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Rendita presunta: stop ai Comuni dal 2007

In un caso di accertamento IMU per un immobile non iscritto in catasto, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un Comune. La Corte ha stabilito che, a partire dal 2007, i Comuni non hanno più il potere di determinare autonomamente una rendita presunta per calcolare l’imposta. Tale competenza è passata all’Agenzia delle Entrate, rendendo illegittimo l’avviso di accertamento basato su una stima unilaterale del Comune.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Rendita Presunta: La Cassazione Conferma lo Stop al Potere dei Comuni

L’applicazione di una rendita presunta da parte dei Comuni per il calcolo dell’IMU su immobili non accatastati è stata a lungo fonte di contenzioso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha messo un punto fermo sulla questione, confermando che questo potere è cessato a partire dal periodo d’imposta 2007. La decisione ha importanti implicazioni pratiche sia per gli enti locali che per i contribuenti, delineando con chiarezza i confini delle rispettive competenze.

I Fatti del Caso: IMU su un Immobile non Accatastato

Una società, gestore di uno stabilimento balneare, ha impugnato due avvisi di accertamento IMU relativi agli anni 2015 e 2016. L’immobile in questione, durante quel periodo, non era ancora stato iscritto al Catasto. Il Comune aveva quindi calcolato l’imposta basandosi su una rendita catastale determinata in via presuntiva, confrontando l’immobile con altri simili già censiti.

L’iscrizione catastale dello stabilimento è avvenuta solo nel 2019, ad opera del nuovo concessionario, con l’attribuzione di una rendita specifica e di una categoria catastale D/8.

La Decisione della Corte di Giustizia Tributaria

In secondo grado, i giudici tributari avevano accolto parzialmente le ragioni della società. Pur riconoscendo che l’immobile fosse soggetto a IMU, avevano ritenuto la quantificazione della rendita operata dal Comune come “apodittica, non corretta né proporzionata”.

Di conseguenza, la Corte aveva deciso di rideterminare la base imponibile utilizzando come parametro la rendita attribuita ufficialmente nel 2019, considerandola più “incontestata e proporzionata”. Inoltre, aveva annullato le sanzioni, riconoscendo la difficoltà del contribuente nel determinare l’esatto importo dovuto in assenza di un accatastamento.

Il Ricorso del Comune e la Rendita Presunta

Insoddisfatto della decisione, il Comune ha presentato ricorso in Cassazione. L’ente locale sosteneva di aver applicato correttamente la normativa che, a suo dire, gli consentiva di determinare una rendita presunta per gli immobili non accatastati, con efficacia anche per le annualità pregresse. Inoltre, il Comune lamentava che la società avrebbe dovuto impugnare l’atto di attribuzione della rendita come atto presupposto, prima di contestare l’avviso di accertamento IMU.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso del Comune, fornendo una ricostruzione chiara dell’evoluzione normativa. I giudici hanno stabilito che il potere dei Comuni di determinare una rendita presunta per i fabbricati non iscritti in catasto, previsto dall’art. 5, comma 4, del d.lgs. 504/1992, è stato abrogato a partire dal periodo d’imposta 2007.

Le riforme legislative successive hanno ridisegnato la procedura, attribuendo la competenza per l’attribuzione della rendita catastale esclusivamente all’amministrazione centrale dello Stato (l’Agenzia delle Entrate). Ai Comuni è rimasto un ruolo di impulso e segnalazione, ma non più quello di determinazione autonoma e provvisoria della rendita.

Di conseguenza, l’azione del Comune è stata ritenuta illegittima perché compiuta “in carenza di potere”. L’ente ha esercitato una facoltà che la legge non gli riconosceva più per gli anni d’imposta in questione (2015 e 2016).

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha spiegato che, essendo l’atto del Comune illegittimo per carenza di potere, non poteva essere considerato un “atto presupposto” valido. Pertanto, il contribuente non era tenuto a impugnarlo separatamente, potendo contestare direttamente l’illegittimità dell’avviso di accertamento che su di esso si fondava.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: per le annualità d’imposta dal 2007 in poi, i Comuni non possono emettere avvisi di accertamento IMU basati su una rendita presunta da loro stessi determinata. L’unica procedura legittima per gli immobili non accatastati è quella che passa attraverso l’intervento dell’Agenzia delle Entrate.

Per i contribuenti, ciò significa una maggiore tutela contro accertamenti basati su stime unilaterali e potenzialmente arbitrarie. In caso di ricezione di un atto simile per annualità recenti, è possibile impugnarlo per carenza di potere dell’ente impositore. Per i Comuni, la sentenza ribadisce la necessità di attivare gli strumenti corretti, ovvero la segnalazione all’Agenzia delle Entrate per avviare il processo di accatastamento, la cui rendita ufficiale potrà poi essere utilizzata, anche retroattivamente, per la corretta liquidazione del tributo.

Un Comune può ancora determinare una ‘rendita presunta’ per calcolare l’IMU su un immobile non accatastato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, a partire dal periodo d’imposta 2007, i Comuni hanno perso il potere di determinare in via provvisoria la rendita catastale di fabbricati non iscritti in catasto. Questo potere è stato abrogato dalle riforme legislative.

Come si calcola l’IMU per un immobile che viene accatastato solo in un secondo momento?
La rendita catastale attribuita ufficialmente dall’Agenzia delle Entrate al momento dell’accatastamento ha natura di mero accertamento di una situazione preesistente. Pertanto, può essere applicata retroattivamente ai periodi d’imposta precedenti, a partire dal momento in cui sono intervenute le variazioni materiali che hanno reso necessario l’accatastamento.

Se un Comune emette un avviso di accertamento basato su una rendita presunta illegittima, il contribuente deve impugnare anche un ‘atto presupposto’?
No. La Corte ha chiarito che, essendo la determinazione della rendita da parte del Comune un atto emesso senza potere, non esiste un ‘atto presupposto’ valido e autonomo che il contribuente sia tenuto a impugnare. L’illegittimità può essere fatta valere direttamente impugnando l’avviso di accertamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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