Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20054 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20054 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27724/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore generale pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che la rappresenta e difende.
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME. -intimati – avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale del Lazio n. 389/2020, depositata in data 22 gennaio 2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 luglio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto.
Udito l’AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE .
FATTI DI CAUSA
LRAGIONE_SOCIALE notificò a NOME COGNOME, anagraficamente residente nel Principato di Monaco, paese a fiscalità privilegiata, l’avviso di accertamento, emesso ai sensi del l’ art. 38 del d.P.R. 600 del 1973, relativo al periodo di imposta 2007, con il quale accertava il maggior reddito (costituito in parte da redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ed in parte da redditi diversi), fondato su processo verbale di constatazione con il quale la Guardia di Finanza aveva verificato, per il periodo 2006-2010, che il contribuente aveva mantenuto sul territorio nazionale il centro dei propri interessi vitali.
Il ricorso proposto dal contribuente venne accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Roma.
Proposto appello dall’Ufficio, la Commissione tributaria Regionale del Lazio, con la sentenza di cui all’epigrafe, lo ha rigettato.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Ufficio, af fidandolo a tre motivi.
Gli eredi del defunto contribuente, già parti del giudizio d’appello, sono rimasti intimati.
Il AVV_NOTAIO, con requisitoria scritta, ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la ricorrente deduce «Violazione ed erronea applicazione dell’articolo 2 commi 2 e 2 bis del TUIR, nonché dell’articolo 2697 c.c., ex art. 360 n. 3 c.p.c.».
Il motivo è ammissibile e fondato.
La materia controversa, attinta dal primo mezzo di impugnazione, attiene alla residenza nello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, rilevante al fine di individuare i soggetti passivi dell’imposta nazionale, disciplinata dall’art. 2 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, applicabile ratione temporis .
Negli anni oggetto del p.v.c. e dell’accertamento, il Principato di Monaco, nel quale il contribuente era emigrato dopo essersi cancellato dalle anagrafi della popolazione residente, era considerato RAGIONE_SOCIALE avente un regime fiscale privilegiato, individuato come tale dal relativo decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze, quindi incluso nella c.d. black list (o comunque non incluso nella c.d.
white list di cui all’inattuata modifica dell’art. 2, comma 2 -bis , d.P.R. n. 917 del 1986, ad opera della legge 24 dicembre 2007, n. 244). Pertanto, a norma dell’ art. 2, comma 2 -bis , d.P.R. n. 917 del 1986, la persistente residenza nel territorio nazionale del contribuente era oggetto di presunzione legale relativa, che trasferiva al medesimo l’onere di provare l’insussistenza di alcuno dei criteri di collegamento dettati dal comma 2 della stessa disposizione, ovvero, nel caso di specie, che nell’anno q ui controverso egli non avesse avuto nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE «il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile», ma risiedesse effettivamente nello RAGIONE_SOCIALE nel quale era emigrato ( sulla presunzione legale relativa di cui all’art. 2, comma 2 -bis e sul conseguente onere della prova contraria a carico del contribuente, ex plurimis , Cass. 20/07/2018, n. 19410; Cass. 31/03/2015, n. 6501; Cass. 01/07/2021, n. 18702, relativa proprio al principato di Monaco).
1.1. È bene peraltro precisare, al fine di determinare ulteriormente il quadro normativo di riferimento, che alla fattispecie in decisione non si applica la novella del ridetto art. 2 d.P.R. n. 917 del 1986 operata dal recente art.1 d.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, attuativo dell’art. 3, comma 1, lett. c), della legge delega al Governo per la riforma fiscale del 9 agosto 2023, n. 111. Pertanto, non disciplina la fattispecie concreta controversa il nuovo comma 2 dell’art. 2 d.P.R. n. 917 del 1986, il quale ora statuisce che « Ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.». Infatti, l’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 209 del 2023, stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 1 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2024.
In assenza di indici relativi alla qualità di norma di interpretazione autentica della relativa disposizione (qualità del resto non compatibile con la specifica disposizione intertemporale dettata dal legislatore) e considerata la natura
sostanziale della novella – che incide sulle condizioni fattuali che determinano la soggettività passiva rispetto all’imposizione e sull’onere della relativa prova- tale ultima norma deve essere interpretata nel senso che la nuova disciplina si applica pertanto a fattispecie sostanziali che si siano verificate dal 1° gennaio 2024, e non anche a quelle formatesi precedentemente, neanche ove queste ultime siano accertate dall’Ufficio o trattate in giudizio successivamente a tale data.
Tanto vale in particolare, nel caso di specie, per quanto riguarda il concetto di «domicilio», atteso ch e prima della modifica apportata dall’art. 1 d.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, l’art. 2, comma 2, d.P.R. n. 917 del 1986 mutuava espressamente i concetti di ‘residenza’ e ‘domicilio’ dal codice civile (« hanno nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile. »), mentre ora limita tale rinvio alla sola ‘residenza’, fornendo nel contempo un’autonoma definizione del ‘domicilio’ .
Concludendo sul punto, deve pertanto chiarirsi che « In materia di soggetti passivi dell’imposta, ed ai fini dell’accertamento della residenza RAGIONE_SOCIALE persone fisiche nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la determinazione della residenza e del domicilio secondo i criteri di cui all’art. 2, co. 2, d.P.R. n. 917 del 1986, così come novellato dall’art. 1 d.lgs. n. 209 del 2023, si applica alle fattispecie concrete verificatesi a far data dall’ 1° gennaio 2024, considerata la disposizione intertemporale di cui all’art. 7, co. 1, d.lgs. n. 209 del 2023 ed attesa la natura sostanziale della stessa modifica normativa».
1.2. Tanto premesso, nel caso di specie la CTR, come ha denunziato la ricorrente, ha errato in diritto per aver ignorato la presunzione legale relativa de qua, e quindi l’inversione dell’onere della prova che essa genera a carico del contribuente e, di conseguenza, degli erdi di quest’ultimo.
La violazione, da parte del giudice d’appello, degli artt. 2, comma 2-bis, d.P.R. n. 917 del 1986 e 2697 cod. civ.) è resa palese innanzitutto dall’esplicita menzione, nella sentenza impugnata, del solo comma 2 del ridetto art. 2, quale norma sulla quale si fonda la ratio decidendi .
Inoltre, a conferma che il giudice a quo non è incorso in un mero refuso o in una mera omissione nell’indicazione della norma applicata, milita soprattutto
la circostanza che, nell’esprimere il criterio con il quale la CTR ha valutato le difese dele parti ed i relativi apporti istruttori, la sentenza impugnata afferma che correttamente la sentenza di primo grado «ha ritenuto insufficienti le circostanze addot te dall’RAGIONE_SOCIALE a dimostrare la prevalenza della sede degli interessi del COGNOME in Italia e, in sostanza, una resistenza solo di comodo nel Principato di Monaco», aggiungendo poi che «non risulta sufficientemente dimostrata la tesi dell’RAGIONE_SOCIALE del mantenimento in Italia dei prevalenti interessi del COGNOME».
È quindi palese che la ratio decidendi espressa dalla CTR imputa all’RAGIONE_SOCIALE l’ ‘insufficiente’ prova del medesimo fatto (la persistente residenza in Italia del contribuente emigrato nel principato di Monaco) che invece l’art. 2,comma 2bis , d.P.R. n. 917 del 1986, impone di considerare noto, fino a prova contraria.
L’inversione dell’onere probatorio che è conseguita a tale errore di diritto ha necessariamente compromesso l’apprezzamento nel merito RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie del giudizio, che il giudice a quo ha traguardato da una prospettiva inversa rispetto a quella imposta dalla legge.
All’accoglimento del motivo consegue pertanto la cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduce «Omessa motivazione su un fatto oggetto di discussione e decisivo ex art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.», lamentando che la CTR non abbia considerato una serie di fatti rilevanti al fine di accertare la sussistenza in Italia di interessi patrimoniali rilevanti del contribuente.
Il motivo, attingendo la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla verifica dell’adempimento del rispettivo onere probatorio RAGIONE_SOCIALE parti, rimane assorbito dall’accoglimento del primo.
Con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente deduce « «Nullità per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. , in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.» , censurando la sentenza impugnata per non aver adottato alcuna pronuncia sulla questione del recupero della somma di euro 3.665,59 come redditi diversi, ex 67 del D.P.R. n. 917/86, in relazione alle operazioni di accredito non documentate risultanti dalle indagini finanziarie, eseguite sui conti correnti
del contribuente, che era stata riproposta dall’ufficio con un apposito motivo di appello.
Il motivo è infondato.
Infatti, nella prospettiva della decisione impugnata, che ha (erroneamente, per quanto detto a proposito del primo motivo) confermato che il contribuente non era residente in Italia nell’anno d’imposta controverso, escludendone pertanto la capacità impositiva passiva, la pronuncia sul merito della singola pretesa impositiva è rimasta assorbita dal rigetto del motivo d’appello erariale che sosteneva, invece, la legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE stesso contribuente. Pertanto, non vi è stata ne l’omessa pronunc ia denunziata, né un rigetto implicito della relativa eccezione nel merito (che la CTR non ha apprezzato, né doveva apprezzare), ma solo un implicito assorbimento, che non preclude in ogni caso la riproposizione e la trattazione della relativa questione in sede di rinvio, ove potrà essere decisa qualora venga accertata a monte la residenza in Italia del contribuente.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e, rigettato il terzo e dichiarato assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, cui demanda di provvedere anche sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio 2024.