Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24573 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24573 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4363/2017 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) che la rappresenta e difende ex lege -controricorrente- avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. MILANO n. 4005/2016 depositata il 07/07/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Uditi l’Avvocato NOME COGNOME per parte ricorrente nonché l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’Ufficio controricorrente che
hanno concluso, rispettivamente, per l’accoglimento e per il rigetto del ricorso.
Sentito il P.G. il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
FATTI DI CAUSA
In data 23 maggio 2013 l’Agenzia delle entrate notificava alla Società RAGIONE_SOCIALE due distinti avvisi di accertamento (n. BS106556/2013 e n. BS0106851/2013) con i quali rettificava le rendite catastali proposte dalla società con dichiarazioni DOCFA. In particolare, l’Ufficio: rettificava la rendita catastale della cabina elettrica di Bagnolo Mella elevandola da euro 3.660,00 ad euro 13.186,50 in virtù della valorizzazione (non operata dalla Società nel Modello DOCFA) di due trasformatori e di un palo per le telecomunicazioni e rettificava, altresì, la rendita catastale della cabina elettrica di Malegno elevandola da euro 4.838,00 ad euro 13.434,44 in virtù della valorizzazione (non operata dalla società contribuente nel Modello DOCFA) di due trasformatori.
La CTP di Brescia, con la sentenza n. 264/06/2015, rigettava l’impugnazione proposta dalla società contribuente, pronunzia confermata dalla CTR di Milano con la sentenza n. 4005/12/2016.
2.1. I giudici di appello, nel premettere che i motivi di gravame apparivano generici e non conformi alla previsione di cui all’art. 53 d.lgs. 546/1992, osservano che le rendite erano state rettificate nel rispetto dei criteri di cui alla legge n. 1249/1939 e del d.P.R. 1142/1949, che l’avviso era da ritenere motivato, che correttamente erano stati presi in considerazione i trasformatori in quanto la centrale di distribuzione di elettricità poteva svolgere l’attività di distribuzione solo dopo la trasformazione della corrente ed, infine, che legittimamente era stato inserito nella stima il palo delle telecomunicazioni per un errore nella dichiarazione di accatastamento da parte della società, non essendo stato operato lo scorporo, creando una seconda attività da accatastare.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE sulla base di sette motivi.
L’ufficio resiste con controricorso.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, c.p.c., assumendo che la sentenza impugnata è illegittima per contraddittorietà della motivazione data la presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546/1992 non avendo i giudici di appello considerato che le censure avverso la sentenza di primo grado erano specifiche.
Con il terzo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000, nella parte in cui i giudici di appello avevano ritenuto corretto il ragionamento della CTP la quale avevano confermato la legittimità degli avvisi di accertamento catastali nonostante gli stessi presentavano gravi lacune motivazionali, non avendo specificato le ragioni della valorizzazione di beni non dichiarati dalla società nel modello DOCFA.
Con il quarto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 4, e 5 del R.D.L. 652/1939, 38, 53 e 56 del d.P.R. n. 1142/1949, 10 della legge 843/1942 e 812 c.c. risultando errata la sentenza impugnata nella parte in cui aveva ritenuto legittima la
valorizzazione ai fini catastali, da parte dell’Ufficio, dei trasformatori presenti nelle cabine elettriche di Malegno e Bagnolo Mella, non considerando la portata delle suddette disposizioni normative.
Con il quinto motivo di ricorso deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 4 del R.D.L. n. 652/1939, 86, comma 3, del d.lgs. n. 259/2003 e 12, comma 2, del d.lgs. n. 33/2016, non avendo i giudici di appello considerato che il palo in contestazione insisteva su di una porzione di terreno – delimitata da una recinzione – di proprietà della società, ma dalla stessa locata a terzi per la realizzazione di una stazione radio base per telecomunicazioni, risultando evidente che tale palo, oggetto di accertamento catastale da parte dell’Ufficio, non costituiva parte dell’opificio “cabina elettrica primaria” di sua proprietà sicchè non doveva essere considerato per determinare la rendita catastale della cabina elettrica come ricon osciuto dall’ufficio nelle proprie controdeduzioni, dovendosi, altresì, considerare che trattavasi di struttura non suscettibile di accatastamento in quanto infrastruttura di reti pubbliche di comunicazione.
Con il sesto motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., violazione dell’art.112 c.p.c. non essendosi la CTR pronunziata sulla specifica contestazione riguardante l’intervenuta arbitraria integrazione degli avvisi di acc ertamento nel corso del giudizio di merito.
Con il settimo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., violazione dell’art. 112 c.p.c. non avendo la CTR esaminato la specifica censura riguardante la quantificazione del valore dei trasformatori.
I primi due motivi, da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi, non colgono nel segno in quanto parte ricorrente non considera che la questione della genericità dell’appello non ha costituito una vera e propria ratio decidendi , avendo la CTR
esaminato, nel merito, le censure adottando una pronunzia di rigetto del ricorso.
Il terzo motivo è infondato.
9.1. Va richiamata la costante giurisprudenza di questa Corte per cui tema di estimo catastale, l’obbligo di motivazione a carico dell’amministrazione finanziaria si atteggia diversamente, a seconda che la stessa operi d’iniziativa o su sollecitazione del contribuente; la costituzione di nuovi immobili avvenuta per edificazione urbana o per una variazione nello stato degli immobili urbani, che influisce sul classamento o sulla consistenza (fusione o frazionamento, cambio di destinazione, nuova distribuzione degli spazi interni, ecc.) deve essere dichiarata in catasto; la dichiarazione, a carico degli intestatari dell’immobile, avviene con la presentazione all’Agenzia del Territorio (con decorrenza dall’1 dicembre 2012, in virtù dell’art. 23-quater del d.l. 6 luglio 2012, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, all’Agenzia delle Entrate) competente di un atto di aggiornamento predisposto da un professionista tecnico abilitato (architetti, dottori agronomi e forestali, geometri, ingegneri, periti agrari e periti edili), attivando la procedura cd. ‘DOCFA’; a fronte di tali dichiarazioni l’ufficio può quindi effettuare i dovuti controlli e attivare eventuali rettifiche d’ufficio, che vanno notificate ai soggetti intestatari. Nell’i potesi in cui l’avviso di classamento consegua ad un’iniziativa del contribuente, questa Corte ha più volte ribadito che, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della c.d. procedura ‘DOCFA’, l’o bbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita pr oposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa
valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 16 giugno 2016, n. 12497; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2018, n. 12777; Cass., Sez. 6^-5, 7 dicembre 2018, n. 31809; Cass., Sez. 6^-5, 23 febbraio 2021, n. 4807; Cass., Sez. 5^, 24 febbraio 2021, n. 4955; Cass., Sez. 5^, 4 settembre 2023, n. 25682; Cass., Sez. 5^, 19 settembre 2024, n. 25144).
Nel caso in esame l’Ufficio, a seguito di sopralluogo, ha effettuato, sostanzialmente una diversa valutazione tecnica dei medesimi elementi di fatto dichiarati dal contribuente con il DOCFA, sicchè l’obbligo di motivazione risulta soddisfatto con la indica zione dei dati oggettivi e della consistenza della categoria (D1 in luogo di D7, della classe attribuita e dell’elenco delle voci della relazione estimativa allegata).
Va, del resto, considerato che la valutazione della congruità della motivazione dell’avviso di accertamento è una questione di merito essendosi condivisibilmente affermato che: «In tema di avviso di accertamento tributario, lo stabilire se, in concreto, la sua motivazione risponda o no ai requisiti di validità – che, in generale, possono riferirsi anche ad elementi extratestuali che il contribuente sia in grado di conoscere – è compito del giudice tributario e non è dato al contribuente, se la decisione è motivata, sollecitare alla Corte di cassazione una revisione critica, salvo che non vengano enunciati ed evidenziati, nel ricorso, specifici errori di diritto in cui il giudice di merito sia incorso. (Sez. 5, Sentenza n. 9582 del 19/04/2013, Rv. 626327 – 01).
Ad avviso di questo Collegio non pare ravvisabile alcun errore di diritto nel ragionamento dei giudici di merito i quali hanno ritenuto l’atto impositivo congruamente motivato in quanto fondato sugli elementi indicati dalla contribuente con la previsione di alcune voci
in aumento (i due trasformatori ed un palo di telecomunicazioni), ed avente un contenuto tale da non poter in alcun modo pregiudicare il diritto di difesa di parte contribuente ‘ a conoscenza della materia di accertamento’.
Il quarto motivo è privo di fondamento alcuno.
10.1. Secondo parte ricorrente i trasformatori non sarebbero accatastabili anche perché privi dei requisiti di stabilità nel tempo e nello spazio (beni immobili) rispetto alle componenti strutturali della cabina elettrica.
10.2. Premesso che le DOCFA in questione risalgono al 2011 e che non è applicabile la normativa sui c.d. ‘imbullonati’, va evidenziato che questa Corte ha avuto modo di evidenziare che: ‘Costituisce, , principio ormai pacifico che, ai sensi dell’art. 1 -quinquies del d.l. 31 marzo 2005, n. 44 conv., con modif., in legge 31 maggio 2005, n. 88, applicabile ratione temporis, contribuiscono a determinare la rendita catastale, trattandosi di parti essenziali, volte a realizzare un unico bene complesso, tutti quei componenti, anche mobili, la cui assenza altererebbe le caratteristiche complessive della struttura, che non potrebbe più essere considerata una centrale elettrica. (Vedi Cass. 15/09/2022, n. 27196; Cass. 16.01.2019, n. 3277). Assumono dunque rilevanza tutti gli impianti necessari al ciclo di produzione dell’energia elettrica, laddove sia poiché anch’essi costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicché questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva ed unitaria ed incompleta nella sua struttura (Cass. 19.02. 2015, n. 3354; Cass. 14.03.2012, n. 4030).’ (Cass., Sez. Tributaria, sentenza n. 9947/2023).
Occorre considerare che trattasi di trasformatori che, in quanto componenti non separabili senza pregiudizio alla funzione precipua
di generazione energetica per come accertato dal giudice di merito, vanno inglobati tra gli elementi idonei a descrivere l’unità immobiliare e ad incidere sulla determinazione della rendita, analogamente a tutte le altre componenti prettamente immobiliari o infisse al suolo che contribuiscono ad assicurarne, in via ordinaria, un’autonomia funzionale e reddituale stabile (vedi, in tema di centrali geotermiche, Cass. n. 27196/2022).
10.3. Orbene il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (specificamente invocato da parte ricorrente) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione Cfr. Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 596 del 2022; Cass. n. 40495 del 2021; Cass. n. 28462 del 2021; Cass. n. 25343 del 2021; Cass. n. 4226 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 27909 del 2020; Cass. n. 4343 del 2020; Cass. n. 27686 del 2018). È opportuno rimarcare, inoltre, che questa Corte (cfr., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del 2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiarito, tra l’altro, che: a) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della
fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
In realtà parte ricorrente, lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalla norma di legge richiamata -allega un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo , della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis , Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica delle ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice di appello. Appare, dunque, evidente che nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ ubi consistam delle censure sollevate dalle ricorrenti deve, piuttosto, individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dai giudici territoriali del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o delle circostanze ritenute rilevanti. Si tratta, come appare manifesto,
di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta necessariamente mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa e, pertanto, di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione.
10.4. Occorre, infatti, considerare che parte ricorrente, laddove afferma che i trasformatori risultano semplicemente appoggiati sul terreno e non sono essenziali per il funzionamento della cabina elettrica, finisce per sollecitare in modo inammissibile una indagine di pure fatto in contrasto con la verifica fattuale operata dai giudici di appello, i quali hanno accertato che i trasformatori in questione costituiscono parte integrante della centrale.
11. Il quinto motivo non coglie nel segno pur dovendosi, in parte, correggere e/o integrare la motivazione della sentenza di appello. n. proprie
Come precisato dalla condivisibile pronunzia della Cass. 7372/2011 (richiamata dall’ Ufficio e dal P.G. nelle conclusioni) ‘ ai sensi del combinato disposto del e 10 l’attribuzione della rendita catastale deve essere effettuata mediante la stima diretta delle “unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dei fabbricati (…) costruiti per le speciali esigenze di un’attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni”. Orbene, il riferimento testuale alle “unità immobiliari”, anziché agli “immobili”, evidenzia – ad avviso della Corte – l’intento del legislatore di assumere, quale base imponibile per la determinazione del reddito fondiario, non solo l’immobile in sé, ovverosia l’opera muraria, ma anche: tutti quei beni – e tra questi gli impianti fissi – i quali solo dal reciproco collegamento acquistano l’utilità e la capacità reddituale di cui sono ordinariamente privi (cfr., in tal senso, Cass. /04, /08, /10). È, pertanto, evidente che, ai fini del classamento degli immobili, la normativa catastale non fa riferimento ai beni come oggetto di diritti, ma solo
in quanto abbiano un’autonoma utilità e capacità reddituale, determinata alla stregua di tutti i suindicati elementi (strutture murarie e impianti) dell’unità immobiliare tassabile, a prescindere dalla loro appartenenza. Se ne deve necessariamente inferire che, quand’anche l’opificio – come nel caso di specie – costituisca, in quanto tale, oggetto di un contratto di locazione, non per questo deve escludersi che allo stesso sia riferibile la rendita catastale, emergente dalla valutazione del complesso degli elementi costitutivi che caratterizzano l’unità immobiliare come opificio, in essi compresi, dunque, gli impianti fissi (cfr., in tal senso, Cass. /08). E ciò in quanto – come dianzi rilevato – tutti gli elementi in parola, e segnatamente le installazioni fisse destinate a fini produttivi, contribuiscono alla produzione di reddito fondiario, e pertanto vanno dichiarati nella denuncia ex D.M. n. 701 del 1994 (cd. DOCFA)’.
Ne discende che, nel caso concreto, essendo incontroverso che il palo in questione è incorporato e stabilmente infisso nell’immobile e non è stato separatamente accatastato, non rileva ai fini che occupano il diritto vantato sul detto palo da soggetti terzi.
Anche il sesto è infondato, dovendosi ritenere che la CTR, nel ritenere adeguatamente motivato l’atto impositivo, ha rigettato implicitamente ogni contestazione circa una integrazione postuma della motivazione dello stesso asseritamente effettuata dall ‘ Ufficio nel corso del giudizio.
Il settimo motivo afferente all’omesso esame della specifica censura riguardante la quantificazione del valore dei trasformatori è, per contro, fondato non trattandosi di questione per la quale possa parlarsi di rigetto implicito.
Invero la questione della motivazione dell’atto impositivo è differente rispetto agli oneri probatori dell’ufficio in relazione ai criteri di calcolo ai fini della determinazione della rendita.
Orbene il vizio di omessa pronuncia da parte del giudice d’appello è configurabile allorché manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado, mentre non ricorre nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logicogiuridica incompatibile con la domanda o con l’eccezione di parte, nel qual caso può parlarsi di statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass., 11 gennaio 2022, n. 531; Cass., 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass., 14 gennaio 2015, n. 452; Cass., 25 settembre 2012, n. 16254; Cass., 17 luglio 2007, n. 15882; Cass., 19 maggio 2006, n. 11756).
Non si può confondere il piano della motivazione dell’atto impositivo con quello sul quale riposa il riscontro di attendibilità e concludenza degli elementi di prova al giudizio offerti in relazione alla concreta determinazione della rendita catastale, piano che i giudici di appello, a fronte della specifica censura, non hanno esaminato.
14. In conclusione in accoglimento del settimo motivo di ricorso, rigettati i primi sei motivi, la sentenza va cassata, con rinvio alla CGT-2 della Lombardia, la quale dovrà esaminare la questione relativa alla quantificazione del valore dei trasformatori e procedere, anche, alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il settimo motivo di ricorso, rigetta i primi sei; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data