Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32113 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32113 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 12/12/2024
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14452/2023 R.G. proposto da Comune di Pollica (84001230659), in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; avvnunziobocciaEMAIL;
-controricorrente –
e
sul ricorso iscritto al n. 14703/2023 R.G. proposto da
Comune di Pollica (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata – avverso la sentenza n. 8006/2022, depositata il 20 dicembre 2022, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania; udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 18 settembre 2024, dal Consigliere dott. NOME COGNOME.
Rilevato che:
-con sentenza n. 8006/2022, depositata il 20 dicembre 2022, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania ha accolto, per quanto di ragione, l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di due avvisi di accertamento emessi dal Comune di Pollica in relazione all’IMU dovuta dalla contribuente per gli anni 2015 e 2016;
1.1 -il giudice del gravame, per quel che qui ancora rileva, ha ritenuto che:
-così come dedotto dalla stessa parte appellante, l’unità immobiliare in contestazione (uno stabilimento balneare) – cui era stata attribuita la categoria D/8 ed una rendita catastale di € 990,56 – aveva formato oggetto di accatastamento nell’anno 2019 (da parte del «nuovo concessionario, la RAGIONE_SOCIALE»);
se, pertanto, non poteva escludersi « l’assoggettabilità dello stabilimento in questione ad IMU», la quantificazione della rendita operata dal Comune di Pollica risultava apodittica, non corretta né proporzionata;
doveva, pertanto, ritenersi ragionevole rideterminare la pretesa impositiva correlandola alla rendita catastale attribuita nell’anno 2019, venendo così in considerazione un parametro di quantificazione «incontestato e più proporzionato»;
-andava, altresì, esclusa l’applicazione di sanzioni in ragione della «difficoltà per la contribuente di individuare con precisione la portata della propria obbligazione per le annualità oggetto di causa quando ancora non vi era un accatastamento, ed in tali soli termini si impone dunque l’accoglimento parziale del gravame.»;
-il Comune di Pollica ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi, ed ha depositato memoria;
-resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE che anch’essa ha depositato memoria;
– il Comune di Pollica ha, quindi, operato una seconda iscrizione a ruolo del medesimo ricorso, iscritto al n. 14703/2023 di R.G., ivi depositando anche memoria.
Considerato che:
-i due ricorsi vanno riuniti in quanto -così come può desumersi dal contenuto degli atti depositati (e, nello specifico, dal ricorso e dagli atti notificati a mezzo PEC) -pianamente emerge una (mera) duplice iscrizione a ruolo, da parte del ricorrente, e con riferimento alla impugnazione della medesima sentenza;
– col primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 4, ed alla l. l. 30 dicembre 2004 n. 311, art. 1, commi 335 e ss., assumendo che:
esso esponente aveva dato applicazione a principi di diritto enunciati dalla Corte di legittimità a riguardo dei fabbricati non iscritti in catasto, e per i quali erano intervenute variazioni permanenti, ai
sensi del d.lgs. n. 504 del 1992, cit., art. 5, comma 4, così che la rendita catastale così determinata doveva trovare applicazione (anche) per le annualità pregresse;
medesimi avvisi di accertamento, del resto, erano stati emessi per gli anni dal 2003 e sino all’anno 2012, e mai erano stati contestati sotto il profilo della rendita catastale (in detti termini) quantificata;
-illegittimamente il giudice del gravame aveva, pertanto, rideterminato la base imponibile del tributo con riferimento alla rendita catastale attribuita nell’anno 2019 la quale veniva (così) a sostituirsi «ad una determinazione legittima e giudicata conforme per annualità precedenti e mai cointestata»;
2.1 -il secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 5, comma 4, ed al d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, sull’assunto che costituendo l’atto attributivo della rendita atto presupposto degli avvisi di accertamento (ora) in contestazione -controparte avrebbe dovuto impugnare detto atto presupposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, cos ì che la «mancata impugnazione, nelle forme e modalità previste appena ricordate, rendeva inammissibile la generica contestazione della rendita e impediva alla C.G.T. di entrare nel merito del quantum oramai definitivo in difetto di espressa impugnazione.»;
-va innanzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso che la controricorrente articola sotto plurimi profili che involgono i requisiti di contenuto del ricorso e la ricorrenza, nella fattispecie, di un giudicato esterno;
3.1 -premesso che dette eccezioni evidenziano una dilatazione del principio di autosufficienza -che, così, viene impropriamente esteso (anche) a questioni rimaste estranee al decisum oggetto di
impugnazione -rileva la Corte che l’intero contenuto del ricorso e dei proposti motivi che espongono (solo) censure di violazione di legge -soddisfa appieno il canone di specificità;
3.2 -quanto, poi, al (pur) eccepito giudicato esterno (di cui alla sentenza n. 2418, depositata il 10 dicembre 2020, della Commissione tributaria provinciale di Salerno), va rilevato, innanzitutto, che l’eccezione di giudicato esterno può essere proposta nel corso del giudizio di legittimità a condizione che il giudicato si sia formato dopo la conclusione del processo di appello, e che la parte provveda a dedurre tempestivamente i fatti “nuovi” sopravvenuti, sicchè l’eccezione è preclusa, e il motivo d’impugnazione è inammissibile, se il giudicato sia intervenuto nelle more del giudizio d’appello senza tempestiva deduzione in quella sede, posto che in tal caso la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 5 (Cass., 15 marzo 2022, n. 8289; Cass., 31 maggio 2019, n. 14883; Cass., 22 gennaio 2018, n. 1534; Cass., 18 ottobre 2017, n. 24531; Cass., 7 maggio 2008, n. 11112);
– peraltro, nella fattispecie, detto giudicato era stato dedotto già in appello e il giudice del gravame -in difetto di ogni impugnazione sul punto ha pronunciato sull’eccezione davanti a lui proposta escludendo l’efficacia espansiva di giudicato sul rilievo che «l’imposta in oggetto è basata su situazioni di fatto che ben possono variare di anno in anno»;
3.3 -né sussiste il giudicato esterno che la controricorrente ascrive alla sentenza della Corte n. 6848/2023, del 7 marzo 2023; pronuncia, questa, che si è limitata a rilevare (nei confronti del precedente concessionario demaniale) che andava «dichiarata la sopravvenuta cessazione della materia del contendere per essere stato l’avviso di cui si tratta già annullato con sentenza passata in giudicato»;
-tanto premesso, i due motivi di ricorso -che vanno congiuntamente esaminati siccome connessi – sono destituiti di fondamento, e vanno senz’altro disattesi;
4.1 -alla stessa stregua della rimodulazione degli interventi legislativi volti a consentire l’emersione del patrimonio immobiliare sottratto all’inventariazione catastale (v. in particolare, e per quel che qui interessa, la l. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, c. 58 nonché la l. 30 dicembre 2004 n. 311, art. 1, c. 336), oltreché della specifica disciplina introdotta in ordine agli atti di attribuzione e di modificazione delle rendite catastali (l. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74), la Corte ha già avuto m odo di rilevare l’esclusiva competenza riservata all’amministrazione centrale dello Stato in ordine l’attribuzione della rendita catastale, sia pur rimarcando «il ruolo partecipativo, informativo e di impulso dei comuni in ambito catastale» (Cass., 14 marzo 2019, n. 7275 cui adde Cass., 26 gennaio 2021, n. 1571);
per effetto, dunque, di detta rimodulazione -che ha comportato (anche) l’abrogazione del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4 (v. la l. n. 296 del 2006, art. 1, comma 173), che (in una all’art. 11, commi 1, 2 e 3), consentiva di determinare, e di accertare, l’imponibile ICI in relazione ai «fabbricati, diversi da quelli indicati nel comma 3, non iscritti in catasto», sulla base del valore «determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti» (v., in particolare, Cass., 15 marzo 2022, n. 8358; Cass., 26 gennaio 2021, n. 1571, cit.; Cass., 11 aprile 2019, n. 10125, Cass., 6 giugno 2012, n. 9111) – è venuto meno, a decorrere dal periodo di imposta 2007, il potere di accertamento del Comune correlato alla determinazione (in via provvisoria) della rendita catastale di fabbricati non iscritti in catasto (diversi da quelli iscrivibili nel gruppo catastale D, interamente posseduti e distintamente contabilizzati da imprese) sulla base della rendita (cd. presunta) attribuita a fabbricati similari già iscritti (art. 5,
comma 4, cit., in relazione all’art. 11, c ommi 1 ss., cit.; v., ora, il d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 13, comma 3, conv. in l. 22 dicembre 2011, n. 214); situazione giuridica attiva, questa, che il legislatore ha evidentemente ritenuto non più essenziale, avuto riguardo (proprio) alla disciplina dei poteri di impulso spettanti ai Comuni (in tema di iscrizione catastale) ed al conseguente procedimento amministrativo istituito per l’emersione (in termini certi e ristretti) della materia catastale (v. la l. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, cit.), laddove le ragioni di tutela dell’interesse impositivo – già affidate ai poteri attribuiti all’Ente locale – sono state dislocate nella disciplina del cennato procedimento amministrativo volto all’emersione delle situazioni che avrebbero dovuto formar oggetto di dichiarazioni (dei soggetti interessati) per l’accertamento di unità immobiliari urbane di nuova costruzione ovvero di variazione dello stato dei beni (d.m. n. 701 del 1994, art. 1) e, quanto alla determinazione della base imponibile dell’ICI (pur sempre incentrata sul criterio principale costituito dalla rendita catastale rivalutata; d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 2), nella disciplina degli effetti ordinari del provvedimento di attribuzione (o di variazione) della rendita catastale (l. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1), effetti, questi, che sono destinati a prodursi anche per il passato, in ragione dell’utilizzabilità (applicabilità) della nuova rendita catastale anche a periodi di imposta anteriori a quello in cui ha avuto luogo la notificazione di detto provvedimento, ed a decorrere dall’epoca della variazione materiale che ha portato alla modificazione della rendita medesima (per il rilievo che, ai sensi dell’art. 74, c omma 1, cit., il provvedimento di attribuzione della rendita ha natura «meramente accertativa della concreta situazione “catastale” dell’immobile», così che all’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita se non notificata si coniuga la sua applicabilità «a fini impositivi anche per annualità d’imposta per così dire “sospese”, ovverosia suscettibili di
accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso.», v. Cass. Sez. U., 9 febbraio 2011, n. 3160 cui adde , ex plurimis , Cass., 9 giugno 2017, n. 14402; Cass., 6 giugno 2014, n. 12753; Cass., 11 novembre 2011, n. 23600; Cass., 30 settembre 2011, n. 20033; v. altresì, in una convergente prospettiva ricostruttiva, Cass., 11 settembre 2019, n. 22653; Cass., 27 luglio 2012, n. 13443; Cass., 26 ottobre 2005, n. 20775);
4.2 -quanto, invece, alla specifica disciplina dei «fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati», il d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 3, contempla la determinazione della base imponibile «fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita» – – sulla base del valore contabilizzato dall’impresa e, dunque, del costo rivalutato di acquisizione del bene ricavabile dalle scritture contabili, ed aumentato degli eventuali costi incrementativi (per le modalità di applicazione del criterio in questione
Cass., 10 aprile 2019, n. 10006; Cass., 13 giugno 2012, n. 9602; Cass., 28 aprile 2010, n. 10134; Cass., 21 aprile 2009, n. 9385);
disciplina, questa, della base imponibile ICI per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D (ma non ancora iscritti in catasto), che la Corte ha interpretato (in conformità, peraltro, alla lettura offertane dal Giudice delle leggi; v. Corte Cost., 24 febbraio 2006, n. 67) rilevando che:
-l’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore contabile del cespite presuppone la ricorrenza dei due ulteriori requisiti costituiti dal possesso del bene quale interamente riferibile all’impresa e dalla sua disti nta contabilizzazione;
-nell’insussistenza di detti due requisiti, la base imponibile potrà, quindi, correlarsi al criterio sussidiario, e di carattere generale, fondato sulla rendita dei fabbricati similari iscritti in catasto (cd. rendita presunta), che «proprio in virtù della sua generalità, è applicabile anche ai fabbricati classificabili in cat. D “diversi da quelli indicati nel comma 3′ (come la stessa norma dispone), dovendosi intendere per tali quelli che non presentino gli ulteriori due requisiti appena evidenziati» (Cass., 16 agosto 2005, n. 16916 cui adde Cass., 11 aprile 2019, n. 10125; Cass., 24 febbraio 2016, n. 3618; Cass., 15 marzo 2013, n. 6609; Cass., 6 giugno 2012, n. 9111; Cass., 9 ottobre 2009, n. 21445; Cass., 21 aprile 2009, n. 9385);
4.3 -una volta venuto meno, come rilevato, il potere del Comune che involgeva la determinazione provvisoria della rendita catastale (e, così, la base imponibile del tributo) in relazione ai «fabbricati, diversi da quelli indicati nel comma 3, non iscritti in catasto», sulla base del valore «determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti» (art. 5, comma 4, cit.), rimane, allora, destituita di ogni fondamento la censura di violazione di legge di cui al primo motivo di ricorso;
quanto, invece, al secondo motivo, viene in considerazione, come anticipato, la determinazione (in via provvisoria) di una rendita presunta (art. 5, comma 4, cit. ) che eccedeva i poteri dell’Ente locale; e, nel difetto di un atto determinativo della rendita ascrivibile alla competenza dell’Agenzia delle Entrate, alcun atto presupposto rimaneva suscettibile di autonoma impugnazione giudiziale;
-al rigetto del ricorso si correla, quindi, il passaggio in giudicato del decisum della gravata sentenza che la parte controricorrente non ha autonomamente impugnato, con conseguente definitività della statuizione in punto di determinazione della base imponibile del tributo;
le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’unica impugnazione proposta , se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-riunisce i ricorsi iscritti ai nn. di RG 14452/2023 e 14703/2023;
-rigetta il ricorso proposto dal Comune di Pollica;
-condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 3.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, da distrarsi in favore del difensore antistatario, avvocato NOME COGNOME
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del
ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per l’unico ricorso principale proposto, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 settembre 2024.