giuridica sia stata costituita artificiosamRAGIONE_SOCIALE, a fini illeciti, come era accaduto nel caso di specie in cui, dagli accertamenti compiuti dalla Guardia di finanza e dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, era emerso chiaramRAGIONE_SOCIALE che «1) la società RAGIONE_SOCIALE era una società RAGIONE_SOCIALE, da cui la RAGIONE_SOCIALE traeva indebiti vantaggi fiscali; 2) che gli odierni appellati sono stati identificati sia come amministratori di fatto della società, sia come effettivi beneficiari della frode carosello; 3) che la RAGIONE_SOCIALE era entità costituita rico rrendo a soggetti prestanome, all’unico scopo di creare una schermatura che celasse le vere identità dei soggetti che operavano tramite la società stessa». In tal senso deponevano, secondo la CTR, le dichiarazioni di NOME COGNOME, liquidatrice della RAGIONE_SOCIALE, definitasi testa di legno, la notaia COGNOME e NOME COGNOME, dipendRAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE
2.1. La prima aveva riferito di essere stata accompagnata da tale NOME COGNOME, su invito di una persona che la RAGIONE_SOCIALE aveva identificato in NOME COGNOME, odierno ricorrRAGIONE_SOCIALE, presso il AVV_NOTAIO che aveva rogitato tutti gli atti sociali della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE (altra società implicata nella frode carosello).
2.2. La seconda aveva identificato, tramite riferimenti telefonici, fra i soggetti attivamRAGIONE_SOCIALE partecipi alle fasi di rogito sia il COGNOME sia NOME COGNOME.
2.3. La terza, infine, aveva ridimensionato il ruolo di NOME COGNOME, amministratore di diritto della RAGIONE_SOCIALE, che gli appellanti indicavano quale vero dominus della società, chiarendo il ruolo apicale ricoperto, invece, da COGNOME, COGNOME e COGNOME, assidui frequentatori della sede della RAGIONE_SOCIALE « ove si muovevano tutt’altro che come ospiti, e non agivano, fra di loro né con altri, mostrando rapporti di soggezione o, comunque, di subordinazione gerarchica. Addirittura COGNOME veniva identificato dalla COGNOME come il soggetto che l’aveva assunta e poi licenziata (assieme a COGNOME NOME) ».
2.4. Aggiungeva la CTR, in relazione alla questione della pendenza di un giudizio penale a carico dei tre soggetti, che la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero ha riguardato reati tributari ‘documentali’, concernenti la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, la dichiarazione infedele e l’emissione di fatture ed altri documenti per operazioni inesistenti, come tali inidonei a demolire la rappresentazione dei fatti data dall’Ufficio « che anzi trovato conferma quanto alla consistenza della frode carosello, per cui è sopravvissuto un diverso ‘troncone’ d’indagine ».
2.5. Sosteneva, inoltre, la CTR che « ogni censura relativa a presunte violazioni del diritto di difesa degli amministratori di fatto ritenersi infondata, alla luce RAGIONE_SOCIALE risultanze emergenti dagli atti procedimentali ».
Avverso tale statuizione il COGNOME COGNOME il COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui l’ RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE intimata replica con controricorso. Il COGNOME ha proposto ricorso successivo affidato a cinque motivi, cui ha replicato l’intimata con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso il COGNOME ed il COGNOME deducono «violazione, falsa applicazione ed errata interpretazione degli artt. 9 e 11 Dec. Lgs. n. 472/1997 in relazione all’art. 360 cpc c I n. 3 in mancanza assoluta del requisito del beneficio o vantaggio da parte dei presunti amministratori di fatto ed a causa dell’inderogabilità dell’art. 7 dl 269/2003 in relazione all’art. 360 cpc c. i n. 3 (sulla sanzionabilità esclusiva in capo alle persone giuridiche) – Operatività del favor rei in materia sanzionatoria – violazione del principio di legalità in materia sanzionatoria ex art. 3 d.lgs. n. 472/97 in relazione all’art. 360 cpc c. 1 n. 3 e mancanza assoluta di elementi probatori a sostegno della fictio iuris , dell’effettivo beneficio economico e della configurabilità di amministratori di fatto degli agenti di commercio».
1.1. I ricorrenti censurano la sRAGIONE_SOCIALEnza impugnata sia per l’interpretazione fatta dalla CTR, in difformità agli orientamenti giurisprudenziali, del disposto di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, di esclusione da responsabilità sanzionatoria dell’amministratore, anche di fatto, di una persona giuridica ammettendone la sanzionabilità attraverso l’applicazione degli artt. 9 e 11 del d.lgs. n. 472 del 1997, sia per avere erroneamRAGIONE_SOCIALE ritenuto sussistenti nella specie gli elementi probatori che individuavano nei due ricorrenti gli amministratori di fatto della società e i beneficiari diretti dell’attività svolta. Elementi tratti solo dalle dichiarazioni testimoniali di terzi, utilizzati come prove anziché come meri indizi.
Con il secondo motivo deducono la «violazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000 n. 212 e 36 d.lgs 546/1992 in relazione all’art. 360 cpc c. I n. 3 e 4 per carenza di motivazione sRAGIONE_SOCIALEnza CTR –
irrilevanza ed erroneità RAGIONE_SOCIALE valutazioni effettuate sull’attività di gestione e sulla gestione unitaria RAGIONE_SOCIALE società coinvolte – mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’ufficio a sostegno della qualifica di amministratore di fatto del resistRAGIONE_SOCIALE».
2.1. I ricorrenti in particolare sostengono che «Ai fini del riconoscimento della qualifica di amministratori di fatto alcun elemento rilevante evidenziato dal ricorrRAGIONE_SOCIALE nel giudizio di appello, è stato valutato dalla CTR come il fatto che nel periodo dell’accertamento impugnato, la RAGIONE_SOCIALE è stata prevalRAGIONE_SOCIALEmRAGIONE_SOCIALE amministrata dal COGNOME unitamRAGIONE_SOCIALE a COGNOME, che peraltro deteneva le quote dell’intero capitale sociale della stessa ed era l’unico abilitato a operare sui conti bancari intestati alla S ocietà»; che «il COGNOME non risultava mai e in alcun modo incaricato dagli organi sociali a svolgere incombenze di sorta, tanto più amministrative-gestionali o di natura tributaria»; che «non emerge in alcun modo -né in concreto è stato accertato dalla G.d.F. -quale beneficio economico il COGNOME avrebbe tratto dalla commissione RAGIONE_SOCIALE asserite violazioni. Né possono assumere rilevanza le mansioni amministrative delegate al COGNOME».
Con il terzo motivo deducono la «violazione e falsa applicazione degli artt. 10 e 12 l. 212/2000 in relazione all’art. 360 co. l n. 3. rilevanza della mancanza di contraddittorio obbligatorio con amministratore di fatti in presenza di tributi armonizzati».
3.1. Sostengono i ricorrenti che, contrariamRAGIONE_SOCIALE a quanto affermato in sRAGIONE_SOCIALEnza, non vi era stata alcuna possibilità di contraddittorio endoprocedimentale, né alcuna redazione del PVC in capo al contribuRAGIONE_SOCIALE, sebbene si vertesse in materia di IVA, seppur limitato alle sanzioni, e che in sede di contradditorio il COGNOME avrebbe potuto dimostrare, relativamRAGIONE_SOCIALE ai rapporti con la RAGIONE_SOCIALE, che «egli svolgeva effettivamRAGIONE_SOCIALE il ruolo di agRAGIONE_SOCIALE di
commercio nell’anno 2015 e pertanto estraneo a qualsiasi tipologia di attività direttiva e di gestione».
Con il primo motivo del ricorso successivo, proposto dal COGNOME, viene dedotta la «Violazione ex art. 360 n. 3 c.p. c. di norme di legge ed in particolare dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 (conv. con modif. in l. n. 326 del 2003) e degli artt. 11 e 12 prel. con conseguRAGIONE_SOCIALE erronea applicazione dell’art. 9, o 11 del d.lgs. n. 472 del 1997».
4.1. Lamenta il ricorrRAGIONE_SOCIALE «una macroscopica violazione di legge derivante dall’implicita applicazione di una disposizione abrogata. In particolare, si rileva che l’amministrazione tributaria prima e le corti territoriali poi ritenevano non applicabile, nel caso di specie, la disposizione di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 (conv. con modif. in l. n. 326 del 2003) – la quale pone la responsabilità tributaria per fatti commessi dalla persona giuridica in capo esclusivamRAGIONE_SOCIALE a quest’ultima – ed applica vano di fatto il disposto di cui all’art. 9, o 11, del d.lgs. n. 472 del 1997 abrogato dal Decreto-legge prima citato, incorrendo in una manifesta violazione degli artt. 11 e 12 prel. Lo scrivRAGIONE_SOCIALE ritiene che, nella denegata ipotesi in cui si ritenga che il testo normativo precedRAGIONE_SOCIALE ponga ancora oggi RAGIONE_SOCIALE eccezioni alla regola poi enunciata dal testo, il caso di specie non presentasse comunque i requisiti per l’integrazione dell’eccezione de qua e, segnatamRAGIONE_SOCIALE, della qualificazione del ricorrRAGIONE_SOCIALE come beneficiario della frode, e che comunque la sRAGIONE_SOCIALEnza evidenziasse una manifesta contraddizione tra iter logico adottato – che deponeva per l’esclusiva responsabilità della persona fisica – e dispositivo – che sanciva una responsabilità solidale» (ricorso, pag. 5).
Con il secondo motivo deduce la «nullità della sRAGIONE_SOCIALEnza ex art. 360 n. 4 c.p.c. per carenza dei requisiti di validità elencati dall’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. ed in particolare per l ‘inesistenza/apparenza della motivazione in relazione alla
sussistenza degli elementi in ordine alla qualificazione del ricorrRAGIONE_SOCIALE come beneficiario della frode».
5.1. Lamenta il ricorrRAGIONE_SOCIALE «la nullità della sRAGIONE_SOCIALEnza per manifesta carenza degli elementi richiesti dall’art. 132 c.p.c. e dall’art. 118 disp. att. ai fini della validità del provvedimento decisorio, in quanto la Commissione Regionale, nonostante puntuale motivo articolato in sede di ricorso dalla difesa, aveva del tutto omesso di motivare in ordine alle ragioni poste a fondamento della qualifica del sig. COGNOME quale beneficiario del sistema fraudolento. Invero la Commissione provinciale aveva accolto il ricorso proposto basando la propria pronuncia sull’assenza di elementi che suffragassero la qualità del ricorrRAGIONE_SOCIALE come beneficiario della frode; tuttavia, la Commissione Regionale accoglieva l’appello ritenendo accertata la qualità di amministratore di fatto del COGNOME, ma non riferiva alcunché sui beneficiari della frode lasciando, pertanto, la richiesta della difesa inevasa» (ricorso, pagg. 5 e 6).
Con il terzo motivo deduce la «Omessa valutazione di fatti storici decisivi risultanti dagli atti di causa ex art. 360, n. 5, c.p.c., con particolare riguardo all’omessa valutazione riguardo al ruolo di locatore dell’immobile di INDIRIZZO da parte del sig. COGNOME e obliterazione manifesta della circostanza relativa alla mancanza nei locali della società dall’inizio del 2014; fatti ricavabili ictu oculi della corretta lettura RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del verbale di interrogatorio del Verbale s.i.t. 21/10/2015 rese dalla sig.ra NOME COGNOME; insussistenza degli elementi/erroneità della qualificazione in ordine al ruolo di amministratore di fatto del ricorrRAGIONE_SOCIALE».
6.1. Lamenta il ricorrRAGIONE_SOCIALE «la manifesta omissione della valutazione da parte RAGIONE_SOCIALE Corti Territoriali di un fatto determinante. In particolare, le circostanze emergenti dalle propalazioni della COGNOME, secondo la quale il COGNOME era proprietario dell’immobile locato alla VMC e, comunque, dall’inizio del 2014 – anno fiscale
sottoposto ad accertamento – non frequentava più la sede operativa della società è dirimRAGIONE_SOCIALE in relazione alle ragioni per cui il COGNOME non era sconosciuto nei locali della società ed è illuminante in relazione al nodo relativo alla reale veste ricoperta dal ricorrRAGIONE_SOCIALE nel periodo in questione» (ricorrRAGIONE_SOCIALE, pag. 6).
Con il quarto motivo deduce la «Omessa valutazione di fatti storici decisivi risultanti dagli atti di causa ex art 360, n. 5, c.p.c., con particolare riguardo all’omessa valutazione riguardo all’identità del nome di battesimo di NOME COGNOME e NOME COGNOME ed identità RAGIONE_SOCIALE iniziali del cognome (NOME), obliterazione manifesta della circostanza relativa alla presenza del solo NOME COGNOME all’atto di messa in liquidazione della società; fatti ricavabili ictu oculi e che ricadono sulla corretta lettura RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del verbale di interrogatorio del Verbale s.i.t. 21/10/2015 del AVV_NOTAIO; insussistenza degli elementi/erroneità /della qualificazione in ordine al ruolo di amministratore di fatto del ricorrRAGIONE_SOCIALE».
7.1. Lamenta il ricorrRAGIONE_SOCIALE «la palese obliterazione dell’omonimia tra NOME COGNOME e NOME COGNOME , nonché il fatto che entrambi i cognomi hanno la medesima iniziale (M); tali omesse valutazioni hanno determinato da un lato un’erronea valutazione RAGIONE_SOCIALE propalazioni del AVV_NOTAIO e dall’altro un’interpretazione errata dell’acronimo VMC» (ricorso, pag. 6).
Con il quinto ed ultimo motivo il ricorrRAGIONE_SOCIALE deduce la «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare dell’art. 116 c.p.c., 2639 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c. n. 3».
8.1. Lamenta «un manifesto error in iudicando nella misura in cui il giudice di seconde cure, alla luce di tutti gli elementi raccolti, riteneva sussistRAGIONE_SOCIALE la qualità di amministrazione di fatto in capo al COGNOME. Invero, in spregio a quanto richiesto dall’art. 2639 c.c., non venivano riscontrati elementi sintomatici utili all’acclaramento della posizione in questione: il giudice infatti, in maniera apodittica,
affermava la qualità di amministratore di fatto del ricorrRAGIONE_SOCIALE sulla mera costatazione della presenza del COGNOME all’interno dei locali della società senza riferire alcunché sull’esercizio di effettivi poteri gestori» (ricorso, pag. 6).
Per ragioni di ordine logico-giuridico, va esaminato preliminarmRAGIONE_SOCIALE il terzo motivo del ricorso principale incentrato sulla violazione del contraddittorio endoprocedimentale.
9.1. Il motivo è inammissibile perché privo di specificità. Invero, a fronte della statuizione della sRAGIONE_SOCIALEnza d’appello di infondatezza sia «dei motivi concernenti l’omessa notificazione del PVC e l’omesso invito a presenziare alle operazioni di verifica della Guardia di Finanza, giacché nei verbali stessi si dà conto dell’invito rivolto anche agli amministratori di fatto, che hanno tuttavia declinato, manifestando la propria indisponibilità a partecipare ai controlli assieme alla liquidatrice», sia di «ogni censura relativa a presunte violazioni del diritto di difesa degli amministratori di fatt o alla luce RAGIONE_SOCIALE risultanze emergenti dagli atti procedimentali», i ricorrenti si limitano ad affermare che nella specie non vi era stato alcun contraddittorio ed «alcuna redazione del PVC con la partecipazione del NOME» e che si trattava «dunque di un accertamento ‘a tavolino’». Ma a qualificare la modalità di accertamento attuata in concreto dalla Guardia di finanza, se cioè a tavolino o a seguito di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività (come recita il comma 1 dell’art. 12 della legge n. 212 del 2000), non è la partecipazione del contribuRAGIONE_SOCIALE alla redazione del p.v.c., come sembrano intendere i ricorrenti, ma l’effettivo accesso dei verificatori in tali locali, come deve desumersi essere, invece, avvenuto nel caso di specie stando a quanto affermato dalla CTR circa l’invito espressamRAGIONE_SOCIALE rivolto « agli amministratori di fatto a partecipare ai controlli assieme alla liquidatrice»; invito che, come accertato dalla CTR in quanto tratto dal contenuto del p.v.c.,
era stato «tuttavia declinato». Era, quindi, onere dei ricorrenti specificare nel motivo le modalità di svolgimento della verifica da parte della G.d.F., anche riproducendo le parti di interesse del p.v.c. o allegando quest’ultimo al ricorso, essendo evidRAGIONE_SOCIALE che, nell’ipotesi di accertamenti compiuti ‘in loco’, l’art. 12 della legge n. 212 del 2000 prevede esclusivamRAGIONE_SOCIALE la concessione al contribuRAGIONE_SOCIALE di un termine dilatorio di sessanta giorni tra il rilascio del p.v.c. (nella specie regolarmRAGIONE_SOCIALE notificato ai ricorrenti, per come accertato dalla CTR) e l’emissione dell’atto impositivo, senza alcun onere per l’amministrazione finanziaria di attivare una qualche altra modalità di contraddittorio (arg. da Cass. n. 701 del 2019 secondo cui «In tema di diritti e garanzie del contribuRAGIONE_SOCIALE sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 (cd. Statuto del contribuRAGIONE_SOCIALE), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria, per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuRAGIONE_SOCIALE nella fase amministrativa (ad es., nel caso di accertamenti cd. a tavolino), ipotesi nelle quali il giudice tributario è tenuto ad effettuare una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio»; conf. Cass. n. 11875 del 2021).
10. Il primo motivo di ricorso può essere esaminato congiuntamRAGIONE_SOCIALE al primo motivo del ricorso successivo in quanto entrambi incentrati sulla violazione dell’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 con cui il legislatore ha posto esclusivamRAGIONE_SOCIALE a carico dell’RAGIONE_SOCIALE o della società dotata di personalità giuridica le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario, escludendo per
l’effetto qualunque concorso dell’amministratore di fatto ex artt. 9 o 11 del d.lgs. n. 472 del 1997.
10.1. I motivi sono infondati e vanno rigettati.
10.2. La questione, già esaminata da questa Corte nella sRAGIONE_SOCIALEnza n. 23231 del 25/07/2022, in cui si è affermato che « In tema di sanzioni tributarie, nell’interposizione del gestore “uti dominus” alla società di capitali interposta, ai sensi dell’art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 non ha rilievo il rapporto fiscale di quest’ultima, ma quello che fa capo direttamRAGIONE_SOCIALE all’interponRAGIONE_SOCIALE, in quanto effettivo possessore del reddito d’impresa, sicché, risultando come se il reddito fosse da lui prodotto, la fattispecie esula dal disposto di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmRAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE collettivo, vanno riferite alla sua attività », è stata oggetto di ulteriore approfondito esame nella recRAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALEnza n. 1946 del 23/01/2023 (Rv. 670168 – 01), peraltro pronunciata proprio nei confronti dell’odierno ricorrRAGIONE_SOCIALE , NOME COGNOME, per fatti del tutto analoghi (in detto giudizio, quale amministratore di fatto della società RAGIONE_SOCIALE), ed alle cui argomentazioni, che il Collegio condivide, deve farsi rinvio.
10.3. In tali pronunce questa Corte:
-ha chiarito che «il principio secondo cui le sanzioni amministrative relative al rapporto tributario, proprio di società o enti con personalità giuridica, ex art. 7 del dl. n. 269 del 2003, sono esclusivamRAGIONE_SOCIALE a carico della persona giuridica anche quando essa sia gestita da un amministratore di fatto non opera nell’ipotesi di società “RAGIONE_SOCIALE“, atteso che, in tal caso, la società è una mera fictio, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con la conseguenza che viene meno la ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola
generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass., 20 ottobre 2021, n. 29038; 22 novembre 2021, n. 36003; cfr. anche 25 luglio 2022, n. 23231). Nello specifico si è avvertito che «questa Corte (Cass. civ., 9 maggio 2019, n. 12334), ha precisato che l’applicazione della norma eccezionale introdotta dall’art. 7, decreto-legge n. 269/2003, presuppone che la persona fisica, autrice della violazione, abbia agito nell’interesse e a beneficio della società rappresentata o amministrata, dotata di personalità giuridica, poiché solo la ricorrenza di tale condizione giustifica il fatto che la sanzione pecuniaria, in deroga al principio personalistico, non colpisca l’autore materiale della violazione ma sia posta in via esclusiva a carico del diverso soggetto giuridico (società dotata di personalità giuridica) quale effettivo beneficiario RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie commesse dal proprio rappresentante o amministratore; viceversa, qualora risulti che il rappresentante o l’amministratore della società con personalità giuridica abbiano agito nel proprio esclusivo interesse, utilizzando l’RAGIONE_SOCIALE con personalità giuridica quale schermo o paravento per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari commessi a proprio personale vantaggio, viene meno la ratio che giustifica l’applicazione dell’art. 7, d.lgs. n. 269 del 2003, diretto a sanzionare la sola società con personalità giuridica, e deve essere ripristinata la regola generale secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass., 29038 del 2021, cit.)»; in senso analogo anche Cass. n. 10651 del 2022, secondo cui «In tema di applicazione di sanzioni amministrative tributarie, il principio secondo cui l’amministratore di fatto di una società, alla quale sia riferibile il rapporto fiscale, ne risponde direttamRAGIONE_SOCIALE solo qualora le violazioni siano contestate, o le sanzioni irrogate, antecedRAGIONE_SOCIALEmRAGIONE_SOCIALE alla data di entrata in vigore del d.l. n. 269 del 2003, conv. con modif. dalla l. n. 326 del 2003, incontra un limite nelle ipotesi in cui,
come conseguenza dell’artificiosa costituzione ai fini illeciti della società, la persona fisica che ha agito per conto di essa diviene al contempo trasgressore e contribuRAGIONE_SOCIALE, potendo, in tal caso, irrogarsi le sanzioni senza alcun limite nei confronti della persona fisica che ha beneficiato materialmRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie contestate»;
-ha ritenuto di aderire a quell’orientamento giurisprudenziale che ritiene «coerRAGIONE_SOCIALE con il sistema RAGIONE_SOCIALE regole sulla responsabilità, ed imprescindibile nell’interpretazione RAGIONE_SOCIALE stesso art. 7 cit., distinguere le ipotesi in cui l’amministratore, anche di fatto, avesse operato nell’interesse della società, da quelle in cui la società fosse solo una finzione, costituita da una persona fisica quale paravento RAGIONE_SOCIALE proprie condotte, illecitamRAGIONE_SOCIALE incidenti sugli obblighi fiscali (Cass., 28 agosto 2013, n. 19716; 8 marzo 2017, n. 5924; 18 aprile 2019, n. 10975)»;
ha ritenuto, in adesione a tale orientamento, che «il distinguo dunque si pone nella “decodificazione” della società, se essa cioè sia vera, se abbia vita e finalità economiche distinte da quelle del suo amministratore, o si riveli lo strumento artificioso, cui una persona fisica ricorre proprio per sottrarsi alle sanzioni. Il che, è ben comprensibile, non rappresenta alcuna forzatura del dato letterale dell’art. 7 cit., trovando anzi all’interno della norma medesima la sua ratio»;
ha, quindi, precisato che «la ratio appena riferita richiede per ciò stesso dei riscontri, ed il primo di essi è proprio il riscontro della “finzione” dell’esistenza della società, cioè la sua strumentalità al perseguimento RAGIONE_SOCIALE finalità illecite del suo controllore, identificato appunto nel suo amministratore di fatto. Tali riscontri possono essere agevoli, come nel caso della società “RAGIONE_SOCIALE“, della quale ne sia stata accertata l’inesistenza, per assenza degli elementi essenziali allo svolgimento dell’attività economica (locali in cui esercitare l’attività commerciale, personale, strumentazione, ecc.). In ipotesi
simili è agevole ritenere che, in via presuntiva e secondo l’id quod plerumque accidit, l’amministratore di fatto abbia direttamRAGIONE_SOCIALE incamerato i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’RAGIONE_SOCIALE (Cass., 36003 del 2021 cit.)».
10.4. Ed è questo il caso oggetto del presRAGIONE_SOCIALE giudizio, in cui, peraltro, non si fa alcuna questione circa la natura di RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, quanto, piuttosto, dell’insussistenza di elementi che qualificassero i ricorrenti quali amministratori di fatto di una società che la RAGIONE_SOCIALE ha accertato essere stata costituita dai ricorrenti al solo ed unico scopo di emettere fatture per operazioni inesistenti nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, e trarne i relativi benefici.
Infondata è anche la censura pure mossa nel primo motivo di ricorso principale, in ordine alla valenza di meri indizi RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei terzi, su cui la CTR aveva fondato la decisione. Questa Corte ha affermato (Cass. n. 4982 del 2020) che «la disposizione contenuta nell’art. 7, comma 4, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, secondo cui nel processo tributario “non sono ammessi il giuramento e la prova testimoniale”, è limitativa dei poteri RAGIONE_SOCIALE commissioni tributarie e non pure dei poteri degli organi amministrativi di verifica e vale, dunque, solo per la diretta assunzione, da parte del giudice tributario, nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, della narrazione dei fatti della controversia compiuta da un terzo, non anche in rapporto alle dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite anche per riassunto – o per “stralci” – nel p.v.c., avendo esse natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e palesandosi, pertanto, pienamRAGIONE_SOCIALE utilizzabili quali elementi di prova (Cass. n. 21812 del 2018; Cass. n. 20032 del 2011)».
Quanto, poi, alla questione, anch’essa posta nel primo motivo, circa la valenza degli esiti del procedimento penale in cui
erano rimasti coinvolti i ricorrenti ma che aveva avuto esito per essi favorevole, avendo il Pubblico ministero chiesto l’archiviazione , la censura è inammissibile perché non si confronta con la statuizione d’appello che sulla specifica questione ha affermato che la richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero ha riguardato reati tributari ‘documentali’, concernenti la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, la dichiarazione infedele e l’emission e di fatture ed altri documenti per operazioni inesistenti, come tali inidonei a demolire la rappresentazione dei fatti data dall ‘Ufficio « che anzi trovato conferma quanto alla consistenza della frode carosello, per cui è sopravvissuto un diverso ‘troncone’ d’indagine ».
Il secondo motivo del ricorso principale è inammissibile ed infondato.
13.1. E’ inammissibile nella parte in cui viene censurata la sRAGIONE_SOCIALEnza impugnata per avere omesso la valutazione degli elementi rilevanti evidenziati nel giudizio d’appello e, precisamRAGIONE_SOCIALE, «il fatto che nel periodo dell’accertamento impugnato, la RAGIONE_SOCIALE è stata prevalRAGIONE_SOCIALEmRAGIONE_SOCIALE amministrata dal COGNOME unitamRAGIONE_SOCIALE a COGNOME, che peraltro deteneva le quote dell’intero capitale sociale della stessa ed era l’unico abilitato a operare sui conti bancari intestati alla Società», che «il COGNOME non risultava mai e in alcun modo incaricato dagli organi sociali a svolgere incombenze di sorta, tanto più amministrative-gestionali o di natura tributaria». I ricorrenti, infatti, omettono di indicare in maniera specifica da quali risultanze istruttorie emergessero le sopra indicate circostanze di fatto, che la CTR avrebbe omesso di valutare, e di illustrare la decisività RAGIONE_SOCIALE stesse e la dedotta irrilevanza RAGIONE_SOCIALE «mansioni amministrative» che assumono essere state «delegate al COGNOME».
13.2. A ciò aggiungasi che la censura è stata erroneamRAGIONE_SOCIALE veicolata come error in iudicando , anziché ai sensi del n. 5 dell’art.
360 cod. proc. civ., risolvendosi, nella specie, in una non consentita richiesta a questa Corte di rivalutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali. E va, in ogni caso, ricordato che esula dal vizio di legittimità ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ. qualsiasi contestazione volta a criticare il “convincimento” che il giudice di merito si è formato, ex art. 116, c. 1 e 2 cod. proc. civ., in esito all’esame del materiale probatorio ed al conseguRAGIONE_SOCIALE giudizio di prevalenza degli elementi di fatto, operato mediante la valutazione della maggiore o minore attendibilità RAGIONE_SOCIALE fonti di prova, essendo esclusa, in ogni caso, una nuova rivalutazione dei fatti da parte della Corte di legittimità. Cfr. Cass., Sez. 3, 01/06/2021, n. 15276, Rv. 661628-01).
13.3. Infondato è il vizio di difetto di motivazione della sRAGIONE_SOCIALEnza impugnata, pure prospettato dai ricorrenti. Come è noto, ricorre il vizio di omessa o apparRAGIONE_SOCIALE motivazione della sRAGIONE_SOCIALEnza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 25456 del 2018; n. 22949 del 2018; Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., sez. 6-5, n. 28829 del 2021). La pronuncia gravata è, invece, ampiamRAGIONE_SOCIALE sufficiRAGIONE_SOCIALE ad evidenziare il percorso argomentativo seguito dai giudici di appello, esprimendo argomentazioni pienamRAGIONE_SOCIALE intellegibili e logicamRAGIONE_SOCIALE correlate all’oggetto del gravame devoluto, come tale funzionale alla sua comprensione e alla sua eventuale verifica in sede di impugnazione, ponendosi bel al di sopra del ‘minimo costituzionale’ di cui all’art. 111, sesto comma, Cost.
Considerazioni del tutto analoghe vanno fatte per rigettare anche il secondo motivo del ricorso del COGNOME con cui viene
dedotta «la nullità della sRAGIONE_SOCIALEnza per manifesta carenza degli elementi richiesti dall’art. 132 c.p.c. e dall’art. 118 disp. att. ai fini della validità del provvedimento decisorio», per avere la CTR «del tutto omesso di motivare in ordine alle ragioni poste a fondamento della qualifica del sig. COGNOME quale beneficiario del sistema fraudolento». Al riguardo va poi ribadito quanto affermato da questa Corte nella sopra citata pronuncia (Cass. n. 1946 del 2023) che, richiamando a sua volta Cass. n. 36003 del 2021, ha affermato che in fattispecie, come quella in esame, di società “RAGIONE_SOCIALE“, «è agevole ritenere che, in via presuntiva e secondo l’id quod plerumque accidit, l’amministratore di fatto abbia direttamRAGIONE_SOCIALE incamerato i proventi dell’evasione fiscale addebitabile all’RAGIONE_SOCIALE ». D’altro canto, non si spiegherebbe sul piano logico la ragione per la quale un soggetto costituisca e gestisca una società RAGIONE_SOCIALE, quindi con chiaro intento di porre in essere una frode fiscale, senza ricavarne un beneficio economico per sé.
15. Il terzo e quarto motivo di ricorso del COGNOME sono inammissibili per difetto di specificità non avendo il ricorrRAGIONE_SOCIALE riprodotto nel mezzo cassatorio, ma semplicemRAGIONE_SOCIALE riassunto, il contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni rese dai terzi che smentirebbero o contrasterebbero le conclusioni cui è pervenuta la CTR. Resta quindi impedito a questa Corte di valutare la fondatezza RAGIONE_SOCIALE censure di omesso esame di fatti solo presuntivamRAGIONE_SOCIALE emergenti da quelle dichiarazioni.
16. Il quinto motivo è infondato alla stregua del principio secondo cui «Il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione RAGIONE_SOCIALE stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni RAGIONE_SOCIALE parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiRAGIONE_SOCIALE che egli esponga – in maniera concisa ma logicamRAGIONE_SOCIALE
adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamRAGIONE_SOCIALE disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamRAGIONE_SOCIALE esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto» (Cass. n. 29730 del 29/12/2020, Rv. 660157 – 01).
16.1. Con riferimento al motivo in esame va anche osservato che il ricorrRAGIONE_SOCIALE elenca una serie di circostanze, anche di fatto, emergenti dagli atti processuali che escluderebbero la qualifica di amministratore di fatto in capo al COGNOME, quali l’assenza di prove di rapporti con clienti e fornitori o di ritiro della corrispondenza della società, l’assenza di interferenze nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE mansioni attribuite alla dipendRAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, la mancata frequentazione dei locali dell’immobile adibito a sed e della società, di cui era proprietario e locatore, la mancata presenza al rogito degli atti di costituzione della società dinanzi al AVV_NOTAIO.
16.2. Orbene, a parte il rilievo che tali circostanze sono semplicemRAGIONE_SOCIALE affermate senza indicazione specifica degli atti processuali da cui emergerebbero, con conseguRAGIONE_SOCIALE difetto di specificità della censura, osserva il Collegio che nessuno di esse sarebbe idonea ad escludere la sussistenza in capo al COGNOME della qualifica di amministratore di fatto di una società che, è bene sottolinearlo, era una mera RAGIONE_SOCIALE, come tale niRAGIONE_SOCIALE affatto operat iva (di qui l’irrilevanza dei rapporti con clienti e fornitori, la frequentazione della sede della società, semplicemRAGIONE_SOCIALE fittizia, l’interferenza con non meglio specificate mansioni attribuite ad un a dipendRAGIONE_SOCIALE), ma semplicemRAGIONE_SOCIALE dedita all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, che di certo non richiedeva lo svolgimento di attività di gestione normalmRAGIONE_SOCIALE svolte da un amministratore.
17. In estrema sintesi, i ricorsi vanno rigettati ed i ricorrenti condannati in solido al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nella
misura liquidata in dispositivo, tenuto conto della sostanziale comunanza RAGIONE_SOCIALE questioni poste in entrambi i ricorsi.
P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento in favore della controricorrRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spese del presRAGIONE_SOCIALE giudizio di legittimità, che liquida in euro 30.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per i ricorsi, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 30 aprile 2024