Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16388 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16388 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22328/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE presso il cui studio è el.dom.ta in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che lo rappresenta e difende ex lege -controricorrente-
e
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende come da procura speciale in atti;
-controricorrente-
nonchè
contro
RAGIONE_SOCIALE PROV RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 885/2020 depositata il 13/05/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
§ 1.1 La RAGIONE_SOCIALE propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale, in accoglimento degli appelli riuniti proposti dall’RAGIONE_SOCIALE e dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Calabria, ha ritenuto legittimo il diniego dal RAGIONE_SOCIALE opposto alla sua istanza di rimborso della maggiore Ici versata nell’anno 2009 – per vari fabbricati a destinazione commerciale da essa posseduti ed iscritti in categoria catastale D/8.
La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:
-l’Ici chiesta in rimborso era stata dalla società versata sulla base di una rendita catastale da essa proposta il 3 novembre 2008 con procedura Docfa (D.M. 701/94), mai rettificata dall’Ufficio; il 19 ottobre 2016 la società aveva presentato, per gli stessi immobili, una denuncia di variazione Docfa proponendo rendite catastali sensibilmente più basse (fatte oggetto di un avviso di rettifica notificato in corso di causa) e, il 21 novembre 2016, aveva chiesto il rimborso dell’Ici pagata sulle maggiori rendite inizialmente proposte, con istanza che il RAGIONE_SOCIALE aveva respinto con la seguente motivazione: «il termine per proporre istanze prescritto ai sensi dell’articolo 13 d.lvo 504/92»;
-contrariamente a quanto sostenuto dalla società appellata, tanto l’RAGIONE_SOCIALE quanto il RAGIONE_SOCIALE avevano proposto atti di
gravame sufficientemente specifici ed idonei a censurare la sentenza di primo grado in tutte le sue statuizioni ed affermazioni;
-diversamente da quanto affermato dai primi giudici, la rettifica operata dalla società, nel 2016, RAGIONE_SOCIALE rendite dalla stessa proposte nel 2008 non poteva avere effetto retroattivo perché derivante (in applicazione dell’indirizzo della S.C.) da un errore (negligenza) della stessa società contribuente e non dell’Ufficio;
-in particolare, non poteva individuarsi un errore dell’Ufficio, ovvero un comportamento di quest’ultimo induttivo di errore, nella adozione nell’ottobre 2016 di un ‘prontuario’ dei valori unitari degli immobili, in realtà finalizzato a fornire ai professionisti mere indicazioni di massima ed a prevenire il contenzioso, non già a stabilire valori tassativi ad effetto costitutivo;
-vertendosi di errore del contribuente, il diritto al rimborso risultava già estinto al momento della relativa istanza, posto che in quel momento era già decorso il termine decadenziale quinquennale dal pagamento di cui all’articolo 1 comma 164 l.296/06;
-condivisibili erano altre sentenze con le quali la medesima Commissione Tributaria aveva negato analogo diritto al rimborso per le annualità Ici dal 2011 al 2013.
§ 1.2 Resistono con controricorso tanto l’RAGIONE_SOCIALE quanto il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Calabria.
Con ordinanza 4 aprile 2023 il ricorso è stato rinviato a nuovo ruolo per consentirne la trattazione congiunta con altri ricorsi pendenti tra le stesse parti sulla stessa questione, con riguardo ad altre annualità di imposta.
Con istanza 7.5.2024 la ricorrente RAGIONE_SOCIALE ha chiesto che venga dichiarata la sospensione necessaria del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c., stante il rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il giudizio relativo alle rendite catastali dei medesimi fabbricati gravati da Ici/Imu di cui al n. di NUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO ed i giudizi (tra i quali il presente) riguardanti i tributi
ICI e IMU (numeri di R.G. 22328/2020, 28957/2022, 7532/2022, 30256/2022 e 12422/2023), chiedendo -al contempo -che <>. La società ha inoltre depositato (seconda) memoria 17.5.2024 ex art. 380 bis 1 cod.proc.civ., richiamando la suddetta istanza di sospensione/rinvio e comunque insistendo nelle già svolte argomentazioni e conclusioni.
Considerato che
§ 1.3 Non sussistono i presupposti né per la sospensione del presente giudizio di legittimità, né per dare corso all’istanza di rinvio della decisione.
Va infatti rilevato che il ricorso pendente al n. 6527/24 rg ha ad oggetto l’impugnazione dell’avviso di accertamento catastale n. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO notificato alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in data 23.11.2018, con il quale l’Ufficio ha proceduto alla <>, a seguito RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni DOCFA presentate dalla società in data 19.10.2016 a rettifica di quelle (asseritamente erronee) proposte nel 2008.
Ora, il punto nodale di causa -come meglio si dirà in prosieguo -attiene alla efficacia (asseritamente retroattiva) della rendita di cui alla Docfa di rettifica del 2016 rispetto alle annualità di imposta pregresse, fatte oggetto degli altri giudizi chiamati alla stessa camera di consiglio, tra i quali il presente.
Premesso che si tratta di aspetto di natura strettamente tecnicointerpretativa RAGIONE_SOCIALE norme giuridiche che presiedono alla materia catastale ed alla procedura Docfa, come tale insuscettibile di divenire oggetto di un accertamento preclusivo per forza di giudicato, è dirimente rilevare che l’eventuale esito favorevole (alla società) della lite di cui al ricorso n. 6527/24 rg, con definitiva validazione RAGIONE_SOCIALE rendite di cui alla Docfa rettificativa del 2016, non potrebbe comunque sortire effetto retroattivo -sulla base del fermo indirizzo di legittimità in materia -oltre l’annualità di
sua presentazione, così da risultare ininfluente sull’annualità oggetto del presente ricorso.
Il che equivale ad osservare (al di là dell’ulteriore questione ostativa costituita dalla decadenza dal diritto al rimborso) come faccia qui oggettivamente difetto quel nesso di condizionamento che dovrebbe imporre, secondo la ricorrente, la sospensione del giudizio o quantomeno il suo opportuno differimento fin visto l’esito del ricorso menzionato.
Infatti la sospensione necessaria del processo, quando non sia imposta da una specifica disposizione di legge, presuppone l’esistenza di una relazione sia di pregiudizialità logica (nel senso che la definizione di una controversia rappresenti un momento ineliminabile del processo logico relativo alla decisione della causa dipendente) sia di pregiudizialità giuridica (nel senso che la controversia pregiudiziale sia diretta alla formazione di un giudicato che, in difetto di coordinamento tra i due procedimenti, possa porsi in conflitto con la decisione adottata nell’altro giudizio); evenienza che non ricorre nel caso in esame.
§ 2.1 Con il primo motivo di ricorso la società lamenta -ex art.360, co. 1^, n.4, cod.proc.civ. -nullità della sentenza per violazione degli articoli 49, 53 e 57 d.lgs. 546/92, nonché 329 cod.proc.civ. e 2909 cod.civ.. Per avere la Commissione Tributaria Regionale omesso di considerare che tanto l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE quanto quello del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE Calabria erano inammissibili perché del tutto generici e privi di specifica censura alla sentenza di primo grado; segnatamente, laddove quest’ultima aveva imputato l’errore all’Ufficio, così come evincibile dalla solo successiva adozione del Prontuario recante i valori immobiliari corretti, ed aveva inoltre affermato l’efficacia retroattiva della variazione della rendita dichiarata nel 2016 dalla società, appunto dipendente dall’errore dell’amministrazione.
Né la Commissione tributaria regionale aveva rilevato il giudicato interno che si era formato sull’affermazione dei primi giudici (non censurata da
nessuno dei due appellanti), secondo cui «la predisposizione del prontuario da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE equivale al riconoscimento di una errata indicazione per il passato dei criteri di stima da parte della stessa RAGIONE_SOCIALE, tale da indurre in errore i contribuenti (significativo è il richiamo effettuato nel prontuario a sentenze definitive di varie commissioni tributarie) ».
§ 2.2 Il motivo è destituito di fondamento.
Ha osservato la Commissione tributaria regionale (sent.pag.9) che: «le difese degli appellanti risultano, difatti, oltremodo specifiche ed articolate, nonché rigorosamente inscritte nei limiti di quanto dedotto in prime cure. Peraltro nessun punto della sentenza di prime cure è stato lasciato immune da censure da parte degli appellanti e, pertanto, nessun profilo di giudicato può seriamente reputarsi formato».
Ed in effetti, si evince dalla parte rievocativa della sentenza dedicata alla ricostruzione dei motivi di appello che il RAGIONE_SOCIALE aveva censurato il cuore della ragione decisoria di primo grado, affermando – tra il resto – che la rendita del 2016 non poteva avere efficacia retroattiva perché non ancora definitiva, e poi perché proposta dalla società per rimediare ad un proprio errore (a dire del RAGIONE_SOCIALE, addirittura risultante per tabulas dal ricorso dalla società proposto contro il successivo avviso di rettifica dell’agenza RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) e non ad un errore commesso dall’Ufficio. In particolare, erroneo era il convincimento dei primi giudici volto ad individuare la manifestazione di questo preteso ‘errore dell’ufficio’ nell’adozione del prontuario dei valori unitari, trattandosi di documento, puramente ricognitivo, ispirato dalla novella di cui all’articolo 1, co. 21, l. 208/15 che aveva riformato il quadro della determinazione della rendita catastale RAGIONE_SOCIALE U.I.U. a destinazione speciale.
Analogamente, viene riferito che l’RAGIONE_SOCIALE, nel proprio atto di appello, avesse lamentato la censurabilità della sentenza di primo grado sul presupposto: che la Docfa del 2008 fosse diventata definitiva (mentre tale non era quella del 2016), che non sussistessero i presupposti della
retroattività della rendita da ultimo formulata, e che l’adozione del prontuario non integrasse alcun riconoscimento di errore dell’ufficio, poiché «si trattava di un documento riepilogativo realizzato dall’ufficio nel contesto di trasparenza tra la pubblica amministrazione ed il contribuente al fine di favorire le dichiarazioni docfa dei professionisti nelle categorie D) ed E), predisposto per dare riscontro alle numerose richieste di informazioni sui valori unitari e sui saggi di interesse da utilizzare per la determinazione della rendita catastale RAGIONE_SOCIALE unità immobiliari, per diminuire il contenzioso catastale, per favorire una maggiore trasparenza e una maggiore equità fiscale ».
Contrariamente a quanto esposto dalla società ricorrente, risulta quindi che gli atti di gravame di entrambe le parti appellanti colpivano i cardini della decisione di primo grado, individuabili -secondo la prospettazione della stessa ricorrente -nell’imputazione dell’errore all’Ufficio (come asseritamente riconoscibile dall’adozione del prontuario) e nella conseguente efficacia retroattiva RAGIONE_SOCIALE nuove proposte. Aspetti entrambi specificamente censurati, a nulla rilevando che, nel formulare queste doglianze in appello, le parti si fossero in ipotesi avvalse anche di argomentazioni difensive, in fatto e diritto, già spese nel corso del primo grado di giudizio.
Se è vero che è costante l’indirizzo di questa Corte di legittimità, secondo cui: «Nel processo tributario, ove l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992» (da ultimo, Cass.n. 6302/22), altrettanto indubbio è che, nella concretezza del caso, le amministrazioni appellanti sono andate ben oltre questa soglia minima (comunque sufficiente) di specificazione, mediante la formulazione
di doglianze mirate e pertinenti avverso la ragione decisoria di cui si chiedeva la riforma.
La valutazione sul punto resa dalla Commissione tributaria reg ionale va quindi del tutto condivisa.
E ciò anche per quanto concerne la paventata formazione del ‘giudicato interno’ sulla riconoscibilità dell’errore dell’ufficio nell’adozione del prontuario. Affermazione, quest’ultima, che nell’ambito della decisione di prime cure concretava una mera valutazione ad abundantiam del giudice di primo grado, più che l’accertamento di uno specifico dato fattuale suscettibile di consolidarsi nel giudicato ex articolo 2909 cod.civ.; e che, in ogni caso, risulta, come detto, essere stata adeguatamente e puntualmente censurata, tanto da escludersi ogni effetto preclusivo nei gradi successivi di giudizio.
§ 3.1 Con il secondo motivo di ricorso la società deduce -ex art.360, co. 1^, n.3, cod.proc.civ. -violazione e falsa applicazione della disciplina catastale ed impositiva di riferimento (artt.3, 10, 20 RDL 652/1939, art.56 d.P.R. 1142/1949, art. 5 d.lgs. 504/92, art.74 l. 342/00), anche in relazione agli articoli 3, 53 e 97 Cost..
Per non avere la Commissione Tributaria Regionale rilevato che le rendite catastali di cui alla Docfa del 2008 erano portate da mere ‘proposte’ provvisorie (in ordine alle quali il termine di 12 mesi concessi all’Amministrazione per la verifica aveva natura meramente ordinatoria), come tali suscettibili di essere sempre emendate dal contribuente così da renderle conformi ai su richiamati precetti costituzionali. Nella specie, l’esigenza di rettificare le rendite proposte era scaturita proprio dall’emanazione, da parte dell’Amministrazione finanziaria, nell’ottobre 2016, del ‘Prontuario’, a fronte del fatto che dal 2008 le caratteristiche dei fabbricati non erano in nulla mutate.
§ 3.2 Il motivo è infondato.
Esso dà per scontato ciò che non è, vale a dire che le rendite proposte nel 2008 fossero inficiate da errore indotto dall’amministrazione finanziaria, così come sarebbe poi stato ‘riconosciuto’ da quest’ultima con l’adozione del prontuario.
Si tratta di una ricostruzione fattuale del tutto soggettiva ed esattamente antitetica a quella invece accolta dal collegio regionale (sent.pagg.10 e 11) il quale, in maniera tanto netta quanto argomentata, ha affermato che « la sovrastima RAGIONE_SOCIALE rendite proposte nel 2008 era imputabile esclusivamente ad una negligente valutazione » del tecnico di parte contribuente. Conclusione alla quale la Commissione Tributaria Regionale è pervenuta recependo quanto esposto dal RAGIONE_SOCIALE, il quale aveva a sua volta trascritto in appello il ricorso della società avverso l’avviso di rettifica RAGIONE_SOCIALE rendite proposte nel 2016, laddove quest’ultima affermava che le ben superiori proposte del 2008 erano appunto derivate da negligenza ed imprecisione perché redatte allorquando l’accatastamento dei fabbricati era ancora in corso d’opera e doveva ancora essere presentata la DIA per i lavori di ristrutturazione in essi intrapresi. Inoltre, si leggeva che la presentazione, nell’ottobre 2016, di apposite dichiarazioni Docfa di autorettifica derivava proprio dalla necessità di correggere i calcoli di alcune consistenze e rideterminare i precedenti valori unitari ed estimativi. Il che dava conto anche di quanto dedotto dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, secondo la quale la società aveva motivato la successiva dichiarazione Docfa dell’ottobre 2016 con la necessità di modificare non soltanto i valori catastali, ma anche le planimetrie e le consistenze con ‘diversa distribuzione degli spazi interni’.
Non sembra il caso di soffermarsi più di tanto sull’osservazione per cui l’imputazione alla società – in riforma della prima decisione – dell’errore che determinò la presentazione della nuova Docfa, costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale non rivedibile nella presente sede di legittimità.
Ebbene, l’erroneità del presupposto fattuale dal quale muove la doglianza in esame ne inficia irrimediabilmente anche le conseguenze in diritto.
Corretta risulta infatti l’applicazione normativa resa (in coerenza, si ripete, con quell’accertamento fattuale) dalla Commissione tributaria regionale, la quale ha fatto proprio (anche richiamandolo espressamente) un orientamento già espresso da questa Corte di legittimità in un caso del tutto sovrapponibile al presente, nel quale si è affermato (Cass. n. 20463/17): « il motivo va rigettato, ove si consideri che i principi affermati da questa Corte – secondo i quali le variazioni della rendita catastale hanno efficacia a decorrere dall’anno successivo alla data in cui sono annotate negli atti catastali non si applicano quando si tratti di modifiche dovute a ‘correzioni di errori materiali di fatto, anche se sollecitate all’ufficio dal contribuente’ (Cass.n.18023/2004;Cass.n.15560/2009,Cass.n.25328/2010) non possono trovare applicazione al caso di specie, riferendosi tale indirizzo al caso in cui l’errore di fatto sia compiuto dall’Ufficio e risulti evidente e incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio (cfr.Cass.n.3168/2015), invece nel caso di specie risultando che il preteso errore che ha originato il procedimento DOCFA di rettifica della rendita catastale sarebbe stato commesso dai contribuenti (…) ».
Già Corte di Cassazione n. 16241/15 aveva in effetti stabilito che, in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), la regola generale prevista dall’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, secondo cui le variazioni RAGIONE_SOCIALE risultanze catastali hanno efficacia, ai fini della determinazione della base imponibile, a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale sono state annotate negli atti catastali, « non si applica al caso in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall’ufficio nell’accertamento o nella valutazione RAGIONE_SOCIALE caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali,
l’attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell’originario classamento, rivelatosi erroneo o illegittimo », principio poi ulteriormente ribadito da Cass. n. 7745/19.
Dunque, ferma l’insindacabilità della ricostruzione fattuale operata dal giudice di merito, la dedotta violazione normativa va esclusa sul presupposto che le nuove proposte dell’ottobre 2016 – siccome volte a far emergere ed a rimediare a talune lacune riscontrabili nella originaria proposta Docfa, a far constare talune modificazioni dello stato di fatto e, comunque, siccome non ascrivibili al comportamento dell’amministrazione finanziaria, neppure attraverso l’adozione del più volte menzionato prontuario – non potevano avere efficacia retroattiva, con conseguente insussistenza del diritto al rimborso dell’Ici corrisposta nel 2009 dalla società in conformità alle prime rendite da essa dichiarate (come recepite dall’ufficio che mai le aveva contestate).
§ 4.1 Con il terzo motivo di ricorso la società lamenta violazione e falsa applicazione dell’articolo 1, comma 164, l.296/06 (sostitutivo dell’abrogato art. 13 d.lgs. 504/92).
Per avere la Commissione Tributaria Regionale ritenuto estinto il diritto al rimborso, nonostante che né alla data dell’istanza relativa (21 novembre 2016) né a quella di introduzione del presente giudizio (4 luglio 2017) l’Ici effettivamente dovuta per il 2009 risultasse esattamente determinata, con conseguente accertamento, nell’ an e nel quantum , del credito a rimborso. Il che impediva che il termine quinquennale di decadenza, ex art.1, co. 164, cit., iniziasse a decorrere.
§ 4.2 Il motivo deve ritenersi inammissibile là dove attinge ad una ratio decisoria concorrente con quella -autonoma ed esaustiva, oltre che testé ritenuta corretta in diritto – della ravvisata non-retroattività ante 2016 RAGIONE_SOCIALE rendite rettificate dalla società.
In ogni caso, esso è anche infondato.
Stabilisce l’art.1 , co. 164, l.296/06 (disciplina qui applicabile ratione temporis ) che: « Il rimborso RAGIONE_SOCIALE somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L’ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza ».
Si tratta di una disposizione dalla quale si evince che l’istanza di rimborso proposta dalla società ben sette anni dopo il versamento dell’Ici 2009 era effettivamente incorsa nella decadenza di legge.
Atteso che l’istanza di rimborso in esame non poteva giovarsi (perché, come detto, non retroattivi) degli effetti RAGIONE_SOCIALE proposte di rendita formulate in autorettifica nel 2016, ma doveva quindi necessariamente basarsi sulla potestà di correzione ed emenda RAGIONE_SOCIALE rendite in origine proposte ed erronee per fatto della contribuente, il termine quinquennale di rimborso non poteva che decorrere appunto dalla data del versamento dell’imposta di cui si assumeva l’eccessività.
§ 5. Ne segue il rigetto del ricorso con la condanna della società ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite a favore di ciascuna parte controricorrente, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
-rigetta il ricorso;
-condanna parte ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità che liquida: a favore dell’RAGIONE_SOCIALE, in euro 4.500,00, oltre spese prenotate a debito; – a favore del RAGIONE_SOCIALE Calabria, in euro 4.500,00 oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario ed accessori di legge;
-v.to l’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla l. n. 228 del 2012;
-dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, riunitasi in