Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29337 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29337 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
Oggetto: sanzioni -responsabilità amministratore di fatto
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13454/2020 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIO (pec: EMAIL), elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (pec: EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5407/24/2018 depositata il 12/12/2018 e non notificata.
Il AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5407/24/2018 veniva accolto l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 4842/12/2017 con la quale era stato accolto il ricorso proposto da NOME COGNOME contro l’ atto di irrogazione sanzioni relativo al periodo di imposta 2009 per plurime violazioni commesse in qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, società operante nel settore dell’edilizia , da cui era anche scaturito un procedimento penale.
Si legge nella sentenza impugnata che il giudice di prime cure riteneva illegittimo l’atto impugnato, in quanto le sanzioni per violazioni in materia tributaria dovevano essere comminate con l’avviso di accertamento relativo ai tributi ex art. 17, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997, come modificato dal d.l. n. 98 del 2011 e non, come avvenuto nella
specie, con atto distinto, restando irrilevante il fatto che era stato notificato contestualmente. Inoltre, il giudice di primo grado riteneva che l’annullamento dell’avviso di accertamento nei confronti della società, per effetto di una precedente sentenza della CTP, determinasse anche il venir meno del fondamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni nei confronti del ricorrente.
Il giudice d’appello riformava la sentenza di primo grado ritenendo che fosse incorsa nel vizio di ultrapetizione ai fini de ll’art. 112 cod. proc. civ. e, tra l’altro, che fosse irrilevante l’esito del giudizio sull’avviso di accertamento nei confronti della società, nel quale il titolo di responsabilità del contribuente era solidale quale amministratore di fatto, mentre nel presente giudizio consisteva nell’essere beneficiario ed autore RAGIONE_SOCIALE violazioni commesse, a fronte del carattere fittizio della società, che aveva posto in essere operazioni oggettivamente inesistenti. Né, ex art.7 d.l. n.269/2000, le sanzioni amministrative tributarie erano esclusivamente riferibili alla persona giuridica. Nel merito, riteneva fondati gli addebiti sulla base RAGIONE_SOCIALE risultanze del p.v.c. sottostante e corretta l’entità RAGIONE_SOCIALE sanzioni anche alla luce del d.lgs. n.158/2015.
Avverso la sentenza d’appello NOME COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, cui replica l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. nella parte in cui riteneva sussistente il vizio di ultrapetizione commesso dalla sentenza di primo grado, senza rilevare che il giudice di prime cure aveva ritenuto innanzitutto fondata l’eccezione avanzata dal con-
tribuente di violazione dell’art.16 d.lgs. n.472/1997 e, solo successivamente, aveva posto a base della decisione l’art.17 del d.lgs. n. 472 del 1997.
2. Il motivo è infondato.
2.1. Il potere-dovere del giudice di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi , sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum o causa petendi ), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE pretese o RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dai contraddittori (cfr. Cass. Sez. 5 ordinanza n. 644 del 10/01/2025; conforme a Cass. Sez. 2 sentenza n. 8048 del 21/03/2019).
Nel dettaglio, è ravvisabile il vizio di ultrapetizione quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto, oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso, così pronunciando oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE pretese o RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cfr. Cass. n.30467 del 17/10/2022 e giurisprudenza ivi citata). Ricorre il vizio di extrapetizione quando il giudice d’appello pronunci oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE richieste e RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, mentre non sussiste tale vizio allorché il giudice qualifichi diversamente i fatti, restando nei limiti RAGIONE_SOCIALE richieste contenute nell’atto di impugnazione e degli elementi di fatto posti a base RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate.
2.2. Inoltre, va anche tenuto conto, in materia di procedimento civile, che, per condivisa interpretazione giurisprudenziale (cfr. Cass. Sez. L sentenza n. 5832 del 3/03/2021; conforme a Cass. Sez. 6-1 ordinanza n. 8645 del 9/04/2018), l’applicazione del principio iura novit curia , di cui all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e RAGIONE_SOCIALE eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato.
2.3. Orbene, alle pagg.1-2 della sentenza impugnata si legge che il giudice d’appello , nella parte in ‘diritto’, ha accolto il primo motivo di gravame proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, afferente alla violazione da parte dei giudici di primo grado dell’art. 112 cod. proc. civ. e rigettato anche l’eccepita applicazione del principio iura novit curia evocato dal ricorrente. La CTP aveva accolto il ricorso del contribuente in ragione della non contestualità dell’adozione RAGIONE_SOCIALE sanzioni con l’atto di accertamento del tributo afferente, in violazione dell’art. 17, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997 (cfr. pag. 1 della sentenza), questione non evocata dal contribuente ai fini della richiesta declaratoria di nullit à dell’atto impositivo, fondata sulla presunta duplicazione della sanzione e omessa indicazione nell’atto RAGIONE_SOCIALE difese del ricorrente (art.16 comma, 7). Così facendo, il giudice di prime cure ha violato il principio
della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, decidendo su un presupposto giuridico che non era stato oggetto di specifica deduzione e domanda da parte del contribuente e non è una questione rilevabile d’ufficio.
È vero che la motivazione menziona l’eccezione sollevata dal contribuente con riferimento all’art .16, ritenuta assorbente, ma poi l ‘argomentazione del giudice sulla questione è incentrata sulla non contestualità RAGIONE_SOCIALE sanzioni rispetto all’avviso (art.17 del decreto) e non sulla violazione del procedimento amministrativo di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni (art.16 del decreto) oggetto del ricorso, in particolare relativamente alla motivazione dell’atto circa la duplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Né si è trattato di una mera qualificazione giudica della fattispecie, e sussiste la violazione denunciata avuto riguardo alla causa petendi e alle critiche contenute nel ricorso introduttivo, che erano sostanzialmente diverse in diritto dalla ragione posta a fondamento della decisione, anche ai fini dell’esercizio della prova e del diritto di difesa di cui agli artt.111 Cost., 6 CEDU e 47 CDFUE. Ne consegue che la doglianza in disamina è infondata.
Con il secondo e il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione, rispettivamente, dell’art. 9 d.lgs. n. 472 del 1997 e dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003.
I due motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono affetti da concorrenti profili di inammissibilità e infondatezza.
4.1. Come condivisibilmente affermato da Cass. n.23987/2025: « tenendo conto dei principi enunciati in materia di sanzioni relative al rapporto tributario, la giurisprudenza di legittimit à ha intanto ritenuto che
esse siano a carico della societ à dotata di personalit à giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, anche quando gestita da un amministratore di fatto, salvo che nelle ipotesi di societ à “cartiera”, atteso che, in tal caso, si tratterebbe di una mera ‘fictio’, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari, commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con il conseguente venir meno della stessa ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola societ à con personalit à giuridica, dovendosi pertanto ripristinare la regola generale, secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass., 20 ottobre 2021, n. 29038; 22 novembre 2021, n. 36003).
Questa Corte ha peraltro avvertito che, nell’interposizione del gestore “uti dominus” alla societ à di capitali interposta, non ha rilievo il rapporto fiscale di quest’ultima, ma quello che fa capo direttamente all’interponente, sicch é la fattispecie esula dal disposto di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmente dell’ente collettivo, vanno riferite all’attività del gestore uti dominus (Cass., 25 luglio 2022, n. 23231). L’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, difatti, trova il suo diretto riferimento nella condotta dell’interponente, il quale è sanzionato in proprio, in relazione all’avvenuta traslazione dei tributi dell’ente collettivo, con cons eguente imputazione anche RAGIONE_SOCIALE condotte evasive. L’attenzione speculare alla compagine sociale ha consentito pertanto di affermare che, perch é difetti la ratio dell’art. 7, d.l. n. 269 del 2003, che sanziona la sola societ à dotata di personalit à giuridica, e sia ripristinata la regola secondo cui la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito, è necessario acquisire riscontri probatori, anche presuntivi, valevoli ad escludere la vitalit à della societ à medesima, quand’anche gestita da un amministratore di fatto (Cass., 23 gennaio 2023, n. 1946). La vitalit à , infatti si contrappone alla sua gestione e direzione da parte di un soggetto terzo uti dominus . ».
4.2. Orbene, il giudice nella sentenza impugnata ha compiuto un preciso e articolato accertamento fattuale basato su puntuali elementi individuati risultanti dal quadro probatorio raccolto nel processo, tra cui indagini penali, p.v.c., mero domicilio postale della RAGIONE_SOCIALE, informazioni fornite dagli appaltatori dei lavori edili, dichiarazioni di NOME COGNOME dipendente della società ecc… (cfr. pag. 3-5 della sentenza) e i mezzi di impugnazione impingono in tale accertamento.
Sotto un concorrente profilo, il Collegio osserva che, sulla base della valutazione di tale quadro probatorio, il giudice ha ritenuto provata la circostanza che il contribuente è risultato il beneficiario della condotta illecita tenuta dalla societ à RAGIONE_SOCIALE, meramente fittizia, di cui era amministratore di fatto e agente uti dominus .
Con i due motivi in disamina il ricorrente, sotto lo schermo RAGIONE_SOCIALE due prospettate violazioni di legge, richiede alla Corte una nuova valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie inammissibile in questa sede. Così facendo, il ricorrente non tiene conto del fatto che il vizio di violazione o falsa applicazione di legge presuppone una erronea ricognizione della fattispecie astratta (tra le tante, cfr. Cass. Sez. 1 n. 3340 del 2019 e giurisprudenza ivi citata) e deve, quindi, essere formulato assumendo l’accertamento di fatto, cos ì come operato dal giudice del merito, in guisa di termine obbligato, indefettibile e non modificabile del sillogismo tipico del paradigma dell’operazione giuridica di sussunzione. Diversamente, ossia ponendo in discussione detto accertamento, si verrebbe a trasmodare nella revisione della quaestio facti e, dunque, ad esercitarsi poteri di cognizione esclusivamente riservati al giudice del merito. Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso in esame da tale consolidata interpretazione giurisprudenziale.
Il Collegio osserva anche che il ricorrente invoca (cfr. p.38 ricorso) la circostanza secondo la quale è la stessa RAGIONE_SOCIALE ad affermare che
egli è stato solo uno degli amministratori della società RAGIONE_SOCIALE e che vi sarebbero quindi altri soggetti che potrebbero aver beneficiato degli illeciti commessi dall’ente .
6.1. Tale ulteriore difesa non può trovare ingresso.
Un primo profilo dirimente è che, secondo un’interpretazione letterale e logica, l’art.7 del d.l. 269/2003 non richiede affatto che la singola persona fisica in questione sia l’unico soggetto beneficiario, ma, piuttosto, rileva che sia escluso il fatto che la società dotata di personalità giuridica sia la beneficiaria della violazione. Ciò che rileva, in altri termini, è che la società di capitali sia stata semplicemente creata artificiosamente e governata dalla persona fisica uti dominus (cfr. Cass. n. 23231/2022), e sia uno schermo a beneficio di una o più persone fisiche, autrice o autrici della violazione servendosi di lei, e l’applicazione del l’art.7 ai fini RAGIONE_SOCIALE sanzioni non è perciò esclusa dalla mera presenza di una pluralità di amministratori di fatto. In caso di più persone fisiche beneficiate e coobbligate al pagamento della sanzione, eventualmente, sussisterebbe tra di essi semplicemente un rapporto di solidarietà passiva.
6.2. Inoltre, va condivisa l’interpretazione giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 23231/2022) secondo la quale, se la società di capitali è stata semplicemente creata artificiosamente e governata dalla persona fisica uti dominus, allora l’art.7 del d.l. 269/2003 non è neppure applicabile. Vanno a tal fine ribaditi i concetti espressi nella già richiamata Cass. n.23987/2025.
Il ricorso è perciò rigettato e le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, liquidate in euro 10.600 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025
Il Presidente NOME COGNOME