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Residenza fiscale estero: prova per rimborso TFR

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9050/2024, ha chiarito i requisiti probatori per il rimborso dell’IRPEF sulle indennità di fine rapporto per i lavoratori con residenza fiscale all’estero. Pur confermando che la residenza effettiva prevale sull’iscrizione A.I.R.E., la Corte ha stabilito che, per beneficiare delle convenzioni contro le doppie imposizioni, il contribuente deve fornire un attestato di residenza fiscale rilasciato dall’autorità estera. La mancanza di tale certificato, che dimostra l’assoggettamento a imposizione nello Stato estero, rende illegittima la richiesta di rimborso.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Residenza Fiscale all’Estero e Rimborso TFR: La Prova Decisiva

L’ordinanza n. 9050/2024 della Corte di Cassazione offre un chiarimento fondamentale per i cittadini italiani che lavorano all’estero e richiedono il rimborso delle tasse pagate in Italia. Il caso analizza la corretta determinazione della residenza fiscale e, soprattutto, l’onere della prova necessario per beneficiare delle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

Il Caso: Rimborso IRPEF per il Lavoratore all’Estero

Un ex dipendente di una compagnia aerea, dopo aver lavorato per anni all’estero, presentava un’istanza di rimborso per le ritenute IRPEF applicate dalla sua ex datrice di lavoro su somme percepite a titolo di indennità sostitutiva del preavviso, TFR e saldo ferie. Il contribuente sosteneva di non essere fiscalmente residente in Italia e di aver già scontato l’imposta nel Paese estero.

Le commissioni tributarie di primo e secondo grado avevano dato ragione al lavoratore, basandosi sulla sua prolungata permanenza all’estero, sull’iscrizione all’A.I.R.E. e su altri elementi fattuali, come la nascita dei figli e le spese scolastiche sostenute fuori dall’Italia. L’Agenzia delle Entrate, tuttavia, ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, sollevando due questioni cruciali.

Residenza Fiscale Effettiva vs. Iscrizione A.I.R.E.

Il primo motivo di ricorso dell’Agenzia contestava la valutazione della residenza fiscale del contribuente. Secondo l’Amministrazione finanziaria, la presenza della famiglia in Italia costituiva un forte legame con il territorio nazionale.

Su questo punto, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: ai fini fiscali, ciò che conta è la residenza effettiva, definita come il luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi, sia economici che personali. L’iscrizione all’A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) è un elemento presuntivo, ma non decisivo. La valutazione del centro di interessi vitali del contribuente è un accertamento di fatto che spetta ai giudici di merito e non può essere riesaminato in sede di legittimità se adeguatamente motivato, come avvenuto nel caso di specie.

L’Onere della Prova per la Residenza Fiscale e il Rimborso

Il secondo motivo di ricorso, accolto dalla Corte, si è rivelato decisivo. L’Agenzia delle Entrate lamentava che il contribuente non avesse fornito la prova richiesta dalle convenzioni internazionali per ottenere il rimborso: un certificato che attestasse la sua soggezione a imposizione fiscale nello Stato estero.

La Cassazione ha chiarito che, nell’ambito di un’azione di rimborso, l’onere della prova grava interamente sul contribuente. Affermata la residenza all’estero, per beneficiare delle tutele previste dalle convenzioni contro le doppie imposizioni (modello OCSE), non basta dimostrare di aver subito una ritenuta in Italia. È indispensabile provare di essere “soggetto a imposizione” (liable to tax) nell’altro Stato contraente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha specificato che la prova di essere “soggetto a imposizione” non consiste nel dimostrare di aver effettivamente pagato le tasse all’estero, ma nel certificare la propria qualifica di residente fiscale secondo la legislazione di quel Paese. Lo strumento corretto per adempiere a tale onere probatorio è l’Attestato di residenza fiscale, un documento ufficiale rilasciato dall’autorità fiscale estera. Questo certificato attesta che il contribuente rientra nel campo di applicazione della convenzione. Nel caso esaminato, la Commissione Tributaria Regionale aveva ignorato la doglianza dell’Agenzia su questo punto, omettendo una verifica essenziale e violando così il principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 del codice civile.

Le conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce un principio chiaro e di grande importanza pratica. Per i lavoratori italiani all’estero che intendono chiedere il rimborso di imposte pagate in Italia, la sola dimostrazione della residenza effettiva all’estero non è sufficiente. È obbligatorio produrre un certificato di residenza fiscale rilasciato dalle autorità competenti del Paese straniero. Senza questo documento, che attesta formalmente la soggezione del contribuente al sistema fiscale di un altro Stato, la richiesta di rimborso basata sulle convenzioni contro le doppie imposizioni è destinata a fallire. La sentenza è stata quindi cassata con rinvio, e il nuovo giudice dovrà decidere il caso attenendosi a questo fondamentale principio.

L’iscrizione all’A.I.R.E. è sufficiente a dimostrare la residenza fiscale all’estero?
No, secondo la giurisprudenza costante, la residenza fiscale si determina in base al luogo in cui una persona ha la sede principale dei propri affari e interessi (domicilio), a prescindere dalla mera iscrizione anagrafica all’A.I.R.E., che ha solo un valore presuntivo.

Per ottenere un rimborso IRPEF basato su una convenzione contro la doppia imposizione, cosa deve provare il contribuente?
Il contribuente deve dimostrare non solo di aver subito la ritenuta in Italia e di risiedere all’estero, ma ha anche l’onere di provare di essere “soggetto ad imposizione” fiscale nello Stato estero, secondo quanto previsto dalla convenzione stessa.

Qual è il documento fondamentale per provare la soggezione a imposizione fiscale in un altro Stato?
Il documento decisivo è l'”Attestato di residenza fiscale” rilasciato dall’autorità fiscale del Paese di residenza. Questo certificato attesta formalmente che il contribuente è un residente fiscale ai sensi della normativa convenzionale e ha quindi diritto a invocarne i benefici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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