Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 155 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 155 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16471/2017 R.G. proposto da : BNP PARIBAS REAL ESTATE INVESTMENT MANAGEMENT ITALY e RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della RAGIONE_SOCIALE n.
7172/2016 depositata il 20/12/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
con sentenza n. 7172/06/2016 la Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE rigettava l’appello proposto da ‘RAGIONE_SOCIALE nonché dalla RAGIONE_SOCIALE, e confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto l’impugnazione avverso la rettifica del classamento e di attribuzione di rendita catastale dell’unità immobiliare sita in Vignate, costituita da un parcheggio coperto gratuito di pertinenza del centro commer ciale Acquario cui era stata attribuita dall’Ufficio la categoria D/8 e la rendita complessiva di euro 74.411,00, condannando parte appellante al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese e del doppio contributo unificato.
I giudici di appello rilevavano, in particolare, che, contrariamente a quanto affermato dalla parte contribuente, nella specie non si verteva in ipotesi di beni comuni non censibili, trattandosi di un’area avente valenza reddituale autonoma, idonea ad incrementare la redditività complessiva del centro commerciale.
Contro detta sentenza propongono ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE nonché la RAGIONE_SOCIALE
L ‘RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso .
CONSIDERATO CHE
C on il primo motivo le parti ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3. c.p.c., violazione del D.M. 701/1994,
dell’art. 97 Costituzione nonché degli artt. 2946 e 2966 c.c., non avendo i giudici territoriali rilevato la decadenza dell’azione accertativa. Assumono che, nella specie, posto che la rettifica era intervenuta oltre dieci anni dopo la presentazione del DOCFA, l’ufficio era decaduto da ogni potere di rettifica, anche in ragione della esigenza di rispettare il legittimo affidamento della parte contribuente e la certezza dei rapporti giuridici fra le parti.
C on il secondo motivo deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., violazione e falsa applicazione del d.P.R. 1142/1949 e del D.M. 28/1998 nonché della circolare n. 2/1984 in ordine al mancato riconoscimento della natura di ‘bene comune non censibile’ del parcheggio de quo. Lamentano che la RAGIONE_SOCIALE.T.R. non aveva considerato che trattavasi di parcheggio pertinenziale al centro commerciale ed assoggettato a servitù di uso pubblico in perpetuo, né valutato che lo stesso costituiva una dotazione prescritta dagli standard urbanistici, nel senso che nessuna attività commerciale poteva essere intrapresa in assenza e che non trattavasi di parcheggio a pagamento, per cui non sussisteva una specifica vocazione reddituale; ed, ancora, che la qualifica del bene in questione, quale bene comune non censibile, scaturiva dalla circostanza che trattavasi di parcheggio non a pagamento, pertinenziale al centro commerciale, utilizzato prevalentemente dai clienti.
C on il terzo motivo lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5. c.p.c., omesso esame di un punto decisivo della controversia, relativo alla valorizzazione del parcheggio nel DOCFA originario del 2002, in quanto era stata operata una maggiorazione sulle rendite dei beni censiti (negozi del centro commerciale) sicchè l’eventuale attivazione di una rendita autonoma avrebbe rappresentato una duplicazione di un valore già considerato, occorrendo, per altro verso, valutare le specifiche caratteristiche del parcheggio in esame.
C on il quarto motivo lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 1, quater, d.P.R. 115/2002, non potendo trovare applicazione il disposto raddoppio del contributo unificato, rilevando anche che andava revocata la statuizione di condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali;
Il ricorso deve essere rigettato.
Va osservato che il primo motivo è infondato. Invero in tema di catasto dei fabbricati, la procedura di cui al d.m. n. 701 del 1994, che consente al titolare di diritti reali sui beni immobili di proporne la rendita, ha il solo scopo di rendere più rapida la formazione del catasto ed il suo aggiornamento, attribuendo alle dichiarazioni presentate ai sensi dell’art. 56 del d.P.R. n. 1142 del 1949, la funzione di “rendita proposta”, fino a quando l’ufficio finanziario non provveda alla quantificazione della rendita definitiva, sicché il termine massimo di dodici mesi dalla presentazione della dichiarazione, assegnato all’ufficio per la “determinazione della rendita catastale definitiva”, ha natura meramente ordinatoria, non essendone il carattere perentorio espressamente previsto dalla norma regolamentare né potendo ricavarsi dalla disciplina legislativa della materia, con cui è assolutamente incompatibile un limite temporale alla modificazione o all’aggiornamento RAGIONE_SOCIALE rendite catastali. Ne consegue che il verificarsi RAGIONE_SOCIALE scadenze non comporta la decadenza per l’amministrazione dal potere di rettifica. (Sez. 5 – , Ordinanza n. 4752 del 23/02/2021, Rv. 660667 – 01). Nel caso in esame, non potendosi neanche parlare di pregiudizio al legittimo affidamento della parte contribuente, va dunque esclusa ogni decadenza ed ogni profilo di illegittimità dell’atto impositivo .
Il secondo motivo non coglie nel segno.
7.1. V a premesso che il c.d. ‘Bene Comune non Censibile’, abbreviato ‘BCNC’, come definito dalla Circolare n. 2 del 1984, è una porzione di fabbricato che non possiede autonoma capacità
reddituale, comune almeno a due unità immobiliari urbane, (in genere si tratta di androne, scale, locale centrale termica, locale vasche ecc.). Appare, invero, corretto l’accertamento compiuto dai giudici della C.T.R. che in relazione alla natura ed alle caratteristiche del bene de quo -parcheggio multipiano assoggettato a servitù di uso pubblico al servizio di un centro commerciale – hanno ritenuto legittima l’attribuzione della stessa categoria D/8 dell’ipermercato, in ragione del nesso funzionale esistente tra le due unità. Non rileva, nel senso prospettato da parte contribuente, né che il parcheggio fosse gratuito né che lo stesso costituisse una dotazione prescritta dagli standard urbanistici, peraltro non essendo stato chiarito in che termini (ad esempio quale concreta estensione avrebbe dovuto avere per legge o regolamento).
7.2. Tali conclusioni si pongono in linea con la giurisprudenza di questa Corte sulla tassabilità dei parcheggi coperti e scoperti. In particolare, Cass. n. 8994/2013 ha osservato che è legittimo il classamento come immobile a destinazione speciale, dunque sub categoria catastale D/8, anziché E/9, di un’area priva di autonomia funzionale e svolgente funzione sussidiaria, anche sotto il profilo reddituale, in favore dell’esercizio commerciale cui accede (nella specie, supermercato con parcheggio interrato del medesimo fabbricato ed osservanza degli orari di apertura al pubblico); tale conclusione è confermata altresì dalla previsione dell’art. 2, quarantesimo comma, del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla l. 24 novembre 2006, n. 286, secondo cui “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 e E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”. Ed ancora Cass. n. 2204/15 ha così, testualmente, argomentato «…. È pacifico – e la sentenza impugnata ne dà correttamente atto – che in forza di atto pubblico per notaio
Roncoroni di Desio del 2.4.2007 parte dell’area destinata a parcheggio era asservita ad uso pubblico. Del pari è incontroverso che il parcheggio, per una parte è costituito da area scoperta adiacente all’ipermercato, per altra parte è coperta e posta al di sotto dell’ipermercato stesso. Orbene, per il titolo in base al quale la destinazione a parcheggio è stata costituita, l’area a ciò destinata integra una “pertinenza ex lege” dell’edificio cui accede ed in particolare una c.d. pertinenza urbanistica, inquadrabile nella categoria RAGIONE_SOCIALE “limitazioni legali della proprietà privata per scopo di pubblico interesse” (cfr. Cass. civ. sez. unite 15 giugno 2005, n. 12793). La C.T.R, nella sentenza impugnata, con incontestato accertamento di merito, ha osservato che “è risultato che l’accesso al parcheggio, posto per la quasi totalità al 1^ e 2^ interrato, quindi al di sotto dell’ipermercato, può aver luogo solo negli orari di apertura dell’ipermercato stesso. Il parcheggio è chiuso da un portale con serranda che ne impedisce l’accesso 24 ore su 24”. Tale essendo, quindi, l’incontroversa situazione di fatto, è corretta in diritto la statuizione della C.T.R che ha ritenuto legittima l’attribuzione all’area destinata a parcheggio la stessa categoria D/8 dell’ipermercato, in ragione del nesso funzionale esistente tra le due unità come innanzi accertato. Del resto, lo stesso art. 2, comma 40, del d.l. n. 262 del 2006, convertito in legge n. 286 del 2006, del quale la ricorrente paventa, a torto, l’applicazione non conforme a diritto da parte del giudice di merito, dispone espressamente che “nelle unità immobiliari censite nelle categorie E/1, E/2, E/3, E/4 E/5, E/6 ed E/9 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”. In sostanza la norma esclude la possibile classificazione in categoria E di un immobile con destinazione ad uso commerciale o industriale, confermando che ciò che rileva, a tal fine, è l’autonomia funzionale e reddituale dell’immobile (cfr. in tal senso
Cass. civ. sez. 5, 12 aprile 2013, n. 8994). Gli stessi documenti di prassi richiamati dalla ricorrente (Circolari n. 4 del 16 maggio 2006 e n. 4 del 13 aprile 2007) vanno letti nel senso che è loro proprio, quello cioè di orientare gli uffici ad un’attribuzione della categoria E per quelle sole porzioni che risultino strettamente funzionali alla peculiare destinazione propria degli immobili da censire in detta categoria».
7.3. Alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono il suddetto motivo appare privo di fondamento.
Il terzo motivo è inammissibile per un doppio ordine di ragioni: in primo luogo in quanto parte ricorrente lamenta l’omesso ‘approfondito’ esame ( per passivo richiamo alla prima decisione) del fatto che, ove ritenuto censibile, il parcheggio era comunque stato considerato nella DOCFA mediante maggiorazione del 20% dei beni commerciali pacificamente censibili (sicché l’attribuzione al parcheggio di un’autonoma rendita concretizzava duplicazione di imposta) e quindi non già l’omesso esame, bensì l’omesso esame ‘approfondito’ , vale a dire, in sostanza, non una assente ma una non corretta valutazione dei dati probatori e fattuali (quindi di per sé non pretermessi ma esaminati, seppure in maniera asseritamente insufficiente, dai giudici di appello); in secondo luogo, ci si trova comunque in presenza di una c.d. ‘ doppia conforme ‘, per gli effetti preclusivi di cui all’art. 348 ter cpc. .
A nche l’ultimo motivo, in ordine alla chiesta revoca della condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di lite (che parte ricorrente ritiene eccessive, senza tuttavia spiegare per quale ragione ed in che misura sarebbero stati violati i parametri di legge), è inammissibile, in quanto viene chiesto l’ annullamento della relativa statuizione sebbene sia stato correttamente con essa seguito il criterio della soccombenza, ferma restando la discrezionalità del giudice di merito di determinare, nei limiti tariffari di scaglione e fatta salva una specifica e puntuale contestazione di difformità, il quantum dovuto.
Relativamente al contributo unificato, come questa Corte ha già più volte ed anche recentemente avuto modo di affermare, la declaratoria della sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo ex art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, in ragione dell’integrale rigetto, inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, non ha natura giurisdizionale di condanna – non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa – bensì la funzione di agevolare il relativo accertamento amministrativo e di Cancelleria; pertanto, tale dichiarazione non preclude la contestazione nelle competenti sedi da parte dell’amministrazione ovvero del privato, ma non può formare oggetto di impugnazione (Cass., 13/11/2019, n. 29424; Cass., 27/11/2020, n. 27131; Cass. n. 18191/24).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato;
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna le società ricorrenti al pagamento in solido, in favore dell’ufficio controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio della Sezione Tributaria in data