Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26169 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26169 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18622/2023 R.G., proposto
DA
‘ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Mariana Mantovana (MN), in persona del presidente consiglio di amministrazione pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME, con studio in Milano, e dall’Avv. NOME COGNOME, con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzi pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL ; EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE/CONTRORICORRENTE INCIDENTALE CONTRO
Comune di Merone (CO), in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato a resistere nel presente procedimento in virtù di deliberazione adottata dalla Giunta Municipale il 16 ottobre 2023, n. 77, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Ivrea, ove elettivamente domiciliato (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni:
ICI IMU ACCERTAMENTO RIDUZIONE PER INAGIBILITÀ O INUTILIZZABILITÀ SILENZIO – ASSENSO
EMAIL, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE/RICORRENTE INCIDENTALE E
RAGIONE_SOCIALE con sede in Lecco, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , nella qualità di concessionaria del servizio di verifica, bonifica e accertamento dell’ICI e dell’IMU per conto del Comune di Merone (CO);
INTIMATA
avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 28 febbraio 2023, n. 794/16/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9 settembre 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. La ‘ RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia il 28 febbraio 2023, n. 794/16/2023, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento n. 72 del 21 dicembre 2017 per il parziale versamento dell’IMU relativa a ll’anno 2012 da parte della ‘ RAGIONE_SOCIALE nella qualità di concessionaria del servizio di verifica, bonifica e accertamento dell’ICI e dell’IMU per conto del Comune di Merone (CO), in relazione ad un complesso industriale sito nel medesimo Comune alla INDIRIZZO accessoriato di pertinenziale abitazione per il custode, censito in catasto con le particelle 100 sub. 1 e 100 sub 2 del folio 2 ed abbandonato sin dall’anno 2 008, essendo stata negata la formazione del
silenzio-assenso ex art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in ordine alla richiesta di riduzione della base imponibile ex art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha accolto l’appello principale del Comune di Merone (CO) ed ha respinto l’appello incidentale della ‘ RAGIONE_SOCIALE , nel giudizio di cui anche la RAGIONE_SOCIALE è stata parte, avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Como il 19 novembre 2018, n. 259/4/2018, con compensazione delle spese giudiziali.
2. Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure – che aveva parzialmente accolto il ricorso originario della contribuente nel senso di riconoscere la riduzione per l’anno 2012, dichiarare non dovute le sanzioni amministrative e confermare la rendita determinata con l’ avviso di accertamento comunicato alla contribuente il 13 ottobre 2012 -nel senso di disconoscere la riduzione, confermare la determinazione della base imponibile sulla base della rendita rettificata ed escludere soltanto l’irrogazione delle sanzioni amministrative, sul presupposto che la mera invocazione dell’agevolazione fiscale con l’ istanza del 14 novembre 2012 non comportasse la formazione del silenzio -assenso a favore della contribuente, sia perché l’ente impositore aveva espressamente respinto la richiamata istanza con provvedimento reso il 17 ottobre 2012, sia perché il richiamato art. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, subordinava la riduzione della base imponibile alla presentazione di una perizia di parte o di una dichiarazione sostitutiva in ordine allo stato di inagibilità, inabitabilità o inutilizzabilità dell’immobile, sia perché la notifica della rendita rettificata dall’Agenzia delle Entrate era destinata a valere anche per le annate pregresse.
Il Comune di Merone (CO) ha resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale avverso la medesima sentenza, mentre la ‘ RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata. La ‘ RAGIONE_SOCIALE ha resistito, a sua volta, con controricorso al ricorso incidentale.
Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso principale è affidato a sette motivi.
1.1 Con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, e 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. e 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado, nonostante il riscontro della violazione del legittimo affidamento ingenerato nella contribuente dal silenzio del l’ente impositore , di confermare gli atti impositivi con la sola disapplicazione delle sanzioni amministrative.
1.2 Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 20 della legge 7 agosto 2000, n. 241, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. e 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per essere stata negata dal giudice di secondo grado « la formulazione del ‘silenzio assenso’ sul presupposto che la richiesta della Società presentata il 14/11/2012 dovrebbe considerarsi una reiterazione di richieste già precedentemente respinte dal Comune e, pertanto, non avrebbe necessitato di un (ulteriore) provvedimento di rifiuto espresso ».
1.3 Con il terzo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e 9 del regolamento comunale IMU, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. e 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che sia la disciplina legislativa che la disciplina regolamentare escludessero la spettanza alla contribuente della riduzione nella misura del 50% della base imponibile.
1.4 Con il quarto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per v iolazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché degli artt. 24 e 53 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ. e 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per essere stato deciso l’appello principale dal giudice di secondo grado oltre i limiti del petitum , violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
1.5 Con il quinto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 111, sesto comma, Cost. e 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ. e 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per essere stato deciso l’appello dal giudice di secondo grado con radicale mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti per beneficiare della riduzione della base imponibile.
1.6 Con il sesto motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e 9 del regolamento comunale IMU, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. e 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per essere stato erroneamente ritenuto
dal giudice di secondo grado che « il concetto di inagibilità fiscale non coincide con quello di inagibilità sanitaria ».
1.7 Con il settimo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ. e 62 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per essere stato omesso dal giudice di secondo grado pronunciarsi sul motivo di appello circa l’errata determinazione della rendita in sede catastale.
Il ricorso incidentale è affidato ad un unico motivo, col quale si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 10, commi 2 e 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, 5, comma 3, e 6, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, 8 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione a ll’ art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado di disapplicare le sanzioni amministrative irrogate con gli atti impositivi, « a fronte della mancata adozione di un provvedimento di diniego espresso nei confronti dell’istanza di inagibilità presentata dalla dante causa di RAGIONE_SOCIALE nel 2012, che -a dire del Giudice di secondo grado -avrebbe inciso sull’elemento psicologico d ella consapevolezza della violazione ».
Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
3.1 Secondo la ricorrente: « La CTR ha violato la norma indicata in epigrafe in quanto, sebbene abbia riscontrato la violazione del legittimo affidamento ingenerato nella Società dal silenzio del Comune, non ne ha tuttavia tratto compiutamente le conseguenze di legge, poiché avrebbe dovuto annullare integralmente la pretesa impositiva, anziché limitarsi alla disapplicazione delle sole sanzioni ».
3.2 Tuttavia, l’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, nel testo vigente ratione temporis , prevedeva il solo esonero del contribuente dal pagamento degli interessi moratori e delle sanzioni amministrative, ma non anche dal pagamento dell’imposta.
Viceversa, tale possibilità è ora prevista dal comma 2 del citato art. 10, il quale è stato novellato – con decorrenza dal 18 gennaio 2024 -dall’art. 1, comma 1, lett. l), del d.lgs. 30 dicembre 2023, n. 219, con l’aggiunta del periodo finale: « Limitatamente ai tributi unionali, non sono altresì dovuti i tributi nel caso in cui gli orientamenti interpretativi dell’amministrazione finanziaria, conformi alla giurisprudenza unionale ovvero ad atti delle istituzioni unionali e che hanno indotto un legittimo affidamento nel contribuente, vengono successivamente modificati per effetto di un mutamento della predetta giurisprudenza o dei predetti atti ».
Ma l’estensione come si è già detto in vigore dal 18 gennaio 2024 – è tassativamente limitata al campo dei « tributi unionali » nei soli casi di mutamento delle prassi amministrative degli enti impositori -che abbiano ingenerato un legittimo affidamento dei contribuenti – in relazione a corrispondenti cambiamenti in materia delle pronunzie rese dalla giurisprudenza unionale e degli atti emanati dalle istituzionali unionali.
Il secondo motivo del ricorso principale è infondato.
4.1 Secondo la ricorrente: « La CTR (…) ha negato la formazione del ‘silenzio assenso’ sul presupposto che la richiesta della Società presentata il 14/11/2012 dovrebbe considerarsi una reiterazione di richieste già precedentemente respinte dal Comune e, pertanto, non avrebbe necessitato di un (ulteriore) provvedimento di rifiuto espresso. Contrariamente a quanto argomentato nella sentenza
impugnata, nessun rilievo può assumere, al fine di giustificare la mancata applicazione del ‘silenzio assenso’, la circostanza che la richiesta del 14/11/2012 sia stata presentata pochi mesi dopo una precedente analoga istanza della Società. Difatti, la norma di cui si eccepisce la violazione non attribuisce alcun rilievo ai fini della formazione del ‘silenzio assenso’ – al numero di istanze presentate dal contribuente, né tantomeno al lasso temporale intercorrente tra domande susseguenti. Ne deriva l’ill egittimità della decisione della CTR che ha negato la formazione del ‘silenzio assenso’ sul presupposto che fosse stata presentata più di una domanda ».
4.2 Tuttavia, l’inerzia dell’ente impositore a fronte di una specifica richiesta di esenzione o riduzione di imposta, non comporta la formazione del silenzio-assenso, in difetto di una previsione normativa ad hoc , ma si risolve nel tacito rigetto dell’istanza, per la quale l’atto impositivo non esige una motivazione autonoma rispetto a quella posta a fondamento del tributo e dei relativi accessori.
Difatti, l’obbligo motivazionale dell’avviso di accertamento in materia di ICI (ma le stesse argomentazioni possono valere anche per l’IMU) deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare l’ an e il quantum dell’imposta; in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti
stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 8 novembre 2017, n. 26431; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1569; Cass., Sez. 6^-5, 3 febbraio 2021, n. 2348; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16681; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. Trib., 18 novembre 2022, n. 34014; Cass., Sez. Trib., 17 ottobre 2023, n. 28758; Cass., Sez. Trib., 31 gennaio 2024, n. 2929; Cass., Sez. Trib., 12 marzo 2024, n. 6501; Cass., Sez. Trib., 20 novembre 2024, n. 29845; Cass., Sez. Trib., 4 gennaio 2025, n. 121); né detto onere di motivazione comporta l’obbligo di indicare anche l’esposizione delle ragioni giuridiche relative al mancato riconoscimento di ogni possibile esenzione prevista dalla legge ed astrattamente applicabile, poiché è onere del contribuente dedurre e provare l’eventuale ricorrenza di una causa di esclusione dell’imposta (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2018, n. 1694; Cass., Sez. 5^, 24 agosto 2021, n. 23386; Cass., Sez. Trib., 7 dicembre 2022, nn. 36028 e 36032; Cass., Sez. Trib., 5 agosto 2024, n. 22031; Cass., Sez. Trib., 20 novembre 2024, n. 29845; Cass., Sez. Trib., 30 maggio 2025, n. 14562).
4.3 Nella specie, peraltro, la sentenza impugnata aveva correttamente argomentato che: « La Corte ritiene in primo luogo fondato il motivo di appello principale del Comune di Merone che ha censurato la sentenza per erronea applicazione del principio di formazione del silenzio assenso. La sentenza motiva le proprie ragioni sulla mancata risposta alla richiesta di modifica della rendita catastale, presentata il 14.11.2012 ed accompagnata da una perizia di parte, dimostrativa dello stato dei luoghi. Tale mancata risposta, che avrebbe indotto la società a fare affidamento sull1accoglimento della istanza, troverebbe in ogni caso tutela nella formazione del 11silenzio
assenso, in forza della previsione di cui all ‘ art. 20 legge 241/1990, il cui comma 4 non include gli atti tributari tra quelli per i quali la procedura del silenzio assenso non trova applicazione. Si tratta di impostazione non condivisibile. La richiesta in oggetto si pone in una sequenza di istanze del medesimo contenuto già in precedenza respinte, come ricostruito pacificamente da entrambe le parti. In tal senso, quindi, essa costituiva per l’amministrazione comunale una reiterazione di precedenti atti. Non può ritenersi dovuto un provvedimento di rigetto espresso, laddove un precedente rigetto era stato formulato dal Comune di Merone il 17 ottobre 2012, meno di un mese prima della ulteriore istanza. In punto di diritto, poi, si fa rilevare che la materia è disciplinata dall’art. 13 d.l. 201/2011, conv. in L. 214/2011, secondo il quale la base imponibile deve essere ridotta del 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell1anno durante il quale sussistono dette condizioni, nel momento in cui l1inagibilità o 11inabitabilità sia stata accertata dall1ufficio Tecnico Comunale con perizia a carico del proprietario o con dichiarazione sostitutiva ai sensi del d.p.r. 445/2000. Deve ritenersi che la disciplina in questione presenti carattere di specialità rispetto a quella generale sul procedimento amministrativo, tenuto anche conto delle peculiarità che vi sono sottese, posto che le norme su agevolazioni o esenzioni tributarie hanno carattere di specialità, sono insuscettibili di estensione analogica, devono essere specificamente perimetrate rispetto al loro ambito applicativo. Anche sul piano logico sarebbe difficilmente giustificabile una disciplina che consentisse una riduzione della base imponibile per effetto di
un atto di parte, senza un intervento in funzione di controllo dell’ente locale interessato ».
Il terzo motivo del ricorso principale è infondato.
5.1 Secondo la sentenza impugnata, in aggiunta agli argomenti esposti nello scrutinio del secondo motivo: « Vi è poi una giustificazione di ordine normativo: la materia è disciplinata dall’art. 13 d.l. 210/2011, convertito nella legge 214/2011, secondo cui la base imponibile deve essere ridotta del 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni, nel momento in cui l’inagibilità o l’inabitabilità sia stata accertata dall’ufficio Tecnico Comunale con perizia a carico del proprietario o con dichiarazione sostitutiva ai sensi del d.p.r. 445/2000. Deve ritenersi che la disciplina in questione presenti carattere di specialità rispetto a quella generale sul procedimento amministrativo, tenuto anche conto delle peculiarità che vi sono sottese, posto che le norme su agevolazioni o esenzioni tributarie hanno carattere di specialità, sono insuscettibili di estensione analogica, devono essere specificamente perimetrate rispetto al loro ambito applicativo. Come correttamente rileva la parte resistente, inoltre, anche sul piano logico sarebbe difficilmente giustificabile una disciplina che consentisse una riduzione della base imponibile per effetto di un atto di parte, senza un intervento in funzione di controllo dell’ente locale interessato. Va in questo senso soggiunto come i presupposti di fatto per giustificare questa riduzione sono tutt’altro che pacifici, posto che l ‘ esito delle perizie del contribuente è contraddetto da risultanze peritali del Comune che evidenziano come attraverso opere di ordinaria e straordinaria amministrazione il complesso immobiliare sia recuperabile e possa essere adibito alle proprie
funzioni. Come anche ribadito in udienza dal difensore del contribuente, la “inagibilità” a livello fiscale segue regole non sovrapponibili a quelle in materia urbanistica ».
5.2 Dunque, il giudice di appello aveva accertato in fatto l’insussistenza dei requisiti per il riconoscimento della riduzione di imposta alla luce di una perizia redatta da un tecnico dell’ente impositore , le cui conclusioni erano state considerate prevalenti sul piano dell’attendibilità rispetto a quelle delle perizie redatte dai tecnici della contribuente.
Ciò in linea con orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di IMU, ai fini dell’applicazione della riduzione prevista dall’art. 13, comma 3, lett. b), del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, devono considerarsi inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, i fabbricati per i quali vengano a mancare i requisiti di cui all’articolo 24, comma 1, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, e quindi, nello specifico, gli immobili che presentino un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) o un’obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria (Cass., Sez. Trib., 24 febbraio 2023, n. 5804; Cass., Sez. Trib., 22 giugno 2023, n. 18005; Cass., Sez. Trib., 18 gennaio 2024, nn. 1908 e 1955).
Per cui, va ribadito che il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare
il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (tra le tante: Cass., Sez. Trib., 22 novembre 2023, n. 32505; Cass., Sez. 2^, 23 aprile 2024, n. 10927; Cass., Sez. Lav., 29 aprile 2025, n. 11310).
5.3 Nella specie, comunque, la doglianza si risolve nella omessa valutazione della perizia estimativa di parte, laddove occorre considerare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la perizia stragiudiziale di parte (privata), ancorché asseverata con giuramento, costituisce pur sempre una mera allegazione difensiva, onde il giudice del merito non è tenuto a motivare il proprio dissenso in ordine alle osservazioni in essa contenute quando ponga a base del proprio convincimento considerazioni incompatibili con le stesse e che, ai fini della adeguatezza della motivazione, il giudice non è tenuto a dare conto del fatto di aver valutato analiticamente tutte le risultanze processuali né a confutare ogni singola argomentazione prospettata dalle parti, essendo sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’ iter logico seguito nella valutazione degli stessi, implicitamente disattendendo quelli morfologicamente incompatibili con la decisione adottata (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 29 luglio 2011, n. 16650; Cass., Sez. 5^, 17 giugno 2021, n. 17396; Cass., Sez. 5^, 3 luglio 2021, n. 18857; Cass., Sez. 5^, 9 febbraio 2021, n. 3104; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 602; Cass., Sez. Trib., 20 luglio 2023, n. 21727; Cass., Sez. Trib.,
9 aprile 2024, n. 9462; Cass., Sez. Trib., 6 agosto 2024, n. 23080; Cass., Sez. Trib., 17 luglio 2025, n. 19953).
Ancora, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la perizia stragiudiziale, ancorché asseverata con giuramento, non è dotata di efficacia probatoria nemmeno rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato. Non essendo prevista dall’ordinamento la precostituzione fuori del giudizio di un siffatto mezzo di prova, ad essa si può solo riconoscere valore di indizio, al pari di ogni documento proveniente da un terzo, il cui apprezzamento è affidato alla valutazione discrezionale del giudice di merito, ma della quale non è obbligato in nessun caso a tenere conto (Cass., Sez. 5^, 25 dicembre 2018, n. 33503; Cass., Sez. 5^, 11 giugno 2021, n. 16579; Cass., Sez. 5^, 17 giugno 2021, n. 17396; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2022, n. 7925; Cass., Sez. 5^, 24 marzo 2022, n. 9541; Cass., Sez. Trib., 20 luglio 2023, n. 21727; Cass., Sez. Trib., 19 novembre 2024, n. 29800).
6. Il quarto motivo del ricorso principale è infondato, pur occorrendo emendare la motivazione della sentenza impugnata, che, comunque, è pienamente corretta nel dispositivo, nei termini specificati in appresso ex art. 384, quarto comma, cod. proc. civ..
6.1 Secondo la ricorrente: « In sede di appello incidentale, la Società ha contestato la decisione di primo grado per aver violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., poiché la questione relativa a quale fosse l’atto nei cui confronti f ar valere le ragioni di illegittimità della pretesa fiscale non è stata sollevata da controparte, e pertanto non avrebbe dovuto formare oggetto di decisione dei Giudici di primo grado ». Di contro: « La CTR ha condiviso la statuizione dei Giudici di prime cure, decidendo per
l’inammissibilità del motivo di appello incidentale appena richiamato, così decidendo: « Nel merito, peraltro, va disatteso l’appello incidentale della società, dovendosi condividere la declaratoria di inammissibilità pronunciata dai giudici di primo grado, atteso che il provvedimento reso dal Comune di Merone in data 17 ottobre 2012, in quanto incidente sulla quantificazione dell’imposta dovuta da RAGIONE_SOCIALE, a fronte del mancato riconoscimento dell’agevolazione ai fini IMU richiesta dalla società ai sensi dell’art. 8 D.Lgs. 504/1992, rappresentava un atto autonomamente impugnabile ex art. 19 D.Lgs. 546/1992. In mancanza di impugnazione, l’atto è divenuto definitivo ».
6.2 A ben vedere, l’emanazione dell’avviso di accertamento in contestazione ha superato ed assorbito il diniego di autotutela sulla riduzione d’imposta per l’anno di riferimento, per cui ogni doglianza sull’ an e/o il quantum della pretesa impositiva non poteva che farsi valere in sede di impugnazione dell’avviso di accertamento, non essendo ammissibile una separata impugnazione dell’atto endoprocedimentale (Cass., Sez. 5^, 21 ottobre 2020, n. 22891; Cass, Sez. 6^-5, 11 maggio 2021, n. 12440).
6.3 Diversamente da quanto ritenuto dal giudice di appello, dunque, il diniego di autotutela in questione non era autonomamente impugnabile ex art. 19 del d.lgs., 31 dicembre 1992, n. 546, non essendo stata ancora esercitata la pretesa impositiva con l’emanazione dell’avviso di accertamento.
Il quinto motivo del ricorso principale è infondato.
7.1 Secondo la ricorrente: «La CTR ha completamente omesso di motivare in ordine alle ragioni per cui nel caso di specie non sussistessero i requisiti ai quali l’art. 13 del D.L. n. 201/2011 (e successive modificazioni) subordina la riduzione alla metà
della base imponibile IMU e TASI nei casi di fabbricati inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, doglianza che la contribuente ha tempestivamente sollevato sin dal primo grado di giudizio, con ciò violando l’art. 111, comma 6 Cost., il quale dis pone che ‘tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati’, nonché dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/1992, che prescrive come la sentenza debba contenere ‘la succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto’».
7.2 Di contro, anche in base alla trascrizione del passaggio riportato nello scrutinio del terzo motivo, la sentenza impugnata era ampiamente motivata in parte qua , dando conto delle ragioni sottese al diniego del beneficio fiscale in ossequio al canone del ‘ minimo costituzionale ‘ .
Il sesto motivo del ricorso principale è inammissibile.
8.1 Secondo la ricorrente: « La CTR è pure incorsa in violazione di legge delle norme indicate in epigrafe ove ha affermato che il concetto di inagibilità fiscale non coincide con quello di inagibilità sanitaria »
8.2 A ben vedere, però, il passaggio censurato della sentenza impugnata -secondo cui « Come anche ribadito in udienza dal difensore del contribuente, la “inagibilità” a livello fiscale segue regole non sovrapponibili a quelle in materia urbanistica » – è ininfluente sul piano motivazionale, essendo stato riportato soltanto ad abundantiam nel contesto delle argomentazioni ostative al riconoscimento dell’agevolazione invocata dalla contribuente.
Per cui, può richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in sede di legittimità, sono inammissibili, per difetto di interesse, le censure rivolte avverso argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata e svolte ad abundantiam o costituenti obiter dicta , poiché esse, in
quanto prive di effetti giuridici, non determinano alcuna influenza sul dispositivo della decisione, essendo estranee alla ratio decidendi della medesima (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 22 novembre 2010, n. 23635; Cass., Sez. 1^, 10 aprile 2018, n. 8755; Cass., Sez. 1^, 8 giugno 2022, n. 18429; Cass., Sez. Trib., 2 maggio 2024, n. 11861; Cass., Sez. Trib., 2 giugno 2025, n. 14796).
Il settimo motivo del ricorso principale è fondato.
9.1 Secondo la ricorrente: « La CTR ha omesso di pronunciarsi anche su un’altra questione che è stata sollevata sin dal primo grado di giudizio. Si tratta della errata determinazione della rendita catastale applicata dal Comune, che non ha tenuto conto della rettifica in diminuzione della stessa da Euro 97.499,20 a Euro 65.167,05 ».
9.2 Invero, come si evince dalla trascrizione del relativo stralcio del ricorso originario, la doglianza concerneva anche la mancata applicazione della rendita rettificata in autotutela dall’Agenzia delle Entrate: « Invero, come si evince dalla trascrizione del relativo stralcio del ricorso originario, la doglianza concerneva anche la mancata applicazione della rendita rettificata in autotutela dall’Agenzia delle Entrate: « Inoltre, la rendita catastale che il Concessionario pretende di applicare retroattivamente è stata determinata in modo errato, come rilevato dal geometra NOME COGNOME esperto in materia, che ha recentemente effettuato un’analisi storica catastale del complesso immobiliare di cui si discute (cfr., sub Allegato 31, il documento del 10 maggio 2018). Dall’analisi effettuata dal professionista, risulta che la rendita catastale attribuita con l’avviso del 2017 è completamente sballata per eccesso, poiché calcolata sulla base di una serie di presupposti erronei. Per limitarsi ai più eclatanti, si segnala che le
caratteristiche costruttive e dimensionali dell’unità immobiliare sono state ricavate dall’Agenzia delle Entrate:
-solo sulla ‘carta’, senza cioè alcun sopralluogo sul sito da parte dei funzionari del Catasto, e senza tenere in considerazione la vetustà dei fabbricati esclusivamente della variazione catastale risalente al 1987 (cfr. ‘Mod. 2’ sub Allegato 29);
utilizzando il valore capitale riferito al biennio 1988/89; e
utilizzando come unità di misura il metro quadro nonostante la variazione catastale del 1987 riporti esclusivamente i volumi dei fabbricati espressi in metri cubi.
Al fine di rettificare tali errori, in data 23 aprile 2018, la Società ha presentato la dichiarazione DOCFA prot. n. CO0044322/2018 con cui ha rideterminato la rendita catastale depurata degli errori sopra illustrati (Allegato 32).
Se, dunque, si volesse propendere per la retroattività della rendita catastale, dovrebbe comunque essere applicata quella rideterminata con la dichiarazione DOCFA appena citata, e non certo quella erronea attribuita con l’avviso del 2017, pena un’evidente e macroscopica violazione del principio di capacità contributiva ».
9.3 Sul punto, il giudice di prime cure aveva ritenuto che: « la variazione della stessa nel 2018 non costituisce una rettifica della precedente rendita perché erroneamente determinata nel 2008, ma è l’effetto di una diversa rendita proposta dalla ricorrente con procedura docfa in seguito alla demolizione parziale di alcuni immobili -rendita che ha efficacia solo per il futuro ».
9.4 Laddove, a fronte della riproposizione della censura con l’atto di appello (vedasi la trascrizione del motivo a pagina alle pagine 45 e 46 del ricorso, in ossequio al canone di
autosufficienza: « Si rileva che -se anche dovesse essere confermata la tesi della CTP circa la retroattività della rendita catastale (oggetto di critica infra)- ai fini del calcolo della base imponibile IMU si dovrebbe comunque tener conto non già della ‘vecchia’ rendita (pari a € 97.499,20) attribuita nel 2017 dall’Agenzia delle Entrate -Territorio, bensì di quella rideterminata (in misura pari a € 65.167,05) a seguito di procedura di revisione attivata dalla Società, che si è conclusa nelle more del deposito della sentenza della CTP (Allegato 1 ) . A questo proposito, si ricorda che la rendita catastale che il Comune ha applicato retroattivamente è stata determinata in modo errato. Difatti, a seguito di un procedimento di rettifica instaurato in autotutela dalla Società (cfr., sub Allegato 5, la ri cevuta di avvenuta denuncia di variazione), l’Agenzia delle Entrate-Territorio -preso atto degli errori compiutiha rideterminato la rendita catastale in misura inferiore rispetto a quella originariamente attribuita (Euro 65.167,05, in luogo dei precedenti Euro 97.499,20; cfr., sub Allegato 1, la visura catastale che recepisce il valore aggiornato). Tale rideterminazione della rendita catastale ha efficacia ex tunc , ovvero dalla data di attribuzione della rendita, avvenuta nel lontano 19.11.2008, come evidenziato nelle annotazioni della visura catastale allegata.
Pertanto, anche volendo applicare retroattivamente la rendita catastale, deve comunque essere applicata la nuova rendita così come rettificata dalla stessa Agenzia delle EntrateTerritorio, e non certo quella erronea attribuita con l’avviso del 2017, pena un’evidente e macroscopica violazione del principio di capacità contributiva.
In tal senso si esprime lo stesso Comune che, nel verbale di chiusura negativa del procedimento di adesione relativo
all’anno successivo a quello oggetto del presente giudizio, ha riconosciuto ‘… per quanto riguarda la rendita conciliata dalla società con l’Agenzia delle Entrate -Territorio in € 65.167,06, la propria disponibilità a riconoscerne l’applicabilità dalla data di iscrizione in atti della rendita originaria di € 97.499,20, con conseguente rettifica degli avvisi di accertamento IMU emessi, nonché della base imponibile su cui dovrà essere accertata l’IMU dovuta per gli anni 2014 e successivi (enfasi aggiunta NDR )’ (Allegato 6).
Tale circostanza è pacifica anche nel presente giudizio, posto che è la stessa parte appellante a darne atto (cfr. in tal senso, pag. 33, 2° cpv. dell’appello: ‘premesso che, a seguito di conciliazione intervenuta con RAGIONE_SOCIALE in data 6 novembre 2018, l’Agenzia delle Entrate -Territorio ha rettificato la rendita inizialmente attribuita all’immobile … riducendola da € 97.499,2 a € 65.167,06 …’).
Sono pertanto inconferenti le lamentele di controparte in merito alla assenza in capo al Comune del potere di rideterminare la rendita catastale (cfr. pag. 40 dell’appello), visto che in questa sede si chiede non già la rideterminazione della rendita catas tale, che a seguito dell’accordo tra le parti non è più attualmente in discussione, bensì la rideterminazione della pretesa impositiva sulla base del nuovo valore concordato tra le parti (che costituisce circostanza sopravvenuta rispetto al precedente grado di giudizio). A questo proposito, è noto che -secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato -il potere sostitutivo del giudice tributario gli consente di rideterminare autonomamente l’imposta ( ex plurimis : Cass., sent. n. 19750 del 19.09.2014) »), la sentenza impugnata ha motivato il rigetto del motivo di appello nel senso che: « Per quanto riguarda l’efficacia della rendita catastale, deve
condividersi quanto statuito dai giudici di primo grado, che hanno richiamato giurisprudenza di legittimità. La data della notifica della rendita deve ritenersi del tutto indifferente ai fini della legittimità del recupero dell’imposta: infatti, se è vero che il comma I dell’art. 74 legge 342/2000 prevede che, per le rendite attribuite a decorrere dal primo gennaio 2000 la notifica personale costituisce condizione di efficacia della rendita, è altrettanto vero che successivamente alla intervenuta notifica della rendita, a fronte del decorso del termine per la sua eventuale impugnazione ovvero della definizione del ricorso proposto contro l’Agenzia delle Entrate – Territorio (vale a dire, una volta che tale rendita sia divenuta definitiva, come avvenuto nel caso di specie, in cui la società appellante non ha impugnato il classamento attribuito dall’Ufficio, a seguito della sua notifica intervenuta nel 2017), la stessa può senza dubbio essere utilizzata dal Comune anche per il recupero della maggiore imposta relativa agli anni precedenti ».
9.5 Per cui, la sentenza impugnata non ha tenuto conto di tale profilo del gravame, che avrebbe potuto comportare una diversa determinazione della base imponibile, limitandosi a valutare l’efficacia retroattiva della rendita rettificata con atto notificato il 13 ottobre 2017 rispetto alle annate pregresse dei vari tributi.
Il motivo del ricorso incidentale è infondato.
10.1 Stando al tenore della censura: « La sentenza pronunciata dalla C.G.T. di Secondo Grado della Lombardia appare, invece, viziata nella parte in cui ha ritenuto che, nel caso di specie, sussistessero i presupposti per procedere alla disapplicazione della sanzione per omesso versamento irrogata dal Comune di Merone, a fronte della mancata adozione di un provvedimento di diniego espresso nei confronti dell’istanza di inagibilità
presentata dalla dante causa di RAGIONE_SOCIALE nel 2012, che -a dire del Giudice di secondo grado -avrebbe inciso sull’elemento psicologico della consapevolezza della violazione ».
10.2 Secondo la sentenza impugnata: « La valutazione delle norme invocate dalla parte privata a sostegno delle ragioni del contribuente – art. 10 dello Statuto del contribuente, artt. 5 e 6 d.lgs. 4 72/1997 – appaiono pertinenti al caso di specie. Sebbene infatti dalla mancata notificazione alla parte di un provvedimento espresso di rigetto non deriva la formazione del “silenzio assenso”, è indubbio che nel caso in esame i presupposti per l’esclusione delle sanzioni debbano ravvisarsi. Si è in presenza di un immobile in disuso, rispetto al quale la parte si era attivata con autonome perizie per ottenere I’ abbattimento della base imponibile e il Comune è rimasto silente per anni. Siffatto comportamento se da un lato non determina le conseguenze pretese dal contribuente (soprattutto in termini di formazione del silenzio assenso), tuttavia assume una rilevanza sul piano dell’elemento psicologico e dell’invocata buona fede, da ritenere sussistente ».
In altri termini, il giudice di appello avrebbe erroneamente valorizzato l’idoneità dell’inerzia pluriennale dell’ente impositore ad ingenerare l’incolpevole affidamento della contribuente sul riconoscimento della invocata riduzione di imposta.
10.3 Secondo questa Corte, in tema di legittimo affidamento del contribuente, di fronte all’azione dell’amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 10, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un’apparente legittimità e coerenza
dell’attività dell’amministrazione finanziaria in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono. La relativa tutela -pur tipizzata in talune ricorrenti ipotesi (come l’art. 10, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212) -non è ancorata a schemi precostituiti ed al modello formale della validità/invalidità dell’atto, ma richiede una valutazione in concreto in relazione alla diversità delle fattispecie e delle situazioni (in termini: Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2021, n. 12372).
10.4 Pertanto, la valutazione del giudice di appello appare conforme a tali principi, avendo considerato, nella valutazione complessiva della condotta della contribuente, sia l’effettiva inutilizzazione dell’immobile dall’anno 2006, sia la reiterata presentazione di perizie di parte per il conseguimento della riduzione di imposta, sia la mancata notifica del diniego del rigetto dell’istanza presentata nell’anno 2012.
11. In conclusione, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi la fondatezza del settimo motivo del ricorso principale, nonché l’infondatezza/inammissibilità del restanti motivi del ricorso principale e dell’unico motivo del ricorso incidentale, il ricorso principale può trovare accoglimento entro tali limiti, mentre il ricorso incidentale deve essere respinto; per conseguenza, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia ( ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge
31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
12. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il settimo motivo e rigetta i restanti motivi del ricorso principale;
rigetta il ricorso incidentale;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità;
dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 9 settembre 2025.
IL PRESIDENTE Dott. NOME COGNOME