Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3288 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3288 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28707/2016 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
AVVISO DI ACCERTAMENTO IRPEG 1998
Società ‘RAGIONE_SOCIALE r.RAGIONE_SOCIALE.’ , in persona del legale rappresentante pro tempore NOME, COGNOME NOME in proprio (C.F. CODICE_FISCALE, COGNOME Diego (C.F. CODICE_FISCALE), COGNOME Vincenzo (C.F. CODICE_FISCALE), tutti rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in Roma presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME COGNOME, in INDIRIZZO
-controricorrenti –
e
COGNOME, residente in Canicattì, INDIRIZZO;
-intimato –
Avverso la sentenza della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA – PALERMO n. 4564/29/2015, depositata in data 2/11/2015;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere dott. NOME COGNOME nella camera di consiglio del 28 novembre 2024 e, previa riconvocazione, nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025;
Fatti di causa
In seguito alla verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, vennero contestate violazioni al d.P.R. n. 601 del 1973 e al d.lgs. n. 1577/1947, in particolare l’assenza dei requisiti per beneficiare delle agevolazioni fiscali previste e disciplinate dal da ultimo citato d.P.R.
Sulla scorta degli elementi emergenti dal processo verbale di constatazione, l’Ufficio provvide a rettificare le dichiarazioni presentate per gli anni 1997/1998, mediante accertamento induttivo ai sensi
dell’art. 39, comma 2 del d.P.R. n. 600/1973 , previa richiesta al Ministero del Lavoro di parere sull’applicabilità delle agevolazioni fiscali. L’Ufficio provvide a notificare ai contribuenti gli avvisi di rettifica RJ13000002 per l’anno d’imposta 1997, RJ13000003 ai fini Irpeg e Irap e RJ103SC 00171 ai fini Iva per l’anno 1998.
La controversia per cui è causa è scaturita dall’impugnazione dell’atto di contestazione n. 90000002/2002, notificato in data 14/10/2002, scaturito a sua volta dagli avvisi di rettifica RJ13000003 e RJ103SC00171.
L’originario importo del suddetto atto di contestazione , pari ad euro 80.432,48, è stato decurtato delle sanzioni iva indicate nel cumulo materiale del medesimo atto di contestazione per un ammontare pari complessivamente ad euro 8.234,38 all’indomani dell’acquiescenza prestata dall’Agenzia alla sentenza n. 67/29/07 emessa dalla C.T.R. della Sicilia -Palermo per l’avviso di rettifica NUMERO_DOCUMENTO
Con riferimento all’atto di contestazione per cui è causa, sia la società RAGIONE_SOCIALE COGNOME COGNOME, nella persona del legale rappresentante pro tempore , sia i componenti del Consiglio di amministrazione NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero separati ricorsi.
Nel contraddittorio con l’Ufficio, la C.T.P. di Agrigento , previa riunione dei giudizi, accolse i ricorsi.
Su appello dell’Ufficio, nel contraddittorio con i contribuenti, con ordinanze del 2007 la C.T.R. dispose il rinvio a udienza fissa e con ordinanza a verbale del 2008 dispose il rinvio a nuovo ruolo, in attesa della definizione del ricorso per cassazione contro la sentenza n. 62/14/2005, riguardante gli avvisi di accertamento per le annualità 1997 e 1998.
Con sentenza del 2013 n. 11672, depositata in data 15/5/2013, la Corte Suprema accolse in parte il ricorso, cassando la sentenza d’appello e rinviando per nuovo giudizio alla C.T.R.
Con atto depositato in data 4/9/2014, l’Agenzia delle Entrate presentò istanza di fissazione dell’udienza e di trattazione del giudizio , richiedendo altresì la riunione con il giudizio R.G.A.A. n. 5102/2014, per l’evidente connessione soggettiva ed oggettiva.
Con sentenza n. 4564/29/15, la C.T.R. rigettò l’appello .
Avverso tale ultima sentenza, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resistono la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME con controricorso.
Questi ultimi hanno depositato memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.
NOME COGNOME è rimasto intimato.
Ragioni della decisione
1.Deve innanzitutto rilevarsi che non si rinviene agli atti del fascicolo l’avviso di ricevimento della comunicazione di avvenuto deposito presso l’ufficio postale del ricorso notificato a NOME COGNOME ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 890 del 1982.
Nei confronti di NOME COGNOME dunque, di cui peraltro solo in controricorso si dà atto del decesso in data antecedente alla proposizione del ricorso, quest’ultimo deve dichiararsi inammissibile.
Occorre, inoltre, chiarire che il giudicato formatosi in seguito all’acquiescenza prestata dall’Agenzia delle Entrate in relazione alla sentenza n. 67/29/07 della C.T.R. della Sicilia non interferisce con la decisione della presente causa, in quanto l’Agenzia delle Entrate ha
dato atto, in ricorso, di avere rideterminato le sanzioni irrogate con l’atto impugnato in prime cure, escludendo quelle riferita all’Iva.
3. Si deve, infine, chiarire che non interferisce con la decisione della presenta causa nemmeno la sentenza n. 3850/29/15, depositata il 15/9/2015, della C.T.R. della Sicilia, sulla quale vi è attestazione di passaggio in giudicato, prodotta dai controricorrenti nel fascicolo di cassazione.
In primo luogo, infatti, tale ultima sentenza ha ad oggetto un atto di contestazione Iva e Irpef per il 1997 diverso da quello impugnato in prime cure dagli odierni controricorrenti.
In secondo luogo, nel giudizio di appello sfociato nella sentenza qui impugnata è irrilevante ogni questione relativa alla inutilizzabilità degli atti sui quali si sarebbero fondati la ripresa fiscale a carico della società ed i consequenziali provvedimenti sanzionatori a carico dei suoi soci e legali rappresentanti, in quanto la stessa sentenza dà atto di aver definito il giudizio di appello sulla base di documentazione nuova rispetto a quella giudicata in parte inutilizzabile dalla sentenza rescindente n. 11672/2013 resa da questa S.C., documentazione identica a quella depositata nell’ambito del giudizio di rinvio seguìto alla citata sentenza n. 11672/2013 di questa Corte e conclusosi con la sentenza n. 2164/29/15, depositata in data 25/5/2015, poi cassata con rinvio dalla sentenza n. 12516/2024 per violazione del carattere cd. ‘chiuso’ del giudizio di rinvio.
Infine, deve, ancora, chiarirsi che la sussistenza dei requisiti della mutualità, giudicati sussistenti dalla C.T.R. della Sicilia con la sentenza, passata in giudicato, n. 3850/29/15, depositata il 15/9/2015, riguarda l’anno d’imposta 1997 e non l’anno 1998, di cui nella presente causa si discute.
Tanto premesso e chiarito, può passarsi all’esame dei motivi di ricorso proposti dall’Agenzia.
4. Con il primo motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui non si è pronunciata sulla carenza del requisito della mutualità, questione posta a sostegno di uno dei motivi di appello spiegati dall’amministrazione contro la sentenza della C.T.P. di Agrigento.
4.1. Il motivo è fondato.
La questione della sussistenza dei requisiti di mutualità in relazione all’anno d’imposta 1998 non risulta affatto trattata nella sentenza impugnata, sicché la C.T.R. territoriale è incorsa nell’ error in procedendo denunciato in rubrica.
Spetterà, pertanto, al giudice del rinvio stabilire, sulla base dell’esame dell’atto di irrogazione delle sanzioni impugnato in primo grado, quale sia il rapporto tra tale atto e i requisiti di mutualità ritenuti insussistenti dall’Ufficio e se tali requisiti fossero o meno sussistenti con riferimento all’anno d’imposta 1998, coordinando la decisione della presente controversia in sede di rinvio con quella, sempre in sede di rinvio, conseguente alla sentenza di questa Corte n. 12516/2024.
5. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione fra le parti in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5) c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate deduce che la sentenza di appello impugnata ha dato atto che dalla documentazione depositata dalla parte in sede di giudizio di rinvio (conseguente alla sentenza rescindente di questa Corte n. 11672/2013) ‘è dato desumere che i cd. brogliacci rinvenuti nell’abitazione del socio amministratore COGNOME Maurizio sono relativi alla ditta individuale COGNOME Diego, soggetto giuridico distinto e diverso da COGNOME, anche se anch’esso operante nel settore del commercio di prodotti ortofrutticoli. Ritiene questa Commissione che la documentazione prodotta possa essere ritenuta idonea a superare le
contestazioni mosse costituendo una inequivocabile prova che la documentazione extracontabile acquisita nel corso della verifica non è riferibile alla società Ferro Fiumarella e come tale, pertanto, non può costituire elemento su cui basare pretese creditorie da parte dell’amministrazione’ . L’Agenzia si lamenta che nell’atto di appello aveva contestato la sentenza di primo grado nella parte in cui non aveva tenuto conto del fatto che non tutta la documentazione extracontabile posta a base dell’accertamento proveniva da accesso non autorizzato, in quanto altro accesso domiciliare era stato effettuato con incontestata autorizzazione scritta. La C.T.R. avrebbe omesso di esaminare la questione inerente alla rilevanza quantitativa e qualitativa della documentazio ne extracontabile rinvenuta presso l’abitazione di Ferro Maurizio, questione che pure era stata posta al giudice di appello. Quest’ultimo, argomenta l’Agenzia, avrebbe omesso di esaminare la circostanza della esigua rilevanza dei brogliacci rispetto alla totalità del quadro probatorio.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha chiarito che il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n. 4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11892 del 10/06/2016, Rv. 640194 -01; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831 – 01).
Orbene, la C.T.R. ha fondato il suo giudizio, espresso nella sentenza qui impugnata, su un corredo documentale ulteriore e diverso rispetto a quello sul quale avevano giudicato i giudici di primo grado.
I Giudici di appello, infatti, hanno fondato la decisione qui impugnata sulla stessa documentazione acquisita dalla C.T.R. in sede di giudizio di rinvio conseguente alla sentenza di cassazione n. 11672/2013.
Né l’Agenzia ricorrente può dolersi del fatto che il giudice di appello abbia valutato prove a favore dei contribuenti a discapito di quelle ritualmente e legittimamente prodotte dall’amministrazione: la valutazione delle prove è attività rimessa al giudice del merito, soggetta al principio del libero convincimento.
D’altronde, l’amministrazione non ha dimostrato la decisività delle prove documentali che il giudice di appello avrebbe omesso di valutare. 6. Con il terzo motivo di ricorso, rubricato ‘ Violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 58, comma 2, e degli artt. 384 e 394 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata in quanto fondata sulla pronuncia emessa in sede di giudizio di rinvio conseguente alla sentenza della Suprema Corte n. 11672/2013.
Orbene, la pronuncia resa dalla C.T.R. in sede di giudizio di rinvio sarebbe stata emessa sulla base di una illegittima acquisizione di ulteriore documentazione avvenuta proprio nell’ambito del giudizio di rinvio, in violazione del carattere cd. ‘chiuso’ d i detto giudizio.
Tale illegittima acquisizione documentale avvenuta in sede di giudizio di rinvio avrebbe viziato anche la sentenza qui impugnata, emessa sulla base della stessa nuova documentazione.
7. Con il quarto motivo di ricorso, rubricato ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 52, commi 2 e 3 del d.P.R. 633 del 1972, dell’art. 39, comma 2 del d.P.R. n. 600 del 1973 , dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.’ , l’Agenzia delle Entrate censura la
sentenza impugnata per aver fatto malgoverno dei princìpi che regolano la distribuzione dell’onere della prova tra i contribuenti e l’amministrazione.
Ritiene l’Agenzia che il rinvenimento di brogliacci e di contabilità in nero pone normativamente in capo ai contribuenti l’onere di fornire la prova contraria dei fatti assunti nell’atto impositivo a fondamento della ripresa fiscale e delle conseguenti sanzioni.
7.1. Il terzo e il quarto motivo, per la loro stretta connessione, possono essere esaminati e decisi congiuntamente.
Essi sono infondati.
I contribuenti, nel controricorso (pag. 20), hanno dato atto che la stessa nuova produzione documentale depositata nell’ambito del giudizio di rinvio incardinato in seguito alla sentenza della S.C. n. 11672/2013 è stata altresì depositata autonomamente nell’ambito del giudizio di appello in esito al quale è stata pronunciata la sentenza qui impugnata.
Orbene, nel giudizio di appello (cfr. art. 58, vigente ratione temporis , del d.lgs. n. 546 del 1992, comma 2) la nuova documentazione (depositata nel giudizio di rinvio in contrasto con il carattere ‘chiuso’ di tale giudizio) ben poteva essere prodotta, non valendo per il giudizio di appello le preclusioni istruttorie all’acquisizione documentale che valgono per il giudizio di rinvio.
Ne consegue che i giudici di secondo grado hanno deciso in base a nuovi documenti che potevano essere prodotti nel giudizio di appello. Sicché, proprio in base a tale nuova produzione documentale, offerta dai contribuenti, i giudici di appello hanno deciso che i brogliacci rinvenuti a casa di COGNOME, sulla quale si era fondato l’accertamento induttivo, non erano riferibili all’atti vità economica svolta dalla società.
In altre parole, la nuova produzione documentale avvenuta legittimamente in sede di giudizio di appello su impulso dei contribuenti ha vinto, secondo il giudizio della C.T.R. a quo , insindacabile in questa sede di legittimità, la presunzione di cui al comma 2 dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973.
8. In conclusione, il ricorso è accolto solo con riguardo al primo motivo, rigettato nel resto.
La sentenza è cassata in relazione al motivo accolto e la causa è rinviata, per nuovo esame, alla C.G.T. di secondo grado della Sicilia che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo e rigetta il terzo e il quarto.
Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nelle camere di consiglio del 28 novembre