Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9394 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9394 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
Oggetto: Ici
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4628/2023 R.G. proposto da Roma Capitale, in persona del sindaco p.t., rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’Avvocatura Capitolina , in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, presso il cui studio è elettivamente, in Roma, INDIRIZZO -controricorrente – avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 3631/17/2022 depositata il 16 agosto 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 febbraio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La controversia ha ad oggetto un ‘ impugnativa avverso un avviso di accertamento in rettifica (n. 18214 ) relativo al versamento dell’I CI per l’anno 201 0, emesso dal comune di Roma Capitale ( d’ora in poi ricorrente) nei confronti di NOME COGNOMECOGNOME dante causa di NOME COGNOME (d’ora in poi contr oricorrente) relativamente ad alcuni immobili. La CTP ha accolto il ricorso.
La CTR, confermando la pronuncia del primo grado, ha respinto l’appello dell’odiern o ricorrente sulla base delle seguenti ragioni:
-la rendita è stata notificata solo il 28 dicembre 2015, mentre l’avviso di accertamento è stato notificato il 15 dicembre 2015 ;
-l’art. 74 del la l. 21 novembre 2000, n. 342 individua nella data della notifica dell’atto attributivo o modificativo della rendita il momento a partire dal quale l’amministrazione può richiedere al contribuente l ‘applicazione della nuova rendita ;
-nel caso di specie risulta che la contribuente ha impugnato anche gli avvisi attributivi della nuova rendita, i quali sono stati annullati con sentenza della CTP di Roma (n. 17714/17) per la quale risulta pendente l’appello ;
Il ricorrente ha proposto ricorso fondato tre motivi, il controricorrente ha proposto controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112, dell’art. 74, comma 1, della l. 21 novembre 2000, n. 342. Si duole che la sentenza impugnata, pur richiamando il corretto principio della necessità di applicazione delle rendite accertate giudizialmente , ha solo annullato l’avviso di accertamento senza alcuna determinazione dell’i mposta dovuta, omettendo di pronunciarsi su una specifica domanda.
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per manifesta illogicità e contraddittorietà della stessa. Si duole che la sentenza impugnata pur riconoscendo la fondatezza della pretesa creditoria, come rideterminata giudizialmente, ha solo annullato l’appello, ponendo di fatto nel nulla la pretesa tributaria .
Con il terzo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. Riprendendo la ragioni esposte nel primo motivo il ricorrente si duole che la sentenza impugnata non abbia effettuato la quantificazione della pretesa tributaria.
I motivi sono infondati e, stante la loro stretta connessione, possono essere trattate congiuntamente.
Nel caso di specie il giudice ha correttamente applicato il principio per cui, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini del computo della base imponibile, il provvedimento di modifica della rendita catastale, emesso dopo il 1° gennaio 2000 a seguito della denuncia di variazione dell’immobile presentata dal contribuente, è utilizzabile, a norma dell’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, anche con riferimento ai periodi di imposta anteriori a quello in cui ha avuto luogo la notificazione del provvedimento, purché successivi alla denuncia di variazione. Stabilendo, infatti, con il citato art. 74, che dal 1° gennaio 2000 gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, il legislatore non ha voluto restringere il potere di accertamento tributario al periodo successivo alla notificazione del classamento, ma piuttosto segnare il momento a partire dal quale l’amministrazione comunale può richiedere l’applicazione della nuova rendita ed il contribuente può tutelare le sue ragioni contro di essa, non potendosi confondere
l’efficacia della modifica della rendita catastale – coincidente con la notificazione dell’atto – con la sua applicabilità, che va riferita invece all’epoca della variazione materiale che ha portato alla modifica (Cass. Sez. 5, n. 20775/2005, Rv. 586035 -01, Sez. 5, n. 13443/2012, Rv. 623510 -01, Sez. 5, n. 22653/2019, Rv. 655070 – 01).
La sentenza ha, inoltre, in linea con la giurisprudenza di legittimità affermato che, in caso di impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita catastale, la sentenza che ne determina la misura, ancorché passata in giudicato nel corso del giudizio avente ad oggetto la determinazione dell’imposta dovuta dal contribuente, rappresenta l’unico dato da prendere in considerazione ai fini dell’individuazione della base imponibile, dovendosi ritenere, a seguito dell’accertamento giudiziale definitivo, che essa costituisca l’unica rendita valida ed efficace ai fini dell’applicazione dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, fin dal momento dell’attribuzione da parte dell’UTE, atteso che gli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale retroagiscono al momento della domanda (in tal senso Cass. Sez. 5, n. 18637/2022, Rv. 664932 -01, Sez. 5, n. 4334/2015, Rv. 634679 -01, Sez. 5, n. 11094/2008, Rv. 603491 -01).
Nel caso di specie l’attuale ricorrente nell’atto di appello aveva chiesto la riforma della sentenza della CTP insistendo sulla validità dell’avviso di accertamento oggetto del presente giudizio (n. 18214) sulla base di una variazione di classamento del 10/10/2007, notificata il 28012.2015. È incontestato tra le parti che tale variazione di classamento ha dato luogo a tre avvisi di accertamento, tutti impugnati e tutti annullati (v. CTP di Roma n. 17714/05/17).
La sentenza da ultimo richiamata, il cui appello risultava pendente al momento della proposizione del l’odierno ricorso per cassazione, è stata parzialmente riformata dalla CTR del Lazio e la sua impugnazione è stata trattata nella medesima udienza di trattazione del presente
giudizio (CTR del Lazio n. 3022/2020 depositata il 15 ottobre 2020). Il provvedimento da ultimo citato ha precisamente rideterminato le rendite dei tre immobili nei seguenti termini:
«1. Foglio 603 -Mapp.1179 -Sub. 2 -Cat. C/3 -cl. 1. mq 356 -rendita 3.199,14.
Foglio 603 -Mapp.1179 -Sub. 3 -Cat. C/3 -cl. 1. mq 1280 -rendita 11.502,53.
Foglio 603 -Mapp.1179 -Sub. 6 -Cat. A/10 -cl. 2 -vani 8,5 -rendita 5.114,21».
La sentenza oggi impugnata, pronunciatasi nelle more della pendenza dell’appello della sentenza (CTP di Roma n. 17714/05/17) che aveva annullato gli avvisi di accertamento, riprendendo correttamente i principi di legittimità sopra ricordati della prevalenza dell’accertamento giudiziale ai fini della determinazione della base imponibile, aveva rigettato l’appello sul presupposto che al momento della decisione gli avvisi erano stati annullati.
La parziale riforma della CTP di Roma n. 17714/05/17 che aveva annullato gli avvisi di accertamento, da parte della CTR del Lazio (n. 3022/2020 depositata il 15 ottobre 2020), di cui il Collegio ha avuto cognizione, avendone trattato l’impugnazione nella medesima udienza in cui viene deciso l’odierno giudizio , non ha affatto mutato i termini della questione, in quanto facendo applicazione dei medesimi principi, ha provveduto alla rideterminazione delle rendite degli immobili, smentendo definitivamente la tesi di parte ricorrente.
Da quanto esposto segue il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a pagare in favore della controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida nell’importo di € 3000,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi , rimborso forfettario e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 29 febbraio 2024.