Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31279 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 31279 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ONLUS ANAGRAFE UNICA CANCELLAZIONE IMPUGNAZIONE
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26166/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domicilia in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del controricorso e con questi elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. Prof. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-resistente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania n. 4096/17/16 del 02/05/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso con riguardo al secondo motivo;
udito l’Avv. NOME COGNOME dell’Avvocatura generale dello Stato per la ricorrente Agenzia delle Entrate; preso atto che nessuno è comparso all’udienza per la parte controricorrente, rimanendo ferme le conclusioni di cui al controricorso.
FATTI DI CAUSA
Con provvedimento n. 13769/2012 notificato il 20/03/2012 l’Agenzia delle Entrate disponeva la cancellazione dell’Associazione RAGIONE_SOCIALE dalla anagrafe delle Onlus con decorrenza dal 27/05/2004. L’Ufficio contestava alla Associazione che solo in minima parte i destinatari della attività di promozione della cultura e dell’arte realizzata dall’Ente erano in effetti soggetti svantaggiati, come invece richiesto dall’art. 10, comma 2, del d.lgs. 04/12/1997, n. 460 e, pertanto, non risultava soddisfatto il requisito dell’esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale come disposto dall’art. 10, primo comma, lett. b) del medesimo decreto legislativo. L’Agenzia delle Entrata rilevava, ancora, la distribuzione di utili tra gli amministratori sotto la veste di rimborso spese chilometrico, lo svolgimento di attività ulteriori e non connesse con le finalità di solidarietà sociale (organizzazione di concerti, eventi politici, spettacoli) rivelandosi come prevalente la natura di ente commerciale.
L’Associazione RAGIONE_SOCIALE proponeva reclamo avverso il provvedimento di cancellazione innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione e la conferma del provvedimento di cancellazione. La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con la sentenza 22725/32/2014 del 02/10/2014, accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo legittima l’iscrizione dell’associazione al registro delle Onlus fino al 31/12/2010 e di conseguenza annullando fino a quella data il
provvedimento di cancellazione impugnato, provvedimento che veniva confermato per il periodo successivo al 01/01/2011.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto appello avverso la sentenza di primo grado. L’ Associazione RAGIONE_SOCIALE si è costituita in giudizio e ha chiesto il rigetto del gravame. La Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza n. 4096/17/16 del 02/05/2016 ha respinto l’appello e compensato le spese di lite.
Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate con ricorso affidato a cinque strumenti di impugnazione.
L’Associazione RAGIONE_SOCIALE si è costituita con controricorso.
Fissata la pubblica udienza il Procuratore Generale ha fatto pervenire conclusioni scritte chiedendo il rigetto del primo motivo, l’accoglimento del secondo motivo, il rigetto del terzo motivo, l’inammissibilità o il rigetto del quarto motivo e, infine, il rigetto del quinto motivo.
La difesa erariale per l’Agenzia delle Entrate ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 17/10/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.: in particolare il ricorrente lamenta la pretesa nullità della sentenza per motivazione apparente atteso che la Commissione tributaria regionale, affrontato il profilo della ricezione del finanziamento statale da parte della associazione, avrebbe omesso di argomentare su tutti gli altri aspetti dedotti dalla amministrazione appellante con specifico riguardo alla mancanza, nello statuto
dell’ente, dei requisiti richiesti dall’art. 10 , comma 1, lettere a), b), c), d), del d.lgs. 460/1997.
1.1. Il motivo è infondato. La motivazione sui profili invocati nel motivo di ricorso è ampia e ben riconoscibile nella sentenza impugnata, essendo rinvenibile nel secondo, nel terzo e nel quarto capoverso del provvedimento. Le argomentazioni spese dalla Commissione tributaria regionale circa i requisiti statutari dell’Ente odierno resistente, circa l’attività svolta, circa i beneficiari della attività svolta per come descritti negli atti fondamentali dell’ente integrano una motivazione che si pone oltre il minimo costituzionale preteso dalla giurisprudenza della Corte in relazione alla sufficienza della motivazione. Non si ravvisa la nullità denunciata e il motivo di ricorso deve essere respinto.
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 1 e comma 4, del d.lgs. 460/1997 in relazione all’art. 360, primo comma, n, 3), cod. proc. civ.. Si critica la sentenza di appello per aver ritenuto dirimente e decisivo, al fine di escludere la legittimità del provvedimento di cancellazione dalla anagrafe delle Onlus, la circostanza secondo la quale l’associazione aveva beneficiato di apporti economici statali da parte del Ministero dei Beni Culturali fino al 2008. Secondo il ricorrente l’attività di promozione della cultura e dell’arte, condotta dalla Associazione, non è una di quelle a solidarietà immanente o presunta, ma una di quelle a solidarietà condizionata. In questi casi l’attività deve essere svolta essenzialmente nei confronti di persone svantaggiate e tanto deve risultare dallo Statuto e deve essere verificato nel concreto delle attività realizzate, a pena di esclusione dal registro delle Onlus. L’Associazione si occupava di servizi e manifestazioni offerte al pubblico e non certo in via prevalente a soggetti svantaggiati, sicché la struttura era organizzata quale impresa. Ad ogni modo, secondo il ricorrente, la concessione di apporti economici statali non vale ad attribuire, senza altri
accertamenti, la qualifica di Onlus ma serve solo a stabilire se l’attività esercitata possa considerarsi inerente a quelle a finalità di solidarietà sociale. Secondo la prospettazione dell’Amministrazione finanziaria occorre, altresì, verificare che l’attività di promozione dell’arte sia prevalentemente rivolta verso soggetti svantaggiati e, comunque, che siano rispettati gli altri requisiti previsti dall’articolo 10 d.lgs. 460/1997.
2.1. Il motivo è fondato. Osserva il Collegio che la sussistenza degli apporti economici di cui all’art. 10, comma 4, d.lgs. 460/1997 non implica di per sé il riconoscimento che le attività principali di una associazione siano effettivamente quelle statutarie e che siano dirette a finalità di solidarietà sociale (nella specie di promozione della cultura e dell’arte) piuttosto che ad attività di natura diversa ed eventualmente commerciale. Il riconoscimento di contributi pubblici non esonera dalla valutazione in concreto dell’attività svolta in via prevalente dalla associazione e dalla verifica del perseguimento effettivo di finalità solidaristica. Va osservato, in proposito, come la motivazione della sentenza di appello si diffonda essenzialmente sulla inerenza delle attività di promozione e di cultura, per le quali erano stati riconosciuti contributi statali e sulla possibilità di riconoscere le attività diverse svolte dalla associazione come connesse a quella principale. La sentenza non valuta adeguatamente, per questa via, la principale contestazione mossa nell’impugnato provvedimento amministrativo di cancellazione e cioè che l’insieme delle attività svolte dalla associazione (iniziative culturali, organizzazione di eventi, di serate e di spettacoli) fossero di natura prettamente commerciale e risultassero rivolte al pubblico generalista piuttosto che a soggetti svantaggiati.
2.2. La motivazione della sentenza si pone, così, in patente contrasto con l’orientamento costantemente espresso dalla giurisprudenza di legittimità nell’interpretazione dell’art. 10, d.lgs. 460/1997 al fine di definire l’ambito di applicazione delle
disposizioni che riconoscono il regime di beneficio fiscale agli enti con finalità solidaristiche. Si considerino, in proposito, i principi di diritto definiti da Cass. 18/09/2015, n. 18396, in particolare ai punti 2.2. e 2.3. della motivazione: le Onlus devono perseguire «esclusive finalità di solidarietà sociale» sicché la finalità solidaristica è elemento essenziale della forma dell’ente e dei benefici connessi, essa non può esaurirsi nel percepimento dei benefici statali perché va verificato nel concreto dello Statuto quale sia formalmente l’attività prevalente e nella sostanza economica quale sia l’attività principale. Se manca il fine solidaristico generale, non può soccorrere l’art. 10, comma 4, d.lgs. 460/1997 perché, recita il precedente della Corte: «in tali casi, pertanto, lo scopo di solidarietà, e quindi la detta situazione di svantaggio, lungi dal non essere richiesta (in quanto ciò contrasterebbe con l’intero impianto normativo e con la sua ratio, oltre che, prima ancora, con la legge delega), costituisce il presupposto implicito essenziale delle attività in questione». Quanto alle attività ulteriori e diverse, cioè connesse, la sentenza della Corte afferma: «per quanto concerne, poi, le attività direttamente connesse a quelle istituzionali, per le quali non vige il divieto di svolgimento e i cui proventi, pur mantenendo esse natura commerciale, non concorrono alla formazione del reddito imponibile (cfr. art. 12 del d.lgs. introduttivo dell’art. 111 ter del t.u.i.r., ora art. 150), il comma 5 dell’art. 10 le individua in due tipologie: quelle elencate nel comma 2 ma svolte in assenza delle condizioni ivi previste (tra le quali, come detto, la situazione di svantaggio dei soggetti destinatari) e quelle accessorie per natura a quelle istituzionali in quanto integrative delle stesse. Rientrano, pertanto, in quest’ultima categoria, sempre in un’ottica di stretta interpretazione, le sole attività oggettivamente e strutturalmente funzionali al migliore e più efficace espletamento di quelle istituzionali (per esempio, le attività dirette al reperimento dei fondi necessari). In ogni caso, poi, la
norma richiede, anche qui con evidente finalità antielusiva, sia che le attività connesse non devono essere prevalenti rispetto a quelle istituzionali, le quali, quindi, devono comunque essere svolte in via esclusiva o almeno principale (e la verifica della prevalenza va effettuata, in base ad elementi fattuali, con riferimento a ogni singolo settore ed a ciascun periodo d’imposta), sia che -con distinto e autonomo criterio – i loro proventi non devono superare una determinata percentuale (il 66%) delle spese complessive dell’organizzazione».
2.3. Orbene, la sentenza impugnata non si confronta con questi principi, che pure erano stati invocati dalla Agenzia delle Entrate nell’atto di appello: afferma che le attività di istruzione e formazione erano da considerarsi connesse ai sensi dell’art. 10, comma 5, del d.lgs. 460/1997 e che rientravano nei limiti quantitativi indicati dalla norma, ma non tratta delle altre, ulteriori, attività che la associazione svolgeva (concerti, premi a personaggi, manifestazioni di musica lirica e sinfonica, concerti, eventi e spettacoli offerti al pubblico indistinto) da considerarsi anch’esse attività ulteriori rispetto a quella di promozione dell’arte a fini solidaristici, non dirette a persone svantaggiate, idonee a recare proventi commerciali, perché addirittura sostenute da iniziative pubblicitarie ben remunerate, e idonee, in definitiva, a negare la finalità solidaristica principale affermata in astratto.
2.4. La Corte, enunciando un principio di diritto al quale il Collegio intende dare continuità, afferma, nel punto di motivazione sub. 2.3. che si è in presenza di una disciplina estremamente rigorosa, chiaramente e fortemente mirata a limitare la concessione delle previste (numerose) agevolazioni fiscali agli enti effettivamente meritevoli e, per converso, ad evitare qualsiasi ipotesi di utilizzazione a fini elusivi dell’istituto, adoperato come schermo per lo svolgimento in concreto di attività non solidaristiche, ma aventi natura e scopo sostanzialmente commerciali. Ciò comporta, da un
lato, che se un ente intende assumere (attraverso l’iscrizione nella relativa anagrafe) e mantenere la qualifica di Onlus è tenuto alla rigida osservanza, sia sul piano delle prescrizioni formali, sia sotto il profilo dello svolgimento in concreto dell’attività, di ciascuna delle prescrizioni dettate dalla legge, e, d’altro canto, che queste devono essere soggette a stretta interpretazione.
2.5. La sentenza, nell’esaminare l’attività della associazione non ha seguito i principi di diritto innanzi indicati e non ha valutato l’esistenza, la natura e la prevalenza delle attività di carattere dichiaratamente commerciale svolte dalla associazione. Non emerge dalla sentenza alcun accertamento circa l’effettivo perseguimento della finalità solidaristica affermata in astratto dalla associazione.
2.6. Per queste ragioni il secondo motivo va accolto e la sentenza va cassata sul punto.
Con il terzo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.. L’Amministrazione ricorrente lamenta che la sentenza avrebbe omesso di argomentare circa il motivo di appello che censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui qualificava le attività diverse e ulteriori svolte dalla Associazione come attività connesse non prevalenti rispetto all’attività istituzionalmente svolta dalla associazione stessa.
3.1. Il motivo è infondato. La sentenza di appello non omette di valutare le attività ulteriori, ma le ritiene connesse a quelle di promozione della cultura e dell’arte e, in applicazione dell’art. 10, comma 5, del d.lgs. 460/1997, afferma che non valgono a determinare la violazione delle regole affermate nei commi 2 e 3 della disposizione perché le stesse rispettano i limiti quantitativi di cui al comma 5; la sentenza afferma, altresì, che può essere esclusa l’eventualità che tali attività siano svolte come attività
economiche autonome separatamente dalla attività principale di promozione della cultura e dell’arte. Orbene l’applicazione delle norma di rilievo merita censura giuridica come evidenziato in sede di esame del secondo motivo di ricorso, ma la sentenza argomenta sul punto e non può ritenersi nulla per difetto di motivazione.
Con il quarto motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, d.lgs. 460/1997, dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. e critica la sentenza impugnata nella parte in cui non avrebbe ritenuto violata la disciplina uniforme sul rapporto associativo volta a garantire l’effettività e la democraticità del rapporto stesso. Secondo l’Agenzia delle Entrate dai verbali di assemblea si evinceva l’esistenza di un soggetto unico e trainante idoneo ad escludere la democraticità del processo decisionale.
4.1. Il motivo è infondato. Le osservazioni della Agenzia delle Entrate sul difetto di democraticità nella gestione della associazione rimangono generiche e astratte, fondate su elementi presuntivi privi di concretezza (la dedotta parentela di alcuni associati, il carisma personale del legale rappresentante) ma non è offerta alcuna prova circa l’assenza di democraticità nella conduzione delle attività. Come osservato dalla Commissione tributaria regionale con motivazione che va esente da censure, detti elementi non valgono a escludere la democraticità garantita dalla vigenza delle regole circa la formazione della volontà dell’ente, né sono dedotte violazioni specifiche e puntuali idonee ad incidere sulla posizione paritaria degli associati.
Con il quinto motivo di impugnazione l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 1, d.lgs. 460/1997, dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.. La sentenza è criticata perché avrebbe errato nell’escludere che l’Associazione fosse venuta meno ai requisiti per il riconoscimento della Onlus anche sotto il profilo
della distribuzione degli utili e dei compensi che, secondo l’Ufficio, sarebbe stati elargiti agli amministratori sotto forma di rimborsi spese chilometrici per gli spostamenti.
5.1. Il motivo è infondato. Il giudice di appello ha escluso che l’elargizione dei rimborsi chilometrici valesse a simulare la distribuzione di compensi perché sarebbero stati riconosciuti solo rimborsi di spese documentate e non sarebbero state corrisposte somme ad altro titolo. La sentenza afferma, in proposito, che l’Amministrazione, sulla quale incombeva il relativo onere probatorio, avrebbe dovuto almeno produrre i rimborsi in modo da potersi valutare la dedotta sproporzione tanto da consentire di apprezzarne la natura simulata. In questo modo la sentenza applica un ragionamento probatorio irreprensibile circa la ripartizione dell’onere probatorio e deve andare esente da censure; qualsiasi valutazione ulteriore è, in questa sede, preclusa all’esame della Corte perché attinente al merito istruttorio.
6. In definitiva la sentenza va cassata previo accoglimento del secondo motivo con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente.
P.Q.M.
accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta gli altri motivi; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania cui è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 17 ottobre