Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8696 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8696 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15275/2021 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE
-intimata-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA LIGURIA n. 694/2020 depositata il 25/11/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha impugnato la cartella di pagamento con la quale, sulla scorta di due avvisi di accertamento riguardanti la società RAGIONE_SOCIALE di cui era stato amministratore fino all’1 novembre 2006, veniva reso destinatario di una richiesta di pagamento di somme a titolo di IVA.
Il COGNOME ha contestato la validità della notifica degli avvisi, adducendo che, in ogni caso, i medesimi erano stati notificati nell’anno 2015 nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e che egli, avendo cessato molto prima di esserne amministratore legale, non potesse essere chiamato a rispondere -in virtù della contestata cartella -di atti impositivi emessi nei riguardi della persona giuridica.
La CTP di Genova ha accolto il ricorso del contribuente.
Viceversa la CTR della Liguria ha accolto l’appello dell’Ufficio.
Il RAGIONE_SOCIALE si è affidato a undici motivi di ricorso per cassazione.
L’Agenzia si è costituita con controricorso.
L’agente della riscossione è rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1335, dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 23, 24 e 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, degli artt. 215 e 216 c.p.c., in quanto gli avvisi di accertamento prodromici alla cartella non sono stati ‘ validamente recapitati a destinazione ‘, la firma apposta non appartiene a NOME COGNOME che l’ha disconosciuta, e inoltre ‘ nessun soggetto (messo notificatore, postino, addetto al recapito, ecc.) ha attestato
alcunché sull’avviso di ricevimento stesso (peraltro prodotto in copia fotostatica), né vi sono altri elementi sull’avviso atti a far presumere che l’atto accompagnato da tale avviso sia effettivamente giunto a destinazione’.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione, ex art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 1335, dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 23, 24 e 25 del d.P.R. n. 602 del 1973, degli artt. 215 e 216 c.p.c., degli artt. 12 e 14 L. n. 218 del 1995, in quanto il procedimento notificatorio ha avuto luogo all’interno del territorio monegasco sicché restava soggetto al diritto del Principato di Monaco, non alla legge italiana e -segnatamente -all’art. 1335 c.c.
Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., posto che NOME COGNOME all’epoca della presunta notifica (2014), non era sicuramente (e pacificamente) più legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 60 d.P.R. n. 600 del 1973, in quanto la notifica era indirizzata alla RAGIONE_SOCIALE sicché si palesava infondato l’assunto della CTR secondo il quale trattandosi di notificare a cittadino italiano residente all’esterno, il cui indirizzo risultava dall’Anagrafe italiani residenti all’estero (AIRE) ‘ non era necessaria l’intermediazione dell’ufficiale notificatore monegasco ‘.
Con il quinto motivo si censura la violazione e falsa applicazione, ex art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 1335, dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 23, 24 e 25 del d.P.R. n. 600 del 1973, la falsa applicazione di ‘ principi solidaristici cui è informato il sistema giuridico in generale e fiscale in particolare ‘, la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2462 c.c.; la violazione del principio di autonoma soggettività delle persone giuridiche, in quanto gli avvisi
di accertamento ‘ non sono stati notificati al Signor COGNOME (poi destinatario della cartella di pagamento impugnata), bensì al più nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
Con il sesto motivo di ricorso si contesta, ex art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2462 c.c. e dell’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973, in quanto la CTR ha erroneamente ritenuto che le passività fiscali della RAGIONE_SOCIALE si riversassero automaticamente sulla persona fisica di NOME COGNOME.
Con il settimo motivo si lamenta, ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, per apparenza della motivazione in punto di estensione a NOME COGNOME della ‘ responsabilità per i debiti societari ‘.
Con l’ ottavo motivo si censura la violazione, ex art. 360, n. 3, c.p.c., dell’art. 24 D.Lgs. n. 546 del 1992, per avere la CTR erroneamente ritenuto tardivi i motivi aggiunti proposti da NOME COGNOME in data 13 maggio 2016, ancorché i sessanta giorni previsti dal richiamato art. 24 decorressero dall’effettiva conoscenza della costituzione dell’Ufficio, non dalla possibilità della loro conoscenza.
Con il nono motivo di ricorso si denuncia la violazione dell’art. 24 D.Lgs. del 1992 ‘ stante la necessità (costituzionalmente imposta) di applicare una proroga dei termini di impugnazione a motivo della residenza extra-UE del ricorrente ‘, tenuto conto che il combinato disposto degli artt. 41 e 43 del D.Lgs. n. 104 del 2010 (codice del processo amministrativo) prevede una proroga di novanta giorni ‘ in caso di ricorrenti residenti in territorio extra-UE ‘; in relazione a dette norme in materia di processo amministrativo la parte ricorrente insiste per la proposizione di questione di legittimità costituzionale con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
Con il decimo motivo si contesta, ex art. 360, n. 4, c.p.c., l’omessa pronuncia in ordine al vizio di difetto di legittimazione passiva di
NOME COGNOME dedotto con i motivi aggiunti e la conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.
Con l’ undicesimo motivo si stigmatizza la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 36 D.Lgs. n. 546 del 1992, in quanto la motivazione resa in ordine alla determinazione dell’aggio richiesto in cartella è ‘ meramente apparente ‘.
Il primo motivo è infondato.
L’art. 60, co. 4, d.P.R. n. 600 del 1973, testualmente prevede: « Salvo quanto previsto dai commi precedenti ed in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 142 del codice di procedura civile, la notificazione ai contribuenti non residenti è validamente effettuata mediante spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera rilevato dai registri dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o a quello della sede legale estera risultante dal registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile. In mancanza dei predetti indirizzi, la spedizione della lettera raccomandata con avviso di ricevimento è effettuata all’indirizzo estero indicato dal contribuente nelle domande di attribuzione del numero del codice fiscale o variazione dati e nei modelli di cui al terzo comma, primo periodo . In caso di esito negativo della notificazione si applicano le disposizioni di cui al primo comma, lettera e) ».
La prima parte del quarto comma è chiara nel precisare che la notifica al contribuente residente all’estero deve essere effettuata, in primo luogo, presso l’indirizzo estero che risulti dall’AIRE. Solo in mancanza, l’indirizzo estero rilevante diventa quello già indicato dal contribuente nelle svariate ipotesi di domande e/o variazioni anagrafiche precisate al terzo comma. Solamente in caso di esito negativo ai suddetti indirizzi, quindi, diviene applicabile la modalità prevista per la notificazione in caso di irreperibilità assoluta.
La modalità di notifica prevista dal quarto comma è alternativa, ed equivalente, a quella prevista, in via ordinaria, dall’art. 142 c.p.c.
Ciò deriva non solo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 366 del 2006, ma dalla esplicita indicazione del legislatore (« in alternativa a quanto stabilito dall’articolo 142 del codice di procedura civile »), operata con il D.L. 25 marzo 2010 (Cass. n. 33469 del 2023; v. anche Cass. n. 22271 del 2024).
La norma in commento costituisce una disposizione speciale rispetto all’art. 142 c.p.c. (così Cass. n. 20256 del 2017) e ciò rileva proprio in ordine alla modalità, semplificata, di esecuzione della notifica, essendo sufficiente « la spedizione di lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’indirizzo della residenza estera » rilevato dal registro AIRE, mentre nell’altro caso sarebbe stato necessario che l’atto fosse « notificato mediante spedizione al destinatario per mezzo della posta con raccomandata e mediante consegna di altra copia al Pubblico Ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta », sempreché non si fosse dovuto procedere secondo quanto previsto dalle Convenzioni Internazionali (Cass. cit. 33469 del 2023).
La CTR, nella specie, ha accertato la regolarità della notificazione degli avvisi di accertamento, essendo stata effettuata nei confronti di ‘ cittadino italiano residente all’estero, il cui indirizzo è risultante dall’Anagrafe Italiani residenti all’estero (AIRE), sicché non era necessaria l’intermediazione dell’Ufficiale notificatore monegasco ‘. Il giudice ha, infatti, soggiunto che ‘ il plico contenente gli avvisi di ricevimento sia stato consegnato all’interessato che ha sottoscritto l’avviso di accertamento … all’indirizzo ‘INDIRIZZO Monaco’, risultante dall’AIRE’. In tal senso, è corretto il richiamo, ad opera della CTR, alla presunzione ex art. 1335 c.c., non occorrendo, come correttamente affermato dal medesimo giudice, di una relazione di notificazione.
Il secondo motivo è vistosamente infondato.
L’art. 12 L. n. 218 del 1995 prevede che ‘ Il processo civile che si svolge in Italia è regolato dalla legge italiana’. Naturalmente, la notifica di un atto introduttivo di un giudizio da celebrarsi sotto l’egida del diritto italiano è regolato dal relativo ordinamento giuridico, dacché alcuna disposizione ne riconduce il procedimento notificatorio all’alveo dell’ordinamento straniero.
Il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo, si prestano a trattazione unitaria per intima connessione; essi sono fondati e vanno accolti per quanto di ragione.
Il terzo e il quarto agitano, in effetti, questioni suscettibili, in linea di principio, di essere adombrati al momento della notifica degli avvisi di accertamento, ma qualora gli atti impositivi fossero riferibili alla persona fisica di NOME COGNOME
Occorre porre in evidenza tre dati di fatto, accertati in entrambi i gradi di merito: il primo attiene alla sussistenza di debiti fiscali facenti capo alla società in quanto correlati a rapporti tributari nella titolarità della stessa; il secondo -evincibile dalla terza censura, che riproduce in parte gli avvisi di accertamento, concerne il loro esplicito riferimento alla sola società RAGIONE_SOCIALE rappresentata dal Signor COGNOME COGNOME nella qualità di rappresentante legale ‘; il terzo riguarda la circostanza che il COGNOME alla data in cui ricevette la notifica degli avvisi di accertamento non rivestiva più la carica di amministratore della società;
Alla stregua dell’art. 81 c.p.c. secondo cui « fuori di casi stabiliti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui ». Ne discende che la persona fisica che abbia rivestito, ma non rivesta più -com’è pacifico nel caso che occupa le cariche di amministratore e/o legale rappresentante di una società di capitale è fisiologicamente priva -e lo era il COGNOME al cospetto dei due avvisi di accertamento -della legittimazione a far valere in giudizio un diritto spettante alla società. In particolare, il potere di far valere la nullità di una notificazione eseguita presso
un soggetto non legittimato compete al soggetto cui è diretta la notificazione stessa, non a quello presso cui sia stata erroneamente eseguita la notificazione stessa (in tal senso Cass. n. 19870 del 2004; Cass. n. 29628 del 2008). Nella specie, la destinataria (e intestataria) degli avvisi era la società, essendo il COGNOME evocato, non a titolo personale, ma quale legale rappresentante. Ciò comporta che il COGNOME, non essendo, al momento della notifica degli avvisi di accertamento, titolare dei rapporti sostanziali fatti valere in giudizio, non avrebbe potuto sollevare alcuna questione ad essi afferente. In altri termini, in ragione dell’originario difetto di legittimazione attiva in capo ad esso, non avrebbe potuto intraprendere una causa di impugnazione degli atti impositivi.
Ora, sul piano funzionale la cartella è ricompresa tra gli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie ai sensi dell’art. 19, comma 2, lett. d), D.Lgs. n. 546/1992. La notifica della cartella, nell’economia del sistema, assolve uno actu -alle funzioni che nella espropriazione forzata del codice di rito civile sono svolte dalla notificazione del titolo esecutivo ex art. 479 c.p.c. e dalla notificazione del precetto. Chiaro sul punto l’avviso del giudice nomofilattico, secondo il quale la notificazione della cartella di pagamento costituisce atto preliminare indefettibile per l’effettuazione di un pignoramento da parte dell’agente della riscossione, atteso che la cartella, a mente dell’art. 25 del d.P.R. citato, assolve ‘ uno actu ‘ le funzioni svolte, ex art. 479 c.p.c., dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto nella espropriazione forzata codicistica, e che il disposto dell’art. 50 del medesimo d.P.R. depone univocamente in tal senso (Cass. n. 3021 del 2018). La cartella è trasposizione contabile e sintetica dell’iscrizione a ruolo che riguarda il contribuente. In particolare, descrive il titolo e va redatta sotto pena di nullità conformemente al modello approvato con d.m. 28 giugno 1999. Contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta
giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. Contempla, altresì, l’indicazione del ruolo e della data in cui questo è stato reso esecutivo (art. 25, d.P.R. n. 602 del 1973) nonchè il nominativo del responsabile del procedimento (art. 36, comma 4ter , d.l. n. 248 del 2007, convertito, con modificazioni, in l. n. 31 del 2008) (Cass. n. 11722 del 2010).
Ora, nel caso di specie, il COGNOME, non essendo il reale destinatario degli avvisi -quindi non essendo né legittimato, né tenuto ad impugnare gli atti impositivi in parola -ha correttamente impugnato la cartella con la quale i medesimi, frattanto trasposti nel ruolo, venivano messi in esecuzione nei suoi confronti. Ab origine -quindi al netto dei motivi aggiunti -il COGNOME adombrava l’omessa notifica degli atti di accertamento, ergo la mancanza di un accertamento tributario nei suoi confronti, quale persona fisica.
Dette censure, ora confluite nel compendio censorio rappresentato dai quattro motivi ora in esame, colgono nel segno nella misura in cui tendono a rimarcare la non riferibilità al Filanti dei due avvisi di accertamento in contestazione e delle collegate pretese fiscali. In effetti, non può configurarsi in linea astratta una responsabilità diretta del COGNOME in relazione al pagamento delle imposte evase dalle società RAGIONE_SOCIALE, dovendosi escludere una responsabilità solidale dell’amministratore nell’obbligazione tributaria di una società di capitali.
L’autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza le società di capitali implica infatti l’esclusiva imputabilità alla società dell’attività svolta in suo nome e dei relativi debiti e tale principio non conosce alcuna deroga con riferimento alle obbligazioni di carattere tributario della società , con eccezione per l’ipotesi contenuta nell’art. 36 d.P.R. 602 del 1973 relativamente ai liquidatori, amministratori e soci di società in liquidazione. Detta ipotesi di responsabilità per obbligazione propria ex lege ha,
peraltro, natura civilistica e non tributaria, in quanto trova il suo fondamento in un credito civilistico fondato sulla violazione degli artt. 1176 e 1218 c.c.; l’art. 36 cit. non pone, invero, alcuna coobbligazione di debiti tributari a carico di tali soggetti (Cass., Sez. Un., n. 2079 del 1989; Cass. n. 2767 del 1989; Cass. n.10508 del L’azione di responsabilità è esercitabile, in particolare, ai sensi dell’art. 36, co. 4, d.P.R. n. 602 del 1973, nei confronti degli amministratori che abbiano compiuto nel corso degli ultimi due periodi di imposta, precedenti alla messa in liquidazione operazioni di liquidazione ovvero abbiano occultato attività sociali anche mediante omissioni nelle scritture contabili.
La norma in parola, avendo natura derogatoria ed essendo peraltro connotata da specialità, non è naturalmente estendibile tout court al di fuori del perimetro da essa specificamente tracciato. Nel caso di specie, tale peculiare ipotesi di responsabilità dell’amministratore non viene neppure dedotta, né viene allegata la sussistenza dei relativi elementi costituivi. Va, quindi, esclusa una responsabilità diretta dell’ex amministratore per le obbligazioni tributarie della società.
Non esiste, in definitiva, come chiarito ancora di recente da questa Corte (v. Cass. n. 8811 del 2021) una responsabilità degli amministratori (anche di fatto) per i debiti fiscali della società, mancando una norma che indichi una sorta di successione o coobbligazione dei debiti tributari, della società, a carico dei suoi amministratori.
Entro questi limiti i motivi terzo, quarto, quinto e sesto vanno accolti.
Il settimo motivo, l’ottavo motivo, il nono motivo, il decimo motivo e l’undicesimo motivo sono assorbiti.
La sentenza va, pertanto, cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con l’accoglimento dell’originario ricorso e l’ annullamento della cartella.
Le spese delle fasi di merito vanno compensate. L’Agenzia va condannata, invece, al pagamento delle spese dell’odierno giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta i primi due motivi di ricorso; accoglie per quanto di ragione il terzo, il quarto, il quinto e il sesto motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l’originario ricorso e annulla la cartella impugnata; compensa le spese delle fasi di merito; condanna l’Agenzia al pagamento in favore della ricorrente delle spese dell’odierno giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.200,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese forfettarie e gli accessori di legge .
Così deciso in Roma, il 30/01/2025.