Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5454 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5454 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 8070/2023 R.G., proposti, rispettivamente,
DA
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL );
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Imola (BO), in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dal Prof. Avv. NOME COGNOME con studio in Bologna, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL, giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
CATASTO DINIEGO DI AUTOTUTELA IMPUGNABILITÀ DECORRENZA RENDITA
Comune di Imola (BO), in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Bologna, ove elettivamente domiciliato (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL ), giusta procura in allegato al ricorso successivo all’introduzione del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Imola (BO), in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dal Prof. Avv. NOME COGNOME con studio in Bologna, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche: EMAIL, giusta procura in allegato al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna il 21 ottobre 2022, n. 1207/13/2022, notificata a mezzo pec il 20 febbraio 2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29 gennaio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
L’Agenzia delle Entrate, prima, ed il Comune di Imola (BO), poi, hanno proposto ricorsi successivi per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna il 21 ottobre 2022, n. 1207/13/2022, che, in controversia su impugnazione di diniego di revisione catastale (in relazione alla decorrenza delle rendite) del 18 agosto 2020, prot. n. BO32637/2020, e di
avviso di accertamento n. 1410/2014 del 2 ottobre 2019 per parziale versamento dell’IMU relativa all’anno 2014 nella misura complessiva di € 18.231,00 , in relazione a quattro fabbricati e ad un’area edificabile nel territorio di Imola (BO), di cui la RAGIONE_SOCIALE era proprietaria, dopo il rigetto dell’istanza di accertamento con adesione per la riduzione della base imponibile a causa dell’erronea determinazione delle rendite , all’esito della riunione per connessione, ha parzialmente accolto l’appel lo proposto in via principale dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’Agenzia delle Entrate ed ha rigettato l’appello proposto in via incidentale dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna il 14 ottobre 2021, n. 583/01/2021, nonché ha rigettato l’appello proposto dal Comune di Imola (BO) nei confronti della RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna il n. 40/01/2022, con condanne dell’Agenzia delle Ent rate e del Comune di Imola (BO) alla rifusione delle spese giudiziali in favore della RAGIONE_SOCIALE
2. Dopo la riunione degli appelli, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna ha parzialmente riformato le decisioni di prime cure – che avevano accolto il primo ricorso con riguardo alla rideterminazione delle rendite ed il secondo ricorso con riguardo al ricalcolo delle imposte relative ai fabbricati con le rendite errate -nel senso di riconoscere l’applicazione del saggio di fruttuosità nella misura del 2% anche per il periodo compreso dall’anno 2016 all’anno 2018 per l’immobile con l’originario mappale sub. 5 (ora sub. 12 e sub. 13) e di negarla in relazione al l’immobile con l’originario mappale sub. 6 (ora sub. 9 e sub. 10).
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con separati controricorsi.
Tutte le parti hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE:
Preliminarmente, si rileva che il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e, perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia, quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 16 luglio 2014, n. 16221; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2016, n. 27301; Cass., Sez. 5^, 6 aprile 2020, n. 7695; Cass., Sez. 5^, 14 maggio 2021, n. 13090; Cass., Sez. 3^, 23 novembre 2021, n. 36057; Cass., Sez. 5^, 4 gennaio 2022, n. 126; Cass., Sez. 5^, 3 maggio 2022, n. 13835; Cass., Sez. Lav., 26 gennaio 2023, n. 2393; Cass., Sez. Trib., 9 aprile 2024, n. 9446).
Ne consegue che, secondo la sequenza cronologica delle notifiche, il ricorso proposto dall ‘Agenzia delle Entrate deve qualificarsi come ‘ ricorso principale ‘ (notifica del 13 aprile 2023), mentre il ricorso proposto dal Comune di Imola (BO) deve qualificarsi come ‘ ricorso incidentale ‘ (notifica del 2 gennaio 2024).
Il ricorso principale è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché dell’ art. 111, terzo comma, Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il ricorso originario della contribuente fosse ammissibile e che l’istanza per la revisione del classamento non avesse carattere di autotutela.
3.1 Il predetto motivo è infondato.
3.2 L a questione dell’impugnabilità del diniego di autotutela in materia catastale dinanzi al giudice tributario è stata già affrontata da questa Corte (sempre in relazione alla fattispecie della variazione della rendita: Cass., Sez. 6^-5, 4 novembre 2021, n. 31574) con soluzione condivisibile, a cui il collegio ritiene di dare ulteriore continuità in questa sede, tenendo anche conto della conferma di tale orientamento in un recente arresto (in relazione alla fattispecie della variazione della categoria: Cass., Sez. Trib., 26 luglio 2024, n. 21010).
3.3 Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 15 luglio 2008, n. 19379; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2011, n. 8165; Cass., Sez. 6^-5, 19 marzo 2014, n. 6411; Cass., Sez. 6^-5, 13 giugno 2014, n. 13535; Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, nn. 2995 e 3001; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2021, n. 17627; Cass., Sez. 5^, 31 agosto 2022, n. 25573; Cass., Sez. Trib., 23 settembre 2022, n. 27985; Cass., Sez. Trib., 13 aprile 2023, n. 9938; Cass., Sez. Trib., 26 luglio 2024, n. 21010), al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita
proposta con la procedura ‘ DOCFA ‘, quando la situazione di fatto o di diritto ab origine denunziata non sia veritiera. Al riguardo è stato, infatti, evidenziato che il termine di dodici mesi dalla presentazione della ‘ DOCFA ‘, fissato dall’art. 1 del d.m. 19 aprile 1994, n. 701, per la determinazione della rendita definitiva da parte dell’amministrazione finanziaria (eventualmente modificativa della rendita proposta dal contribuente), non ha natura perentoria, ma meramente ordinatoria, costituendo una modalità di esercizio dei poteri per la formazione e l’aggiornamento del catasto (Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2006, n. 16824; Cass. Sez. 5^, 15 luglio 2008, nn. 19379 e 19380; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2011, n. 5843; Cass., Sez. 6^-5, 19 marzo 2014, n. 6411; Cass., Sez. 6^-5, 13 giugno 2014, n. 13535; Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, n. 2995; Cass., Sez. 6^-5, 19 febbraio 2015, nn. 3355 e 3358; Cass., Sez. 5^, 13 marzo 2015, n. 5051). Se, dunque, l’esito del procedimento di classamento è di tipo accertativo e mira solo a fornire chiarezza sul valore economico del bene, attraverso il sistema del catasto, in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi d’imposta, deve concludersi che quando la situazione di fatto e di diritto ab origine denunziata non sia veritiera il contribuente mantiene il diritto di modificare la rendita proposta all’amministrazione finanziaria.
3.4 Nel vigente sistema tributario, la rendita catastale, del resto, non ha mai efficacia costitutiva diretta di alcuna obbligazione fiscale, ma soltanto una efficacia riflessa, ai fini delle imposte sul reddito complessivo, ai fini delle imposte sul patrimonio immobiliare e ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti immobiliari; la rendita catastale non forma oggetto di una dichiarazione annuale del contribuente e non
esaurisce la propria efficacia con riguardo ad una singola annualità d’imposta, avendo -al contrario -efficacia pluriennale escludente in radice qualsiasi ipotesi di definitività o irrevocabilità; avendo la rendita catastale efficacia illimitata nel tempo, altrettanto illimitata deve essere la facoltà del contribuente di presentare istanze di variazione, di rettifica, di correzione; pertanto, come l’amministrazione finanziaria, senza conseguente caducazione dei suoi poteri accertativi, può sempre intervenire a rettificare la rendita proposta dal contribuente, non vi è ragione per cui quest’ultimo – avvedutosi dell’errore dichiarativo – non possa correggere i propri errori od omissioni, ripristinando l’esatto valore secondo il reddito effettivamente retraibile.
3.5 La non emendabilità di dichiarazioni ab origine inesatte, del resto, finirebbe per cristallizzare nel tempo una imposizione falsata nei suoi presupposti, in contrasto con il principio della capacità contributiva garantito dall’art. 53 Cost.; è, infatti, principio generale che le dichiarazioni del contribuente che risultino affette da errore di fatto o di diritto sono sempre emendabili e ritrattabili, quando possa derivarne l’assoggettamento e ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico; come la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma reca una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti, costituendo essa solo un momento dell’ iter procedimentale volto all’accertamento dell’obbligazione tributaria, lo stesso principio va – a maggior ragione – applicato alla dichiarazione di classificazione catastale, che costituisce l’atto iniziale di un procedimento amministrativo di tipo “cooperativo” per la
classificazione degli immobili e le rendite da questi prodotte che – per valere come base per il calcolo dell’imposta – debbono essere idonee a rappresentare l’indice di capacità contributiva del cittadino; tanto in sintonia con l’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. ” Statuto del contribuente “), secondo cui: « I rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria sono improntati al principio di collaborazione e buona fede », essendo – appunto – conforme a buona fede non percepire somme non dovute, ancorché versate per errore dall’obbligato su dichiarazione da lui stesso effettuata; nessuna preclusione di definitività dell’accatastamento può, dunque, essere opposta dall’amministrazione finanziaria all’istanza di variazione presentata dal contribuente (Cass., Sez. 5^, 31 agosto 2022, n. 25573; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996).
3.6 Pertanto, il giudice di appello ha correttamente escluso la classificazione dell’istanza della contribuente nei termini di una richiesta di autotutela e preferito la qualificazione nei termini di un ” istanza di variazione della classificazione catastale ‘, trattandosi di domanda prospettabile in qualsivoglia momento proprio perché il procedimento di classamento è di tipo accertativo, con conseguente facoltà del contribuente di chiedere la rettifica della rendita (o della classificazione) proposta, quando la situazione di fatto o di diritto denunciata non corrisponda al vero (in particolare: Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, n. 2995).
Invero, se l’ordinamento riconosce al possessore dell’immobile il diritto ad una definizione mirata e specifica relativa alla sua proprietà, consegue indubbiamente che, ove il classamento non risulti soddisfacente, il privato può ricorrere al giudice tributario, previo il diniego dell’amministrazione finanziaria (Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2008, n. 22557).
Né si può sostenere che il diniego o rifiuto di variazione catastale rientrerebbe nella tipologia degli atti impugnabili soltanto sub specie del diniego espresso o tacito di autotutela, che può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’amministrazione finanziaria, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (Cass., Sez. 5^, 28 marzo 2018, n. 7616; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2018, n. 21146; Cass., Sez. 5^, 26 settembre 2019, n. 24032; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2020, n. 27806; Cass., Sez. 6^-5, 16 marzo 2021, n. 7378; Cass., Sez. Trib., 23 settembre 2022, n. 27985; Cass., Sez. Trib., 12 dicembre 2022, n. 36231; Cass., Sez. Trib., 13 aprile 2023, n. 9938; Cass., Sez. Trib., 26 luglio 2024, n. 21010).
3.7 A tale proposito, il collegio rileva che l’art. 19, lett. f), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che il ricorso può essere proposto avverso « gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2 », dello stesso d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e quest’ultima disposizione annovera nell’oggetto della giurisdizione tributaria tutte le controversie concernenti « la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale »; non vi è, dunque, ragione di escludere dall’ambito degli « atti relativi alle operazioni catastali » di cui all’art. 19, lett. f), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, il tacito o espresso diniego ad una istanza di variazione catastale.
Pertanto, la domanda della contribuente va correttamente qualificata come impugnativa del diniego espresso opposto
dall’amministrazione finanziaria all’istanza di variazione catastale avanzata dalla contribuente, diniego qualificabile come atto relativo alle operazioni catastali di classamento. In sostanza, con l’istanza presentata il 20 aprile 2020, la contribuente ha denunciato la (presunta) erroneità del saggio di interesse per il computo delle rendite, che era stato proposto (nella percentuale del 3%, anziché del 2%) con procedura DOCFA del 2007 (n. BO343148/2007) e confermato dopo vari lavori di frazionamento con procedure DOCFA del 2015 (n. BO125455/2015) e del 2018 (n. BO93850/2018), invitando l’amministrazione finanziaria a d apportare la necessaria correzione, ma quest’ultima ha opposto un rifiuto espresso, con provvedimento reso il 18 agosto 2020, confermando le rendite attribuite su proposta della medesima contribuente il 19 novembre 2007.
3.8 Dunque, nella vicenda sub iudice , il provvedimento negativo con il quale l’amministrazione finanziaria ha mantenuto la precedente attribuzione delle rendite, rigettando l’istanza di variazione avanzata dalla contribuente, deve considerarsi atto riguardante un’operazione di classamento catastale; a quest’ultimo riguardo, va sottolineato che gli atti catastali sono, tra quelli impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie (ora, dinanzi alle Corti di giustizia tributaria), gli atti assoggettati alla più ampia ‘ libertà di forma ‘ , non avendo il legislatore definito il nome od il tipo dell’atto nei cui confronti il contribuente è ammesso a proporre ricorso e limitandosi a rinviare alle operazioni catastali ricomprese nella giurisdizione tributaria, cioè a tutti gli atti ad esse operazioni afferenti senza distinguo di sorta.
La previsione della generica impugnabilità degli atti catastali va di conseguenza letta nell’ottica del rispetto del diritti di difesa
e di tutela giudiziaria contro tutti gli atti idonei a produrre effetti giuridici negativi in capo al contribuente, quale è la determinazione della rendita, che rappresenta, ai fini di una pluralità di tributi, la misura della capacita contributiva del soggetto passivo con riferimento alla titolarità di un diritto di proprietà su un bene immobile sito nel territorio dello Stato. Come, dunque, non vi sarebbe ragione di precludere al contribuente la possibilità di emendare la denuncia di classamento precedentemente presentata, non vi è ragione di assegnare al diniego dell’amministrazione finanziaria la natura di atto non impugnabile; per cui, deve essere riconosciuto ad ogni proprietario di immobile la facoltà di chiedere una variazione della classificazione o della rendita del bene e, ovviamente, in caso di risposta negativa, di rivolgersi al giudice tributario.
3.9 In conclusione, si può ribadire il principio che, in tema di contenzioso tributario, l’art. 19, comma 1, lett. f), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che può essere presentato ricorso avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2, del medesimo d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, norma quest’ultima che annovera nell’oggetto della giurisdizione tributaria tutte le controversie concernenti « l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo (…), nonché quelle, concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale »; l’atto di diniego della variazione catastale emesso a seguito di richiesta del contribuente concerne, senza dubbio, una delle operazioni catastali menzionate nel citato art. 2 – e, in particolare, il classamento della singola unità immobiliare ed è, quindi, impugnabile dinanzi alle Commissioni tributarie
(ora, alle Corti di giustizia tributaria) (Cass., Sez. 5^, 5 luglio 2008, n. 19379; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2019, n. 2006 con riferimento al silenzio-rigetto: Cass., Sez. 6^-5, 13 febbraio 2015, n. 3001).
3.10 Nella specie, escludendo la qualificazione dell’atto impugnato in termini di diniego di autotutela, la sentenza impugnata ha rigettato l’appello proposto in via incidentale dall’amministrazione finanziaria sul presupposto che ne fosse sempre consentita l’ impugnazione; in tal modo, quindi, il giudice di merito si è attenuto al principio enunciato, esaminando l’istanza di variazione catastale della contribuente. 4. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che le rendite proposte dalla contribuente potessero essere rettificate con decorrenza retroattiva anche per il periodo compreso dall’anno 2016 all’anno 2018.
Secondo la ricorrente: « i giudici d’appello hanno errato nell’analizzare (e decidere) il merito della vicenda, laddove, seguendo l’univoco indirizzo della Suprema Corte, avrebbero dovuto arrestarsi ad un vaglio sulla legittimità dell’emissione dell’impugnato diniego (dichiarando pertanto il ricorso inammissibile) ». Ad ogni modo, « la sentenza qui impugnata trae conclusioni non condivisibili che si risolvono in violazione delle norme di legge indicate », giacché l’affermazione della revisione retroattiva ha « chiaramente violato il chiaro disposto dell’art. 74 della L. 342/2000, a mente del quale ‘(…) gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione (…)’. »
4.1 Il predetto motivo è fondato.
4.2 Il comma 1 del citato art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, dispone che: « 1. A decorrere dal 1º gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ Ufficio del Territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. Dall’avvenuta notificazione decorre il termine di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni, per proporre il ricorso di cui all’articolo 2, comma 3, dello stesso decreto legislativo. Dell’avvenuta notificazione gli uffici competenti danno tempestiva comunicazione ai Comuni interessati ».
Secondo la circolare emanata dall’Agenzia del Territorio il 26 ottobre 2005, n. 11 (in tema di ‘ Esercizio dell’autotutela nel settore catastale -Tipologia -Efficacia temporale delle rettifiche catastali ‘), a cui la ricorrente ha fatto testuale riferimento nell’illustrazione della censura in esame , « (…) l’attività di riesame dell’accertamento catastale posta in essere dagli Uffici dell’Agenzia può assumere le seguenti connotazioni: 1. riesame d’ufficio o su segnalazione del contribuente, finalizzato ad eliminare incongruenze derivanti da semplici errori di inserimento dati oppure da erronee applicazioni dei principi dell’estimo catastale; 2. riesame effettuato a seguito di apposita istanza del contribuente con cui lo stesso sottopone all’Amministrazione fat ti, circostanze o elementi nuovi, non presenti -e, quindi, non valutabili -al momento dell’originario accertamento ».
Adeguandosi al parere reso, su sua richiesta, dall’Avvocatura Generale dello Stato il 14 maggio 2005, prot. n. 67615, secondo il quale, in subiecta materia , l’esercizio dell’autotutela
« (…) non può che mirare ad eliminare errori di inserimento dei dati, ovvero di applicazione delle regole tecniche dell’estimo catastale in relazione ad un immutato contesto », per cui, nell’ambito del particolare settore catastale può ravvisarsi esercizio del potere di autotutela nell’ipotesi descritta sub 1), laddove, pertanto, l’annullamento dell’accertamento in autotutela « (…) non può che avere effetto ex tunc e cioè retroattivo », vale a dire dalla data di decorrenza del classamento rivelatosi errato e, per tale motivo, successivamente rettificato, l’Agenzia del Territorio si è interrogata sull’armonizzazione dell’istituto dell’autotutela con i principi contenuti nell’art. 21 -nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, così come introdotto dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15 .
Prendendo atto dell’opinione espressa in proposito dall’Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha ritenuto, in primo luogo, che « (…) dovrà essere ponderata, con riferimento all’interesse generale, la finalità di una corretta operazione di accatastamento, nel rispetto cioè delle regole generali dell’estimo, interesse che, come tale, prescinde da quello specifico dell’Ente Territorial e, eventuale beneficiario del gettito proveniente dal tributo locale »; in secondo luogo, e con riferimento al parametro del ‘ termine ragionevole ‘, che « (…) avrà efficacia preclusiva all’esercizio dell’annullamento in autotutela, il decorso di uno spazio temporale tale da avere determinato situazioni ormai consolidate », anche sulla scorta
della previsione dell’art. 74 della legge 31 novembre 2000, n. 342, l’Agenzia del Territorio si è orientata nel senso che: « Ora, alla luce delle condivisibili indicazioni interpretative fornite dall’Avvocatura Generale dello Stato, può affermarsi che, se il riesame del classamento operato dall’Ufficio dell’Agenzia, in via autonoma o su istanza di parte, è qualificabile come esercizio della potestà di autotutela – in quanto finalizzato ad eliminare incongruenze derivanti da errori di inserimento dati oppure da erronee applicazioni dei principi dell’estimo catastale – la nuova rendita attribuita esplicherà efficacia retroattiva ( ex tunc ), cioè a decorrere dalla data dell’originario classamento, indipendentemente dalla data di notifica della nuova rendita agli intestatari della partita catastale. In relazione a tale ultimo delicato aspetto, peraltro, sembra assumere decisiva rilevanza la cennata connotazione attribuibile all’attività di autotutela nel peculiare settore catastale. In tale contesto, infatti, il provvedimento emesso in sede di autotutela non appare qualificabile, strictu sensu , come mero atto modificativo della rendita secondo l’accezione desumibile dall’art. 74 citato -ma, piuttosto, come atto tendente a ripristinare la correttezza e/o la legittimità di un provvedimento (l’atto attributivo o modificativo della rendita) errato fin dall’origine, cioè fin dalla sua emanazione. Ovviamente, al fine di rendere esplicita negli atti catastali l’efficacia retroattiva della rettifica operata in via di autotutela, nelle annotazioni dei predetti atti dovrà essere opportunamente evidenziato che la decorrenza della nuova rendita è corrispondente a quella del classamento rettificato ». 4.3 Tali conclusioni sono state condivise da questa Corte, la quale ha precisato che il provvedimento emesso in sede di autotutela modificativo della rendita di fabbricati ha effetto retroattivo, con decorrenza dalla data dell’originario
classamento, indipendentemente dalla data di notifica della nuova rendita, se si limita a correggere errori originari o vizi dell’atto, non trattandosi di provvedimento modificativo della rendita, ma della correzione di errori insiti nell’originario provvedimento; se, invece, il riesame del classamento viene eseguito sulla base di nuovi elementi, sopravvenuti o diversi rispetto all’originario classamento, la rettifica della rendita, effettuata dopo l’1 gennaio 2000, sarà irretroattiva, avendo efficacia ex nunc (in termini: Cass., Sez. 5^, 26 marzo 2014, n. 7042; Cass., Sez. 6^-5, 31 maggio 2017, nn. 13845, 13846, 13847 e 13848; Cas., Sez. 6^-5, 6 giugno 2017, n. 14739; Cass., Sez. 5^, 30 maggio 2018, n. 13656; Cass., Sez. 5^, 17 maggio 2019, n. 13345; Cass., Sez. 5^, 30 settembre 2019, nn. 24279 e 24280; Cass., Sez. 6^-5, 17 ottobre 2019, n. 26392; Cass., Sez. 6^-5, 7 novembre 2019, nn. 28635 e 28636; Cass., Sez. 6^-5, 27 ottobre 2021, n. 30271; Cass., Sez. 6^-5, 28 ottobre 2021, nn. 30443, 30444 e 30445; Cass., Sez. Trib., 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. Trib., 24 marzo 2023, n. 8543; Cass., Sez. Trib., 9 aprile 2024, n. 9446).
In proposito, con specifico riguardo a fattispecie di errore imputabile al contribuente, si è ulteriormente precisato che « i principi affermati da questa Corte – secondo i quali le variazioni della rendita catastale hanno efficacia a decorrere dall’anno successivo alla data in cui sono annotate negli atti catastali, non si applicano quando si tratti di modifiche dovute a correzioni di errori materiali di fatto, anche se sollecitate dal contribuente all’Ufficio non possono trovare applicazione al caso di specie, riferendosi tale indirizzo al caso in cui tale errore di fatto sia stato compiuto dall’ufficio e risulti evidente e incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio, invece
nel caso di specie risultando che il preteso errore che ha originato il procedimento DOCFA di rettifica della rendita catastale sarebbe stato commesso dal contribuente » (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 28 agosto 2017, n. 20463; Cass., Sez. 5^, 5 febbraio 2019, n. 3273; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 20221, n. 16679; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2022, n. 31556; Cass., Sez. Trib., 24 marzo 2023, n. 8550; Cass., Sez. Trib., 12 settembre 2024, n. 24542).
4.4 Tuttavia, nella specie, la sentenza impugnata non si è uniformata ai principi enunciati, dando per scontato che l’errore sul calcolo della rendita (con riguardo alla misura percentuale del saggio di fruttuosità) dovesse essere emendato dall’amministrazione finanziaria con efficacia retroattiva, a prescindere dalla sua imputabilità alla contribuente. Al riguardo, il giudice di appello ha motivato che: « Quanto all’ulteriore motivo di censura e cioè la non retroattività della revisione del saggio di fruttuosità, sul punto è sufficiente rilevare che la prevalente giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto l’efficacia retroattiva della revisione della rendita catastale, senza alcuna distinzione tra errore riferibile all’ufficio e quello imputabile ad una dichiarazione del contribuente. Al riguardo oltre alla giurisprudenza di legittimità riportata nelle controdeduzioni all’appello incidentale da parte della contribuente, si osserva che in tema d’ICI, l’art. 74 della l. n. 342 del 2000, nel disporre che gli atti attributivi o modificativi della rendita sono efficaci a partire dalla loro notifica da parte dell’Agenzia del territorio, si interpreta nel senso che dalla notifica decorre il termine per l’impugnazione, ma ciò non esclude l’applicabilità della rendita anche al periodo precedente, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo della rendita (Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza
n. 4587 del 21/02/2020 Rv. 657318 – 01); in sintesi ciò che emerge nelle valutazioni delle decisioni favorevoli alla tesi della società contribuente, oltre alla natura dichiarativa della correzione è che, altrimenti opinando, si cristallizzerebbe nel tempo un’imposizione falsata nei suoi presupposti in contrasto con il principio della capacità contributiva di cui all’art.53 Cost. Ne discende la legittimità dell’efficacia retroattiva della dichiarazione di correzione dell’originario errore ».
Il ricorso incidentale è affidato a tre motivi.
5.1 Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’art. 47, co mma 2, ultimo periodo, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stata fatta coincidere da l giudice di secondo grado l’udienza di trattazione dell ‘istanza di sospensione della sentenza di prime cure con quella di trattazione del merito della controversia.
5.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 del ‘ regolamento per l’applicazione ai tributi comunali dell’accertamento con adesione ‘ (a pprovato con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale l’11 febbraio 2016, n. 17, e modificato con deliberazione adottata dal Consiglio Comunale il 18 dicembre 2018, n. 133), 50 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, 59, comma 1, lett. m), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto da l Giudice di secondo grado che l’istanza di accertamento con adesione comportasse in ogni caso la sospensione dei termini per l’impugnazione .
5.3 Con il terzo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 29
del d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, e 5, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato ritenuto dal giudice di secondo grado che la richiesta di sospensione del processo fosse irrilevante, non essendo in discussione la rendita applicata se non limitatamente al saggio di fruttuosità. 6. Preliminarmente, si deve disattendere l’eccezione di inammissibilità del ricorso incidentale per l’ autenticazione della firma del legale rappresentante del ricorrente da parte del difensore in epoca successiva alla sua apposizione (anche se in formato digitale).
Invero, la certificazione da parte del difensore della sottoscrizione del conferente la procura alle liti è intesa non come autenticazione in senso proprio, quale quella effettuata secondo le previsioni dell’art. 2703 c od. civ. dal Notaio o da un altro pubblico ufficiale all’uopo autorizzato, ma come ‘ autentica minore ‘ (o ‘ vera di firma ‘).
In questo senso, si è tradizionalmente affermato che, al fine della prova dell’autenticità della procura rilasciata in calce o a margine di uno degli atti indicati nel terzo comma dell’art. 83 cod. proc. civ., è sufficiente che il difensore certifichi l’autografia della sottoscrizione della parte, non essendo necessaria l’attestazione dello stesso che la sottoscrizione sia avvenuta in sua presenza, come è invece richiesto dall’art. 2703 cod. civ . per l’autentica della scrittura privata da parte del pubblico ufficiale (da ultima: Cass., Sez. Un., 10 gennaio 2024, n. 2075). Per cui, la discrasia temporale tra l’apposizione e l’autenticazione della firma per il conferimento della procura non inficia la validità del ricorso.
Non altrettanto può dirsi per l’eccezione di tardività del ricorso per inapplicabilità della sospensione dei termini di
impugnazione ex art. 1, comma 199, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
Tale disposizione prevede che: « 199. Per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore della presente legge e il 31 luglio 2023 ».
Tuttavia, l’art. 1, comma 205, della medesima legge stabilisce che: « 205. Ciascun ente territoriale può stabilire, entro il 31 marzo 2023, con le forme previste dalla legislazione vigente per l’adozione dei propri atti, l’applicazione delle disposizioni dei commi da 186 a 204 alle controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte il medesimo ente o un suo ente strumentale ».
Per cui, la facoltà di avvalersi della disciplina sulla sospensione dei termini di impugnazione è strettamente collegata ad un suo espresso recepimento in apposito regolamento, la cui adozione da parte dell’ente locale ex art. 52 del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, deve essere specificamente eccepita (e documentata) dalla parte interessata ad avvalersene, non operando, con riguardo alle norme secondarie, il principio iura novit curia e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali tra i doveri del giudice, che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall’attività svolta dalle parti (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2022, n. 1951; Cass., Sez. Trib., 25 gennaio 2024, nn. 2275 e 2422).
Nella specie, il Comune di Imola (BO) non ha dedotto né documentato di aver emanato un apposito regolamento per l’applicazione della legge 29 dicembre 2022, n. 197, alle
contro
versie in materia di tributi comunali. Pertanto, in difetto di recepimento regolamentare, la sospensione dei termini di impugnazione non è applicabile alla presente controversia, non rilevando a tal fine che il simultaneus processus riguardi anche un’autonoma (ancorché collegata) controversia in materia di rendita catastale di cui è parte l’Agenzia delle Entrate (che sarebbe altrimenti definibile di default secondo la previsione del comma 186). Difatti, nel contenzioso tributario, la riunione formale di più cause connesse, lasciando immutata la posizione delle parti in ciascuna di esse senza che le statuizioni riferite ad un processo si ripercuotano sull’altro, non altera l’autonomia delle relative domande e, quindi, delle relative decisioni, sicché ciascuna di esse è soggetta al rispettivo regime riguardo alle forme ed ai termini di impugnazione (Cass., Sez. 5^, 8 ottobre 2019, n. 25083; Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29505; Cass., Sez. 5^, 27 luglio 2021, n. 21455; Cass., Sez. Trib., 20 luglio 2023, n. 21658).
Quindi, considerando che la sentenza di appello è stata notificata a mezzo pec il 20 febbraio 2023, il termine breve di impugnazione ex art. 325, secondo comma, cod. proc. civ. è venuto a scadenza il 21 aprile 2023. Per cui, essendo stato notificato a mezzo pec soltanto il 2 gennaio 2024, il ricorso è palesemente inammissibile per tardiva proposizione.
Invero, in tema di ricorso per cassazione, la notifica della sentenza impugnata effettuata alla controparte a mezzo pec ( ex art. 3bis della legge 21 gennaio 1994, n. 53, nel testo, applicabile ratione temporis , modificato dall’art. 16quater , comma 1, lett. d), del d.l. 12 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 228) è idonea a far decorrere il termine breve d’impugnazione nei confronti del destinatario ove il notificante provi di aver
allegato e prodotto la copia cartacea del messaggio di trasmissione, delle ricevute di avvenuta consegna e di accettazione, della relata di notificazione nonché della copia conforme della sentenza, salvo che il destinatario della notifica non ne contesti la regolarità sotto uno o più profili (Cass., Sez. 3^, 19 settembre 2017, n. 21597; Cass., Sez. 3^, 5 ottobre 2018, n. 24568; Cass., Sez. Lav., 19 giugno 2019, n. 16421; Cass., Sez. 5^, 21 agosto 2023, n. 24878; Cass., Sez. 3^, 24 luglio 2024, n. 20667).
Essendo soddisfatte tali condizioni (come si evince dalla documentazione prodotta col fascicolo telematico), non resta che prendere atto che il ricorso in disamina è stato notificato dopo la perenzione del termine breve di impugnazione, con conseguente pronuncia dell’ absolutio ab instantia .
In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del secondo motivo e l’infondatezza del primo motivo del ricorso principale, nonché la tardività del ricorso incidentale, il ricorso principale può trovare accoglimento entro tali limiti, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inammissibile e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al ricorso accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Le spese giudiziali nei rapporti tra il Comune di Imola (BO) e la RAGIONE_SOCIALE seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per
il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo e rigetta il primo motivo del ricorso principale; dichiara l’inammissibilità del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell ‘Emilia -Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità; condanna il ricorrente incidentale alla rifusione delle spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 3.100,0 0 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 29 gennaio