Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4072 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4072 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 17/02/2025
ORDINANZA
sui ricorsi iscritti al n. 4125/2024 R.G. proposti da :
COMUNE DI COGNOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
COMUNE DI CARONA, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente incidentale- contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (NCSRMR66E51D643U) unitamente all’avvocato NOME COGNOME (PLTNRC65B23E514D)
-controricorrente-
avverso l’ ORDINANZA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE n. 19444/2023 depositata il 10/07/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto sottostante la controversia è costituito, per i profili ancora d’interesse, dagli avvisi di accertamento ICI per l’anno 2008 emessi, rispettivamente, dal Comune di Branzi e dal Comune di Carona nei confronti di Enel RAGIONE_SOCIALE riguardo a diversi cespiti industriali, tra cui turbine, dighe, condotte e bacini, delle centrali idroelettriche situate nel territorio dei rispettivi Comuni.
RAGIONE_SOCIALE aveva omesso di accatastare questi cespiti industriali, ritenuti dall’amministrazione come classificabili nella categoria catastale D/1, dichiarando al catasto solo i corpi principali delle centrali ubicati nei comuni limitrofi. Questa omissione aveva portato alla mancata dichiarazione e conseguente omesso pagamento dell’ICI.
Impugnati gli avvisi, la CTP ha respinto i rispettivi ricorsi, e, in sede di gravame, la CTR della Lombardia con sentenza n. 7134/2016, depositata il 20/12/2016, ha respinto gli appelli, previamente riuniti, proposti contro le decisioni di primo grado.
Questa Corte, adita da Enel Produzione, pur riconoscendo la legittimità del potere dei Comuni di accertare l’ICI su immobili non iscritti in catasto, ha ritenuto illegittimi gli avvisi di accertamento in quanto basati su un criterio non più applicabile, ossia quello della rendita presunta, determinata sulla base di valori contabili similari. Questo metodo, previsto dall’art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 504/1992, era stato però abrogato nel 2006, con la conseguente illegittimità degli avvisi che si erano basati su di esso.
4.1. In particolare, questa Corte ha dichiarato non dovute le somme richieste a titolo di imposta (nonché a titolo di sanzioni) per l’anno 2008 , ed ha:
dichiarato infondato il secondo motivo di ricorso di Enel Produzione, confermando la sufficiente motivazione dell’atto impositivo;
dichiarato inammissibile il terzo motivo di ricorso di RAGIONE_SOCIALE rendendo definitiva la sentenza di appello nella parte in cui dichiarava insussistente il lamentato difetto di prova;
affermato, nel merito, il potere dei Comuni di accertare l’ICI dovuta su immobili (cat. D/1) non iscritti in catasto;
ritenuto che il criterio di determinazione della base imponibile ICI applicato dai Comuni (“valori contabili similari”) fosse da ricondurre all’art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 504/1992, e non al comma 3 come ritenuto dai Comuni e dai giudici di merito, ma ha evidenziato al contempo che tale criterio non era più applicabile a partire dal 2007, a seguito dell’abrogazione disposta dall’art. 1, comma 173, Legge n. 296/2006, rendendo gli atti impositivi per l’anno 2008 illegittimi;
accolto il quinto motivo di ricorso di Enel RAGIONE_SOCIALE riconoscendo la sussistenza di “obiettive condizioni di incertezza” della normativa tributaria che giustificavano la disapplicazione delle sanzioni irrogate.
Con due distinti ricorsi (il secondo da qualificare come impugnazione incidentale, in quanto successivo), i Comuni di Branzi e di Carona, in qualità di ricorrenti, hanno chiesto la revocazione della ordinanza di questa Corte, meglio in epigrafe indicata, limitatamente all’accoglimento del quarto motivo con decisione nel merito in relazione alle somme pretese a titolo d’imposta .
Si è costituita con controricorso, contro le tesi offerte dai Comuni sopra indicati, l’ RAGIONE_SOCIALE
Il P.G. ha depositato la propria requisitoria scritta, chiedendo l’accoglimento del quinto motivo d ei ricorsi.
Tutte le parti costituite (Comune di Branzi, Comune di Carona, RAGIONE_SOCIALE) hanno depositato memorie ex art. 380 bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti, in via rescindente, sostengono che la ordinanza impugnata contenga un errore di fatto, non essendo stato considerato che Enel RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio, non soltanto aveva provveduto ad iscrivere in catasto i cespiti oggetto di accertamento mediante procedura DOCFA, ma aveva anche ottenuto l’attribuzione di una rendita catastale, divenuta definitiva, circostanza che avrebbe determinato la necessità di applicare il “criterio catastale” (art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 504/1992) per la rideterminazione della base imponibile ICI.
1.1. I giudici di legittimità avrebbero censurato non l’ an , ma solo il quantum della pretesa tributaria, ma poiché il criterio di determinazione del quantum applicato dai Comuni è stato ritenuto illegittimo -avrebbero poi erroneamente travolto l’intera pretesa sub iudice ; e ciò per effetto della svista percettiva riguardante l’allegazione in giudizio del conseguimento della rendita definitiva.
1.2. Su tale fondamento chiedono dunque la revocazione della suddetta ordinanza e la rideterminazione della pretesa ICI sulla base della rendita catastale attribuita ai cespiti in questione, ed in particolare, in via rescindente, deducono l’erroneità della pronuncia impugnata in quanto viziata da ‘errore di fatto’, ai sensi del combinato disposto dell’art. 391 -bis , c.p.c. e dell’art. 395, n. 4, c.p.c.
In via rescissoria sollecitano nuova valutazione del quarto motivo del ricorso originario per cassazione R.G. n. 10076/2017, ferme restando le statuizioni rese sugli altri motivi, di cui chiedono la conferma. Rilevano, in particolare, la parziale sussistenza della lamentata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, D.Lgs. n. 504/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., da parte dei
giudici di appello. La pretesa tributaria ICI dei Comuni per l’anno 2008 sarebbe legittima nella misura in cui essa può essere rideterminata mediante applicazione del c.d. ‘criterio catastale’ (art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 504/1992), tenuto conto che in pendenza di causa è stata attribuita la rendita catastale ai beni oggetto di accertamento, fatto pacifico tra le parti e rilevabile dal fascicolo di causa.
Parte controricorrente sostiene che il ricorso per revocazione sia inammissibile in quanto non sussisterebbe alcun errore di fatto ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4 c.p.c., atteso che la Corte non avrebbe ignorato la circostanza dell’avvenuto accatastamento dei beni oggetto di accertamento, ma ne avrebbe invece espressamente tenuto conto, ritenendo che l’accatastamento successivo all’emissione dell’avviso di accertamento fosse irrilevante ai fini della decisione, in quanto l’atto impositivo era già viziato alla radice per l’utilizzo di un criterio di determinazione della base imponibile ICI non più applicabile.
In memoria, adduce a conforto di questa conclusione il contenuto della proposta di definizione accelerata concernente analogo ricorso per revocazione, proposto per analoghe ragioni contro l’ordinanza n. 19572/23 relativa al Comune di Branzi per gli anni d’ imposta 2007 e 2009, cui non ha fatto seguito istanza di decisione.
3.1. Ribadisce che le amministrazioni comunali avrebbero erroneamente applicato il metodo dei “valori contabili similari” per la determinazione della base imponibile ICI, trattandosi di un criterio non previsto dalla normativa vigente all’epoca dei fatti (anno 2008), a seguito dell’abrogazione dell’art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 504/1992, dal 2007. I Comuni avrebbero dunque dovuto applicare il “criterio contabile” previsto dall’art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 504/1992.
3.2. Contesta infine l’argomentazione dei Comuni secondo cui non sarebbe stato possibile applicare il “criterio contabile” a causa della mancata esibizione delle scritture contabili da parte di Enel Produzione, sostenendo che tale circostanza non è stata provata e che la normativa
non prevede che la collaborazione del contribuente sia necessaria per l’applicazione di tale criterio.
Il motivo dedotto in fase rescindente è fondato.
4.1. Vero è che nel caso di specie questa Corte ha considerato le dichiarazioni DOCFA , a pag. 7, punto 8.1 dell’ordinanza ; tuttavia non ha considerato il fatto storico costituito dalla successiva attribuzione delle relative rendite, attribuzione della quale non dubitavano né la parte ricorrente, né quelle controricorrenti e che emergeva dagli atti di causa (segnatamente dalle pagine 36-37 del ricorso, nonché dalle pagine 18 e 21 dei controricorsi). Anzi: ha ritenuto legittima ‘l’affermazione della CTR per c ui i Comuni hanno legittimamente proceduto alla tassazione senza che vi fosse per essi ‘ obbligo di attendere la determinazione della rendita da parte dell’UTE” (punto 8.2. dell’ordinanza ) e ha svolto le proprie considerazioni riferendosi alla disciplina da applicare a fabbricati non accatastati, che è da ritenere il punto controverso sul quale si è pronunciata: si veda il successivo punto 8.3.3., in cui si legge che ‘ Pertanto, a decorrere dall’annualità di imposta 2007, per i fabbricati non accatastati ma iscrivibili in categoria D), non è più possibile riferirsi alle rendite presunte ex art. 5, comma 4, cit …’.
Né rileva al riguardo la diversa valutazione svolta con la proposta di definizione accelerata citata in memoria, la quale non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva (Cass., Sez. Un., 10/4/2024, n. 9611).
Deve dunque ritenersi sussistente la eccepita svista percettiva.
4.2.E che tale svista percettiva sia decisiva emerge dall’orientamento già espresso da questa Corte (cfr. Cass. 15/06/2023, n. 17179), secondo cui: ‹‹non v’è motivo di discostarsi dall’indirizzo giurisprudenziale di legittimità che, in relazione ad analoghe fattispecie, ha ribadito che ‘la regola generale ricavabile dall’art. 5, comma 2, d.lgs. n. 504 del 1992, secondo cui le risultanze catastali
divenute definitive per mancata impugnazione hanno efficacia a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale sono state annotate negli atti catastali, patisce eccezione solo se le variazioni costituiscano correzioni di errori materiali nel classamento che sostituiscono, ovvero conseguano a rettifica del classamento operato dal contribuente con procedura DOCFA, per cui la successiva attribuzione, da parte dell’ente impositore, della rendita catastale costituisce, una volta notificata, la base imponibile anche per le annualità “sospese” suscettibili di accertamento; individuandosi, in tale ultimo caso, la base imponibile dalla data della denuncia e con inclusione anche delle annualità sub iudice (v. Cass. 16679 de/ 11/06/2021; 26347 del 29/09/2021; 10126 del 2019; 11472 del 2018)››.
4.3. Ne consegue l’accoglimento del motivo dedotto in fase rescindente, limitatamente al profilo ivi contemplato.
Quanto alla fase rescissoria, la censura proposta con l’originario quarto motivo va accolta alla luce della giurisprudenza sopra citata, secondo la quale l ‘ imposta avrebbe dovuto essere quantificata in base al valore della rendita determinata dall’Agenzia, che ha valore retroattivo.
5.1. In relazione a questioni in tutto analoghe, questa Corte (Cass. 17179/23 e 17244/23) ha difatti stabilito che ‹‹Se è vero, quindi, che il potere impositivo del Comune è stato esercitato in relazione ad un criterio (di determinazione della base imponibile) fondato sulla «rendita dei fabbricati similari già iscritti in catasto» che è difforme da quello legale, in ragione della sopra ripercorsa abrogazione del d.lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 4 e dell’art. 11, commi 1, 2 e 2bis , nondimeno la società contribuente non può dirsi esonerata dal versare al Comune, ex art. 53 Cost., l’ICI sulla base della rendita determinata dall’Agenzia, nella specie, nell’anno 2014, secondo i valori da quest’ultima rettificati››.
5.2. Ne consegue che deve farsi luogo a rinvio al giudice di appello affinché determini la pretesa impositiva (la pretesa ICI per l’anno 2008 sulla base dell e rendite catastali attribuite ai beni immobili in oggetto a seguito di procedura DOCFA e successivi atti di rettifica catastale, con riferimento ai ricorrenti Comuni di Carona e Branzi).
I ricorsi vanno, quindi, accolti, con conseguente revoca in parte qua («decidendo nel merito») dell’ordinanza impugnata in sede rescindente; in riferimento alla fase rescissoria, in accoglimento del quarto motivo del ricorso originariamente proposto dalla parte contribuente, va cassata la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 7134/2016, depositata il 20/12/2016 con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame, attendendosi ai principi di diritto di cui sopra, per determinare la corretta misura dell’imposta richiesta con gli avvisi impugnati dai Comuni di Branzi e di Carona tenuto anche conto delle rendite attribuite dall’Agenzia delle Entrate e per la liquidazione anche delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie in sede rescindente i ricorsi per revocazione e dispone la revocazione dell’ordinanza della Corte di cassazione n. 19444/2023 nei limiti di cui in motivazione; decidendo sul ricorso iscritto al n. 10076/2017, accoglie il quarto motivo per quanto di ragione, ferme restando le restanti statuizioni, e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 24/01/2025.