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Residenza fiscale estero: la convenzione prevale

Un professionista con centro degli interessi in Spagna ma iscritto all’anagrafe italiana si è visto negare un rimborso fiscale. La Corte di Cassazione ha stabilito che, per determinare la residenza fiscale estero, le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni prevalgono sulla normativa nazionale. Pertanto, il criterio formale dell’iscrizione anagrafica cede il passo a quello sostanziale del ‘centro degli interessi vitali’ situato all’estero, accogliendo il ricorso del contribuente.

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Pubblicato il 21 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Residenza Fiscale Estero: Quando le Convenzioni Internazionali Battono la Legge Nazionale

Determinare la residenza fiscale estero è una questione cruciale per professionisti e cittadini che vivono e lavorano a cavallo tra più Paesi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale: in caso di conflitto, le convenzioni internazionali contro la doppia imposizione prevalgono sulla normativa interna. Analizziamo questa importante decisione che offre chiarezza e tutela ai contribuenti.

I Fatti del Caso: Un Professionista tra Italia e Spagna

Un professionista, architetto, svolgeva l’attività di ‘visiting professor’ presso un ateneo italiano. Nonostante avesse stabilito in Spagna la sede principale dei suoi affari e interessi, risultava ancora iscritto all’anagrafe della popolazione residente in Italia. L’università italiana, come sostituto d’imposta, aveva operato delle ritenute fiscali sui suoi compensi.

Ritenendosi fiscalmente residente in Spagna, il professionista presentava un’istanza di rimborso all’Amministrazione Finanziaria, sostenendo di non dover essere tassato in Italia su quei redditi. L’istanza veniva respinta.

Il Percorso Giudiziario e la Decisione della Commissione Tributaria Regionale

Il contribuente impugnava il diniego. In primo grado, la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il suo ricorso. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione. Secondo i giudici d’appello, il criterio formale dell’iscrizione anagrafica in Italia era decisivo e preclusivo di ogni ulteriore accertamento. Non importava che il centro degli interessi vitali del professionista fosse pacificamente in Spagna: finché il suo nome figurava nel registro della popolazione residente, egli doveva considerarsi fiscalmente residente in Italia ai sensi della legge nazionale (TUIR).

La Prevalenza delle Norme sulla Residenza Fiscale Estero nelle Convenzioni

La questione è approdata in Corte di Cassazione. Il professionista ha sostenuto che la Commissione Regionale avesse errato nel dare prevalenza alla norma interna (l’iscrizione anagrafica) rispetto alla Convenzione bilaterale tra Italia e Spagna per evitare le doppie imposizioni. Tale convenzione, come molte altre, stabilisce una serie di criteri sostanziali (le cosiddette ‘tie-breaker rules’) per risolvere i conflitti di residenza, tra cui l’abitazione permanente e, appunto, il centro degli interessi vitali.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha accolto il ricorso del contribuente, cassando la sentenza impugnata. I giudici hanno chiarito che, in materia di imposte sul reddito e di residenza fiscale, le norme pattizie (cioè quelle derivanti da trattati internazionali) prevalgono sulle corrispondenti norme nazionali. Questo avviene per il loro carattere di specialità e in ossequio ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, come previsto dall’art. 117 della Costituzione.

La Corte ha sottolineato che la Commissione Regionale aveva completamente ignorato la disciplina convenzionale. I giudici di secondo grado, pur riconoscendo che il ‘centro degli interessi vitali’ del contribuente era in Spagna, hanno erroneamente ritenuto questo dato irrilevante di fronte all’iscrizione anagrafica. Così facendo, hanno violato la gerarchia delle fonti, che in questo specifico ambito pone la norma internazionale al di sopra di quella interna.

La ratio delle convenzioni è proprio quella di evitare fenomeni di doppia imposizione. Applicare rigidamente un criterio formale interno, ignorando i criteri sostanziali concordati a livello internazionale, vanificherebbe lo scopo stesso del trattato.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio di civiltà giuridica e di certezza del diritto per chi opera in un contesto internazionale. La residenza fiscale non può essere determinata sulla base di un singolo dato formale come l’iscrizione anagrafica, soprattutto quando esiste una convenzione internazionale che prevede criteri più aderenti alla realtà fattuale della vita di una persona.

Per i contribuenti, significa che è possibile far valere la propria residenza fiscale effettiva, basata su dove si trovano i propri legami personali ed economici, anche se non si è ancora perfezionata la cancellazione dall’anagrafe italiana e l’iscrizione all’AIRE. La decisione rafforza la tutela contro la doppia imposizione e chiarisce che i giudici tributari devono sempre applicare, in via prioritaria, la disciplina prevista dai trattati internazionali.

Per determinare la residenza fiscale, prevale l’iscrizione all’anagrafe italiana o una convenzione internazionale?
La convenzione internazionale prevale. La Corte di Cassazione ha stabilito che le norme pattizie hanno carattere di specialità e prevalgono sulle norme nazionali, come l’art. 2 del TUIR che si basa sull’iscrizione anagrafica.

Cosa succede se una persona è considerata residente da entrambi gli Stati secondo le loro leggi interne?
In questo caso, si applicano i criteri (‘tie-breaker rules’) previsti dalla convenzione internazionale per risolvere il conflitto. Questi criteri includono, in ordine gerarchico, l’abitazione permanente, il centro degli interessi vitali, il soggiorno abituale e la nazionalità.

L’omessa cancellazione dall’anagrafe italiana è un ostacolo insormontabile per essere considerati fiscalmente residenti all’estero?
No. Secondo questa decisione, l’iscrizione anagrafica è un criterio formale che viene superato dai criteri sostanziali previsti dalla convenzione internazionale, come avere il centro dei propri interessi vitali (familiari, sociali, economici) in un altro Stato. Pertanto, l’omessa cancellazione non è decisiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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