Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26986 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26986 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19068/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, ex lege domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. PER LA CAMPANIA – NAPOLI n. 1261/2023 depositata il 17/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 01/10/2024 dal Co: COGNOME NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Ritenendo che avesse posto in essere operazioni fraudolente tese al riciclo di denaro, l’Ufficio territoriale di Napoli riprendeva a tassazione sull’anno d’imposta 2017 il maggiore reddito ricostruito in capo al dottor NOME COGNOME, che esperiva azione giudiziaria senza trovare apprezzamento in entrambi i gradi di merito, donde ricorre per RAGIONE_SOCIALEzione affidandosi a due motivi di ricorso, cui replica il patrono erariale con tempestivo controricorso.
La proposta di definizione è stata opposta ex art. 380 bis con atto depositato il 27 maggio 2024 e, in prossimità dell’adunanza, la parte contribuente ha depositato altresì memoria a sostegno RAGIONE_SOCIALE proprie ragioni.
CONSIDERATO
Vengono proposti due motivi di ricorso.
Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 n. 3 del codice di rito civile per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 2 nonché dell’art. 43 del codice civile. Nella sostanza di si afferma che erroneamente il giud ice d’appello abbia ritenuto che la documentazione e gli elementi prodotti dal contribuente non dimostrassero la residenza estera del dott. COGNOME e, quindi, sotto il profilo dell’errata applicazione del concetto di ‘prova contraria’ sufficiente a vincer e la presunzione di potestà impositiva.
Con il secondo motivo si propone censura per violazione dell’art. 360 n. 4 c.p.c. in relazione agli artt.115 e 116 c.p.c. per vizio di motivazione, in relazione all’omessa valutazione RAGIONE_SOCIALE prove offerte da parte appellante, oggi ricorrente, nonché alla valutazione RAGIONE_SOCIALE stesse, con particolare riferimento alle censure tecniche formulate in apposita CTP, alle risultanze indiziarie richiamate in sentenza e alle plurime documentazioni prodotte in giudizio riferibili all’effettività
della residenza del dott. COGNOME presso il Principato di Monaco fin dal 1991 e del conseguente difetto di potestà impositiva.
Il ricorso è inammissibile prima che infondato, laddove contesta il bilanciamento dell’apporto probatorio offerto dalle parti ed effettuato dal giudice di merito. Valga la circostanza che la parte privata propone in questa sede gli stessi argomenti già sostenuti nei gradi di merito, ovvero la rilevanza degli indizi (formali) di residenza all’estero, quali documenti personali, iscrizioni all’AIRE, intestazione di veicoli con targa estera, versamento di contributi e oneri sanitari all’estero: tutti profili no n ritenuti meritevoli di apprezzamento ed inadatti a superare le controdeduzioni dell’Ufficio, argomentate da ulteriori riscontri di fatto.
È appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610). Come è noto, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, RAGIONE_SOCIALE argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente la prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. 4
novembre 2013 n. 24679; Cass. 16 novembre 2011 n. 27197; Cass. 6 aprile 2011 n. 7921; Cass. 21 settembre 2006 n. 20455; Cass. 4 aprile 2006 n. 7846; Cass. 9 settembre 2004 n. 18134; Cass. 7 febbraio 2004 n. 2357).
Né il giudice del merito, che attinga il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, è tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (ad es.: Cass. 7 gennaio 2009 n. 42; Cass. 17 luglio 2001 n. 9662).
Per completezza argomentativa, quanto alla denuncia di vizio di motivazione (anche se formulato come error in procedendo ex art. 360 n. 4 c.p.c. per violazione degli articoli 115 e 116 dello stesso codice di rito), poiché è qui in esame un provvedimento pubblicato dopo il giorno 11 settembre 2012, resta applicabile ratione temporis il nuovo testo dell’art. 360, comma primo, n. 5) c.p.c. la cui riformulazione, disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, secondo le Sezioni Unite deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. Sez.Un. 7 aprile 2014 n. 8053).
Il ricorso è pertanto inammissibile e tale va dichiarato.
Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Poiché la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di infondatezza del ricorso la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 cod, proc. civ.. La Corte ha già chiarito che trattasi di una novità normativa (introdotta dall’art. 3, comma 28, lett. g), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 52, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 149 del 2022) che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’). In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale). Quanto alla disciplina intertemporale sull’applicazione ai giudizi di cassazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni di cui all’art. 96 terzo e quarto comma per effetto del rinvio operato dall’ultimo comma dell’art. 380 bis nel testo riformato, rileva la Corte che la predetta normativa -in deroga alla previsione generale conte nuta nell’art. 35 comma 1 del Lgs. n. 149/2022 -sia immediatamente applicabile a seguito dell’adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023. Ed infatti la norma di cui all’art. 380 bis c. p.c. (che nella parte finale richiama l’art. 96 commi 3 e 4) è destinata a trovare applicazione, come espressamente previsto dal co. 6 dell’art. 35 del D. Lgs. n. 149/2022, anche nei giudizi introdotti con ricorso
già notificato alla data del 1° gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio (come, appunto, quello in esame). Sulla scorta di quanto esposto, ed in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma, la parte ricorrente va condannata al pagamento della somma di €.duemilaottocento/00 (valutata equitativamente) in favore della controparte e di una ulteriore somma di euro 500,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in €.cinquemilaseicento/00, oltre alle spese prenotate a debito, al pagamento della somma di €.duemilaottocento/00 (valutata equitativamente) in favore della controparte e di una ulteriore somma di €.cinquecento/00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 01/10/2024.