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Responsabilità amministratore di fatto: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29337/2025, ha confermato le sanzioni tributarie a carico di un contribuente, ritenuto amministratore di fatto di una società “cartiera”. La Corte ha stabilito che la responsabilità amministratore di fatto prevale sullo schermo societario quando l’ente è una mera finzione creata per commettere illeciti a vantaggio personale. In questi casi, le sanzioni colpiscono direttamente la persona fisica che ha agito come effettivo dominus, rendendo irrilevante la distinta personalità giuridica della società.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Responsabilità amministratore di fatto: la Cassazione decide sulle società “cartiere”

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un tema cruciale del diritto tributario: la responsabilità amministratore di fatto in caso di utilizzo di società fittizie, comunemente note come “società cartiere”. La pronuncia chiarisce quando le sanzioni fiscali debbano colpire direttamente la persona fisica che si cela dietro lo schermo societario, anziché la società stessa. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione per professionisti e imprenditori sulla prevalenza della sostanza sulla forma nella lotta all’evasione fiscale.

I Fatti del Caso: Sanzioni all’Amministratore di una Società Fittizia

Il caso trae origine da un ricorso presentato da un contribuente contro un atto di irrogazione di sanzioni per violazioni fiscali relative all’anno d’imposta 2009. Le sanzioni erano state comminate in quanto egli era stato identificato come amministratore di fatto di una S.r.l. operante nel settore edile. Tale società, secondo l’Amministrazione Finanziaria, era una mera entità fittizia, creata al solo scopo di commettere illeciti tributari a vantaggio personale dell’amministratore.

Il contribuente aveva ottenuto una prima vittoria davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, che aveva annullato l’atto sanzionatorio. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate. I giudici di secondo grado avevano ritenuto che, data la natura fittizia della società, la responsabilità per le violazioni dovesse ricadere direttamente sull’individuo che ne era l’effettivo beneficiario e autore, a prescindere dall’esito di eventuali accertamenti fiscali nei confronti della società stessa. Di qui il ricorso in Cassazione da parte del contribuente.

La Decisione della Cassazione e la responsabilità amministratore di fatto

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del contribuente, confermando la decisione della Commissione Regionale. La sentenza si articola su due assi principali: uno di carattere procedurale e uno di carattere sostanziale, entrambi fondamentali per definire i contorni della responsabilità amministratore di fatto.

Il Principio dell’Ultra Petita: Un Vizio Procedurale Decisivo

Il primo motivo di ricorso si basava su un presunto vizio procedurale (violazione dell’art. 112 c.p.c.). Il ricorrente sosteneva che la Commissione Regionale avesse errato nel ritenere che il giudice di primo grado avesse deciso ultra petita, ovvero oltre le richieste delle parti. La Cassazione ha respinto questa tesi, chiarendo che il giudice di primo grado aveva fondato la sua decisione su un presupposto giuridico (la non contestualità dell’atto sanzionatorio rispetto all’accertamento) non sollevato dal contribuente. Il potere del giudice di qualificare giuridicamente i fatti non può spingersi fino a decidere su domande o eccezioni non proposte, violando il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

La responsabilità amministratore di fatto nelle “Società Cartiere”

Il cuore della decisione riguarda il secondo e il terzo motivo di ricorso, con cui si contestava la violazione delle norme che regolano l’imputazione delle sanzioni (art. 9 D.Lgs. 472/1997 e art. 7 D.L. 269/2003). Secondo il ricorrente, le sanzioni avrebbero dovuto essere irrogate esclusivamente alla società, in quanto soggetto dotato di personalità giuridica.

La Cassazione ha smontato questa difesa, richiamando la sua consolidata giurisprudenza. Il principio secondo cui le sanzioni amministrative tributarie si applicano alla persona giuridica non vale quando questa è una mera fictio, uno schermo utilizzato per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari. In tali circostanze, la ratio della norma viene meno e si ripristina la regola generale: la sanzione colpisce la persona fisica autrice dell’illecito.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che, nel caso di interposizione fittizia, il rapporto fiscale non fa capo alla società interposta, ma direttamente all’interponente, ovvero all’amministratore di fatto che agisce uti dominus. Le violazioni, pur formalmente imputabili all’ente, sono sostanzialmente riferibili all’attività del gestore occulto. L’irrogazione delle sanzioni trova quindi il suo fondamento diretto nella condotta dell’individuo, che viene sanzionato in proprio per la traslazione dei tributi e delle condotte evasive.

La Corte ha inoltre precisato che, per disapplicare la norma che sanziona la sola società, è necessario fornire prove (anche presuntive) che escludano la vitalità economica e operativa della società stessa. Nel caso di specie, il giudice di merito aveva compiutamente accertato, sulla base di un vasto quadro probatorio (indagini penali, p.v.c., dichiarazioni), che la società era meramente fittizia e che il contribuente era il reale beneficiario della condotta illecita.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio fondamentale nella lotta all’evasione fiscale: lo schermo della personalità giuridica non può essere usato come scudo per proteggere chi commette illeciti a proprio vantaggio. La responsabilità amministratore di fatto diventa diretta e personale quando la società è una “cartiera”. Per i giudici di legittimità, non rileva neppure l’eventuale presenza di altri amministratori, poiché ciò potrebbe al massimo dar luogo a una solidarietà passiva nel pagamento della sanzione, ma non esclude la responsabilità individuale di chi ha agito come dominus della frode.

Quando le sanzioni tributarie colpiscono l’amministratore di fatto anziché la società?
Le sanzioni colpiscono direttamente l’amministratore di fatto quando la società è una “cartiera”, ovvero un’entità fittizia, priva di reale sostanza economica e utilizzata come schermo per commettere illeciti tributari a vantaggio personale dell’amministratore stesso. In questi casi, la personalità giuridica della società non offre protezione.

Cosa si intende per vizio di “ultrapetizione” in un processo tributario?
Si ha un vizio di ultrapetizione (o ultra petita) quando il giudice fonda la sua decisione su una domanda o un’eccezione non sollevata da nessuna delle parti in causa. Il giudice può interpretare e qualificare giuridicamente i fatti presentati, ma non può decidere su questioni che esulano dal perimetro del dibattito processuale definito dalle parti.

La presenza di altri amministratori di fatto esclude la responsabilità del singolo?
No. Secondo la Corte, la normativa non richiede che la persona fisica beneficiaria sia l’unico soggetto coinvolto. L’eventuale presenza di una pluralità di amministratori di fatto non esclude l’applicazione delle sanzioni al singolo, ma può al massimo configurare un rapporto di solidarietà passiva tra i coobbligati al pagamento della sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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