Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9792 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9792 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22610/2023 R.G. proposto da
Comune di Ciampino , C.F. 02773250580, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, dall’avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato presso il domicilio digitale di quest’ultima : EMAIL
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME
– intimato – avverso la sentenza n. 2438/2023 della Commissione di Giustizia Tributaria di II Grado del Lazio, sez. 8, pronunciata il 28/3/2023 e depositata il 24/4/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 marzo 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
La controversia ha ad oggetto un ricorso avverso un avviso di accertamento (n. 34/2015) con cui il comune di Ciampino ha
richiesto a NOME COGNOME (d’ora in poi intimata) il pagamento dell’Imu relativa all’anno 2015. La questione riguarda il diritto al riconoscimento all’agevolazione prima casa per un immobile, di cui l’odierna intimata è proprietaria sito nel comune di Ciampino, cui si accede attraverso una strada, INDIRIZZO, che fa parte, invece, del comune di Roma. La CTP ha accolto il ricorso.
La Corte di Giustizia Tributaria ha confermato la pronuncia di primo grado sulla base delle seguenti ragioni: le norme che accordano regimi di favore agli immobili oggetto di residenza anagrafica e dimora abituale debbano essere considerate non eccezionali e, può, dunque procedersi con interpretazione estensiva o analogica; il requisito della residenza è specificamente ed espressamente collegato all’immobile ‘nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente’ e non al Comune, con la conseguenza che applicando una legittima interpretazione estensiva della norma agevolativa non può disconoscersi, in ogni caso, l’applicazione dell’esenzione IMU ad un immobile nel quale il contribuente effettivamente dimori in modo abituale e che costituisca e coincida, di fatto ed aldilà di ogni definizione strettamente toponomastica, con la sua reale residenza.
Il ricorrente ha proposto ricorso fondato su un motivo, mentre la controparte è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 2, del 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214. Precisa che l’odierna intimata aveva la residenza in Roma e la circostanza che solo la via di accesso ricadesse in detto comune non le impediva di iscriversi all’anagrafe del comune di Ciampino, in ragione di una delibera (n. 489 del 1986) con la quale l’ente locale ha permesso a tutti gli abitanti di INDIRIZZO che avessero l’abitazione situata entro
i confini di Ciampino di eleggere la propria residenza all’interno di detto Comune, mediante rituale iscrizione all’anagrafe. L’iscrizione è a carico della contribuente, né l’ente locale può procedere ad una modifica d’ufficio della residenza di un cittadino.
1.1. Il motivo è fondato. Ai sensi dell’art. 13 del d.l. n. 201 del 2011, convertito dalla l. n. 214 del 2011 «L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili ; restano ferme le definizioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. ….. omissis. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente». Il presupposto per il riconoscimento del beneficio per cui è causa è, dunque, la residenza anagrafica nel comune in cui si trova l’immobile soggetto ad imposizione. In tal senso è, del resto, unanime la giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 6 – 5, n. 32339/2022, Rv. 666357 -01, Sez. 6 – 5, n. 21873/2020, Rv. 659354 -01, Sez. 6 – 5, n. 4166/2020, Rv. 657312 – 01).
Nel caso di specie non è stato mai contestato ed è stato riconosciuto anche nella stessa sentenza impugnata, che l’intimata, all’epoca dei fatti, risultava iscritta all’anagrafe del comune di Roma. Non vi è dubbio, pertanto, che non sussistevano i presupposti per l’esenzione dal tributo per cui è causa. L’iscrizione anagrafica è, poi, prevista dal nostro ordinamento ad istanza di parte. L’art. 2 della l. n. 1228 del 1954, prevede, infatti, che « È fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, la iscrizione nell’anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche, a norma del
regolamento, fermo restando, agli effetti dell’art. 44 del Codice civile, l’obbligo di denuncia del trasferimento anche all’anagrafe del Comune di precedente residenza». In fatto è emerso che la strada di accesso all’immobile dell’intimata ricade nel comune di Roma, ma l’odierna intimata, come ha affermato il ricorrente, all’epoca dei fatti di causa non aveva ancora ha proposto istanza di iscrizione all’anagrafe del comune di Ciampino.
Né, come già osservato da questa Corte in una fattispecie avente ad oggetto la medesima questione (nonché un’abitazione sita nella medesima INDIRIZZO Riace), ‘l’iscrizione avrebbe dovuto essere effettuata d’ufficio, pena il sacrificio del diritto fondamentale alla libera circolazione e al libero soggiorno sancito dall’art. 16 Cost. e dall’art. 45 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea’ (Cass. Sez. Trib., n. 12614 dell’8/5/2024).
Per completezza, va poi osservato che, contrariamente rispetto a quanto affermato nella sentenza impugnata le norme agevolative sono norme di stretta interpretazione (tra le molte, in tema di ICI, cfr. Cass. sez. 5, 11 ottobre 2017, n. 23833; Cass. sez. 6-5, ord. 3 febbraio 2017, n. 3011; Cass. n. 695 del 16/01/2015, con orientamento condiviso anche dalla Corte costituzionale, cfr. Corte cost. 20 novembre 2017, n. 242) e non possono essere interpretate in via estensiva o analogica.
Consegue l’accoglimento del ricorso. Non si rappresenta la necessità di ulteriori accertamenti in fatto e, pertanto, la Corte può decidere la causa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso.
Le spese del merito sono compensate atteso il consolidarsi della giurisprudenza sul presupposto impositivo in corso di causa, mentre quelle devono essere regolate secondo il principio della soccombenza, e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso. Spese nel merito compensate. Condanna
l’intimata a pagare al ricorrente le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo complessivo di € 700,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario e accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria,