Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9955 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9955 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4325/2024 proposto da:
Comune di Ciampino (C.F.: P_IVA), in persona del Sindaco pro tempore NOME COGNOME rappresentato e difeso, in forza di procura a margine del ricors o, dall’ Avv. NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, giusta delega a margine del ricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso sito in Carpaneto p.no, alla INDIRIZZO (P.E.C.: EMAIL);
-ricorrente – contro
COGNOME NOME
– intimata –
-avverso la sentenza 4480/2023 emessa dalla CTR Lazio il 19/07/2023 e non notificata;
Avviso accertamento IMU -Esenzione abitazione principale -Residenza anagrafica
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
COGNOME NOME ha impugnato dinanzi alla CTP di Roma l’avviso di accertamento n. 34/2015 del 29/09/2017 per l’anno d’imposta 2013, con il quale il Comune di Ciampino le aveva disconosciuto il diritto all’esenzione per l’abitazione principale non risultando avere la residenza anagrafica in quel Comune.
L’adìta CTP rigettava il ricorso, evidenziando che, ai fini dell’applicazione dell’aliquota ridotta, il contribuente doveva dimostrare di risiedere anagraficamente nell’unità immobiliare, laddove la ricorrente non aveva fornito tale prova, avendo omesso di produrre qualsiasi certificazione anagrafica relativa alla residenza nel 2013 nell’Immobile iscritto nel catasto del Comune di Ciampino al Foglio 4 n. 62.
Sull’impugnazione della contribuente, la CTR del Lazio accoglieva il gravame, considerando indiscusso che trattavasi di immobile adibito a abitazione principale, e che la stessa poteva non essere a conoscenza della deliberazione della Giunta Comunale n. 489/86 con la quale la via in cui era ubicato l’immobile veniva fatta rientrate nel Comune di Ciampino, ment re gli enti comunali coinvolti (Roma e Ciampino) avrebbero potuto ( recte , dovuto) procedere di fatto direttamente al cambio di residenza nei Comuni di pertinenza, secondo le indicazioni deliberate, sicchè, in mancanza, assumeva valore prevalente la situazione di fatto rispetto a quella amministrativa.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Ciampino sulla base di un solo motivo. COGNOME NOME non ha svolto difese.
Considerato che
Con l’unico motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, del d.l. 201/2011, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per non aver il giudice d’appello tenuto conto della non applicabilità, alla fa ttispecie, dell’esenzione prevista per i detentori di prima abitazione in caso di mancato possesso della residenza nel Comune sul cui territorio insiste l’immobile.
1.1. Il motivo è fondato.
Non è contestato che la deliberazione del Comune di Ciampino sia stata regolarmente pubblicata il 9/5/1986 (come, comunque, attestato dalla certificazione dell’allora Segretario comunale), sicchè la stessa ha acquisito piena efficacia nei confronti dei dest inatari dell’atto, costituendo la pubblicazione forma legale di conoscenza. In particolare, nel 1986 non esisteva alcun obbligo di comunicazione diretta agli interessati del contenuto delle deliberazioni collegiali dell’ente – Giunta o Consiglio -e, dall ‘altro, le deliberazioni del Comune acquisivano legale conoscenza ed efficacia con la loro pubblicazione – per almeno 15 giorni presso l’albo pretorio. Ne deriva che la contribuente ben avrebbe potuto ( recte , dovuto) chiedere il cambio di residenza per poter usufruire del beneficio connesso all’abitazione principale.
Invero, non è prevista dalla legge una iscrizione d’ufficio nelle liste anagrafiche.
Ai sensi dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla l. n. 214 del 2011 «L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili ; restano ferme le definizioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. ….. omissis. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente». Il presupposto per il riconoscimento del beneficio per cui è causa è, dunque, la residenza anagrafica nel comune in cui s i trova l’immobile soggetto ad imposizione. In tal senso è, del resto, unanime la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 6 – 5, n. 32339/2022, Cass., Sez. 6 – 5, n. 21873/2020, Cass., Sez. 6 – 5, n. 4166/2020).
In più occasioni questa Sezione ha ribadito che, in tema di ICI ed IMU, ai fini dell’esenzione prevista dall’art. 13, comma 2, del d.l. 201/2011, all’esito della sentenza n. 209/2022, della Corte costituzionale, per l’abitazione
principale – per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica – è necessario che, in riferimento alla stessa unità immobiliare, il possessore (e non più necessariamente anche il suo nucleo familiare) non solo vi dimori stabilmente, ma vi risieda anche anagraficamente, conformemente alla natura di stretta interpretazione delle norme agevolative (cfr., sia pure con riferimento ad una fattispecie anteriore all’intervento della Consulta, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 21873 del 09/10/2020 e, ancor prima, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 4166 del 19/02/2020, la quale ultima ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che l’immobile della ricorrente potesse ritenersi abitazione principale dato che il marito, non legalmente separato, aveva la residenza e la dimora abituale in un altro Comune).
Ragion per cui la circostanza che la contribuente abitasse di fatto nell’immobile che aveva destinato a propria abitazione principale non è sufficiente per poter usufruire dell’esenzione cd. prima casa, per beneficiare della quale occorre, invece, la resid enza formale nell’immobile in questione. Nel caso di specie non è stato mai contestato ed è stato riconosciuto anche nella stessa sentenza impugnata, che l’intimata, all’epoca dei fatti, risultava iscritta all’anagrafe del Comune di Roma. Non vi è dubbio, pertanto, che non sussistevano i presuppo sti per l’esenzione dal tributo per cui è causa.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita di essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di rigettare il ricorso originario della contribuente.
2.1. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, laddove l’essersi l’orientamento di questa Corte sulla questione principale consolidato nel 2020 (e, quindi, allorquando era già stato instaurato l’appello) giustific a la compensazione integrale delle spese relative ai gradi di merito.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente; compensa le spese relative ai
gradi di merito e condanna la ricorrente al rimborso di quelle concernenti il presente giudizio, che si liquidano in € 700,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre rimborso forfettario nella misura del 15%, ed oneri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 25.3.2025.