Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7395 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7395 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
CATASTO PALE EOLICHE DETERMINAZIONE RENDITA CATASTALE
sul ricorso iscritto al n. 15757/2017 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE) incorporante RAGIONE_SOCIALEin persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
l’ RAGIONE_SOCIALEcodice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa, ex
lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE.
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia -Sezione distaccata di Foggia – n. 2988/27/2016, depositata il 5 dicembre 2016, non notificata.
UDITA la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME all’ adunanza camerale del 19 dicembre 2024.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia sono gli avvisi indicati in atti, con cui l’Agenzia delle Entrate accertava e rettificava le rendite catastali relative ad un parco eolico, elevandole rispetto ai valori proposti dalla contribuente mediante procedura docfa presentata nell’anno 2013.
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Puglia -Sezione distaccata di Foggia -rigettava l’appello principale avanzato dalla contribuente, nonché quello incidentale proposto dall’Agenzia contro la pronuncia n. 1729/1/2014 della Commissione tributaria provinciale di Foggia, ritenendo, in primo luogo, che gli avvisi fossero stati adeguatamente motivati, avendo l’Ufficio rettificato la rendita catastale « riferendosi al valore ricavato da altri parchi Eolici, rinvenienti dai dati catastali, che risultano essere sufficientemente motivati dall’ufficio in quanto tali dati vengono ripresi dai bilanci depositati dalle società presso la Camera di Commercio» (così a pagina n. 3 della sentenza in esame), così ponendo la ricorrente di comprendere l’ iter logicogiuridico seguito dall’Ufficio e di potersi difendere nel merito della pretesa tributaria.
Sotto altro profilo, il Giudice regionale reputava corretta l’attribuzione ai beni costituenti il cd. parco eolico della categoria catastale D, come stabilita dalla Corte di cassazione con le pronunce nn. 4028, 4029 e 4030 del 2012, osservando, infine, che la rendita era stata determinata con « le stime dirette ed il metodo comparativo in virtù del quale ha indicato numerose definizioni di rendita riferiti a parchi similari; che a loro volta erano stati determinati ricorrendo ai dati di bilancio che si ritengono sufficientemente corretti. Quanto al caso di specie è da dire che la Commissione ha correttamente rideterminato il valore alla data dell’88/89, riducendo il valore accertato nell’anno 2010 del 50%, tenuto conto della data in cui è stato completato l’impianto» (v. pagina nn. 3 e 4 della sentenza impugnata), così rigettando anche l’appello incidentale proposto dall’Agenzia.
RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione avverso la suindicata sentenza, con atto notificato in data 5 giugno 2017, formulando quattro motivi di impugnazione; successivamente, in data 9 dicembre 2024, RAGIONE_SOCIALE nella qualità di incorporante la suindicata società, ha depositato memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso notificato il 17 luglio 2017.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso non può ricevere seguito per le seguenti ragioni.
Con il primo motivo di ricorso la contribuente ha lamentato, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000 e dell’art. 3
della legge n. 241/1990, in relazione agli artt. 3, 23, 53 e 97, primo comma, Cost., rimproverando al Giudice dell’appello di aver reso «una motivazione erronea» (v. pagina n. 4 del ricorso), in quanto la rettifica del classamento non era stata sufficientemente motivata non essendo stati indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa, aggiungendo che la Commissione regionale aveva omesso di considerare che l’accertamento dell’Agenzia era stato fondato unicamente sulla valorizzazione del capitale fondiario desunto da altri impianti aventi simili caratteristiche ed ubicati nella stessa zona e non anche -come ritenuto dalla Commissione regionale -dai valori indicati nei bilanci depositati presso il registro delle imprese.
2.1. Il motivo risulta inammissibile per più ragioni.
La censura si basa sull’omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti (ossia la circostanza che la rettifica operata dall’Ufficio sarebbe stata articolata sulla valorizzazione del capitale fondiario e non sui dati di bilancio depositati), ma si sviluppa, in modo ondivago, tra la contestazione di una « motivazione erronea del giudice di appello » (v. pagina n. 4 del ricorso) circa la motivazione dell’avviso ed il rimprovero di una valutazione altrettanto erronea in quanto omissiva dell’esame dello specifico contenuto dell’avviso.
Né il motivo si fa carico di confrontarsi con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della procedura docfa -come avvenuto nella specie – l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita se gli elementi di fatto indicati dal
contribuente non siano stati disattesi dall’amministrazione finanziaria e l’eventuale discrasia tra rendita proposta e rendita attribuita derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni (così Cass. n. 10224/2023, che richiama Cass. n. 23237/2014; Cass. n. 12497/2016; Cass. n. 31809/2018; Cass. n. 25006/2019; Cass n. 17016/2020; Cass. n. 2247/2021; Cass. nn. 3104, 3106 e 3107/2021; Cass. n. 7210/2021; Cass. n. 41179/2021; Cass. n. 11281/2022; nello stesso senso Cass. n. 23080/2024).
In ogni caso, le dedotte ipotesi di motivazione e di valutazione erronee restano fuori dall’ambito operativo dell’art. 360, primo comma, num. 5 c.p.c., anche sotto il profilo del travisamento della prova, che -all’evidenza -non può riguardare la sufficienza motivazionale dell’avviso impugnato, il quale attiene al tema rappresentativo e non anche probatorio della pretesa fiscale.
Va, infine, aggiunto che nemmeno vi è stato il contestato omesso esame da parte del Giudice regionale, avendo questi esaminato il predetto avviso e ritenuto che la rettifica del valore della rendita fosse avvenuta tramite stima diretta e con metodo comparativo in relazione a « numerose definizioni di rendita riferiti a parchi similari; che a loro volta erano stati determinati ricorrendo ai dati di bilancio » (v. pagina n. 4 della sentenza).
Non solo. L’eventuale deficit percettivo circa il modo in cui l’Ufficio avrebbe proceduto alla valorizzazione del capitale fondiario (e quindi non aver considerato che l’avviso non operava alcun riferimento ai dati di bilancio) non è stato accompagnato dall’allegazione della sua decisività, il che conferma vieppiù la valutazione di inammissibilità del motivo.
Con la seconda censura la società ha eccepito, in relazione al paradigma censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212/2000, 3 della legge n. 241/1990 e 24 della Costituzione, contestando la valutazione del Giudice regionale circa la sufficienza motivazionale dell’avviso, sottolineando che la contribuente ha potuto conoscere le effettive ragioni della pretesa e quindi difendersi solo in sede giudiziale all’esito delle integrazioni sviluppate dall’Ufficio.
2.1. Anche tale motivo è inammissibile.
Valgono sul punto le precedenti osservazioni svolte sul contenuto motivazionale dell’atto nell’ambito della procedura docfa.
Va inoltre osservato che la doglianza nemmeno si prende cura di chiarire quali siano state le integrazioni documentali prodotte nel giudizio di merito che avrebbero consentito alla contribuente di potersi adeguatamente difendere.
Con la terza ragione di impugnazione la ricorrente ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 d.lgs. n. 387/2003 e della direttiva 2001/77/CE, nonché degli artt. 3, 23, 53, 97, primo comma, Cost., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha attribuito all’impianto eolico la categoria catastale D/1 e non anche la categoria E in ragione della loro particolare destinazione e del loro carattere di pubblico interesse ed utilità.
3.1. Si tratta di motivo inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis , primo comma, n. 1, c.p.c.
Secondo l’orientamento costante di questa Corte, i parchi eolici, nel regime anteriore (come nella specie) alla novella di cui alla legge n. 208/2015, sono accatastabili nella categoria D/1 (‘opifici’), in quanto costituiscono centrali elettriche, rispetto alle quali il sistema normativo non offre indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, per cui le pale eoliche debbono essere computate ai fini della determinazione della rendita, come lo sono le turbine di una centrale idroelettrica, poiché anch’esse costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicché questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva ed unitaria ed incompleta nella sua struttura (così Cass. n. 10224/2023, che richiama Cass. n. 4028/2012; Cass. n. 24815/2014; Cass. n. 22551/2022, nonché, tra le tante, Cass. n. 12482/2023, che richiama anche Cass. 32861/2019; vedi, inoltre, con riguardo al carattere di bene di pubblico interesse e di pubblica utilità dell’impianto eolico su cui si fa leva in ricorso, le considerazioni spese da Cass. nn. 921 e 924/2025).
La Commissione regionale si è uniformata a tale indirizzo ed il motivo non offre elementi per mutare detto orientamento.
Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso la contribuente ha rimproverato al Giudice regionale, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., la violazione e falsa ed erronea applicazione dell’art. 10, R.D.L. n. 652/1939, nonché degli artt. 28 e 29 d.P.R. n. 1142/1949, contestando la valutazione di congruità della rendita catastale operata dal Giudice regionale, siccome non conforme ai principi estimativi, non potendo avallarsi la metodologica classica applicata dall’Ufficio prevista per un fabbricato vero e proprio, laddove nella specie,
trattandosi di impianti, occorreva tener conto nel procedimento di valorizzazione della loro vetustà ed obsolescenza, mentre il valore attribuito risultava spropositato in considerazione del fatto che già con la circolare n. 6/2012 dell’Agenzia ed a partire dal 1° gennaio 2016 per effetto dell’art. 1 comma 21, della legge n. 208/2015 e della seguente circolare n. 2/2016 dell’Agenzia l’entità della rendita catastale è diminuita di oltre l’80%.
L’istante ha sul punto segnalato che la corretta determinazione della rendita catastale era stata offerta dalla consulenza di parte e che la Commissione regionale con altra sentenza aveva attribuito ad un aerogeneratore un capitale fondiario pari a 360.000,00 € a MW installato rispetto ai 480.000,00 € a MW stimati dall’Ufficio, richiamando in memoria la pronuncia di questa Corte n. 4837/2022.
4.1. Anche tale motivo va ritenuto inammissibile.
Va premesso che la censura muove dal rilievo secondo cui « l’adita Commissione ritiene che la procedura di accertamento esperita sarebbe stata correttamente eseguita in applicazione di una stima diretta basata sul criterio comparativo» e si sviluppa, poi, «Tralasciando ogni considerazione di merito » (v. pagina n. 14 del ricorso) sul predetto criterio di stima, ma opponendo alla valutazione della Commissione la considerazione secondo la quale « attesa la particolare natura del bene da valorizzare (impianto), l’Ufficio non poteva applicare la metodologia classica prevista per un fabbricato vero e proprio», nel senso che «Proprio perché trattasi di impianti, il procedimento di valorizzazione deve tener conto del deprezzamento dovuto alla vetustà e alla obsolescenza, che a differenza de fabbricati, tende ad
annullare il valore degli impianti e dei macchinari entro un breve arco temporale» (v. pagina n. 15 del ricorso).
In tali termini, l’istante rivendica l’applicazione del criterio in base al quale «il valore catastale dell’impianto sarà determinato dalla media aritmetica dei valori riferiti agli anni futuri (dall’accatastamento fino alla fine della vita residua), stimati considerando l’effetto della vetustà», laddove « il valore attribuito al capitale fondiario dall’Ufficio, parzialmente rettificato dai giudici di prime cure, si appalesa manifestamente sproporzionato, ancorché non adeguatamente motivato» (v. pagina n. 15 del ricorso).
4.2. Tanto ricapitolato, si osserva che le ragioni della contestazione si concentrano sulla necessità di considerare nella determinazione della rendita lo stato di vetustà fisicamateriale dell’impianto e le sue condizioni di obsolescenza tecnica, nonché sul criterio da utilizzare in tale operazione (media aritmetica dei valori riferita alla vita residua del bene), lamentando, infine, la sproporzione del valore assegnato.
La censura non riguarda, tuttavia, per quanto sopra riportato, il procedimento di stima diretto tramite metodo comparativo e la considerazione di « numerose definizioni di rendita riferiti a parchi similari» (così nella sentenza impugnata), ritenuto dalla Commissione essere stato applicato dall’Ufficio.
In tale contesto, va riconosciuto che del rivendicato deprezzamento la Commissione ha, in realtà, tenuto conto, confermando la valutazione del primo Giudice che aveva « rideterminato il valore alla data dell’88/89, riducendo il valore accertato nel 2010 del 50%, tenuto conto della data in cui è
stato completato l’impianto» (v. pagina n. 4 della sentenza), così rigettando anche l’appello incidentale avanzato dall’Ufficio.
Ebbene, tale valutazione della Commissione regionale è stata impugnata attraverso la generica critica di una rendita catastale ancora «manifestamente sproporzionata», peraltro richiamando fonti normative (l’art. 1, comma 21, della legge n. 208/2015 e relativa circolare n. 2/2016) inapplicabili ratione temporis alla fattispecie in rassegna, avente ad oggetto una rendita catastale su procedura docfa presentata nell’anno 2013 e, dunque, sotto la vigenza della precedente normativa.
Si tratta, sotto tale profilo, di motivo generico e, per giunta, diretto a coinvolgere la Corte in un inammissibile sindacato di natura fattuale sulla sproporzione del valore assegnato.
Va aggiunto che non è significativo il richiamo alla pronuncia di questa Corte n. 4837/2022 contenuto nella memoria ex art. 380bis .1. c.p.c., giacché con detta ordinanza si è precisata l’esigenza di tener conto, nell’operazione di stima secondo il diverso criterio del costo di costruzione a nuovo, dello stato attuale del bene e del loro stato di obsolescenza e ciclo di vita tecnico funzionale, laddove nella specie la Commissione ha, da un lato, riconosciuto, in termini espressamente tralasciati e quindi non impugnati con la censura in esame, corretta l’applicazione del metodo di stima comparativo e, per altro verso, applicato il citato decremento di valore.
Ciò che, allora, resta del motivo è la questione fattuale della diversa misura del deprezzamento, invocato dalla contribuente tramite il criterio della media aritmetica dei valori riferiti alla ‘vita’ del bene, il quale però integra solo una
tecnica estimativa rispetto al quale nemmeno è stato dedotto il diverso valore che ne sarebbe conseguito in relazione alla (consistente) decurtazione già operata in sede di merito, risentendo, per tale via, il motivo di un approccio più accademico che concreto nel conseguimento del bene della vita (diverso valore della rendita).
Né può assecondarsi il pur rivendicato decremento dell’80%, siccome ricondotto all’operatività delle diverse disposizioni di cui all’inapplicabile legge n. 208/2015, mentre involge la Corte in un’inammissibile attività di merito la richiesta di rideterminazione del capitale fondiario nella misura di 360.000,00 € a MW installato, come stabilito da altra pronuncia (n. 1850/2016) della Commissione regionale.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
Sussistono, infine, i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese del presente grado giudizio, che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate nella somma di 4.500,00 € per competenze, oltre all’importo che risulterà dai registri di cancelleria prenotato a debito.
Dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 dicembre