Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32824 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32824 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
Residenza in Svizzera-art. 2 comma 2 bis t.u.i.r.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 7321/2016 R.G. proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. prof. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME presso lo studio dei quali è elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO in forza di procura speciale a margine del ricorso, nonché, congiuntamente e disgiuntamente ai primi, dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL), in forza di atto di costituzione aggiuntivo e relativa procura speciale in calce;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 3869/2015 depositata in data 14/09/2015, non notificata;
udita la relazione della causa tenuta nella pubblica udienza del 3/10/2024 dal consigliere dott. NOME COGNOME
udito il sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avv. NOME COGNOME per il ricorrente;
udito l’avv. NOME COGNOME per l’Avvocatura Generale dello Stato.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME esercente l’ attività di commercio di macchine agricole con la ditta NOME Grains di COGNOME NOME, iscritto nel registro dei contribuenti svizzeri a far data dall’1/07/2004, fu sottoposto a verifica fiscale per gli anni dal 2005 al 2009 da parte del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza di Mantova.
Definite in adesione le annualità 2005 e 2006, furono quindi notificati al contribuente avvisi di accertamento a fini Irpef, Irap e Iva per le annualità dal 2007 al 2009, avendo l’Agenzia delle entrate recepito le risultanze del p.v.c. e ritenuto che egli fosse, per dette annualità, evasore totale in quanto da considerarsi residente in Italia; secondo l’amministrazione finanziaria infatti, sebbene egli fosse iscritto all’AIRE dal 2007, sulla base degli elementi indicati negli atti impositivi doveva ritenersi che in realtà avesse conservato la propria residenza fiscale in Italia, dovendo considerarsi fittizia l’assunzione della residenza in Svizzera, paese a fiscalità privilegiata.
La Commissione tributaria provinciale (CTP) di Mantova, adita con separati ricorsi dal contribuente, previa loro riunione, li accolse.
Avverso la sentenza di primo grado l’ufficio propose appello davanti alla Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia, sezione staccata di Brescia, che, con sentenza n. 3869/67/2015 depositata il 14/09/2015, accolse il gravame.
Contro tale decisione propone ricorso per cassazione il contribuente, formulando cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
La causa è stata rimessa alla pubblica udienza del 3/10/2024.
Il PM, in persona del sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME, ha rassegnato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comm i 2 e 2bis , d.P.R. n. 917/1986, degli artt. 43 cod. civ. e 4 modello OCSE, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. prod. civ., nella parte in cui i giudici di appello hanno ritenuto la residenza fiscale del COGNOME in base alla residenza anagrafica della famiglia, in Castiglione delle Stiviere, invece di ricostruire il domicilio effettivo, violando in tal modo il concetto di domicilio così come stabilito dalle disposizioni interne e anche dal modello OCSE.
Con il secondo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. prod. civ., si lamenta l’ omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, allegati e documentati nel giudizio di merito e atti a dimostrare la presenza costante in Svizzera e dunque il domicilio quale sede principale degli affari e degli interessi.
Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. prod. civ., si deduce nullità della sentenza per motivazione apparente e violazione degli artt. 112 e 132, n. 4, cod. proc. civ., per essersi la sentenza impugnata, in relazione agli elementi di prova in atti e volti, secondo l’assunto del ricorrente, a dimostrare
l’effettivo svolgimento dell’attività di impresa in Svizzera, limitata ad affermare che gli elementi indicati al ricorrente non sono idonei a superare la presunzione legale né a inficiare la valenza probatoria delle circostanze di fatto emerse nel corso della verifica fiscale .
Con il quarto motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. prod. civ., si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 e degli artt. 115 e 167 cod. proc. civ. poiché, nel rendere l’ affermazione riportata nel precedente motivo, i giudici di appello avrebbero violato il principio di non contestazione, non avendo rilevato che i fatti e i documenti allegati a sostegno del ricorso di primo grado non erano stati oggetto di alcuna contestazione da parte dell’ufficio, per cui dovevano ritenersi pacifici, con la conseguenza che il contribuente avrebbe assolto l’onere probatorio, su di lui gravante, per superare la presunzione di cui all’art. 2, comma 2bis , t.u.i.r.
Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell ‘art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., si deduce, in subordine al rigetto dei precedenti motivi, lo jus superveniens di cui al d.lgs. n. 158/2015, entrato in vigore successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, da cui discenderebbe la riduzione delle sanzioni in applicazione della normativa più favorevole.
Per ragioni di ordine logico deve esaminarsi in primo luogo la denuncia di nullità della sentenza per motivazione apparente, di cui al terzo motivo di ricorso, motivo che è infondato.
La mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4, cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo
segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione -ovvero … essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata (Cass., Sez. U., 7/04/2014, n. 8053; successivamente tra le tante Cass., Sez. U., 3/11/2016, n. 22232).
In particolare si è in presenza di una motivazione apparente allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.
Nella specie la doglianza del ricorrente, al fine di prospettare tale vizio, estrapola un unico passaggio argomentativo dal contesto della motivazione svolta che, letta invece nel suo complesso unitario, evidenzia come il giudice di merito abbia preso in considerazione il quadro degli elementi presuntivi evidenziati dall’ufficio, tra i quali, la fruizione di prestazioni specialistiche presso l ‘ ASL di Castiglione delle Stiviere, la presenza di una casella presso l’ufficio postale del
medesimo paese, la proprietà di una consistente unità immobiliare sempre in Castiglione delle Stiviere dove moglie e figli hanno la residenza anagrafica, la comproprietà di immobili in Santa Teresa di Gallura e in Aprica, il rinvenimento del ricorrente presso l’abitazione familiare sita in Castiglione delle Stiviere e, nello stesso luogo, di un computer contenente documentazione inerente all’attività svolta, il fatto che le fatture emesse dalla ditta indicassero quale contatto telefonico il numero dell’utenza fissa sita presso la predetta abitazione e, ancora, il fatto che la maggior parte del reddito fosse prodotta tramite rapporti commerciali intercorsi con imprese italiane, tutte circostanze che assumono rilievo ai fini della riconoscibilità effettiva da parte dei terzi di detto luogo come domicilio effettivo; rispetto a tali elementi, i giudici di appello consideravano recessive le circostanze della locazione di un immobile ad uso ufficio e abitativ o e l’acquisto di un appartamento in Svizzera, avvenuto solo nel 2010, con l’espressa previsione che esso non rappresentava l’abitazione familiare.
La motivazione risulta quindi graficamente presente e la ratio decidendi della decisione impugnata risulta perfettamente comprensibile, con conseguente infondatezza del motivo.
Il primo motivo, con cui il ricorrente censura violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2 -bis , t.u.i.r., è infondato.
Occorre premettere che questa Corte ha già di recente evidenziato che i n materia di soggetti passivi dell’imposta, ed ai fini dell’accertamento della residenza delle persone fisiche nel territorio dello Stato, la determinazione della residenza e del domicilio secondo i criteri di cui all’art. 2, co mma 2, d.P.R. n. 917 del 1986, così come novellato dall’art. 1 d.lgs. n. 209 del 2023, si applica alle fattispecie concrete verificatesi a far data dall’1 gennaio 2024, considerata la disposizione intertemporale di cui all’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 209 del
2023 ed attesa la natura sostanziale della stessa modifica normativa (Cass. 18/07/2024, n. 19843).
Tanto premesso, è orientamento consolidato di questa Corte (maturato prima della predetta novella del comma 2 dell’art. 2 d.P.R. n. 917 del 1986) quello secondo cui, ai fini dell’individuazione della residenza fiscale o meno in Italia del contribuente, per l’accertamento del domicilio deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento ( ex plurimis Cass. 07/11/2001; Cass. 15/06/2010, n. 14434; Cass. 22/10/2010, n. 21689; Cass. 18/11/2011, n. 24246; Cass. 04/04/2012, n. 5382; Cass. 31/03/2015, n. 6501; Cass. 20/12/2018, n. 32992; Cass. 02/03/2020, n. 5642; Cass. 04/05/2021, n. 11620; Cass. 01/07/2021, n. 18702; Cass. 11/10/2022, n. 1118; Cass. 31/01/2024, n. 2878; Cass. 18/07/2024, n. 19843).
Ciò premesso, nel caso di specie, la CTR, esaminati gli elementi presuntivi che avevano indotto i verbalizzanti a ritenere che il contribuente avesse conservato la propria residenza fiscale in Italia, ha ritenuto che – stante l’insufficienza della mera iscrizione all’AIRE a comprovare l’avvenuto trasferimento in Svizzera a decorrere dall’anno 2007- il contribuente non avesse soddisfatto l’onere probatorio su di lui gravante ai sensi dell’art. 2, comma 2bis , t.u.i.r. nel testo applicabile ratione temporis secondo cui ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile; si considerano altresì residenti, salvo prova
contraria, i cittadini italiani cancellati dall’anagrafe della popolazione residente ed emigrati in stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto del Ministro delle finanze (decreto costituito dal d.m. 4 maggio 1999).
La sentenza della CTR si è attenuta ai principi costantemente affermati da questa Corte e sopra riportati, in quanto nell’esame delle risultanze processuali, con motivazione esente da vizi per quanto, sia in precedenza che di seguito, osservato in relazione alle censure svolte dal ricorrente con il secondo e il terzo motivo, ha ritenuto che, per il triennio di imposta oggetto di accertamento il sig. COGNOME benché iscritto all’AIRE, avesse conservato in Italia il proprio domicilio inteso come la sede principale degli affari ed interessi economici e delle relazioni personali e che egli, trasferito in Svizzera, paese a fiscalità privilegiata secondo il succitato decreto ministeriale, non avesse assolto l’onere probatorio su di lui gravante al fine di superare la presunzione predetta.
Infine, lo specifico assunto difensivo (che costituisce il punto centrale della censura di cui al primo motivo) che i giudici della CTR abbiano privilegiato la residenza anagrafica dei familiari rispetto al domicilio effettivo del contribuente, da intendersi come centro di interessi personali ed economici, non corrisponde a quanto effettivamente statuito in sentenza, ove i giudici hanno esaminato una pluralità di elementi fattuali, di carattere economico patrimoniale e personale.
Il secondo motivo di ricorso , proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., è infondato.
Questa Corte ha chiarito che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di cui all’art. 360, prima comma, n. 5 (Cass. 10/02/2015, n. 2498), occorrendo che il fatto storico principale o secondario, che risulti dalla sentenza o dagli atti processuali e che sia
stato oggetto di discussione tra le parti, sia decisivo, cioè tale da determinare un esito diverso della controversia.
Premesso che alcuni dei fatti dedotti appaiono espressamente presi in considerazione da parte del giudice d’appello (come la residenza della moglie e dei figli, la locazione di un immobile in Svizzera, il successivo acquisto di un appartamento in Svizzera), deve pertanto ritenersi che la censura, seppure proposta in relazione al paradigma dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., miri piuttosto a una rivalutazione non consentita nella presente fase di legittimità del materiale istruttorio così come valutato dal giudice di merito e sia dunque inammissibile (Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34476).
Il quarto motivo, proposto in relazione al principio di non contestazione, è infondato.
È vero che il principio di non contestazione, che si fonda sul carattere dispositivo del processo, trova applicazione anche nel processo tributario ma, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 24/11/2022, n. 34707; Cass. 18/06/2014, n. 13834), esso opera solo sul piano probatorio e non anche su quello delle allegazioni.
Nel caso di specie, l’ Agenzia delle entrate, tanto con le controdeduzioni in primo grado quanto con il ricorso in appello avverso la sfavorevole sentenza della CTP, ha contestato il fatto affermato dal contribuente di aver stabilito in Svizzera il proprio domicilio e/o la propria residenza intesa come dimora abituale secondo l’art. 43 cod. civ.
Né il principio di non contestazione può essere riferito, come fatto dal ricorrente, ai documenti prodotti, atteso che la loro valenza indiziaria, nel senso di inferirne la fissazione in Svizzera della residenza o domicilio quale sede principale dei propri affari e interessi, è pur sempre demandata all’attività valutativa del giudice di merito, non
censurata in relazione al disposto dell’art. 2729 cod. civ., ed il risultato è esente da vizio motivazionale nei limiti in cui esso è deducibile alla stregua dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. nella sua vigente formulazione.
E’ invece da ritenersi fondato il quinto e ultimo motivo.
Il ricorrente, in subordine, ha chiesto l’ applicazione del regime sanzionatorio più favorevole di cui al d.lgs. n. 158 del 2015, entrato in vigore dal l’1/01/2016 , successivamente alla data di pubblicazione della sentenza impugnata, per effetto dell’art. 32 del decreto legislativo stesso, ch e, all’art. 15, ha modificato l’art. 1, comma 2, d.lgs. 18/12/1997, n. 471; l’istanza così formulata è infatti intervenuta in un processo ancora pendente, ciò rendendo non definitiva la parte sanzionatoria del provvedimento impugnato (Cass. 25/11/2012, n. 36576; Cass. 27/06/2017, n. 15978; Cass. 30/03/2021, n. 8716).
Concludendo, la sentenza impugnata va cassata in relazione al solo quinto motivo mentre vanno respinti gli altri; la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, per la rideterminazione del solo trattamento sanzionatorio, alla stregua dello ius superveniens applicabile, restando demandata al giudice di rinvio anche la disciplina delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, rigettati gli altri, accoglie il quinto motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, sezione staccata di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 3 ottobre 2024.