Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24473 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 24473 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 33528/2018 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE COGNOME, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 4002/2018 depositata il 27/04/2018.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Uditi l’Avvocato NOME COGNOME parte ricorrente nonché l’Avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’Ufficio controricorrente che hanno concluso, rispettivamente, per l’accoglimento e per il rigetto del ricorso.
Sentito il P.G. il quale ha concluso, chiedendo il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La CTR Campania, pronunziando in sede di rinvio, rigettava l’appello proposto dalla società contribuente RAGIONE_SOCIALE confermando la sentenza di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso di parte contribuente avverso l’atto di classamento della struttura alberghiera, ritenendo applicabile il deprezzamento nella misura del 35%, in luogo del valore del 10% indicato dall’ufficio.
Contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a nove motivi, la società il RAGIONE_SOCIALE
L’ufficio resiste con controricorso.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c. in cui, in via preliminare, ha rappresentato di aver inoltrato alla controparte un’istanza di conciliazione della controversia (a mezzo pec, inviata e ricevuta il 21/05/2025), rimettendo al Collegio ogni valutazione in merito.
Anche l’Ufficio ha depositato memoria, opponendosi all’istanza di rinvio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4. c.p.c., violazione degli artt. 36, comma 2, nn. 2
e 4 e 61 d.lgs. 564/1992 nonchè degli artt. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., 118, primo comma, disp. att. c.p.c. e degli artt.111, comma 6, e 24 Cost. per difetto di motivazione in relazione alla correttezza del metodo adottato dall’Ufficio nella determina zione del valore dell’area.
Con il secondo motivo deduce, ex art. 360, primo comma, n. 4. c.p.c., violazione degli artt. 36, comma 2, nn. 2 e 4 e 61 d.lgs. 564/1992 nonchè degli artt. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., 118, primo comma, disp. att. c.p.c. e degli artt.111, comma 6, e 24 Cost. per motivazione perplessa e contraddittoria sempre in relazione alla correttezza del metodo adottato dall’Ufficio nella determinazione del valore dell’area.
Con il terzo motivo deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3 violazione e falsa applicazione dell’art. 28, comma 2, del regolamento (d.P.R. 1/12/49 n. 1142) sull’approccio del costo di costruzione deprezzato letto ed interpretato alla luce della circolare 6/2012.
Con il quarto motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4. c.p.c. violazione degli artt. 36, comma 2, nn. 2 e 4 e 61 d.lgs. 564/1992 nonchè degli artt. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., 118, primo comma, disp. att. c.p.c. e degli artt.111, comma 6, e 24 Cost. per motivazione perplessa e contraddittoria sempre in relazione alla correttezza del metodo adottato dall’Ufficio nella determinazione del valore dell’area.
Con il quinto motivo deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3 violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della L. 212/2000 per avere la CTR rigettato le censure in punto di difetto di motivazione dell’atto impositivo non considerando che l’ufficio aveva integrato le carenze motivazionali dedotte nelle proprie controdeduzioni nel corso del giudizio.
Con il sesto motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4. c.p.c., violazione degli artt. 36, comma 2, nn. 2 e 4 e 61 d.lgs.
564/1992 nonchè degli artt. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., 118, primo comma, disp. att. c.p.c. e degli artt.111, comma 6, e 24 Cost. per motivazione apparente per avere pedissequamente richiamato le argomentazioni dell’ufficio senza esaminare le specif iche contestazioni circa i criteri di rivalutazione della rendita catastale.
Con il settimo motivo deduce, ex art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 28, 29 e 30 del d.P.R. 1142/1949 e della circolare n. 6/2012, assumendo che erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto corretta la metodologia dell’ufficio contraria ai richiamati criteri di legge.
Con l’ottavo motivo censura la sentenza, ex art. 360 primo comma, n. 5 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo consistente nell’omessa disamina secondo il criterio comparativo.
Con il nono motivo lamenta, ex art. 360, primo comma, n. 4. c.p.c. violazione degli artt. 36, comma 2, nn. 2 e 4 e 61 d.lgs. 564/1992 nonchè degli artt. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c., 118, primo comma, disp. att. c.p.c. e degli artt.111, comma 6, e 24 Cost. in relazione all’esame della censura articolata sul criterio comparativo.
In via preliminare osserva questo Collegio che deve essere disattesa l’istanza di rinvio formulata dalla società ricorrente in difetto di adesione da parte dell’ Ufficio il quale ha chiarito che tale richiesta ai sensi dell’art. 4, comma 2, Decreto r iforme 30122023 n. 220, riguardante la possibilità di conciliare controversie pendenti in Cassazione – si applica esclusivamente ai giudizi instaurati a decorrere dal giorno successivo al 4 gennaio 2024, data di entrata in vigore del decreto di riforma.
Va, quindi, rilevato che il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
Prima di passare alla disamina dei singoli motivi di ricorso occorre osservare, innanzitutto, che l’ intero ricorso si incentra su una critica alla metodologia applicata dall’ufficio per la determinazione della
rendita catastale relativa al biennio 1988/1989, non considerando che in tema di accertamento catastale l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alla correttezza del provvedimento di classamento o della modifica catastale, ove riguardi il rispetto dei criteri di valutazione determinati dalla P.A., integra una valutazione in fatto, censurabile in sede di legittimità esclusivamente nei limiti consentiti dall’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., oppure per motivazione assolutamente mancante o apparente (Ca ss., Sez. V, ordinanza n. 29816/2024 (Rv. 673079-01).
12.1. Atteso, poi, che la parte, nel formulare le proprie censure, reiteratamente fa riferimento a profili di nullità della sentenza per mancanza della motivazione o apparenza della stessa occorre pure premettere che le Sezioni unite della Corte hanno statuito nel senso che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053); si è, quindi, ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste
il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; v., altresì, Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599).
Questa Corte con sentenza n. 8427/2020 ha, in particolare, avuto modo di chiarire che …. ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum. Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, infatti, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poichè intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili. In ogni caso si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex
plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 60935301). Sussiste, dunque, la nullità della sentenza per motivazione solo apparente quando essa risulta fondata su una mera formula di stile, riferibile a qualunque controversia, disancorata dalla fattispecie concreta e sprovvista di riferimenti specifici, del tutto inidonea dunque a rivelare la ratio decidendi e ad evidenziare gli elementi che giustifichino il convincimento del giudice e ne rendano dunque possibile il controllo di legittimità, ovvero caratterizzata da un “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e da “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” – della motivazione (Cass. Sez. Un. 8053/2014). È allora necessario che il “decisum” sia supportato dalla compiuta esposizione degli argomenti logici che hanno sostenuto il giudizio conclusivo, in modo da consentire la verifica “ab externo” dell’esame critico svolto dal giudice di appello sulla censura mossa dall’appellante alla sentenza impugnata (Cass. 5 Aprile 2017, n. 10998; Cass. 11 Marzo 2016, n. 4791).’
Occorre, in linea generale, evidenziare che nella fattispecie la gravata sentenza espone chiaramente la sua ratio decidendi e, con questa, il percorso interpretativo posto a fondamento della ricostruzione del contenuto precettivo delle disposizioni normative interpretate ai fini della valutazione della correttezza dell’operato dell’ufficio in relazione alla determinazione dell a rendita catastale della struttura alberghiera, né l’error iuris , in più occasioni prospettato, può ridondare nel denunciato vizio di nullità.
Ciò premesso quanto ai singoli motivi di ricorso va precisato quanto segue.
13.1. Il primo ed il secondo motivo -da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi -sono privi di fondamento alcuno.
La ricorrente lamenta motivazione apparente circa la correttezza o meno del metodo adottato dall’ufficio per la determinazione del
valore dell’area, deducendo, altresì, anche motivazione perplessa e contraddittoria sempre sul metodo di calcolo, vizi certamente non configurabili alla luce delle coordinate ermeneutiche sopra richiamate.
13.2. Anche il terzo motivo in forza del quale la società contribuente deduce violazione di legge assumendo che ‘ la sentenza impugnata della CTR si appalesa manifestatamente errata e da cassare perché nel giudicare ‘sommariamente corretto’, nell’ambito della stima del costo di costruzione deprezzato della struttura alberghiera, il metodo adottato dall’Ufficio nella determinazione del valore dell’area nella contestata misura di € 800,00 al mq. non ha fatto corretta applicazione dell’art. 28, comma 2, d.P.R. n. 1142/1949′ (pag. 36 del ricorso, primo capoverso) non coglie nel segno atteso che, in disparte la considerazione che attiene comunque a profili di merito non è dato rinvenire nella sentenza impugnata il passaggio dedotto dalla ricorrente sicchè il motivo di censura si appalesa carente per difetto di autosufficienza, non apparendo chiaro se e quando una simile questione sarebbe stata dedotta.
13.3. Il quarto motivo in forza del quale la società lamenta motivazione apparente e contraddittoria in relazione al metodo di calcolo è parimenti infondato per ragioni analoghe a quelle evidenziate ai §§. 12.1 e 13.1.
13.4. La ricorrente, con il quinto motivo, asserisce, poi, la carenza di motivazione dell’avviso di accertamento e la sua integrazione in corso di causa (in sede di costituzione e controdeduzioni nel giudizio di rinvio viene menzionato dall’Ufficio il coef ficiente di rivalutazione K applicato per aggiornamento temporale della rendita catastale dell’immobile originario, per il triennio 1937/39 al biennio 1988/89): trattasi di motivo di censura non autosufficiente in quanto la parte non riporta il contenuto dell’avviso né comprova ex actis che via sia stata una integrazione postuma della motivazione laddove il riferimento al coefficiente di rivalutazione K costituisce un mero
elemento difensivo per suffragare la correttezza dell’operato dell’ufficio, fermo restando che i giudici di appello hanno evidenziato la non attendibilità della consulenza di parte.
13.5 Il sesto motivo in forza del quale la società ricorrente sostiene la mancanza di motivazione sempre sui criteri e metodi di calcolo è anch’ esso infondato sulla scorta dei cennati principi di cui ai §§. 12.1 e 13.1.
13.6. Privo di fondamento è anche il settimo motivo con il quale la contribuente lamenta la violazione normativa sulla metodologia applicata per il calcolo relativo alle strutture alberghiere (assumendo non deve essere attualizzata qualora l’immobile sia censito con una rendita calcolata precedentemente al biennio 1988/89 dovendo la stessa essere ricalcolata in osservanza alla normativa tecnica): la società, nel formulare tale censura, non considera che nelle motivazioni della sentenza impugnata sono spiegati analiticamente (alle pagg. 4 e 5) i passaggi per la determinazione della rendita conformemente alla normativa vigente (artt. 27, 28, 29 e 30 d.P.R. n. 1142/1949), ricostruzione questa in alcun modo inficiata dalle generiche contestazioni di parte ricorrente.
13.7 Privi di fondamento sono, del pari, l’ ottavo ed il nono motivo da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi.
La parte contribuente nel lamentare la mancata adozione di un corretto criterio comparativo con altre strutture alberghiere, anche di categoria superiore, della costiera e/o l’omessa motivazione in ordine alle contestazioni formulate in relazione al criterio comparativo omette di considerare che la sentenza impugnata, per contro, evidenzia come i valori attuali anche degli alberghi indicati in comparazione sono compatibili con quello per cui è causa (euro 219.680,00 in comparazione con euro 274.612,00 dell’ Hotel Caruso ed euro 175.570,22 dell’ Hotel San Pietro) e, per altro, verso finisce per contestare, comunque, una valutazione in fatto operata dai giudici territoriali.
In conclusione il ricorso va rigettato.
14.1. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in favore dell’Ufficio nella somma di euro 5.500,00 oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data