Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20041 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 20041 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/07/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14644/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, rappresentati e difesi, giusta procura in atti, dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliati presso il suo studio i n Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del direttore generale pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che la rappresenta e difende.
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale del Lazio n. 3583/2020, depositata in data 18 novembre 2020.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 10 luglio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udito per i ricorrenti l’AVV_NOTAIO.
Udito l’AVV_NOTAIO per l’RAGIONE_SOCIALE .
FATTI DI CAUSA
LRAGIONE_SOCIALE notificò a NOME COGNOME, anagraficamente residente nel Principato di Monaco, paese a fiscalità privilegiata, l’avviso di accertamento, emesso ai sensi del l’ art. 38 del d.P.R. 600 del 1973, relativo al periodo di imposta 2008, con il quale accertava il maggior reddito (costituito in parte da redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ed in parte da redditi diversi), fondato su processo verbale di constatazione con il quale la Guardia di Finanza aveva verificato, per il periodo 2006-2010, che il contribuente aveva mantenuto sul territorio nazionale il centro dei propri interessi vitali.
Il ricorso proposto dal contribuente venne accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Roma.
Proposto appello dall’Ufficio, la Commissione tributaria Regionale del Lazio, con la sentenza di cui all’epigrafe, lo ha accolto.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso gli eredi del defunto contribuente, già parti del giudizio d’appello, af fidandolo a due motivi.
L ‘RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il AVV_NOTAIO, con requisitoria scritta, ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 2-bis, del D.P.R. 917/1986, basata sul fatto che il contribuente NOME abbia mantenuto in Italia il centro dei propri interessi».
1.1. La materia controversa, attinta (invero in modo inammissibile, come si dirà) dal primo mezzo di impugnazione, attiene alla residenza nello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE persone fisiche, rilevante al fine di individuare i soggetti passivi dell’imposta nazionale, disciplinata dall’art. 2 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, applicabile ratione temporis .
È pacifico che, negli anni oggetto del p.v.c. e dell’accertamento, il Principato di Monaco, nel quale il contribuente era emigrato dopo essersi cancellato dalle
anagrafi della popolazione residente, era considerato RAGIONE_SOCIALE avente un regime fiscale privilegiato, individuato come tale dal relativo decreto del Ministro RAGIONE_SOCIALE finanze, quindi incluso nella c.d. black list (o comunque non incluso nella c.d. white list di cui all’inattuata modifica dell’art. 2, comma 2 -bis , d.P.R. n. 917 del 1986, ad opera della legge 24 dicembre 2007, n. 244). Pertanto, a norma dell’ art. 2, comma 2 -bis , d.P.R. n. 917 del 1986, la persistente residenza nel territorio nazionale del contribuente era oggetto di presunzione legale relativa, che trasferiva al medesimo l’onere di provare l’insussistenza di alcuno dei criteri di collegamento dettati dal comma 2 della stessa disposizione, ovvero, nel caso di specie, che nell’anno qui controverso egli non avesse avuto nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE «il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile», ma risiedesse effettivamente nello RAGIONE_SOCIALE nel quale era emigrato.
1.2. È bene precisare, al fine di determinare il quadro normativo di riferimento, che alla fattispecie in decisione non si applica la novella del ridetto art. 2 d.P.R. n. 917 del 1986 operata dal recente art.1 d.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, attuativo dell’art. 3, comma 1, lett. c), della legge delega al Governo per la riforma fiscale del 9 agosto 2023, n. 111.
Pertanto, non disciplina la fattispecie concreta controversa il nuovo comma 2 dell’art. 2 d.P.R. n. 917 del 1986, il quale ora statuisce che « Ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.».
Infatti, l’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 209 del 2023, stabilisce che le disposizioni di cui all’articolo 1 si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2024.
In assenza di indici relativi alla qualità di norma di interpretazione autentica della relativa disposizione (qualità del resto non compatibile con la specifica disposizione intertemporale dettata dal legislatore) e considerata la natura
sostanziale della novella – che incide sulle condizioni fattuali che determinano la soggettività passiva rispetto all’imposizione e sull’onere della relativa prova- tale ultima norma deve essere interpretata nel senso che la nuova disciplina si applica pertanto a fattispecie sostanziali che si siano verificate dal 1° gennaio 2024, e non anche a quelle formatesi precedentemente, neanche ove queste ultime siano accertate dall’Ufficio o trattate in giudizio successivamente a tale data.
Tanto vale in particolare, nel caso di specie, per quanto riguarda il concetto di «domicilio», atteso ch e prima della modifica apportata dall’art. 1 d.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209, l’art. 2, comma 2, d.P.R. n. 917 del 1986 mutuava espressamente i concetti di ‘residenza’ e ‘domicilio’ dal codice civile (« hanno nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile. »), mentre ora limita tale rinvio alla sola ‘residenza’, fornendo nel contempo un’autonoma definizione del ‘domicilio’ .
Concludendo sul punto, deve pertanto chiarirsi che « In materia di soggetti passivi dell’imposta, ed ai fini dell’accertamento della residenza RAGIONE_SOCIALE persone fisiche nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la determinazione della residenza e del domicilio secondo i criteri di cui all’art. 2, co. 2, d.P.R. n. 917 del 1986, così come novellato dall’art. 1 d.lgs. n. 209 del 2023, si applica alle fattispecie concrete verificatesi a far data dall’ 1° gennaio 2024, considerata la disposizione intertemporale di cui all’art. 7, co. 1, d.lgs. n. 209 del 2023 ed attesa la natura sostanziale della stessa modifica normativa».
1.3. Tanto premesso, è orientamento consolidato di questa Corte ( maturato prima della recente novella del comma 2 dell’art. 2 d.P.R. n. 917 del 1986), al quale si intende dare in questa sede ulteriore continuità, quello secondo cui, ai fini dell’individuazione della residenza fiscale o meno in Italia del contribuente, per l’accertamento del domicilio deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali RAGIONE_SOCIALE stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento ( ex
plurimis Cass. 07/11/2001; Cass. 15/06/2010, n. 14434; Cass. 22/10/2010, n. 21689; Cass. 18/11/2011, n. 24246; Cass. 04/04/2012, n. 5382; Cass. 31/03/2015, n. 6501; Cass. 20/12/2018, n. 32992; Cass. 02/03/2020, n. 5642; Cass. 04/05/2021, n. 11620; Cass. 01/07/2021, n. 18702; Cass. 11/10/2022, n. 1118; Cass. 31/01/2024, n.2878). Ne consegue che il domicilio deve, non solo, essere il luogo di gestione dei propri interessi, riconoscibile dai terzi, ma anche che tale riconoscibilità deve essere agganciata a indici tali da individuare in Italia prioritariamente gli interessi del contribuente di carattere economico e patrimoniale. Fermo restando, comunque, che l’accertamento della fissazione in Italia del domicilio debba coprire, ai sensi RAGIONE_SOCIALE stesso art. 2, comma 2, ‘la maggior parte del periodo di imposta’ , essendo evidente l’intento del legislatore di non legare l’accertamento ad eventi occasionali, ma di ancorarlo alla verifica di una sufficiente permanenza temporale del criterio di collegamento (Cass. 04/05/2021, n. 11620, cit.; Cass. 01/07/2021, n. 18702, cit.; Cass. 08/10/2020, n. 21694).
1.4. È stato già rilevato che «questa attenzione alla riconoscibilità del domicilio del contribuente non è, del resto, distonica rispetto all’evoluzione normativa, di ispirazione eurounitaria, nella parte in cui il legislatore interno ha valorizzato – sia pure in materia di insolvenza – il ‘ centro degli interessi principali del debitore ‘ , come il luogo in cui ‘ il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi ‘ (art. 2, comma 1, lett. m. d. lgs. 12 gennaio 2019, n. 14; Corte di Giustizia UE, 20 ottobre 2011, Interedil, C396/09, punti 51,53, 59). Né può ipotizzarsi, sotto questo profilo, contrasto tra la disciplina interna – come intesa dalla giurisprudenza di questa Corte, che valorizza l’esistenza di uno stabile collegamento tra il contribuente e il territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la maggior parte del periodi di imposta, in relazione agli interessi patrimoniali ed economici – e la normativa eurounitaria, la quale valorizza il criterio di «residenza normale», ricavabile principalmente dai (diversi) legami familiari, in contesti del tutto specifici, quali la materia doganale (Direttiva 83/182/CEE, art. 7, par. 2, in materia di importazioni temporanee e Direttiva 83/183/CEE, art. 6, par. 2, in materia di importazioni definitive di determinati beni), ovvero in materia di patente di guida (Direttiva
2006/126/CE, art. 12, par. 2); fermo restando – alla luce RAGIONE_SOCIALE menzionate disposizioni del legislatore eurounitario – l’accertamento del requisito RAGIONE_SOCIALE stabile collegamento per un lasso di tempo superiore alla metà dell’anno di riferimento (185 giorni l’anno, ovvero almeno sei mesi nel caso previsto dall’art. 4, par. 1, lett. a) Regolamento 1186/2009/CE in materia di fissazione RAGIONE_SOCIALE franchigie doganali).» (Cass.04/05/2021, n. 11620, cit., in motivazione).
Invero, anche in dottrina (sempre prima della ridetta novella) si è dato atto che la diversa affermazione, nel caso di loro non coincidenza, della prevalenza dell’elemento personale rispetto a quello patrimoniale , ove argomentata sulla base della giurisprudenza della Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE Comunità europee (in particolare, Corte giustizia 12/07/2001, C-262/99, COGNOME ), appare inconferente, trattandosi di pronuncia resa nell’ambito dell’interpretazione della citata direttiva. E si è aggiunto che la stessa giurisprudenza eurounitaria ha piuttosto affermato (Corte giustizia 14.2.1995, C-279/1993, COGNOME ) il carattere recessivo della dimora abituale rispetto al luogo di ubicazione della fonte esclusiva o prevalente del reddito.
Peraltro, questa Corte (Cass. 01/07/2021, n. 18702, cit., in motivazione), quando ha ritenuto di tener conto, ai fini della individuazione della ‘normale residenza’ d i cui alla citata Direttiva del Consiglio 28 marzo 1983, 83/182/CEE, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto, ha considerato che la Corte di giustizia ha affermato sul punto che l’art. 7, n. 1, della stessa fonte va interpretato nel senso che nel caso in cui una persona abbia legami sia personali sia professionali in due Stati membri, il luogo della sua “normale residenza”, stabilito nell’ambito di una valutazione globale in funzione di tutti gli elementi di fatto rilevanti, è quello in cui viene individuato il centro permanente degli interessi di tale persona e che, nell’ipotesi in cui tale valutazione globale non permetta siffatta individuazione, occorre dichiarare la preminenza dei legami personali (Corte giustizia UE, 12 luglio 2001, n. 262, nel procedimento C-262/99, COGNOME ; anche Corte giustizia UE, 7 giugno 2007, in causa C-156/04, Commissione c. Grecia).
La stessa pronuncia di legittimità ha sottolineato, in particolare, che al paragrafo 55 della sentenza della Corte di giustizia 262/2001 si legge che ‘a tal proposito tutti gli elementi di fatto rilevanti devono essere presi in considerazione al fine di determinare la residenza in quanto centro permanente degli interessi della persona di cui trattasi, vale a dire, in particolare, la presenza fisica di quest’ultima, quella dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo dove i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo di esercizio RAGIONE_SOCIALE attività professionali, il luogo in cui vi siano interessi patrimoniali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali, nei limiti in cui detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità ad luogo di collegamento, motivo di una continuità che risulti da un abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali’. Concludendo, pertanto, che «nel caso in cui i legami personali e quelli professionali possano non coincidere, deve, preliminarmente farsi luogo ad una valutazione globale di tutti gli interessi del contribuente.» (Cass. 01/07/2021, n. 18702, cit., in motivazione).
Ed il medesimo precedente ha infine aggiunto, a supporto della natura ormai recessiva del l’orientamento sulla prevalenza a prescindere dei legami familiari, che «nella normativa unionale è divenuto sempre più rilevante il criterio del COMI ( center of main interest ), riconoscibile dai terzi, ai fini della individuazione della sede legale RAGIONE_SOCIALE società o della residenza della persona fisica, ai fini dell’applicazione della normativa relativa alle procedure concorsuali. Si prevede, infatti, all’art. 3 del Reg olamento UE 2015/848 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, che ‘il centro degli interessi principali è il luogo in cui il debitore esercita la gestione dei suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi ‘.
L’art. 2 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi di impresa dell’insolvenza), che entrerà in vigore il 1 settembre 2021, prevede al primo comma lettera m) che il centro degli interessi principali del debitore (COMI) è ‘il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi’ (in tal senso anche Corte di giustizia UE, 20 ottobre
2011, Interedil, C-396/09, punti 51, 53, 59).» (Cass. 01/07/2021, n. 18702, cit., in motivazione).
In adesione all’orientamento sinora ampiamente richiamato, dunque, deve ribadirsi che, in relazione all’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 917 del 1986 applicabile ratione temporis , ai fini dell’individuazione della residenza fiscale del contribuente, le relazioni affettive e familiari di quest’ultimo non rivestono un ruolo prioritario, ma rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento, riconoscibile dai terzi.
Può quindi concludersi in sintesi che « In materia di soggetti passivi dell’imposta, ai fini dell’accertamento della residenza RAGIONE_SOCIALE persone fisiche nel territorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, relativamente alle fattispecie concrete verificatesi prima de ll’ 1° gennaio 2024, il ‘domicilio’ del quale l’art. 2, co. 2, d.P.R. n. 917 /1986 vigente ratione temporis , prima della modifica introdotta dall’ art. 1 d.lgs. n. 209/2023, non forniva una definizione, rinviando al cod. civ. – coincide con il centro degli affari e degli interessi vitali della persona, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi, non rivestendo ruolo prioritario, invece, le relazioni affettive e familiari, le quali rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento.».
1.5. Così configurato il contesto normativo e giurisprudenziale interessato dalla lite, deve rilevarsi che il primo motivo è inammissibile per plurime ragioni, ciascuna sufficiente alla relativa declaratoria.
Invero il mezzo non si misura affatto con la decisione d’appello impugnata, che censura, apoditticamente ed in blocco, perché «smentita e contraddetta» da quella della CTP di Roma n. 20143/2017, favorevole invece al contribuente, che nulla ha però a che fare con questo procedimento, ma è invece la sentenza di primo grado che è stata oggetto dell’appello erariale accolto dalla sentenza n. 5878/2019 della CTR di Roma, a sua volta oggetto del ricorso per cassazione del contribuente avente n.r.g. 14856/2020, an ch’esso chiamato all’udienza odierna per la trattazione.
Pertanto, si tratta di decisione di primo grado della quale non solo non viene dedotto il giudicato, al fine di eccepirne l’ipotetico effetto esterno su questa lite, ma che anzi risulta oggetto di ricorso erariale per cassazione.
È quindi ovvio che il contrasto tra le due sentenze in questione non integra di per sé necessariamente la violazione di legge denunziata formalmente, né alcun altro dei vizi tassativamente elencati nell’art. 360 cod. proc. civ.. Contemporaneamente, i ricorrenti ripropongono dichiaratamente la loro tesi, sostenuta nei gradi di merito, senza porla in alcun modo in relazione critica puntuale con la ratio decidendi della sentenza impugnata.
Inoltre, la doglianza che costituisce il corpo sostanziale del mezzo, pur rubricato formalmente quale violazione di legge, è l’inammissibile sollecitazione di una rivalutazione nel merito degli elementi fattuali della fattispecie controversa, peraltro fondandosi su petizioni di principio (« non v’è chi non veda») del tutto generiche ed apodittiche.
Ulteriormente inammissibile è poi il motivo in quanto non adempie l’onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ., di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito. (Cass., 15/01/2019, n. 777; Cass., 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726). Tale onere (ribadito ed aggravato, con l’inserimento altresì della necessaria illustrazione del contenuto rilevante degli stessi atti processuali e documenti, dall’ art. 3, comma 27, del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, applicabile tuttavia ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 1° gennaio 2023, ex art. 35, comma 5, del medesimo d.lgs.), anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, r.g. n. 55064/11, non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso non indichi specificamente i documenti o gli atti processuali sui quali si fondi; non ne riassuma il contenuto o ne trascriva i passaggi essenziali; né comunque fornisca un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui essi siano stati prodotti o formati (cfr. Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass.
14/04/2022,n. 12259; Cass. 19/04/2022, n. 12481; Cass. 02/05/2023, n. 11325).
1.1. Ferma l’inammissibilità del motivo, deve aggiungersi che esso è comunque anche infondato nella parte in cui (invero genericamente) evoca, ai fini dell’individuazione del domicilio, e comunque della ‘residenza normale’, l’assunta preminenza de i legami personali rispetto a quelli patrimoniali, fondandosi sulla già citata direttiva del Consiglio 83/182/CEE, relativa alle franchigie fiscali applicabili all’interno della Comunità in materia d’importazione temporanea di taluni mezzi di trasporto.
Invero, deve intendersi qui integralmente richiamato quanto già ante osservato, in conformità ai citati precedenti di questa Corte, in ordine alla natura settoriale specifica di tale ultima fonte, che attinge materia totalmente estranea a quella sub iudice . Ma va anche ribadito che, anche quando si è attribuito rilievo interpretativo alle indicazioni ricavabili dalla medesima disciplina, ciò non si è tradotto in una valutazione necessariamente prevalente degli interessi personali rispetto a quelli patrimoniali, in quanto, nel caso in cui i legami personali e quelli professionali possano non coincidere, deve, preliminarmente farsi luogo ad una valutazione globale di tutti gli interessi del contribuente (Cass. 01/07/2021, n. 18702, cit., in motivazione), tanto più ove i primi siano frazionati in Stati diversi, come accade nel caso di specie, atteso che gli stessi ricorrenti deducono comunque che uno dei figli del contribuente viveva in Italia (pag. 8 del ricorso) e che in Italia la madre, quale usufruttuaria, utilizzava quale abitazione principale un immobile di proprietà RAGIONE_SOCIALE stesso contribuente (pag. 6 s. del ricorso). Ed in costanza di legami personali sussistenti tanto in Italia che nello RAGIONE_SOCIALE in cui il contribuente era emigrato, si è privilegiata l’individuazione del centro d’interessi nel contesto territoriale nel quale esistevano anche interessi patrimoniali gestiti abitualmente in modo riconoscibile dai terzi (Cass. 20/12/2018, n. 32992, cit.; Cass. 01/07/2021, n. 18702, cit.). Pertanto, nel caso di specie, non ha comunque errato la CTR nel ritenere, nella sostanza, decisivo il paese (l’Italia) nel quale il contribuente aveva il centro dei propri interessi patrimoniali, riconoscibili a terzi, rivelati in particolare da ll’assunzione e dall’esercizio fattivo di cariche sociali in diverse imprese del RAGIONE_SOCIALE (sulla
rilevanza della gestione di affari in contesti societari cfr. già, ex plurimis , Cass. 29/12/2011, n. 29576; Cass. 18/11/ 2011, n. 24246); dalla titolarità di deleghe ad operare su conti e rapporti finanziari dei familiari e RAGIONE_SOCIALE società del predetto gruppo; dall’aver conservato la comproprietà, in un caso nuda, di alcuni immobili di famiglia, siti in Italia.
1.2. Infine, non appare rilevante l’invocazione, nel motivo, di precedente pronuncia (la n. 389/2020), resa tra le stesse parti e favorevole al contribuente, della medesima CTR, trattandosi di decisione della quale non solo non viene dedotto il giudicato, al fi ne di eccepirne l’ipotetico effetto esterno su questa lite, ma che anzi risulta oggetto di ricorso erariale per cassazione (n.r.g. 27724/2020) a sua volta fissato per la trattazione nell’udienza odierna.
Con il secondo motivo i ricorrenti deducono « Violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme sulle indagini finanziarie (art. 32, comma 1, n. 2 del d.p.r.600/1973)».
Il mezzo, riportandosi cumulativamente e genericamente a tutto « quanto già dedotto, eccepito e dimostrato nel Ricorso Introduttivo (presentato contro l’Avviso di Accertamento per l’anno 2009 ) ed ai relativi allegati » , espressamente «si limita a ribadire le eccezioni formulate in sede di Ricorso Introduttivo» e, dopo aver sollecitato la rivalutazione nel merito di diversi elementi della fattispecie concreta, conclude che «la Sentenza n. 20147/17, depositata in data 22/09/2017 (contestata in appello da parte dell’Ufficio Fiscale) ), appare legittima e fondata nella motivazione, perché contiene i criteri e le ragioni giuridiche e rispetta i limiti posti dal petitum RAGIONE_SOCIALE domande RAGIONE_SOCIALE parti.», così misurandosi con altra sentenza (neppure quella emessa nel primo grado di questo giudizio) , piuttosto che con ipotetici vizi di quella d’appello qui impugnata.
Tanto premesso, anche in ordine a tale motivo non possono che richiamarsi integralmente le ragioni di inammissibilità esposte a proposito del primo.
Deve peraltro aggiungersi, a proposito della dichiarazione – menzionata e riprodotta nel ricorso (a pag. 14) – del terzo NOME COGNOME, la cui
sottoscrizione è stata autenticata, che non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata la censura secondo cui l’autenticazione della sottoscrizione fa piena prova della sua provenienza dal dichiarante che l’ha firmata. Infatti, la CTR non ha messo in dubbio affatto tale provenienza, piuttosto rilevando (con motivazione non altrimenti censurata) che la documentazione offerta dal contribuente non fosse idonea a giustificare analiticamente i singoli movimenti bancari contestati dall’ufficio al contribuente.
Infine, non appare comprensibile, ed è quindi ulteriormente inammissibile ed infondata, la censura secondo la quale il contenuto della dichiarazione resa dal terzo in questione non potrebbe essere contestata dall’Ufficio, né quindi essere apprezzata come non attendibile, poiché il terzo che l’ha resa «ha sicuramente capacità contributiva molto elevata». Invero, in disparte l’apodittica affermazione in questione, essa si fonda sulla citazione di un precedente di legittimità (Cassazione n. 9958 del 16/04/2008) che non afferma il principio de quo e che, in ogni caso, è stato pronunciato in materia di utilizzazione di fatture d’acquisto per operazioni inesistenti e quindi non deducibili quali costi, fattispecie della quale non è stata esplicitata la ricorrenza nel caso di specie.
3. Le spese di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna i ricorrenti in solido al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, d ell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, RAGIONE_SOCIALE stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 luglio 2024.